C'è dunque l'attesa della seconda età dell'oro, che giungerà alla perfezione quando il misterioso puer sarà arrivato all'età virile: allora ogni terra produrrà tutto da sola, senza subire violenza dall'uomo, le dure querce suderanno roridi mieli, mentre gli animali nocivi periranno, quelli utili verranno liberati, e, per quanto riguarda la donna-madre ella dovrà sorridere al puer simbolo della rinascita, chiunque egli sia. Infatti il bambino privato del sorriso dei genitori non potrà mai raggiungere l'eccellenza.
Il poeta mette la navigazione, con la guerra e l'agricoltura, tra le attività perfide e dure a morire dell'età ferrea: anche quando l'uva penderà rossa dai rovi incolti e le querce suderanno mieli rugiadosi "pauca tamen suberunt priscae vestigia fraudis,/quae temptare Thetin ratibus, quae cingere muris/oppida, quae iubeant telluri infindere sulcos" (vv. 31-33), tuttavia sotto resteranno poche tracce dell'antica perfidia, quelle che spingono a tentare il mare con le navi, a cingere di mura le fortezze, a scavare solchi nella terra.
Con l’affermarsi pieno dell’età aurea però la terra e gli animali non subirànno più la violenza dell'uomo:"non rastros patietur humus, non vinea falcem,/robustus quoque iam tauris iuga solvet arator ", (vv. 40-41), la terra non soffrirà i rastrelli, né la vigna la falce, anche il robusto aratore scioglierà i tori dal giogo.
La IV Bucolica venne Scritta nel 40 a. C., l’anno del consolato di Asinio Pollione. Il puer potrebbe essere suo figlio, oppure l’auspicato figlio di Antonio e Ottavia, sorella di Ottaviano, i quali si sposarono per sancire l’accordo di Brindisi in quell’anno. Poi nacque una bambina.
Tale visione di pace, come quella del Carmen seculare di Orazio, è l'opposto dell'età del ferro descritta da Ovidio[1] nel I libro delle Metamorfosi[2].
L’età ferrea è prossima alla nostra, un tempo non più redimibile, quello del male integrale, quando omne nefas , ogni empietà, irrompe nel genere umano:"fugitque pudor verumque fidesque;/in quorum subiere locum fraudesque dolusque/insidiaeque et vis et amor sceleratus habendi./(…) effodiuntur opes, inritamenta malorum/ iamque nocens ferrum ferroque nocentius aurum/ prodierat: prodit bellum, quod pugnat utroque,/sanguineaque manu crepitantia concutit arma./ Vivitur ex rapto; non hospes ab hospite tutus,/non socer a genero, fratrum quoque gratia rara est [3]./Imminet exitio vir coniugis, illa mariti;/lurida terribiles miscent aconita novercae;/filius ante diem patrios inquirit in annos./Victa iacet pietas, et Virgo caede madentes,/ultima caelestum, terras Astraea reliquit" (I, 129-131 e 140-150) e fuggì il pudore la sincerità, la fiducia; e al posto di questi valori subentrarono le frodi, gli inganni, le insidie e la violenza e l'amore criminale del possesso…si estraggono dalla terra le ricchezze, stimolo dei mali; e già il ferro funesto[4] e, più funesto del ferro, l'oro[5] era venuto alla luce : venne alla luce la guerra, che combatte con l'uno e con l'altro, e con mano sanguinaria scuote ordigni che scoppiano. Si vive di rapina; l'ospite non è al riparo dall'ospite, non il suocero dal genero, anche l'accordo tra fratelli è poco frequente. Il marito minaccia di rovina la moglie, questa il marito; mescolano squallide pozioni velenose le terrificanti matrigne; il figlio scruta la morte anzi tempo negli anni del padre. Giace sconfitta la pietas e la Vergine Astrèa, ultima dei celesti, ha lasciato le terre sporche di strage.
Posso commentare i tanti elogi di Virgilio con una critica mia nei confronti di un mal costume tipicamente italico, il favoritismo, il clientelismo, che prefigurano la raccomandazione mafiosa, e sono comclamati senza alcun biasimo dal poeta stesso che ne ha fruito e riempie di sperticati elogi il proprio patrono.
“Il rapporto clientelare si configura come un’organizzazione mafiosa che garantisce l’omertà, e il successo dei disonesti”. (L. Perelli, La corruzione politica nell’antica Roma, p. 31).
La IV Bucolica venne Scritta nel 40 a. C., l’anno del consolato di Asinio Pollione. Il puer potrebbe essere suo figlio, oppure l’auspicato rampollo di Antonio e Ottavia, sorella di Ottaviano, i quali si sposarono per sancire l’accordo di Brindisi in quell’anno. Poi nacque una bambina dalla quale discenderà Nerone.
T. S. Eliot indica alcuni requisiti necessari all’alto grado della classicità: maturità della mente[6] assenza di provincialismo[7] , raffinatezza di costumi[8], e comprensività. Tutte qualità presenti in Virgilio. Vediamo dunque che cosa è secondo Eliot la “comprensività”: “entro i propri limiti formali, il classico deve esprimere il massimo possibile dell’intera gamma di sentimenti che costituiscono il carattere nazionale dei parlanti la sua lingua. Egli rappresenterà tali sentimenti come meglio non si potrebbe…[9]”.
Ebbene, già la prima Bucolica rappresenta al meglio il sentimento legato alla raccomandazione, una pratica tanto presente in Italia da essere emblematica del costume degli Italiani, un proprium et peculiare vitium [10] della nostra gente.
Pesaro 2 settembre 2022 ore 18, 52
giovanni ghiselli
p. s
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[1] Vedi anche 13. 2.
[2] Poema epico di quindici libri in esametri. Narra la storia del mondo dall'origine all'età contemporanea attraverso racconti che hanno in comune il tema della metamorfosi. Fu composto fra l'1 e l'8 d. C.
[3] Lucrezio afferma che gli uomini, credendo di sfuggire al terrore della morte, gonfiano gli averi col sangue civile, e ammassano avidi le ricchezze, accumulando strage su strage, godono crudeli dei tristi lutti fraterni, e odiano e temono le mense dei consanguinei "et consanguineum mensas odere timentque " (De rerum natura , III, 73).
[4]E' un topos antitecnologico che risale a Erodoto :" ejpi; kakw'/ ajnqrwvpou sivdhro" ajneuvrhtai, ( Storie, I, 68) , il ferro fu scoperto per il male dell'uomo. Euripide nelle Fenicie attribuisce alla strage un cuore di ferro:"sidarovfrwn…fovno" " (vv. 672-673). Del resto, anche il ferro, come l’oro e altri metalli può avere significati diversi, persino contrastanti: “nos e terrae cavernis ferrum elicimus, rem ad colendos agros necessariam, nos aeris argenti, auri venas penitus abditas invenimus et ad usum aptas et ad ornatum decoras” (Cicerone, De natura deorum, 2, 151), noi estraiamo dalle cavità sotterranee il ferro, attrezzo necessario per coltivare i campi, noi troviamo vene di bronzo, d’argento, di oro nascoste in profondità appropriate per l’uso e confacenti all’abbellimento.
[5] Si può pensare a quello nero: il petrolio per il quale si è versato tanto sangue. Che il ferro e l'oro creino discordia tra gli uomini portando differenziazioni economiche e sociali lo afferma anche Platone nelle Leggi (679b).
[6] Per la quale, lo abbiamo già ricordato (cap. 6), secondo Eliot, è necessaria “la consapevolezza della storia”
[7] “ E per provinciale intendo più di quanto trovo nelle definizioni dei vocabolari…Intendo una stortura dei valori (escluderne alcuni esagerandone altri), derivante non dall’aver poco viaggiato per il mondo, ma dall’applicare all’intera esperienza umana criteri normativi acquistati in un’area limitata; il che porta a scambiare il contingente con l’essenziale, l’effimero con il durevole” T. S. Eliot, Op. cit, p. 975.
[8] Mi sembra di percepire in Virgilio, più che in ogni altro poeta latino (perché al confronto di lui Catullo e Properzio sembrano tipacci, e Orazio un plebeo), una raffinatezza di costumi che deriva da una delicata sensibilità, specie se guardiamo a quella pietra di paragone dei costrumi che è il comportamento privato e pubblico fra i due sessi…ho sempre pensato che l’incontro di Enea con l’ombra di Didone, nel libro VI, sia non soltanto uno dei brani più commoventi, ma anche uno dei più civili che si possano incontrare in poesia…Il punto, direi, non è che Didone non perdona (benché sia importante che invece di ingiuriare Enea ella si limiti a ignorarlo-ed è forse il più espressivo rimprovero di tutta la storia della poesia); la cosa più importante è che Enea non perdona a se stesso, sebbene ed è significativo, si renda ben conto che tutto quanto ha fatto è stato per obbedire al destino…Ho scelto questo brano quale esempio di maniere civili…” Che cos’è un classico, in T. S. Eliot, Opere, p. 967.
[9] T. S. Eliot, Che cos’è un classico, in T. S. Eliot, Opere, p. 972.
[10]
Cfr. la citazione di Tacito in 19.
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