NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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sabato 3 settembre 2022

Nietzsche, Bodei, Euripide, Seneca, Shakespeare

L’apprendimento e il vantaggio paradossalmente causati dal dolore

 
Nietzsche: “Avete mai detto di sì a un solo piacere? Amici miei, allora dite di sì anche a tutta la sofferenza. Tutte le cose sono incatenate, intrecciate, innamorate”[1].
“Quanto più l’intelletto è alto, tanto più si allarga l’ambito, il dominio e il grado della sofferenza e del piacere”[2].
“Accettando il caso, l’ “innocenza del divenire”, gli uomini superiori giungono a desiderare il proprio dolore per autosuperarsi. “Stimo la potenza di una volontà da quanta resistenza, sofferenza, tortura tale volontà sopporta e sa trasformare a proprio vantaggio”[3].
 
“Ancora oggi - aggiunge Nietzsche - i teologi “continuano ad appestare l’innocenza del divenire per mezzo della ‘pena’ e della ‘colpa’. Il cristianesimo è la metafisica del boia…” (GD[4], 89-9=92)”[5].
 
Nelle Troiane di Euripide, Cassandra afferma e mostra che, paradossalmente, Troia caduta è più felice dei Greci che l’hanno fatta cadere:
“Farò vedere invece che questa città è più felice
degli Achei, - posseduta dal dio, certo, ma tuttavia
per il tempo necessario starò fuori dal delirio” (vv. 365-367).
 
“Il dire sì alla vita, include, in maniera dionisiaca, anche l’approvazione del negativo”[6].
 
“Intendono essere messi alla prova per temprarsi: “le stesse ragioni che producono il rimpicciolimento degli uomini meschini sospingono i più forti e rari fino alla grandezza” (NF[7], 7, 34 (223) ).
Sin da La nascita della tragedia, la perdita del principium individuationis non rappresenta soltanto un’esperienza orrorosa, ma-per chi è capace di sopportarla-anche un rapimento estatico, un esaltante senso di liberazione, che scaturisce dal non essere più costretti a chiudersi nella prigione-rifugio di un io murato in se stesso per timore di dissolversi”[8].
Cfr. il tema della Provvidenza in Seneca
 
 Seneca nel De providentia scrive che noi imponiamo ai figli una disciplina severa, mentre lasciamo i piccoli schiavi nel disordine che può divertirci. E prosegue: “idem tibi de deo liqueat; bonum virum in deliciis non habet, experitur, indurat, sibi illum parat” (I. 6), lo stesso ti sia chiaro di Dio: non tiene nei paceri l’uomo di valore, lo mette alla prova, lo tempra, lo prepara per sé.
 E più avanti: “ecce par deo dignum: vir fortis cum fortuna mala compositus, utĭque si et provocavit (De providentia, 2, 89)
 
Quindi Minucio Felice: quam pulchrum spectaculum Deo, cum Christianus cum dolore congreditur (Octavius, 37, 1).
 
Quindi il Cimbelino di Shakespeare: “Be not with mortal accidents opprest;/No care of yours it is; You know ‘tis ours./Whom best I love I cross; to make my gift,/The more delay’d, delighted. Be content;/Your low-laid son our godhead will uplift” (V iv 99-103).
Non v’angustiate di pene mortali:/non è vostra, ma nostra la cura./Chi più amo più metto alla prova,/per far che i miei doni, più attesi,/siano ancor più graditi. Tranquilli,/la nostra grande divina potenza/solleverà vostro figlio umiliato
 
Pesaro 3 settembre 2022 ore 20, 32
giovanni ghiselli

p. s
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[1] Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Il canto del nottambulo.
[2] Frammenti postumi estate 1881, (32).
[3] Frammenti postumi, 8, 10 (118).
[4] Götzendämmerung, il crepuscolo degli idoli ndr.
[5] R. Bodei, Destini personali, p. 96.
[6] Bodei, Destini personali, p. 103.
[7] Nachgelessene fragmente, frammenti postumi.
[8] R. Bodei, Destini personali, p. 95.

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