Il dramma è il genere più politico
Massimo Cacciari scrive che dra`n è “il verbo tragico per eccellenza, l’agire che decide, risoluto fino alla fine, compimento felice o naufragio che sia”[1].
Ancora: il “fare” richiede la categoria della politica. Il dramma antico è dramma politico. Sia la tragedia sia la commedia di Aristofane. Già molto meno la commedia nuova.
Tono a Cacciari: “La ‘conversazione’ beckettiana, come certi dialoghi dell’Ulysses, non mette in scena una perdita, ma un’inessenzialità radicale: l’uomo non è ‘animale politico’. Allora, certamente, ogni drama diviene impossibile a priori, poiché è possibile fare soltanto per quell’esserci che è nella sua essenza inter-esse”[2].
Tradurrei partecipare, farlo in modo vantaggioso per la comunità. Solo l’uomo che partecipa attivamente alla vita della polis, per fala progredire, è uomo davvero politico, è un bene comune a tutti (xunovn) una persona che fa.
Aggiungo che la più grande parte dei politici di questi ultimi anni hanno fatto troppo poco per il bene pubblico: non erano tanto ministri della polis e dei suoi poli`tai quanto di se stessi e del proprio oi\ko" compresi i clienti.
Bologna 4 febbraio 2021 ore 18 giovanni ghiselli
p. s
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