martedì 28 dicembre 2021

Terenzio, "Adelphoe". 7

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Eschino, Ctesifone, Syro, Sannione
 
Eschino
Dov'è quel dannato?
 
Sannione
Cerca me. Forse che porta fuori qualche cosa ? Sono fregato: non vedo niente.
 
Eschino
Ehi, a proposito: cerco proprio te: che accade Ctesifone?
E' tutto al sicuro: lascia perdere la tua mestizia ora omitte vero tristitiam tuam.
 
Questa scena di passaggio non presenta battute memorabili né risonanze che si prestino a commenti sul tipo dei consueti miei. Tuttavia ci trovo qualche cosa di interessante: una sorta di lotta tra la tristizia  da omettere  e il diem da sumere hilare (287) la giornata da prendere gioiosamente. Ogni giorno nel nostro animo si ingaggia questa battaglia tra i due lati della vita.
Strabone[1] nella sua Geografia[2] afferma che gli uomini imitano benissimo gli dèi quando fanno del bene, ma, si potrebbe dire anche meglio, quando sono felici (" a[meinon d j a[n levgoi ti", o{tan eujdaimonw'si" ( X, 3, 9).
 
Ctesifone
Io quella, per Ercole, ora la lascio perdere poiché ho un fratello come te: o mio Eschino, mio fratello vero! Ah non me la sento di lodarti di più in tua presenza,
perché tu non pensi che io lo faccia per adularti, più che per il fatto che ti sono riconoscente(270).
 
Eschino
Va là sciocco, come se noi ora non ci conoscessimo l’un l’altro, Ctesifone.
Questo piuttosto mi spiace, che l'abbiamo saputo quasi tardi ed eravamo oramai ridotti
a tal punto che, pur se tutti lo avessero voluto, non avrebbero potuto aiutarti.
 
Ctesifone
Mi vergognavo.
 
In questa scena si trovano anche elementi della “Civiltà di vergogna” descritta da E. R.  Dodds: In essa "il bene supremo  non sta nel godimento di una coscienza tranquilla, ma nel possesso della timhv, la pubblica stima "[3].
  
Eschino
Ah questa è stupidaggine, non vergogna. Per una piccolezza del genere, quasi espatriare! E' una vergogna a dirsi. Prego gli dèi che tengano lontani questi tuoi pudori. 275
 
Ctesifone
Ho sbagliato.
 
Eschino
E Sannione per concludere che ci dice?
 
Siro
Oramai si è calmato.
 
Eschino
Io andrò al foro per liquidarlo; tu vai dentro da lei, Ctesifone.
 
Sannione (sottovoce a Syro).
Dai Siro, insisti!
 
Siro (a Eschino)
Andiamo; infatti questo si affretta a Cipro.
 
Sannio
Non certo tanto quanto vuoi: anzi resto qui senza fare nulla.
 
Siro
Ti verrà pagata, non temere.
 
Sannio
Che paghi tutto però. 280
 
Siro
Pagherà tutto; ora stai zitto e seguici per di qua.
 
Sannione
Vi seguo.
 
Ctesifone
Ehi, ehi Siro.
 
Siro.
Eccomi, che c'è?
 
Ctesifone
Ti scongiuro per Ercole, quest'uomo laidissimo
liquidatelo al più presto perché, se viene esasperato un altro po’,
questa storia non trapeli a mio padre per qualche via ed io allora sarei perduto senza scampo.
  
Siro
Non accadrà; stai tranquillo; tu intanto ricreati con lei là dentro
e fai stendere i divani per noi e preparare il resto. 285
Io tra un po’, conclusa la compravendita, tornerò a casa con le vivande.
 
Ctesifone
Te ne prego. Dal momento che la storia è andata a finire bene, prendiamo su di noi la gioia oggi quando bene hoc successit, hilare hunc sumamum diem. 287.
 
Torno sull’argomento: esistono persone il cui carattere (trovpo")  è indirizzato (cfr. trevpw)  al male e, siccome sono rivolti al male, volgono tutto in malam partem. E’ una forma di ingratitudine verso la vita, verso la salute, verso la luce.
Ho vissuto  una fase così negativa dopo il liceo: è durata un paio di anni (1964- 1966). Mi ha salvato un compagno di università al quale ho serbato gratitudine per sempre.
Eravamo con borsa di studio nell’Università di Debrecen nel luglio del 1966. Non facevo che lamentarmi appena arrivato in quel luogo dove avrei passato giorni pieni di gioia per diverse estati successive.
Ebbene, Fulvio mi disse poche parole che mi guarirono dalla depressione della quale invece la maggior parte della gente approfittava per sottomettermi. Quello che sarebbe diventato il più caro e prezioso amico della mia vita disse: “Se tu fossi gravemente malato, ti compatirei, ma siccome non ti manca niente, se continui a sminuirti e lamentarti ti prendo a calci. Hai capito?”. Sì, avevo capito che quel ragazzo voleva aiutarmi. E ci riuscì.
 Parole tanto belle non me le aveva dette nessuno in quei due anni terribili di perdita dell’identità.
Fulvio me la fece ritrovare migliorata e potenziata di molto

 
Bologna 28 dicembre 2021 ore 9, 08
giovanni ghiselli
p. s.
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[1] 63 a. C.-23 d. C. 
[2] Redatta nei primi anni del regno di Tiberio 
[3] I greci e l'irrazionale   (del 1951), p. 31.

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