sabato 25 dicembre 2021

La storia di Päivi. 5 L’attesa riflessiva. L’ombelico del mondo.

 

Presi un bicchiere, ci versai della birra, poi mi appoggiai con la schiena al muro di sostegno della scalea per cui si scende nella grande sala centrale, il megaron, e di lì si risale, vincitori o sconfitti.

Quindi diedi inizio alla prova guardandola intensamente e tentando di mostrarle, attraverso gli occhi, i miei contenuti interiori dai quali, immaginavo, non dovevano divergere troppo i suoi, se non mi ingannavo nel valutarne lo stile che, a vedersi, era abbastanza simile al mio, anche se, forse, più al mio di adesso, dopo il processo di identificazione con lei, che a quello di allora.

Sebbene la ragazza rossa e pensosa non mi sembrasse il tipo che si guarda intorno per farsi guardare e per mostrarsi disponibile, non escludevo che mi notasse e si incuriosisse di me a prima vista, poiché quella finnica era pur sempre una femmina umana giovane e non accompagnata da un maschio ed era priva di anelli quali ceppi alle dita e all’amore; era dunque probabilmente libera e magari pure desiderosa di innamorarsi. Al pari di me. Io mi sentivo, e forse  ero anche nella migliore tra le mie forme possibili: i trent’anni, del resto non ancora compiuti, non mi avevano incanutito nemmeno un poco, né spelacchiato, né ingrassato, come altri della mia età, anzi, avevano impresso sul mio viso molto abbronzato e un poco segnato, leggeri solchi, poi seminati dal Sole, la santa faccia di luce che nutre la vita. Sapevo bene quanto volevo: bramavo con forza quella finnica rossa e questa certezza mi dava un’espressione consapevole che potenziava la forza attrattiva dell’insieme.

In quel pomeriggio di luglio dunque nutrivo una certa fiducia nella buona riuscita del mio intento, un poco ricordando i successi[1] del ’71[2] e del ’72[3] in circostanza analoghe, e ancora di più perché avevo qualcosa di preciso da dire, da chiedere e offrire, a una donna probabilmente dotata e ricca di anima, quale pareva quella creatura dai capelli lunghi, dall’aria intelligente, vestita di velluto purpureo. Allora non sapevo che la porpora può essere sinistramente ominosa e annunciare la morte vicina[4]. Sarebbe stata quella della nostra creatura.

 

Ma in quel momento aspettavo e agognavo soltanto il momento opportuno, l’occasione che mi venisse offerta di avvicinarmi alla meta e gettarmi sul campo fiorente del suo seno, del suo ombelico che identificavo già con il centro del mondo. Volevo andare a pregare piegato su l’ ojmfalov" di quella donna, come avevo fatto più volte sull’ombelico di Delfi, dove il  Dio pitico  mi aveva quasi sempre esaudito.

 

“Dio, come mi piace! - pensai ancora una volta - Dio, fai che io possa piacere a lei. Se mi dai quella donna, Dio, e se è come appare, ti prometto che d’ora in avanti farò di tutto per evitare qualsiasi commercio con femmine stolte.

 “Tu sei piena di spirito” pensavo poi, rivolgendo lo sguardo a quell’ideale  incarnato nella finlandese purpurea.

Cercavo di farle scoprire l’anima mia, mediterranea, ma ugualmente non ordinaria, lanciando occhiate piene di pathos intelligente.

Lei però, con mio smacco, non mi contraccambiava, forse nemmeno mi aveva visto. Parlava con un’altra, finlandese probabilmente, senza guardarsi intorno come fanno gli eterni cercatori di amore.

“Stai a vedere che è incinta anche questa - pensai - non sarebbe comunque un ostacolo insormontabile. Io l’amo. Non cederò. La grande difficoltà scoraggia il fanciullo o l’uomo imbelle. Tu, gianni, non sei né l’uno né l’altro. Misura le possibilità di successo con il metro delle tue forze mentali e somatiche. Non contare i tuoi anni, ma le non poche donne che hai conosciuto, alcune anche meravigliosamente”.

Vero è che le due conoscenze più belle erano state interrotte dopo un solo mese di gioia, e tale sarebbe stata anche questa con ogni probabilità, ma non era il momento di lasciarsi frenare da questo pensiero.

Un mese è meglio che una settimana pensavo allora, adesso so per esperienza che è pure meglio di un anno.

Me ne sentivo già innamorato, ne andavo pazzo, poiché il suo stile serio e naturale la distingueva da tutte, e accresceva in ogni momento la prima impressione che quell’immagine potesse contenere un’interiorità ricca e rara, e fosse proprio l’antitesi dell’istriona nevrotica, sempre bramosa di spalancare il suo insopportabile vuoto, gesticolando, sbraitando, dando ordini con fiero cipiglio, o fingendo di struggersi in lacrime.

 

Bologna 25 dicembre 2021 ore 19, 42

giovanni ghiselli

 

 

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