venerdì 10 dicembre 2021

Atto quarto scena seconda.


Euclione, Strobilo

Euclione esce dal tempio parlando. Strobilo non visto, lo osserva e lo ascolta. Euclione dunque fa il suo monologo

Invero si rivolge alla Fides chiedendole di conservare il segreto. L’avaro ha sotterrato la pentola con l’oro dentro il tempio di questa dea.

E’ del resto abbastanza sicuro che nessuno la possa trovare: “Non metuo ne quisquam inveniat; ita probe in latĕbris situm est” (609) non temo che qualcuno la trovi, tanto è ben riposta nel nascondiglio.

 

Gli idolatri e l’oro

Euclione è proprio stupido come tutti gli idolatri: temeva quando non doveva avere paura e si guardava da possibili ladri che non erano tali, mentre ora non si avvede del servo che lo sta spiando e ascoltando.

 

L’idolatra si identifica con i suoi idoli: come si legge nella Bibbia: “Gli idoli dei popoli sono argento e oro, opera delle mani dell'uomo. Hanno bocca e non parlano; hanno occhi e non vedono; hanno orecchi e non odono; non c'è respiro nella loro bocca. Sia come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida" (Salmi, 135, 15-18). 

Euclione  continua a  parlare della sua adorata pentola come fanno appunto gli innamorati della persona amata. Ma qui si tratta di una cosa per giunta inutilizzabile: un kth'ma che non è anche crh'ma.

Sarebbe una pulchra praeda se uno la trovasse aggiunge il vecchio. Invero questo oro non è sumfevron , utile, come ho scritto sopra né kalovn né bello come ha appena detto Euclione: è solo un metallo.

L’avaro torna a pregare la Fides perché protegga quell’oro seppellito ma tra fides e aurum c’è spesso incompatibilità.

 

Properzio fa dipendere il tramonto degli dèi, della pietas, della fides, degli iura, della lex, del pudor, dal lusso e dalla lussuria di uomini e donne, e dall’idolatria:"At nunc desertis cessant sacraria lucis:/aurum omnes victa iam pietate colunt./Auro pulsa fides, auro venalia iura,/aurum lex sequitur, mox sine lege pudor" (III, 13, 47-50), ma ora sono trascurati i santuari nei boschi deserti: vinta la devozione, tutti venerano l'oro. Dall'oro è stata messa fuori corso la lealtà, con l'oro si compra la giustizia, la legge obbedisce all'oro, presto il pudore sarà fuori legge.

Tutto questo porterà alla caduta di Roma:"frangitur ipsa suis Roma superba bonis" (v. 60), la stessa Roma superba viene spezzata dalle sue ricchezze.

 

Ovidio ci dice che questo metallo prezioso può diventare più distruttivo del ferro già usato per il male dell'uomo

Ovidio descrive  l’ultima età  prima del diluvio: “de duro est ultima ferro” (Metamorfosi, I, 127) l’ultima è di duro ferro.  l' età del ferro e del male integrale, quando omne nefas, ogni empietà, irruppe nel genere umano:"fugitque pudor[1] verumque fidesque;/in quorum subiere locum fraudesque dolusque/insidiaeque et vis et amor sceleratus habendi/effodiuntur opes, inritamenta malorum;/ iamque nocens ferrum ferroque nocentius aurum/ prodierat: prodit bellum, quod pugnat utroque,/sanguineaque manu crepitantia concutit arma./ Vivitur ex rapto;non hospes ab hospite tutus,/non socer a genero, fratrum quoque gratia rara est./Imminet exitio vir coniugis, illa mariti;/lurida terribiles miscent aconita novercae;/filius ante diem patrios inquirit in annos./Victa iacet pietas, et Virgo caede madentis,/ultima caelestum, terras Astraea reliquit" ( Metamorfosi, I, 129-131 e 140-150) e fuggì il pudore la sincerità, la fiducia; e al posto di questi valori subentrarono le frodi, gli inganni, le insidie e la violenza e l'amore criminale del possesso…si estraggono dalla terra le ricchezze, stimolo dei mali; e già il ferro funesto[2] e, più funesto del ferro, l'oro[3] era venuto alla luce : venne alla luce la guerra, che combatte con l'uno e con l'altro, e con mano sanguinaria scuote ordigni  che scoppiano. Si vive di rapina; l'ospite non è al riparo dall'ospite, non il suocero dal genero, anche l'accordo tra fratelli è poco frequente. Il marito minaccia di rovina la moglie, questa il marito; mescolano squallide pozioni velenose le terrificanti matrigne; il figlio scruta la morte anzi tempo negli anni del padre. Giace sconfitta la carità e la Vergine Astrèa, ultima dei celesti, ha lasciato le terre sporche di strage.

 

Anche il Satyiricon  è ricco di anatemi del denaro e dell’oro:"quid faciant leges, ubi sola pecunia regnat? ", cosa possono fare le leggi dove comandano solo i quattrini? (14), e, più avanti :"noli ergo mirari, si pictura defecit, cum omnibus dis hominibusque formosior videatur massa auri, quam quicquid Apelles Phidiasque, Graeculi delirantes, fecerunt " (88), non devi dunque stupirti se la pittura è morta, dato che a tutti, dèi e uomini, sembra più attraente un mucchio d'oro di quello che fecero Apelle e Fidia, Grechetti matti. La brama di denaro uccide la bellezza

 

Pure il Cristo di Matteo mette in rilievo la sacralità che l'oro riceve dall'altare quando censura gli Scribi e i Farisei ipocriti:" Stulti et caeci! Quid enim maius est: aurum an templum, quod santificat aurum?" (23, 17), stolti e ciechi, che cosa è più grande: l'oro o il tempio che santifica l'oro? E ancora:" Caeci! Quid enim maius est: donum an altare, quod santificat donum? (23, 19), ciechi! Che cosa infatti è più grande: l'offerta o l'altare che santifica l'offerta?

 

Quindi Euclione va a lavarsi  per compiere il sacrificio. Non manca però di raccomandare ancora la pentola dell’oro alla Fides: le chiede di salvarla finché non sarà tornato a prenderla: “Vide, Fides, etiam atque etiam nunc, salvam ut aulam abs te auferam” (614)

Non manca una captatio benevolentiae alla Fides: “Tuae fidei concredidi aurum: in tuo luco et fano est situm” (615), ho affidato l’oro al tuo nome santo: ora è riposto nel tuo bosco sacro e nel tuo tempio.

 

Bologna 10 dicembre 2021 ore 19, 07

p. s.

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[1] Il pudore   è  considerato già da Esiodo uno dei pilastri del vivere umano e civile: lo abbiamo visto nella scheda successiva al v. 439.

[2]E' un topos antitecnologico che risale a Erodoto :"il ferro fu inventato  per il male dell'uomo"( Storie, I, 68).  Euripide nelle Fenicie attribuisce alla strage un cuore di ferro:"sidarovfrwnfovno" " (vv. 672-673).

[3] Si può pensare a quello nero: il petrolio per il quale si è versato tanto sangue.  Che il ferro e l'oro  creino discordia tra gli uomini portando differenziazioni  economiche e sociali lo afferma anche Platone nelle Leggi (679b).

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