Chiusi (SI), Labirinto di Porsenna |
Demea crede al racconto di Syro e approva Ctesifone che lo ha picchiato. Evidentemente l’umanesimo ellenistico diffuso a Roma dal circolo scipionico non lo ha toccato. Al vecchio catoniano piace che il nipote aducato da lui si comporti come il padre cioè come lo zio che lo ha educato con la premura di un padre e ne ha fatto un vir, un uomo pieno di virtus: “Laudo: Ctesipho, patrissas: abi, virum te iudico”. Invero i figli maschi di solito matrizzano ma qui madri di maschi non si vedono.
Syro risponde minacciando di punire il manesco se lo menerà ancora.
Demea ribadisce che Ctesifone si è comportato bene.
I padri che difendono i figli senza indagare i fatti ci sono ancora e forse sono una maggioranza. Si pensi a Grillo.
Il servo ribatte con ironia che prendersela con una povera donna e un serviterollo come lui che non ha osato ribattere è davvero - perquam - un’azione ben fatta e un segno di forza.
Demea approva ancora Ctesifone poi chiede se in quel losco affare fosse entrato anche Micione. Syro nega e Demea gli domanda dove possa trovarlo. Syro risponde in maniera complicata per confondere il vecchio. Fa pensare a quanto non sanno dare indicazioni sui luoghi. Alcuni perché non sanno dove si trovano ma si vergognano ad ammetterlo, altri perché confondono la destra con la sinistra, altri ancora perché non sanno parlare con chiarezza.
Syro però lo fa apposta per creare disorientamento.
Pima nomina il porticum apud macellum (573) il portico presso il mercato. Demea deve andare lì poi girare seguendo indicazioni labirintiche dette tutte insieme. Infine deve infilare un angiportum, una viuzza stretta, un vicolo.
Demea ha seguito il percorso meglio di me e ribatte: “id quidem angiportm non est pervium”, non è accessibile. Forse un vicolo cieco simboleggia la volontà di imbottigliare o blindare Demea da parte di Syro il quale dice erravi. Quindi suggerisce di tornare al porticum. Di lì dovrà fare altri giri finché giungerà a un piccolo mulino pistrilla dirimpetto a una fabrica (584) una bottega.
Il labirinto è presente nel Satyricon dove indica il disorientamento dei due scolastici Encolpio e Ascilto accompagnati dall’amasio Gitone.
La potenza sessuale diretta alle donne è indebolita dall’ira di Priapo.
A un certo punto Encolpio e Ascilto tentano di scappare, ma, terrorizzati dal cane di guardia, cadono nella piscina. Vengono tratti in salvo dal portiere di Trimalchione che, però, non permette loro di uscire. Segue la riflessione di Encolpio: "quid faciamus homines miserrimi et novi generis labyrintho inclusi, quibus lavari iam coeperant votum esse? " (73), cosa possiamo fare uomini disgraziatissimi e rinchiusi in un labirinto di nuovo tipo, per i quali lavarsi già cominciava ad essere un miracolo ?
Il labirinto significa assenza di progresso e il lavarsi come votum sembra alludere a una purificazione sempre più desiderabile e difficile. "La struttura del romanzo, per quanto possiamo giudicare, intreccia ad un andamento lineare progressivo (da Marsiglia all'Egitto?) un andamento circolare, che riporta periodicamente sulla strada di Encolpio personaggi già incontrati e già lasciati, in una sorta di ritorno indietro nel tempo che ha i tratti angosciosi dell'inutile andirivieni del labirinto. L'immagine del labirinto (esplicitamente rievocata in 73) descrive assai bene l'apparente inutilità del continuo ritrovarsi in luoghi chiusi di Encolpio (questo o quell'albergo, l'arena, la prigione, il lupanare, la casa di Quartilla o di Trimalchione, la nave di Lica, il letto di Circe, la stamberga delle maghe) e del suo continuo evadere"[1].
Lì Demea potrà trovare Micione che è andato a ritirare dei divani con i piedi di leccio.
Il vecchio si muove per raggiungere il fratello ma pima fa un commento acido: “ubi potetis vos. Bene sane!” dove possiate bere, Proprio bene (586)
Syro rimasto solo commenta il disordine e la disunione della famiglia di cui si trova al servizo: Demea è un cadavere ambulante (silicernium); Aeschinus odiose cessat fa insopportabilmente tardi, prandium corrumpitur, il pranzo va a male; Ctesipho autem in amore est totus.
Per lo mano non è colpito dall’ira di Priapo come Encolpio che inveisce contro la propia mentula contumace
L'invettiva contro la mentula che ha disertato medrita una citazione:"erectus igitur in cubitum hac fere oratione contumacem vexavi:"quid dicis-inquam-omnium hominum deorumque pudor? nam nec nominare quidem te inter res serias fas est." (132, 9-10), drizzatomi dunque sul gomito strapazzai il renitente con queste parole più o meno: "che cosa dici - faccio - vergogna degli uomini tutti e degli dèi? Infatti sarebbe un sacrilegio perfino nominarti tra le cose serie.
La risposta silenziosa della mentula mortificata è una citazione con intenti parodici, un centone virgiliano fatto di tre esametri: "illa solo fixos oculos aversa tenebat,/nec magis incepto vultum sermone movetur/quam lentae salices lassove papavera collo" (132, 11), quella teneva gli occhi fissi al suolo, girato dall'altra parte, né, iniziato il discorso, il volto si muove più dei flessibili salici o dei papaveri dal morbido stelo.
Tra tanta dispersione Syro non ha più compiti e può pensare ai fatti propri: tirerà avanti la giornata mangiando e bevendo.
La solidarietà, il compito del bene comune che una volta riguardava tutti gli abitanti di una città, adesso non spetta nemmeno ai parenti entro una famiglia
Bologna 31 dicembre 2021 ore 18, 39
p. s
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[1]M. Bettini, La letteratura latina, 3, p. 183.
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