domenica 5 dicembre 2021

Quintessenze di Euripide quarta parte. I sacrifici umani. Le buone mogli. La moglie cattiva. Ambiguità delle situazioni .

 

Greci e barbari (Ifigenia in Aulide (vv. 1400-1401 citati sopra)  Ifigenia fra i Tauri e i sacrifici umani

Ifigenia  critica l’uso dei sacrifici umani.

Se qualcuno dei mortali tocca con le mani del sangue o anche un parto (loceiva~) o un morto, la dea lo tiene lontano dagli altari, ritenendolo contaminato (musarovn, 383), aujth; de; qusivai~ h{detai brotoktovnoi~  ma lei gode dei sacrifici che uccidono gli uomini (384).

Non è possibile che Leto, la compagna di Zeus abbia partorito tanta stupidità (tosauvthn ajmaqivan, 387). Giudico non credibili (a[pista krivnw) anche i conviti di Tantalo[1] agli dèi, che questi abbiano goduto del pasto del figlio, e ritengo che la gente di qui, essendo loro assassini di uomini, attribuiscano alla dea la loro malvagità (to; fau`lon, 390).

Infatti credo che nessuno tra i numi sia cattivo ( oujdevna ga;r oi\mai daimovnwn ei\nai kakovn, 392

 

Cfr. Pindaro, Olimpica IX,  37-38: to; loidorh`sai qeou;~ ejcqra; sofiva, ingiuriare gli dèi è odiosa sapienza.

 

 

Nel dramma di Goethe Ifigenia dice che fraintende gli dèi missversteht i celesti die Himmlischen  -Himmel, cielo-chi li immagina sanguinari , der sie blutgierig wähnt (523) e li incolpa delle sue orrende voglie.

 

Abbiamo già detto che nelle Troiane secondo Andromaca i veri barbari sono i Greci[2]

 

 

Le buone mogli: La sposa di Admeto (Alcesti)  e quella di Ettore (Andromaca e Troiane). Fedeli e generose fino all’abnegazione in favore del marito.

La moglie cattiva.

La moglie di Menelao apparentemente buona dell’Elena, e l’adultera delle Troiane è  ingannevole in entrambe le tragedie: nell’Elena a danno degli ospiti egiziani, nelle Troiane è sfacciata e dannosa nei confronti del marito, dell’amante, della madre dell’amante, di tutta la Grecia e l’Asia avendo scatenato la guerra.

 Ecuba  la smaschera dicendo: Afrodite in realtà era la tua follia erotica  ajfrosuvnh (Troiane, v. 990).

Non per niente le due parole cominciano con le medesime lettere:

infatti tutte le stoltezze sono Afrodite per gli uomini; e il nome della dea comincia giustamente come quello di follia (ta; mw'ra ga;r pavnt' ejsti;n jAfrodivth brotoi'"-kai; tou[nom' ojrqw'" ajfrosuvnh" a[rcei brotoi'").

Inoltre ti attirò la sua ricchezza e quella di Troia. Eri consenziente e sei fuggita con lui, di nascosto.

Una volta cominciata la guerra, parteggiavi sempre per il vincitore, guardando al successo badavi a seguirlo e non volevi andare con il valore (1008-1009).

Io avrei favorito la tua fuga, ma tu da Troia non volevi andartene.

La sentenza di Ecuba in seguito a questo dibattito è che Menelao  deve ucciderla per dare un esempio a tutte le donne.

Il coro sostiene le accuse di Ecuba, e Menelao sembra convinto.

Ecuba esorta lo Spartano a non fare salire l’adultera sulla sua stessa nave. Ma Elena prevale: intanto  se la cava poi tornerà a essere la regina di Sparta come la troviamo nel IV canto dell’Odissea.

Nelle Troiane ha attribuito la causa del suo adulterio all’irresistibile forza trainante di Afrodite protettrice  di Paride  che aveva come alleata  una dea non piccola oujci; mikra;n qeovn (v.940) cui nemmeno Zeus resiste,

Tra le due donne si svolge un dibattito giudiziario con discorsi contrapposti dissoi; lovgoi.

 

 

Ambiguità delle situazioni  (Alcesti).

 

Il Primo Episodio (136-212) dell’Alcesti inizia con l'ingresso in scena di una delle serve della regina. Il corifèo le domanda se la padrona sia ancora viva o già morta.

E l'ancella risponde:

"Ti è possibile dire che è viva e che è morta"(141).

Euripide e i suoi personaggi non hanno quasi nessuna sicurezza: nemmeno quella della vita e della morte.

C'è un frammento del Frisso  di Euripide che dice:

"chi sa se il vivere sia morire

e il morire invece vivere?".

In Euripide tutto è problematico.

 

Jan Kott in Mangiare Dio  commenta tanta incertezza sostenendo che "l'ambiguità è il cardine dell'Alcesti "p.142).

L'Alcesti  poi è un dramma ambiguo anche come genere: non si capisce se sia una tragedia o una commedia. In questo senso, sostiene il critico polacco, può raffrontarsi con l'arte manieristica che imita l'arte invece della natura,

Euripide dunque apre la via a questa mescolanza di generi che  nella cultura classica ha un seguito nell' estetica del sofista Crizia permeata dall'antitesi, o nell' Anfitrione  di Plauto, nel prologo del quale dramma Mercurio dice:

" Eandem hanc, si voltis, faciam ex tragoedia

comoedia ut sit omnibus isdem versibus (vv. 54-55).

Questa medesima, se volete, farò in modo che da tragedia

diventi commedia con tutti gli stessi versi.

E, subito dopo:

"faciam ut commixta sit tragico comoedia "(v.59), farò in modo che la commedia sia commista di tragico.

 

Bologna 5 dicembre 2021 ore 18, 30

giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Cfr. Pindaro, Olimpica I, 35-53.

[2] Cruciali sono i versi con i quali Andromaca accusa i Greci di essere loro i veri barbari: “w\ bavrbar j ejxeurovnte~   [Ellhne~ kakav-tiv tonde pai`da kteivnet j oujde;n ai[tion; (764-765), o Greci inventori della barbarie, perché uccidete questo bambino che non è colpevole di niente?

 

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