venerdì 24 dicembre 2021

Plauto, Amphitruo. Atto III scena sesta. L’ira come pazzia.

Atto III scena sesta. L’ira come pazzia,  l’alterco triviale, poi il progetto stragistico del vero Anfitrione impazzito di nuovo.

 

Mercurio Anfitrione.

Anfitrione dunque ha preso a calci l’uscio.

Mercurio-sosia dal tetto chiede “chi è alla porta? (1021)

Anfitrione risponde ego sum

Quid ego sum?

Ita loquor ti dico che sono io

Mercurio gli dice che gli dèi devono essere poprio adirati -irati certo sunt- con uno che vuole fracassare la porta in quel modo

Quo modo? Domanda Anfitrione

E Mercurio: Eo modo, ut profecto vivas aetatem miser 1023, nel modo che di certo passi la vita da disgraziato.

.

L’ira è un segno di infantilismo, di  impotenza e di paura. Perfino di pazzia

 

Seneca considera l'ira un' insania  e un sintomo di impotenza:" iram dixerunt brevem insaniam; aeque enim impotens sui est ", dissero che l'ira è una breve pazzia; infatti è incapace di dominarsi, proprio come quella (De ira , I, 1). Inoltre non è naturale l'ira poiché essa desidera infliggere pene (poenae appetens est , I, 6) mentre la natura dell'uomo non vuole questo:"ergo non est naturalis ira ", I, 6).

 

Sentiamo anche Fromm: " Rimanendo legato alla natura, alla madre o al padre, l'uomo riesce quindi a sentirsi a suo agio nel mondo, ma, per la sua sicurezza, paga un prezzo altissimo, quello della sottomissione e della dipendenza, nonché il blocco del pieno sviluppo della sua ragione e della sua capacità di amare. Egli resta un fanciullo mentre vorrebbe diventare un adulto"[1].

 

In  Fuga dalla libertà  Fromm sostiene che" l'impotenza dà luogo all'impulso sadico a dominare; nella misura in cui l'individuo è capace, cioè in grado di realizzare le sue possibilità sulla base della libertà e dell'integrità del suo io, non ha bisogno di dominare e non prova alcuna brama di potere" (p. 144).

 

L’adirato è il perdente. Sentiamo Fromm sulle cause psicologiche dell’ira:“we see a man who shouts and has a red face. We describe his behavior as ‘being angry’. If we ask why he is angry, the answer may be ‘because he is frightened’ ‘Why is he frightened?’ ‘Because he suffers from a deep sense of impotence’. ‘Why is this so?’ ‘Because he has never dissolved the ties to mother and is emotionally still a little child’[2], noi vediamo un uomo che grida e ha la faccia rossa. Descriviamo il suo comportamento dicendo che è arrabbiato. Se noi domandiamo perché è arrabbiato, la risposta può essere, perché è spaventato. Perché è spaventato? Perché soffre di un profondo senso di impotenza. Perché è così? Perché non ha mai reciso i legami con la madre ed è ancora emotivamente un bambino.

 

Anfitrione vede Sosia in Mercurio  il quale gli fa: “Quid nunc vis? (1025) Che cosa vuoi ora?

Il dio lo provoca rinfacciandogli la sfuriata folle contro la porta e gli domanda quis tu es homo?, gli toglie l’identità del padrone di casa.

Anfitrione  lo minaccia chiamandolo ulmorum Acchĕruns, Acheronte di olmi: intende che i randelli fatti con gli olmi verranno distrutti dalle ossa del servo preso a randellate.

Quindi aggiunge: quem pol ego hodie ob istaec dicta faciam ferventem flagris 1030, per quanto hai detto oggi ti farò bruciare a forza di sferzate.

Mercurio-Sosia lo insulta ancora dandogli del vecchio pitocco, accattone di guai- senecta aetate a me mendicas malum 1032

Anfitrione promette la croce allo schiavo di casa-verna-

Mercurio replica minacciando Anfitrione di una dura punizione.

Insomma una lite becera, triviale.

 

Segue una lacuna di circa 300 versi dovuta alla perdita di alcuni fogli dell’archetipo.

Dai frammenti ricavati da grammatici e glossatori antichi si ricava che per un po’ continuava la lite tra Anfitrione e Mercurio-Sosia, poi entrava Alcmena che tornava a litigare con il marito, quindi entrava il comandante di nave Blefarone con il vero Sosia che questionava con il padrone. Il navarco difendeva Sosia. Poi tornava Giove-Anfitrione che scambiava accuse di adulterio con il vero Anfitrione finché i due se la prendevano con Blefarone che non sapeva indicare il vero marito di Alcmena

 

Torniamo al testo con  la conclusione dell’Atto Quarto

 

Alcmena sta partorendo e Giove-Anfitrione entra in casa. Blefarone esce dall’altra parte e va verso la nave

Il vero Anfitrione resta solo sulla scena. Si sente abbandonato da tutti e molto desolato. Vuole comunque farla pagare al mascalzone che gli ha usurpato identità e moglie. Vuole denunciarlo al re di Tebe.

Ego pol ulciscar hodie Thessalum veneficum- qui pervorse perturbavit familiare mentem meae (1043), oggi mi vendicherò di questo stregone tessalo che ha sconvolto e rovesciato la mente della famiglia mia.

Si ricordi che la Tessaglia era considerata terra di streghe (cfr. Lucano Pharsalia, VI libro,  e tutto l’Asino d’oro di Apuleio).

L’impazzito dice che entrerà ina casa e scannerà chiunque incontrerà : “sive ancilla, seu servom, sive uxorem, sive adulterum, seu patrem, sive avum videbo, obtruncabo in aedibus” (1149- 1150) la desolazione e la pazzia non gli permettono più di distinguere nulla, come a quelli che organizzano stragi in pace e in guerra. Non mi fermeranno nemmeno Giove né tutti gli dèi messi insieme conclude con ironia tragica.

Bologna 24 dicembre 2021 ore 10, 50

 

giovanni ghiselli

p. s.

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Nei giorni di festa i lettori del mio blog calano. Io scrivo lo stesso perché la festa mia è leggere, scrivere poi andare in bicicletta di giorno, dopo lo studio, e correre o andare al cinema o a cena con amici la sera, sempre dopo lo studio. Ogni tanto, sempre meno spesso, una donna, purché mi lasci studiare,

Finché  durerà. Fino a guando il buon Dio vorrà.

La carissima amica Antonia mi disse quando ero molto più giovane, con premura materna, che sarei stato fortunato perché sono buono.

Gli eventi di questa mia vita le hanno dato ragione. Sono stato e sono fortunato. Nessuna vita adesso mi piace più della mia come è e come è stata. E’, ed è stata davvero la mia,  come diceva della sua Fulvio, l’altro carissimo amico

Buon Natale a tutti

 



[1]E. Fromm, La rivoluzione della speranza , p. 80.

[2] The anatomy of human destructiveness, p. 67.

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