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Terenzio (190 ca-159)
Adelphoe (160 a. C.)
Didascalìa
Comincia gli Adelphoe di Terenzio: portati sulla scena durante i ludi funebri in onore di Emilio Paolo; li allestirono Fabio Massimo e Cornelio Africano: li portarono in scena L. Ambivio Turpione e L. Attilio di Preneste: compose la musica Flacco schiavo di Claudio tutta con accompagnamento di flauti di Tiro: la greca è di Menandro: fu composta per sesta sotto il consolato di M. Cornelio Cetègo e Anicio Gallo.
Adelphoe è una rielaborazione degli jAdelfoiv di Menandro (342-291), con l'aggiunta di una scena dei Sunapoqnhv/skonte" di Difilo (contemporaneo di Menandro). Fu rappresentata per la prima volta nel 160 a.C., durante le celebrazioni funebri in onore di Lucio Emilio Paolo Macedonico
C’è dunque la "contaminatio ", ossia l’utilizzo di più modelli per una sola commedia.
Sommario di C. Sulpicio Apollinare
Avendo Demea due giovani,
affida Eschino in adozione al fratello Micione,
mentre Ctesifone lo tiene con sé. Questo, preso
dal piacere di una citarista sotto il regime del padre duro e austero,
lo copriva il fratello Eschino; la cattiva fama derivante dalla faccenda,
e l'amore addossava a se stesso; finalmente
porta via la citarista al lenone. Sempre Eschino
aveva sedotto una cittadina attica poverella
e le aveva promesso che l'avrebbe sposata.
Demea litiga, la prende male; dopo comunque
appena la verità si è rivelata, Eschino sposa
la sedotta, e Ctesifone si tiene la citarista.
Prologo
Da quando il poeta si è accorto che la sua attività di scrittore/
è presa di mira da persone malevole e che i rivali
tendono a stroncare la commedia che intendiamo rappresentare,/
si denuncerà da solo, e voi sarete i giudici
se si debba ascrivere a lode o a vizio il suo poetare.
I Synapothnescontes sono una commedia di Difilo
e da questa Plauto mise insieme la commedia Commorientes .
Nell'originale greco c'è un giovanotto che porta via una puttana
a un lenone, durante la prima parte della commedia: quella scena
Plauto lo lasciò stare dov'era, quella scena l'autore (Terenzio) l'ha fatta sua
e l'ha portata negli Adelphoe tradotta parola per parola.11
verbum de verbo expressum extulit-
Sul tradurre alla lettera o interpretando liberamente e perfino arbitrariamente. Io sono per la pima soluzione.
Cicerone afferma che nel tradurre non è opportuno attenersi alla lettera, ma si deve piuttosto interpretare l’originale: “Nec tamen exprimi verbum e verbo necesse erit, ut interpretes indiserti solent ” (De finibus bonorum et malorum III, 15), non sarà del resto necessario che si traduca parola per parola, come sono soliti i traduttori stentati.
In un passo degli Academica, l’Arpinate afferma che i poeti arcaici, Ennio, Pacuvio, Accio, e molti altri, piacciono “qui non verba, sed vim Graecorum expresserunt poetarum” (III, 10), poiché resero non le parole ma la forza dei poeti greci.
Mi trovo d’accordo piuttosto con Leopardi.
Leggiamo qualche riga dello Zibaldone sulla traduzione perfetta: “La perfezione della traduzione consiste in questo, che l’autore tradotto, non sia p. e. greco in italiano, greco o francese in tedesco, ma tale in italiano o in tedesco, quale egli è in greco o in francese. Questo è il difficile, questo è ciò che non in tutte le lingue è possibile” ( 2134).
La lingua italiana, la quale è “piuttosto un aggregato di lingue che una lingua, laddove la francese è unica”, ha maggiore facoltà rispetto alle altre “di adattarsi alle forme straniere…Queste considerazioni rispetto alla detta facoltà della nostra lingua, si accrescono quando si tratta della lingua latina, o della greca. Perché alle forme di queste lingue, la nostra si adatta anche identicamente, più che qualunque altra lingua del mondo: e non è maraviglia, avendo lo stesso genio, ed essendosi sempre conservata figlia vera di dette lingue, non solo per ragioni di genealogia e di fatto, ma per vera e reale somiglianza e affinità di natura e di carattere” ( 964 e 965).
Ora noi andiamo a rappresentarla per la prima volta: esaminate bene
se dovete ritenere che si sia fatto un plagio furtumne factum- oppure sia stata
ripresa una scena che fu omessa per sbadataggine.
Che questi malevoli isti malevoli poi dicano che dei nobili
aiutino l'autore e le commedie le scrivano sistematicamente assieme,
quella che loro considerano un'offesa violenta,
il poeta la reputa un altissimo elogio laudem hic ducit maximam-, poiché va bene a coloro
che vanno bene a voi e al popolo intero,
I nobili sono quelli della cui opera ciascuno ha potuto fruire via via
in guerra, nel riposo, negli affari senza subire alterigia.
Quindi non aspettatevi la trama della commedia,
i vecchi che verranno per primi vi spiegheranno una parte,
una parte la mostreranno con l'azione. Fate in modo che la vostra benevolenza
aumenti la voglia di scrivere del poeta. 25
L’utilizzo di opere precedenti
Terenzio nel Prologo dell'Eunuchus [1], che contamina l’ Eujnou'co" con il Kovlax di Menandro, dichiara: "Denique/nullum est iam dictum quod non dictum sit prius" (vv. 40-41), in fin dei conti, non c'è più nessuna battuta che non sia stata detta prima.
La coscienza di non dire nulla di completamente nuovo si trova già negli autori antichi: Eschilo[2] diceva che le sue tragedie erano fette del grande banchetto omerico (Aijscuvlo" … o}" ta;" auJtou' tragw/diva" temavch ei\nai e[legen tw'n JOmhvrou megavlwn deivpnwn"[3]); Callimaco[4] afferma: "ajmavrturon oujde;n ajeivdw"[5], non canto nulla che non sia testimoniato
Leopardi ebbe a scrivere "Tutto si è perfezionato da Omero in poi, ma non la poesia"[6].
Robert Musil[7] attraverso il suo protagonista Ulrich, il quale gioca sempre al ribasso, parla ironicamente di una "catena di plagi"[8] che lega le grandi figure del mondo artistico l'una all'altra.
Citare non è saccheggiare: “Agli occhi dell’artista un pensiero in quanto tale non avrà mai un gran valore di proprietà. A lui importa che possa funzionare nell’ingranaggio spirituale dell’opera”[9].
“Esiste comunque un metodo sicuro, e soprattutto molto rapido, per rendere sfizioso qualsiasi classico: quello della citazione. La citazione infatti antologizza il classico fino alla carne viva”.[10]
Naturalmente le citazioni non devono costituire un coacervo, ma formare un amalgama.
Bologna 26 dicembre 2021 ore 10, 50.
giovanni ghiselli
p. s.
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[1] Del 161 a. C.
[2] 525-455 a. C.
[3] Ateneo (II-III sec. d. C.) I Deipnosofisti, VIII, 39.
[4]305 ca-240ca a. C.
[5] Fr. 612 Pfeiffer.
[6]Zibaldone , 58.
[7] 1880-1942.
[8]L'uomo senza qualità , p. 270.
[9] T. Mann, Doctor Faustus, p. 731.
[10]
M.Bettini, I classici nell’età
dell’indiscrezione, p. 66.
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