NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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domenica 5 dicembre 2021

Atto III scena terza e scena quarta.


Scena III

Euclione e Congrione

 

Euclione esce di casa con la pentola tra le braccia come un’amante amata: “Hoc quidem hercle quoquo ibo mecum erit, mecum feram” (449). La portrà con sé dovunque andrà.

E’ un modo di fare che spaventerebbe un umano di sicuro: Quod sequitur, fugio; quod fugit, ipse sequor  (Ovidio, Amores, 2, 20, 36) evito ciò che mi segue, seguo ciò che mi evita.

Non la lascerò in tantis periclis (Aulularia, 450) in  pericoli tanto grandi.

E’ lo stesso atteggiamento della gelosia come si diceva sopra. E se diamo retta a Freud che citerò infra, non si può escludere che la pentola sia il sostituto simbolico di una donna.

 

Quindi l’avaro dà il permesso di entrare in casa sua a chi deve preparare la festa, cuochi e flautiste: “Ite sane nunc iam intro omnes, et coqui et tibicinae”.

 

Non è nemmeno tanto avaro: ho conosciuto dei borghesi molto più “ronci”- pesarese per “avari” con nota spregiativa-di Euclione.

Tra Savena e Reno mi hanno aperto le porte di casa dei pesaresi, dei romagnoli, dei sardi ma pochissimi bolognesi: “recati a mente il nostro avaro seno” dice Venedico Caccianemico colui “che la Ghisolabella” condusse “a far la voglia del Marchese” (Dante, Inferno, XVIII, 55-56 e 63).

Questo non toglie che a Bologna si vive molto bene.

 

Insomma pure Euclione è rivalutabile se viene confrontato con certa gente di adesso

Congrione rinfaccia di nuovo le botte prese, ma ora Euclione gli fa fretta: intro abi: opera huc conducta est vestra, non oratio (455), va’ dentro: si è preso a noleggio qua il vostro lavoro, non le vostre chiacchiere.

 

Andrebbe detto a tanti insegnanti che non studiano e fanno passare l’ora di lezione leggendo i manuali o chiacchierando.

 

Congrione risponde a tono di essere stato ingaggiato coctum non vapulatum, per cucinare non per essere bastonato e quindi chiederà un risarcimento

Pensate quante vedove di lavoratori lasciati morire potrebbero dare voci ai mariti defunti con tali parole.

La scena si chiude con un altro paio di battute polemiche. Quindi Concione entra in casa

 

Atto terza scena quarta. Euclione solo

L’avaro in un monologo ricorda di avere ammazzato il gallo della vecchia fantesca Stafila perché quel gallus gallinaceus si era messo a grattare il terreno sotto il quale si trovava la pentola con il tesoro. Come ha visto quella bestiaccia, l’ animo dell’avao si è infuriato, quid opus est verbis? , c’è bisogno di dirlo?

capio fustem, obtrunco gallum, furem manufestarium"(469), prendo un randello, ammazzo il gallo, ladro colto sul fatto.

 

Nel Satyricon viene ammazzato un gallo il cui cantare era considerato un cattivo presagio.

Haec dicente eo gallus gallinaceus cantavit. qua voce confusus Trimalchio vinum sub mensa iussit effundi lucernamque etiam mero spargi. immo anulum traiecit in dexteram manum et:"non sine causa" inquit" hic bucinus signum dedit; nam aut incendium oportet fiat, aut aliquis in vicinia animam abiciat. longe a nobis! itaque quisquis hunc indicem attulerit, corollarium accipiet". dicto citius de vicinia gallus allatus est, quem Trimalchio iussit, ut aeno coctus fieret. laceratus igitur ab illo doctissimo coco, qui paulo ante de porco aves piscesque fecerat, in caccặbum est coniectus" (74, 1-4), mentre quello parlava così, un gallo cantò. Trimalchione turbato da questo verso ordinò che si versasse del vino sotto la tavola e che anche la lucerna fosse spruzzata di vino. Per giunta fece passare l'anello[1] nella mano destra[2] e disse:"non senza motivo questo trombettiere ha dato il segnale; infatti ci deve essere un incendio o qualcuno nei dintorni deve lasciare la vita. Lungi da noi! Perciò chiunque porterà questo iettatore, riceverà una mancia". In men che non si dica fu portato un gallo dai paraggi e Trimalchione ordinò che venisse cotto in una casseruola. Tagliato dunque a pezzi da quel cuoco sapientissimo che poco prima aveva ricavato da un porco uccelli e pesci, fu gettato nella pentola.

 

Il vocabolo (caccabus) è un pu sempre una pentola che in entrambi i testi è associata al gallo.

Freud farebbe del gallo un simbolo virile e della pentola un recipiente che allude alla vagina. L’uccisione del gallo sarebbe quindi una punizione inferta alla potenza sessuale del maschio.

I recipienti in effetti sono catalogati da Freud tra i simboli del ventre femminile: “Astucci, scatole, casse, armadi, stufe corrispondono al grembo femminile, come del resto caverne, navi e tutti i tipi di recipienti” (S. Freud, L’interpretazione dei sogni, p. 327).

       

Euclione non è per niente pentito di avere ammazzato il gallo: “credo edepol ego illi mercedem gallo pollicitos coquos-si id palam fecisse”. 470- 471, sono certo che i cuochi hanno promesso una mercede a quel gallo,  se avesse portato la pentola alla luce.

 

Un sospetto del genere a proposito del trombettiere naturale   viene in testa a un altro vecchio matto: Filocleone delle Vespe di Aristofane.

Questo infatuato ha la mania dei processi e doveva essere svegliato dal gallo per andare a fare il giudice: ebbene, se il suo gallo cantava solo di sera diceva che lo avevano convinto  di svegliarlo tardi- o[y j ejxegeivrein 101- gli accusati  dandogli del denaro.

Questo ajlektruwvn però non viene ammazzato

 

 

 

La scena si chiude con Euclione che annuncia l’ arrivao del genero  Metrodoro

Bologna 5 dicembre 2021 ore 20, 13

 giovanni ghiselli

p. s

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[1] Il secondo dei due descritti a 32, 3.

[2] Sono scongiuri.

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