Cronologia dei drammi
Le tragedie sono: l'Alcesti , la più antica, del 438, la Medea del 431, gli Eraclidi del 430 circa, l'Andromaca di poco posteriore, l'Ippolito del 428, l'Ecuba del 424, le Supplici del 422, l'Eracle del 416 circa, le Troiane del 415, l'Ifigenia fra i Tauri tra il 414 e il 413, l'Elettra del 413, l'Elena del 412, lo Ione intorno al 41l, le Fenicie tra il 410 e il 408 , l'Oreste del 408. L'Ifigenia in Aulide e le Baccanti furono rappresentate postume in Atene da Euripide il Giovane insieme all’Alcmeone a Corinto, dopo il 406 (405 o 403). Il Reso, che narra l'episodio dell'assedio di Troia raccontato anche dal X canto dell'Iliade , è quasi certamente spurio.
Critica della tradizione.
Polemica con Sofocle. Blasfemia nei confronti degli oracoli[1], della pretaglia delfica (Andromaca), degli dèi tradizionali (Eracle).
Invano Neottolemo "il ragazzo di Achille"(Andromaca, v.1119) domanda:
"per quale ragione mi uccidete mentre percorro il cammino della pietà? per quale causa muoio? Nessuno di quelli, che erano migliaia e stavano vicini, mandò fuori la voce, ma gettavano pietre dalle mani"(vv. 1125-1128).
Il clero delfico non è estraneo a questo “crimine sacro”: a un certo punto, dai recessi dl tempio rimbombò una voce terribile e raccapricciante che aizzò quel manipolo e lo spinse a combattere (vv. 1146-1148). Il messo alla fine della rJh'si" accusa Apollo di essere w{sper a[nqrwpo" kakov" (v.1164), come un uomo malvagio, e domanda:"pw'" a]n ou\n ei[h sofov";" (v. 1165), come potrebbe essere saggio?
A questo proposito G. De Sanctis scrive:"Ora può darsi che Euripide osasse porre in così cattiva luce Apollo profittando del mal animo degli Ateniesi verso il dio che spartaneggiava in quegli anni come poi filippizzò"[2].
Ma il giudizio più aspro lo troviamo nell'Eracle, quando Anfitrione rimprovera Zeus ed afferma la propria superiorità morale sullo stesso padre degli dèi:"Zeus, invano davvero io ti ebbi come compagno di talamo, e invano ti chiamavamo comune genitore di mio figlio: tu infatti ci eri meno amico di quello che sembravi essere.
In virtù io, sebbene mortale, supero te, dio grande: infatti i figli di Eracle io non li ho traditi.Tu sapevi entrare di nascosto nei letti- suv d j ej" me,n eujna;" kruvfio" hjpivsto molei'n, prendendoti i talami altrui mentre nessuno te li dava,ma non sai salvare i tuoi cari. Sei un dio stupido, oppure per natura non sei giusto"(Eracle, vv. 339-347).
“Sofocle misura la morale con la religione[3], Euripide invece la religione con la morale. C’è qui senza dubbio un elemento razionale, ma non è né preminente né decisivo, è invece il sentimento morale-aijdwv~ lo chiama il greco- che si rifiuta di attribuire agli dèi quelle azioni “che sono ignominiose per gli uomini”[4]…La convinzione che “ci sia qualcosa di corrotto” ( nosei`) nel modo in cui gli dèi governano il mondo[5] è espressa da Euripide in tanti passi…”[6].
Eroi straccioni piagnucolosi, (Menelao nell’Elena), irrisoluti (Agamennone nell’Ifigenia in Aulide).
Nel Telefo del 439, non pervenuto, in cui il re di Misia indossava le vesti di un pitocco, suscitò vibrato imbarazzo e scalpore. Nietzsche: lo spettatore sulla scena
Cfr. Acarnesi di Aristofane, dove Diceopoli si reca da Euripide per farsi prestare gli stracci dov~ moi rJavkiovn ti”, dammi uno straccio!" lo prega (v. 415) con i quali copriva i suoi personaggi "cwlouv~” (v.411), zoppi, e “ptwcouv~ ” (v.413), pitocchi.
Nell'Elena, Menelao afferma:"le lacrime sono la mia gioia: hanno più dolcezza che dolore[7] "(654-655).
Nell' Ifigenia in Aulide Agamennone, richiesto di sacrificare la vita della primogenita , dice a un vecchio servo:" ti invidio, vecchio,/invidio tra gli uomini quello che passa una vita/senza pericoli, ignorato, oscuro (ajgnw;" ajklehv" );/ quelli che stanno tra gli onori li invidio di meno"(17-20).
Si apre la strada all’Ellenismo: nel mito[8] di Er della Repubblica di Platone, l'anima di Odisseo, dovendo scegliersi un'altra vita "guarita da ogni ambizione per il ricordo degli antichi travagli, andò in giro a lungo cercando la vita di un uomo privato e disimpegnato"(62Oc)
Bologna 5 dicembre 2021 ore 9, 35
giovanni ghiselli
p.s.
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[1] Anche in polemica con Sofocle, il collega di successo.
[2]Storia dei Greci , II vol., p. 331.
[3] Possiamo indicare una parentela spirituale tra Sofocle e Tolstoj che in Guerra e pace (p. 1607) scrive:" Per noi, con la misura del bene e del male dataci da Cristo, non esiste nulla di incommensurabile e non c'è grandezza là dove non c'è semplicità, bene, verità".
[4] Xenophan. fr. 11, 2.
[5] Iph. Taur. 1403; Troad. 27, 1042; Iph. Aul. 411.
[6] Nestle, Storia della religiosità greca, p. 36.
[7] C’è il piacere della confusione e mescolanza dei sentimenti, la voluttà delle lacrime che è reperibile in D'Annunzio, se vogliamo trovare in Euripide gli archetipi della letteratura decadente. In L’innocente , Tullio Hermil ebbro di bontà e di amore per Giuliana prima di scoprirla impura, ne beve le lacrime con felice voluttà:"-Oh, lasciami bere- io pregai. E, rilevandomi, accostai le mie labbra ai suoi cigli, le bagnai nel suo pianto" (p. 145.)
[8] Il mito è sempre una "immagine concentrata del mondo" (Nietzsche, La nascita della tragedia, p. 151).
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