Attori, teatro e cinema
Il dramma dunque è un'opera complessa. Wagner , nello scritto L'arte e la rivoluzione (1849), la definisce "arte complessiva dove l'elemento maschile e intellettuale, la parola, feconda quello femminile, la musica che ha la risonanza dei tempi primordiali". La tragedia greca era una forma d’arte connessa a una “religione inviscerata nelle leggi e ne’ costumi d’un popolo”[1]”, quello ateniese. Cito ancora Wagner: “L’opera d’arte è la rappresentazione vivente della religione; ma la religione non l’inventa l’artista: essa deve le sue origini al popolo”[2].
La tragedia complessa presenta peripezia e riconoscimento. Infine c’è la catastrofe.
Aristotele delle sei parti considera importantissimo il racconto, ossia l'intreccio dei fatti che è quasi l'anima della tragedia. I racconti possono essere semplici (aJploi', 1452a, 10) o complessi (peplegmevnoi). E’ semplice l’azione dove il cambiamento (hJ metavbasi~, 1452 a, 16) accade senza peripezia o riconoscimento , complessa quella dove il cambiamento avviene meta; ajnagnwrismou' h] peripeteiva~ h] ajmfoi'n (Poetica, 1452a, 17), con riconoscimento o peripezia, o entrambi. Vediamo di che si tratta.
"Peripezia (peripevteia) è il cambiamento repentino di ciò che accade nel suo opposto, cosa che deve avvenire in maniera verosimile e necessaria"(1452a, 11).
Viene fatto l'esempio dell'Edipo re di Sofocle, quando giunge un messo da Corinto per tranquillizzare il protagonista (vv.924 e sgg.) e invece dà l'avvio alla parte dell'indagine che porta al pavqo~, l’evento doloroso e catastrofico, che, dopo la peripezia e il riconoscimento, è la terza parte del racconto (trivton de; pavqo~, 1452b, 10), pravxi~ fqartikh; h] ojdunhrav (Poetica, 1452b, 11 ), un’azione rovinosa o dolorosa.
Questo capovolgimento che inganna le attese ottimistiche è tipica dei drammi di Sofocle: "In quattro tragedie, e cioè Antigone, Aiace, Edipo re, Trachinie, poco prima della catastrofe, il Coro, convinto o illuso che le cose stiano cambiando in meglio, si abbandona a una danza allegra, l'iporchema. Teatralmente è una trovata geniale. Il pubblico che è, per così dire, preveggente in quanto conosce la trama della vicenda, soffre per la cecità del Coro, per la sua incapacità di prepararsi al peggio…La tragedia di Sofocle è il resoconto di un assedio a cui il protagonista è sottoposto, per lo più in modo terribile, e che si conclude con l'espugnazione del suo mondo. Si può individuare una linea che ora ascende e ora discende, c'è un momento in cui l'eroe sembra spuntarla sul male e sui nemici. Almeno così ritiene il Coro in quattro tragedie su sette. Il suo comportamento sottolinea l'inadeguatezza della ragione umana nel cogliere i movimenti profondi del divenire"[3]. “Forse è un decreto della provvidenza che ci colga l’euforia quando stiamo davanti all’abisso”[4].
Ho visto di nuovo, in televisione, Rocco e i suoi fratelli di Visconti. E' un grande film, e a me particolarmente congeniale perché ha il sapore delle tragedie greche. Con "il senno di adesso" ho notato un particolare in più: la catastrofe finale di Nadia e Simone è prceduta dalla festa per il successo pugilistico di Rocco.
Chi lotta coi mostri deve guardarsi dal diventare un mostro anche lui. E se tu guarderai a lungo in un abisso, anche l’abisso vorrà guardare te”[5].
Si pensi a Deianira nelle Trachinie di Sofocle.
Il film Annette con Marion Cottillard non più tanto giovane ma bella e fine come sempre è tutto fondato su questo avvertimento di non guardare a lungo l’abisso che può risucchiarti
Bologna 2 dicembre 2021 ore 9, 47
giovanni ghiselli
p. s.
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