domenica 9 maggio 2021

Il meccanismo del potere è una scala i cui gradini sono vite umane da calpestare

Shakespeare mostra di lacrime grondi e di che sangue. Pima di lui Erodoto, Euripide, Platone, Tito livio e tanti altri
 
Macbeth  di Shakespeare inciamperà nel meccanismo del potere che è una scala i cui gradini sono vite umane da calpestare:"That is a step/On which I must fall down, or else o'erleap / For in my way it lies-Lat base leg-lectus- " (I, 4), questo è un gradino sul quale devo cadere oppure scavalcarlo poiché si trova sulla mia strada.  Il gradino è Malcolm, un figlio del re ucciso.
Poi (III, 4): ci  sarà ancora sangue: blood will have blood, sangue vuole sangue. Così le Erinni nell’Orestea
Quindi: “I am in blood –stepped in, so far, that should I wade- latino vadum- no more,-returning were as tedious-taedium as go o’er” (Macbeth, III, 4) mi sono inoltrato nel sangue che, se non passassi il guado, il tornare indietro sarebbe pericoloso come l’andare avanti.   Cfr. il tiranno che taglia le teste: Trasibulo di Mileto e Periandro di Corinto in Erodoto, e i Tarquini in Tito Livio.
Erodoto poi Tito Livio raccontano che le prime vittime del tiranno sono le persone intelligenti e capaci
Periandro tiranno di Corinto, quando era ancora apprendista e la sua malvagità non si era  scatenata, accolse il suggerimento di Trasibulo tiranno di Mileto il quale:"oiJ uJpetivqeto (…) tou;" uJperovcou" tw'n ajstw'n foneuvein", gli consigliava di mettere a morte i cittadini che si distinguevano ( Storie , V, 92 h) . Il tiranno esperto aveva dato il consiglio criminale in maniera simbolica: mostrandosi a un araldo, mandato da Corinto a domandargli come si potesse governare la città nella maniera più sicura e bella, mentre recideva le spighe più alte di un campo di grano.
Periandro comprese e allora rivelò tutta la sua malvagità (" ejnqau'ta dh; pa'san kakovthta ejxevfaine").
 
  Tito Livio attribuisce lo stesso gesto di Trasibulo, con le stesse intenzioni, al re Tarquinio il quale indicò al figlio Sesto cosa fare degli abitanti di Gabi con un'analoga risposta senza parole:" rex velut deliberabundus in hortum aedium transit sequente nuntio filii; ibi inambulans tacitus summa papaverum capita dicitur baculo decussisse "(I, 54), il re quasi meditabondo passò nel giardino della reggia seguito dall'inviato del figlio; lì passeggiando in silenzio, si dice che troncasse con un bastone le teste dei papaveri[1]. 
Il falso sciocco: l’ossimoro vivente
Bruto, per salvarsi, aveva stabilito di non lasciare al re nulla da temere dall'animo suo, nulla da desiderare nella sua fortuna, e di trovare sicurezza nell'essere disprezzato:"Ergo ex industria factus ad imitationem stultitiae, cum se suaque praedae esse regi sineret, Bruti quoque haud abnuit cognomen " (I, 56, 8) pertanto fingendosi stolto apposta, lasciando se stesso e i suoi beni al re, non rifiutò neppure il soprannome di Bruto.
il Coro dell'Eracle di Euripide dopo la punizione del tiranno Lico afferma che l'oro, e il successo, spingono i mortali fuori dalla ragione tirandosi dietro un potere ingiusto:" oJ cruso;" a[ t j eujtuciva-frenw'n brotou;" ejxavgetai-duvnasin a[dikon ejfevlkwn" (vv. 774-776).
Lo afferma anche Platone  chiamando in causa Omero che ha rappresentato Tantalo, Sisifo e Tizio "ejn  j Aidou to;n ajei; crovnon timwroumevnou""(525e), puniti nell'Ade per sempre: questi erano appunto re e dinasti; mentre Tersite, e chiunque altro sia stato malvagio da privato cittadino ("ijdiwvth"") non ha avuto occasione di fare tanto male, e per questo si può considerare più fortunato dei potenti dai quali provengono "oiJ sfovdra ponhroiv" (Repubblica, 526a) quelli malvagi assai.

giovanni ghiselli



[1] Il tiranno è invidioso. Infatti L'Invidia personificata da Ovidio "exurit herbas et summa papavera carpit" (Metamorfosi, II, 792), dissecca le erbe e stacca le cime dei papaveri.

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