lunedì 17 maggio 2021

Shakespeare, "Riccardo III". Terza parte

Enrico VI
Il potere è un nucleo di mali

 
Il linguaggio drammatico di Shakespeare suggerisce attraverso la parola scritta il gesto e il tono che devono accompagnarla mentre viene detta[1]. Come quando Riccardo dopo avere conquistato Anne, dice: “Shine out, fair sun, till I have bought a glass, /That I may see my shadow- greco skovtoς (oJ)- as I pass-latino passus” (I, 2, 267-268), brilla bel sole, finché mi sia comprsto uno specchio, perché io possa vedere la mia ombra mentre cammino.
L’attore non può non levare il capo verso il sole  indicando la sua ombra.
 
Riccardo parla con l’ex regina Margherita, della quale ha ucciso il marito Enrico VI e il figlio Edoardo e affètta  ingenuità e rifiuto del potere: dice di essere troppo puerilmente ingenuo per questo mondo too childish-foolish for this world (I, 3, 142) e piuttosto che re I had rather be a pedlar!- Far be it from my heart, the thought thereof, ( 149-150) preferirei essere un venditore ambulante, lontano dal mio cuore un pensiero del genere!
Cfr. Ifigenia in Aulide di Euripide

Agamennone ha scritto una lettera ingannevole a Clitennestra , ed è pentito.
L’a[nax  Invidia un vecchio servo che passa una vita ajkivndunon , priva di rischi, rimanendo  ajgnw;~  ajklehv~ (v. 18) sconosciuto e oscuro.
Meno invidiabile è la vita di chi sta ejn timai`~, tra gli onori.
 
Superiorità della vita privata
Nelle tragedie di Euripide ricorre spesso la fuga dai luoghi e dai tempi, insomma dalla storia quale "favola mentita".
Il drammaturgo prefigura il  lavqe biwvsa~ di Epicureo.
Ione  sostiene la superiorità della vita ritirata su quella impegnata o tesa al potere che viene smontato[2] :"del potere lodato a torto/l'aspetto è dolce, ma dentro il palazzo/c'è il dolore  (tajn dovmoisi de;- luphrav): chi infatti è felice, chi fortunato/se, temendo e guardando di traverso (dedoikw;" kai; parablevpwn), trascina/il corso della vita? Preferirei vivere/da popolano felice piuttosto che essendo tiranno ("dhmovth" a]n eujtuch;"-zh'n a]n qevloimi ma'llon h] tuvranno" w[n"),/il quale si compiace di avere amici malvagi,/mentre odia i generosi per paura di attentati " (Ione, vv. 621-628).
Si apre la strada all’Ellenismo[3]:  nel mito[4] di Er della Repubblica  di Platone, l'anima di Odisseo, capitata nel sorteggio per ultima, dovendo  scegliersi un'altra vita "guarita da ogni ambizione per il ricordo degli antichi travagli, andò in giro a lungo cercando la vita di un uomo privato e disimpegnato"( bivon ajndro;~ ijdiwvtou ajpravgmono~, 62Oc). Agamennone del resto sceglierà di rinascere come aquila[5].
 
Il topos prosegue con Seneca
 "Il tema fondamentale di tutto il teatro senecano…è che potere e regno, condizioni di illusoria felicità soggette a rovinosi cambiamenti di sorte, coincidono con la frode, con l'Erinni familiare, con il furor mentre l'unica salvezza è la obscura quies [6], la serenità del proprio cantuccio, l'esser parte indistinguibile della folla. L'avversione al regno ha come aspetto complementare l'esaltazione della tranquillità di ogni piccolo uomo, uno qualsiasi della massa silenziosa: felix mediae quisquis turbae, come canta un coro dell' Agamennone (v. 103).
Liceat in media mihi/latere turba (Thy. 533 sg,) afferma Tieste prima di cadere nelle lusinghe del potere e nella trappola tesagli da Atreo"[7].
 
Nell'episodio di Erminia tra i pastori della Gerusalemme liberata un vecchio, pentito delle "inique corti" e fattosi rusticus, spiega a Erminia, giunta in fuga la notte precedente dall'accampamento cristiano sulle rive del Giordano, in quale luogo sereno e lontano dalla guerra si trovi:"O sia grazia del Ciel che l'umiltade/d'innocente pastor salvi e sublime,/o che, sì come folgore non cade/in basso pian ma su l'eccelse cime,/così il furor di peregrine spade/sol de' gran re l'altere teste opprime,/né gli avidi soldati a preda alletta/la nostra povertà vile e negletta.// Altrui vile e negletta, a me sì cara/che non bramo tesor né regal verga,/né cura o voglia ambiziosa o avara/mai nel tranquillo del mio petto alberga./Spengo la sete mia ne l'acqua chiara,/che non tem'io che di venen s'asperga,/e questa greggia e l'orticel dispensa/cibi non compri a la mia parca mensa"[8]. C'è una raccolta di tutti i motivi visti sopra.
 
 
La regina Margherita maledice Riccardo: “the worm -vermis probably al lied to Greek rJovmoς tarlo- of conscience- cum scire- still begnaw thy soul-thy friends suspect-suspicio- for traitors –trado consegno, traditor-while thou liv’st (I, 3, 222-223) il tarlo della coscienza ti roda continuamente l’anima, sospetta, finché vivi, dei tuoi amici come traditori.
 
Il tiranno non ha amici
Cicerone Haec enim est tyrannorum vita nimīrum, in qua nulla fides, nulla caritas, nulla stabilis benevolentiae potest esse fiducia, omnia semper suspecta atque sollicita, nullus locus amicitiae (De amicitia:, 52)
 
Questa è infatti, senza dubbio, la vita dei tiranni, ove non può esistere alcuna lealtà, alcun affetto, alcuna fiducia di stabile benevolenza, ove tutto è sempre pieno di sospetto e di ansia, e non c’è posto per l’amicizia.
 
Nell'Agamennone di Seneca, Egisto parlando con Clitennestra fa questo rilievo:"non intrat umquam regium limen fides" (v. 285), la lealtà non entra mai nella soglia di una reggia. La regina ribatte che se la comprerà con i doni, ma il drudo conclude: “pretio parata vincitur pretio fides” (v. 287), la lealtà procurata a pagamento può essere superata da un altro pagamento.
 
La regina Margherita chiama Riccardo maiale grufolante, schiavo della natura, calunnia della pancia incinta di tua madre, thou slander of thy,heavy mother womb (231) rag- the resemblance to Gk. rJavkoς,  a shred of cloth, is accidental- of honour, straccio dell'onore (I, 3, 233)
I, 4
Passiamo alla quarta scena del I atto.
Clarence rinchiuso nella torre racconta un sogno al Keeper il guardiano , un sogno prolungato oltre la vita, un sogno che del futuro gli squarcia il velamr: I pass'd methought, the melancholy- greco melagcoliva bile nera, follia e latino melancholĭa- flood, with that sour ferrymen which  poets write of (I, 4, 45-46) mi sembrava di passare il fiume malinconico, con l'arcigno tragettatore di cui parlano i poeti
 
Virgilio Eneide "Navita sed tristis nunc hos nunc accipit illos"  (VI, 315). Cfr. anche le Rane di Aristofane e l'Inferno di Dante.
 
Brankbury, il luogotenente della torre, dice: "princes have but their titles -latino titulus-for their glories- i principi hanno da gloriarsi solo dei loro titoli. An outward honour for an inward toil-L. tud-as in  in tutŭdi past tens of tundere  to beat- un onore esterno per un rovello interno.
And for unfelt imaginations they often feel a world of restless care, e per fantasie non provate, essi provano spesso un mondo di affanni incessanti (I, 4, 78-81).
 
Nella prima antistrofe del secondo stasimo dell'Edipo re  vediamo che tutte le tirannidi sono zoppe come è zoppo (lamely, I, 1) Riccardo : "la prepotenza fa crescere il tiranno, la prepotenza/ se si è riempita invano di molti orpelli/ che non sono opportuni e non convengono (mhde; sumfevronta) /salita su fastigi altissimi/precipita nella necessità scoscesa/dove non si avvale di valido piede" e[nq j ouj podi; crhsivmw/-crh'tai "(vv. 873-879). 
Non solo il tiranno è zoppo e scivola, ma anche i suoi decreti. Antigone non obbedisce ai khruvgmata di Creonte, ma alle leggi della coscienza e degli dèi che, viceversa, sono a[grapta kajsfalh' (Antigone, v. 454), non scritti e non vacillanti.
 
Bologna 17 maggio 2021 ore 18, 31
giovanni ghiselli

p. s.
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[1] Cfr. C. Izzo, Storia della letteratura inglese, Nuova Accademia Editrice, Milano, 1961. 
[2] Il potere verrà demonizzato del tutto da Seneca, " per questo uomo di potere…il potere è un nucleo irriducibile di male-insieme fatto e subìto, avviluppato nelle rispondenze tra violenza oggettiva e angoscia soggettiva" G. Paduano (a cura di), Edipo, p. 9.
[3] Mentre il Pericle di Tucidide aveva detto: “:"movnoi ga;r tovn te mhde;n tw'nde metevconta oujk ajpravgmona, ajll j ajcrei'on nomivzomen" (Storie, II 40, 2), siamo i soli a considerare non pacifico, ma inutile chi non partecipa alla vita politica 
[4] Il mito è sempre una "immagine concentrata del mondo" (Nietzsche, La nascita della tragedia, p. 151).
[5] L'anima sorteggiata per ventesima scelse la vita di un leone: ed era quella di Aiace Telamonio che rifuggiva dal nascere uomo ricordandosi del giudizio delle armi. L'anima dopo questa era quella di Agamennone: anche questa per avversione al genere umano a causa dei dolori sofferti prese in cambio la vita di un'aquila Repubblica,  620b
[6] Fedra 1127.
[7] Gianna Petrone, Il disagio della forma: la tragedia negata di Seneca, "Dioniso" 1981., p. 360.
[8] Gerusalemme liberata, VII, ottave 9-10.

1 commento:

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