lunedì 31 maggio 2021

Shakespeare, "Riccardo III". XX. Madri che maledicono il proprio parto

La duchessa di York e Medea
 
Le due ex regine Elisabetta e Margherita cercano parole taglienti, non ottuse - dull - per maledire gli assassini.
Interviene la terza donna anziana orbata dei figli, la duchessa di York madre del maximus sceleratus Riccardo,  e domanda:
Why should calamity  L.  acc. calamitatem misfortune- be full of words? (Shakespeare, Riccardo III, IV, 4, 126) perché la calamità dovrebbe essere piena di parole?
Bravo nel parlare e nello scrivere si associa a brevis, insegna Orazio: quidquid praecipies esto brevis, ut cito dicta-percipiant animi dociles teneantque fideles (Ars poetica, 335-336), qualunque cosa vorrai comunicare, sii breve, affiché le menti disposte a imparare apprendano presto quanto hai detto e lo mantengano fedelmente.
 Ora si fanno chiacchiere infinite su problemi veri e pure falsi senza risolverne alcuno. Fiumi di parole inconcludenti su tragedie orribili e su sciocchezze irrilevanti affinché nulla cambi.
 
Elisabetta replica che la verbosità può servire ad alleviare il cuore.
Credo che coloro i quali parlano in continuazione non sopportano il prossimo, non vogliono ascoltarlo, né sopportano se  stessi: le vuote ciance servono a tenersi lontano dalle persone, dai problemi reali e dalle poprie sventure.
 
La duchessa dà ragione a Elisabetta e le chiede di dare fiato alla tromba e non lesinare invettive: be copious in exclaims (135) contro my damned son (134) il figlio mio maledetto.
 
Entra  Riccardo con il suo seguito. Vengono avanti con tamburi e trombe
Il re usurpatore domanda chi  è che cerca di arrestare la sua marcia.
La duchessa che l’ha messo al mondo  risponde che la madre stessa avrebbe dovuto arrestare  la marcia del figlio empio  strangolandoti nel suo ventre maledetto - by strangling - L. strangulare. - Gk. straggaluvein, straggalivzein - thee in her accursed womb” 138  in modo che avrebbe sbarrato la via a tutte le stragi commesse dallo sciagurato wretch 139.
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La maternità fallita suscita in questa donna come in Medea l’ira contro il proprio ventre
Medea pensa di incenerire l'istmo di Corinto e di assumere la ferocia massima negando la propria femminilità:"Per viscera ipsa quaere supplicio viam,/si vivis, anime, si quid antiqui tibi/remanet vigoris pelle femineos metus (Seneca, Medea, vv.40-43) attraverso le viscere stesse cerca la via per il castigo, se sei vivo, animo, se ti rimane qualche cosa dell'antico vigore; scaccia le paure femminili e indossa mentalmente il Caucaso inospitale.
 
E più avanti, quando Giasone la supplica di risparmiare almeno il secondo figlio, Medea risponde:
se nel mio ventre materno si nasconde ancora qualche pegno "scrutabor ense viscera, et ferro extraham" (v. 1011-1012), mi frugherò le viscere con la spada e con il ferro lo tirerò fuori.
 
Le donne ora non fanno figli anche per i troppi orrori cui assistono. A questi potrebbe porre freno solo una cultura diversa, impartita dalla scuola e dalla televisione ma si continua a insegnare che quello che davvero conta è soltanto il denaro per comprare di tutto anche quanto avvelena l’umanità e il pianeta.
 
Elisabetta domanda a Riccardo se creda con la corona di nascondere i segni di infamia che dovrebbero essere impressi sulla sua fronte.
La madre gli chiede dove sono Clarence e il figlio di lui Edward Plantageneto, poi dov’è Hastings. Solo alcune delle sue vittime.
 
Riccardo non risponde ma ordina di suonare le trombe e colpire i tamburi: let not the heavens hear these tell-tale women- (150) no permettete che i cieli odano queste donne chiacchierone mentre inveiscono contro l’unto del signore.
Vuole annegare gli improperi sotto il rimbombo assordante della guerra.
Durante le trasmissioni televisive, quando una rara avis prova a muovere critiche ragionate a questo sistema, viene interrotto dal conduttore che ha ricevuto l’ordine di mandare in onda the clamorous report (153) il rimbombo assordante della pubblicità che è comunque una guerra: alla sobrietà alla temperanza, allo stile, alla bellezza, alla cultura.

Bologna 31 maggio 2021 ore 11, 41
giovanni ghiselli  

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