Non c’erano barche. Un vento di ghiaccio, da primavera abortita, increspava l’acqua e le penne di un cigno che rabbrividiva con noi davanti alla sponda deserta.
Ifigenia disse: “quell’uccello è lo spirito del nostro amico affogato nella palude dell’ignoranza e dell’odio. Vero gianni? Qui fa troppo freddo per me”.
Eravamo partiti da Bologna nella tarda mattinata con un caldo quasi estivo credendo di trovare la buona stagione anche là, e i Bavaresi che in costume da bagno ballavano al sole con boccali di birra nell’avanzata primavera lacustre . Invece l’aria scorticava la faccia.
Tuttavia volli aspettare il momento dell’annidarsi del primo fra tutti gli dèi dio per rivolgergli una preghiera muta. “Santa faccia di luce che nutri la vita, fai che questo nostro difficile amore possa durare ancora un poco, aiutami a scrivere pagine degne del tuo nume , educative e accrescitive per quanti le leggeranno. Non lasciarmi morire a quarant’anni sdentato, ingrassato e sconciato come il monarca cui siamo venuti a rendere gli onori funebri. Già mi aiutasti quando a ventanni rasentavo l’abisso orrido della follia e della morte: aiutami ancora”.
Mi tornarono in mente alcune frasi del lunatico re che avevo sentito nel film di Luchino Visconti: “Il regalo più grande che un re possa fare al suo popolo è arricchirgli lo spirito”
Eravamo partiti per questo pellegrinaggio dopo che Ifigenia in seguito alla visione commossa del film aveva detto che nel personaggio del protagonista si potevano ravvisare diverse somiglianze con quanto era presente nell’anima mia.
“Anche io vorrei potenziare lo spirito dei miei studenti e dei miei lettori” pensai.
Poi ricordai: “Un uomo non vuole essere ridotto al livello di un animale; non sarà mai appagato dal materialismo”.
Guardavo Ifigenia. Voleva fare l’attrice: avrebbe condiviso la sorte dell’istriona semiprostituta che aveva osato dire al sovrano: “Fare l’amore per noi è molto semplice: basta un gesto”? Ludwig l’aveva spinta e fatta cadre con sdegno in una specie di pozza.
Allora non potevo saperlo. Alla caduta di Ifigenia mancavano ancora quasi due mesi.
Andammo a cenare. Un desinare meritato siccome digiuni dalla sera precedente. Dopo il film si viveva più che mai asceticamente per l’orrore della metamorfosi subita da Ludwig che da re, giovane, bello e pieno di grandiose speranze , si era capovolto e sconciato nel farmakov" deforme, medicina umana, capro espiatorio del suo paese.
Bologna 5 maggio 2021 ore 17, 38
giovanni ghiselli
p. s
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