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Plutarco cittadino romano e le sue opere scritte tutte in greco
Plutarco fu cittadino romano, eppure non scrisse alcuna opera in latino.
Nondimeno fu cittadino romano con il nome di Mestrio, e se fu colpito dal bando con il quale Domiziano nel 93/94 d. C. decretò la cacciata dei filosofi da Roma, da Traiano ricevette gli ornamenta consularia ( in greco "th;n tw'n uJpatw'n ajxivan", secondo la voce Plutarco della Suda , un'enciclopedia letteraria bizantina, messa insieme nel X secolo d. C.), mentre al principio del regno di Adriano gli fu affidato l'incarico di curatore della provincia di Acaia, ossia di procuratore della Grecia, secondo una notizia del Chronicon di Eusebio[1]. L'Adriano romanzato della Yourcenar ricorda:"A Cheronea, dove ero andato a commuovermi sulle antiche coppie di amici del Battaglione Sacro, fui per due giorni ospite di Plutarco"[2].
Non è stato Plutarco stesso a lasciarci le notizie sulle sue cariche alte, sebbene soltanto onorifiche, di funzionario dell'impero romano; egli invece ci parla delle sue magistrature locali, quelle di Cheronea e della Beozia dove fu arconte eponimo, sovrintendente all'edilizia pubblica e televarco", sovrintendente alla polizia di Tebe. Ma soprattutto fu fiero del suo sacerdozio delfico, incarico per il quale organizzava i giochi pitici, presiedeva le Anfizionie, offriva sacrifici, guidava processioni e danzava[3]. L'autore delle Vite parallele dunque con i suoi impegni politici e amministrativi "rappresenta bene i comportamenti ( e la visione del proprio posto nella compagine imperiale) proprî dei gruppi dirigenti filoromani. La tutela degli interessi della propria regione, o anche della propria cittadina, diventa preminente preoccupazione di questi gruppi dirigenti: è il modo in cui essi vedono concretamente attuarsi quella 'condirezione dell'impero che non poteva certo essere impostata-ed essi ne erano ben consapevoli-su un piano di parità"[4]. Plutarco morì in età alquanto avanzata in una data compresa tra il 120 e il 127 d. C.
Le opere
Il Corpus Plutarcheum comprende 260 titoli: la Suda ne fornisce 227 che costituiscono il cosiddetto catalogo di Lampria, un presunto figlio dell'autore che avrebbe compilato un elenco degli scritti paterni. In realtà Lampria si chiamavano il nonno e un fratello di Plutarco. L'attribuzione dunque è errata e il catalogo incompleto, poiché non contiene tutti i titoli delle opere delle quali abbiamo i testi o le testimonianze: ce ne sono altre 33, quindici delle quali andate perdute. Di questa numerosissima produzione ci è arrivato un terzo: centoventi opere, intere o frammentarie, che si possono dividere in due grandi gruppi: le cinquanta biografie delle Vite parallele (Bivoi paravllhloi) e i settanta scritti[5] che vengono designati come Moralia , ossia Scritti etici (in greco jHqikav) poiché il tono prevalente, come d'altra parte anche nel resto dell'opera, è quello della filosofia morale, o, per dirla con Platone, il massimo maestro riconosciuto da Plutarco con devozione quasi assoluta, dell' ajnqrwpivnh sofiva[6]. Montaigne, che era un grande estimatore di Plutarco, scrive che egli "è ammirevole in tutto, ma principalmente là dove giudica delle azioni umane"[7], e che gli Opuscoli dello scrittore di Cheronea "da quando è divenuto francese" sono, come le Lettere di Seneca, "la parte più bella dei suoi scritti, e la più utile", in quanto, afferma, l'autore dei Saggi :"hanno tutti e due questo vantaggio notevole per la mia indole, che la scienza che vi cerco vi è trattata a brani scuciti, che non richiedono l'obbligo di un lungo lavoro"[8].
Le biografie parallele sono ventidue coppie formate tutte dalle vite di un greco e di un romano, tranne una coppia doppia, ossia costituita da due Greci (i re spartani Agide e Cleomene) e due Romani (i tribuni Tiberio e Caio Gracco). Inoltre ci sono pervenute quattro biografie singole: quelle di Arato, di Artaserse (unica figura esterna al mondo greco-romano), di Galba e di Otone. Il catalogo di Lampria riporta titoli di altre vite che non ci sono arrivate: per esempio la coppia Epaminonda-Scipione.
Poiché, come si è visto, si tratta di un'opera assai vasta e varia è piuttosto imbarazzante fare una scelta che metta in luce le quintessenze del plutarchismo: dovrò limitarmi ad alcune Vite parallele antologizzando le parti che possono considerarsi dichiarazioni programmatiche dell'autore; quindi seguirò il criterio di scegliere alcunii passi utili a integrare le storie dei personaggi o ad ampliare i temi che ho evidenziato studiando negli autori precedenti. Partiamo dunque dal proemio "metodologico" della Vita di Alessandro dove l'autore, tra l'altro, dichiara di non scrivere storie ma biografie.
La lingua di Plutarco ha una base attica che ammette gli influssi della koinhv. I suoi periodi sono ampi ma non "difficili" per la regolarità e la chiarezza logica con cui sono costruiti. Per quanto riguarda lo stile, c'è una costante attenzione a evitare lo iato e, più in generale, all'armonia del suono e all'equilibrio della struttura dei periodi. Nel complesso la lettura è agevole e gradevole, dunque, ancora una volta, :"Lector, intende; laetaberis ".
Bologna 4 maggio 2021 ore 18, 16
giovanni ghiselli
p. s
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[1]Vescovo di Cesarea e amico dell'imperatore Costantino, autore, tra l'altro, di questa storia universale e parallela di vari popoli con una tavola sincronica che giungeva fino al 303 d. C.. Ne rimangono frammenti in greco e larghi passi in traduzione latina.
[2]M. Yourcenar, Memorie di Adriano , p. 73.
[3]Cfr. An seni sit gerenda res publica , 16, 792F.
[4]Canfora, op. cit., p. 559.
[5]Senza contare quelli molto probabilmente apocrifi.
[6]Apologia di Socrate , 20d.
[7]Saggi , II, 31, p. 947.
[8]Saggi , II, 10, pp. 532-533.
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