Vi offro un’altra possibilità di ben figurare all’esame di maturità, anzi davanti a ogni esaminatore colto.
Plutarco racconta senza farne un dialogo, con semplice narrazione dunque, che Antonio chiese a Cleopatra mh; qrhnei`n ejpi; tai`" ujstavtai" metabolai`" (Vita di Antonio, 77, 7) di non piangere sugli ultimi cambiamenti, ma di considerarlo beato per le cose belle avute in sorte (ajlla; makarivzein w|n e[tuce kalw`n): egli era stato il più illustre degli uomini, aveva esercitato un potere grandissimo e ora era vinto in modo non ignobile- kai; nu`n oujk ajgennw`" krathqeiv"- da Romano a opera di un Romano.
Si può attribuire dunque pure ad Antonio, tanto a questo di Plutarco quanto a quello di Shakespearem ciò T. S. Eliot dice di Otello:"Quel che Otello mi sembra faccia nel tenere questo discorso è darsi animo. Egli tenta di sfuggire alla realtà, ha cessato di pensare a Dsdemona, e sta pensando a se stesso. L'umiltà è, di tutte le virtù, la più difficile a conseguire: nulla è più duro a morire del desiderio di pensar bene di se stessi. Otello riesce a mutarsi in personaggio patetico, adottando un'attitudine estetica piuttosto che morale, drammatizzandosi di contro all'ambiente. Egli seduce lo spettatore, ma il motivo umano è primariamente sedurre se stesso" [1].
Otello vuole essere ricordato come uno che servì lo Stato, uno che amò saviamente ma non troppo bene, uno non geloso ma divenuto dissennato per istigazione, uno che come l'indiano ignorante buttò via la perla più preziosa della tribù, uno che una volta ad Aleppo punì un cane circonciso il quale batteva un veneziano e calunniava la repubblica. (Shakespeare, Otello, V, 2, 337-355).
E’ il “darsi animo”, l'atteggiamento che T. S. Eliot individua nello stoicismo romano rappresentato da Seneca, in Shakespeare, poi in Nietzsche:"Nietzsche è il più cospicuo esempio moderno del darsi animo. L'attitudine stoica è il rovescio dell'umiltà cristiana"[2].
T. S. Eliot trova delle analogie tra i personaggi di Seneca e quelli di Shakespeare precisamente in questo loro arroccarsi nella proprio individualità:"Nell'Inghilterra elisabettiana si hanno condizioni in apparenza affatto diverse da quelle di Roma imperiale. Ma era un'epoca di dissoluzione e di caos; e in tale epoca, qualsiasi attitudine emotiva che sembri dare all'uomo alcunché di stabile, anche se è soltanto l'attitudine di "io sono solo me stesso", è avidamente assunta. Ho appena bisogno di segnalare...quanto prontamente, in un'epoca come l'elisabettiana, l'attitudine senechiana dell'orgoglio, l'attitudine montaigniana dello scetticismo, e l'attitudine machiavellica del cinismo giunsero a una specie di fusione nell'individualismo elisabettiano. Questo individualismo, questo vizio d'orgoglio, fu, necessariamente, sfruttato molto a causa delle sue possibilità drammatiche...Antonio dice "Sono ancora Antonio [3]" e la Duchessa "Sono ancora Duchessa di Amalfi "[4]; avrebbe sia l'uno che l'altro detto questo se Medea non avesse detto Medea superest ?"[5].
Questa battuta di Medea ha un’eco anche in Il rosso e il nero di Stendhal: la giovinetta Mathilde de La Mole, innamorata di Julien Sorel è combattuta da dubbi atroci , come la Medea delle Argonautiche, e pensa: “ Quali non saranno le sue pretese, se un giorno avrà il diritto di esercitare intero il suo potere su di me? Ebbene, dirò come Medea: in mezzo a tanti pericoli, mi resto Io!
Subito dopo viene ricordato il “darsi animo” di Medea: “In quegli ultimi momenti di dubbio atroce scesero in campo dei sentimenti di orgoglio femminile. “Tutto deve essere straordinario nel destino di una ragazza come me” esclamò Matilde, snervata dal suo ragionare. L’orgoglio, che le avevano instillato fin dalla nascita, si mise in lotta contro la virtù”[6].
“In questa rapina rerum omnium (Marc . 10, 4), che ingigantisce su scala cosmica l'instabilità della condizione politica, resta come unico punto fermo, come unico bene inalienabile il possesso della propria anima” afferma Traina[7]. Infatti Medea in tutta la tragedia rivendica il suum esse del De brevitate vitae[8] . Avendo davanti agli occhi questa visione d'insieme bisogna moderare il dolore: dovete farlo soprattutto voi donne “quae immoderate fertis” (Ad Marciam, 10, 7) che lo portate in maniera smodata.
Cfr. Seneca: Vaco, Lucili, vaco et ubicumque sum, ibi meus sum (Ep. 62, 1), sono libero, Lucilio, sono libero e dovunque io sia, appartengo a me stesso.
giovanni ghiselli
Virginia Raggi e Natalia Aspesi. Due donne simpatiche.
Non ho mai sostenuto lo slogan “tutto il potere alle donne” e non approvo le quote rosa, né altre quote riservate a gruppi, generi, città e così via, però se votassi a Roma darei il mio voto a Virginia Raggi che non sarà una sindica egregia ma è un bell’esempio di donna educata, gentile, carina e fine. I miei critici bigotti dicono che l’aspetto non deve contare in un sindaco. Replico che l’aspetto di questa femmina umana fa parte del suo stile, che non è ignobile, né becero, né aggressivo come quello di troppi politici e conduttori televisivi, uomini e donne.
Un sindaco, soprattutto di una città come Roma, è persona emblematica, rappresentativa, e può educare con il suo stile.
Ribadisco che ho votato LEU e ne sono contento e lo rifarò.
Speranza e Bersani mi piacciono. Hanno uno stile e eloquio che non smentisce il loro titolo di onorevoli.
Virginia Raggi ha fatto e sta facendo la sindaca, pare non benissimo.
Tuttavia rappresenta e incarna un tipo umano che rischia di cadere in disuso e io la voterei perché il suo stile, ripeto, è discreto, riservato, elegante. Il suo eqloquio è chiaro, perspicuo. Non urla, non si agita, non inveisce.
So che ora si solleverà la canea delle proteste non contro di me che non conto nulla, ma nei confronti della Raggi, magari anche da parte delle tante conformiste che esultano quando una donna della quale conoscono solo il nome viene eletta al potere e magari perfino delle becere che lanciano anatemi e maledizioni contro Natalia Aspesi perché sostiene che le giuste denunce contro leviolenze e le ingiustizie subite dalle donne non devono però ignorare gli orrori della schiavitù di troppi esseri umani, femmine e maschi, i crimini delle guerre che uccidono i bambini oltre le donne e gli uomini, né le enormi disuguaglianze tra ricchi e poveri che mantengono questi ultimi in condizioni di vita che non è vita umana.
La profuga libica o afgana o senegalese e le loro bambine non fanno parte della stessa categoria di Letizia Moratti e della sue figlie, tanto per fare un esempio. Il conformismo dei luoghi comuni dovrebbe imparare a distinguere quando lancia i suoi slogan
Bologna 12 maggio 2021 ore 17, 40
giovanni ghiselli
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Un quesito a chi è interessato al mio corso estivo
Mi ha telefonato il direttore della Primo Levi e mi ha detto che il corso di 4 incontri sulla presenza di Seneca e Plutarco nei drammi di Shakespeare inizierà il 29 giugno. Un martedì. Chiedo agli interessati se il giorno della settimana e l’orario (18-20) vanno bene.
Inoltre mi ha chiesto di decidere se vogliamo terminare prima- il 13 luglio invece del 20- facendo due incontri nella settimana di mezzo. A me andrebbe bene.
Le iscrizioni saranno aperte dal 10 giugno.
Chi è interessato, mi faccia sapere presto per favore perché devo dare una risposta.
Io garantisco la serietà e la qualità del mio lavoro non ancora concluso ma arrivato già a buon punto.
Saluti
giovanni ghiselli
La curva è davvero in calo?
Non saprei.
I telegiornali dicono che la curva dei contagi è in discesa.
Il tasso di positività, però, a quanto dicono gli stessi telegiornali, pur cercando di non farsi capire, e affermano pure i giornali è in salita: da 3, 2 del 5 maggio a 3, 9 del 10 maggio.
Allora mi chedo se la parola curva vada intesa nell’accezione che le danno gli slavi e debba venire associata etimologicamente all’inglese whore come fa W. Skeat: “Allied to Polish kurwa- Conciso dizionario etimologico della lingua ìnglese, (voce whore) Oxford 1984, I edizione1882.
Bologna 11 maggio 2021 ore 11
giovanni ghiselli
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L’assassinio impunito di un uomo nobile e antico
Dal 16 marzo all’8 maggio del 1978 fu fatto di tutto per non liberare Aldo moo dai suoi aguzzini e assassini.
Dove erano allora i politici che ora proclamano che è giunta l’ora di smettere di insabbiare? Ricordo un uomo onesto, monsignor Bettazzi, vescovo di Ivrea, che disse di avere sentito personaggi di alto livello ripetere il detto ipocrita e feroce di Caifas: “expedit vobis ut unus moriatur homo pro populo et non tota gens pereat” (N. T. Giovanni , 11, 50) a voi conviene che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca tutta la nazione.
Lasciare uccidere Aldo Moro significava per molti altri salvarsi la pelle e procedere nella carriera.
Lo scrivo per onorare questo nobile e antico intellettuale della Magna Grecia.
Bologna 9 maggio 2021 ore 19, 35
giovanni ghiselli
Un pericolo incombe sulla scuola: lo stesso che costò ad Antonio la sconfitta di Azio (31 a. C.)
Sentiamo Plutarco e Shakepeare
Plutarco rileva Antonio era succube di Cleopatra –prosqhvkh th`" gunaikov", (Vita di Antonio, 62, 1) era diventato una specie di aggiunta, appendice della donna- al punto che pur essendo di molto superiore nelle truppe di terra, tw`/ pezw`/ polu; diafevrwn, per assecondare Cleopatra voleva che fosse adoperata la forza nautica, anche se vedeva che nell’Ellade i comandanti delle navi per scarsità di equipaggi dovevano arruolare viandanti-oJdoipovrou"-, asinai,-ojnhlavta"- mietitori-qeristav"- ed efebi-ejfhvbou". Le navi comunque rimasero male equipaggiate,
quelle di Ottaviano invece erano maneggevoli veloci e mandate avanti da marinai esperti.
Nell’Antonio e Cleopatra di Shakespeare Enobarbo suggerisce ad Antonio di combattere una battaglia terrestre per la quale è già prepared, preparato.
Diverse parole di questo consiglio traducono quelle di Plutarco.
Your ships are not well mann’d
your mariners are muleters, reapers, people
ingross’d by swift impress; in Caesar’s fleet
are those that often have ‘gainst Pompey fought:
their ships are yare, your heavy: no disgrace
shall fall you for refusing him at sea
Being prepared for land” (III, 7, 34-40), le vostre navi non sono ben fornite di uomini, i vostri matìrinai sono mulattieri, mietitori, gente raccolta in fretta con leva forzata; nella flotta di Cesare ci sono quelli che hanno combattuto spesso contro Pompeo: le loo navi sono leggere, le vostre pesanti.
Che cosa c'entra la riapertura della scuola in settembre?
Temo che per riempire i vuoti dell'organico dopo la morte o il pensionamento di docenti per lo meno esperti vengano arruuolati nel corpo insegnante viandanti-oJdoipovrou"-, asinai,-ojnhlavta"- mietitori-qeristav"- ed efebi-ejfhvbou", o se preferite l’inglese mariners are muleters, reapers, people ingross’d by swift impress.
Se i docenti di questo tumultuarius exercitus avranno bisogno di suggerimenti e me li chiederanno, li farò avere sine pecunia.
giovanni ghiselli
Il latino nell’inglese
L’inglese è “lingua d’origine germanica profondamente latinizzata” Tullio De Mauro, Storia linguistica dell’Italia repubblicana dal 1946 ai nostri giorni, Laterza, 2014, p. 39
Alcuni esempi tratti dall’Antonio e Cleopatra di Shakespeare
Sregolatezza di Antonio.
Ottaviano aggiunge che Antonio ha regalato un regno per uno scherzo, che siede a bere con una schiava, poi va to reel the streets - latino strata - sterno - at noon a barcollare sulle strade a mezzogiorno -cfr. latino nona hora, circa le tre del pomeriggio-Orig. The ninth hour or 3 P. M. , but afterwords the time of church-service called nones was shifted to mid-day- e fa a pugni con dei farabutti che puzzano di sudore (I, 4, 18 - 21).
Cleopatra innamorata
“o Charmian, - where think’st thou he is now? Stands latino sto greco e[sthn - - he, or sits - latino sedeo greco e[zomai - he? Or does he walk? Or is he on his horse? O happy horse to bear -latino ferre- the weight of Antony! (I, 5, 18 - 21), O Carmiana, dove pensi che sia adesso? È in piedi o seduto? ? Oppure cammina o è sul suo cavallo? O beato cavallo che porti il peso di Antonio!
Gli è grata anche perché è da lui amata pur non essendo giovanissima: si sente wrinkled deep in time, solcata dalle rughe profonde del tempo. Insomma non è più la ragazza amante di Giulio Cesare quando I was a morsel latino morsus, mordēre - for a monarch, un boccone degno di un monarca (I, 5, 29 - 31).
Di nuovo Antonio
Anche Sesto Pompeo parlando all’amico Menecrate nota la dissolutezza di Antonio e si augura che duri:
prega che stregoneria e bellezza si uniscano (II, 1, 22) (join, cfr. latino iungo e greco zeuvgnumi) ed entrambe si associno alla lussuria.
Tie up the libertine latino liber - in a field of feasts,
keep his brain - greco brecmov", sommità dal capo - fuming latino fumus greco qumov" - epicurean cooks latino coquus - sharpen with cloyless - sauce latino salsa - his –appetite latino appetitus appĕtere - (II, 1, II, 1, 23 - 25) ), avvinci il libertino in un campo di banchetti festosi, mantienigli il cervello nel fumo: cuochi epicurei aguzzino il suo appetito con salse stimolanti.
That sleep and feeding may prorogue latino prorŏgo - rimando, faccio durare - his honour –even till a lethe’d dulness (II, 1, 26 - 27) tanto che il sonno e il cibo possano rimandare il suo onore in un oblio leteo.
Sesto Pompeo aggiunge che non si aspettava l’ingresso in una piccola guerra di quell’amorous –surfeiter latino super facere - ghiottone innamorato (II, 1, 33) e riconosce che la sua abilità militare vale due volte quella degli altri due - his soldiership is twice the other twain, tuttavia se riusciamo a staccare Antonio mai sazio di piacere - ne’er - lust -greco lilaivomai, bramo, latino lascivus - wearied Antony (35 - 37) dal grembo della vedova d’Egitto possiamo alzare la nostra stima di noi.
giovanni ghiselli
L’abiura dell’articolo 32 della Costituzione della Repubblica Italiana
Plutarco scrive che nel tempo della prima Repubblica romana la corruzione non era ancora di moda.
. “ Più tardi infatti, e dopo molto tempo, si introdusse la compra vendita dei suffragi e si mescolò il denaro con i voti dell’assemblea (ojye; ga;r meta; polu;n crovnon wjnh; kai; pra'siς ejpeish'lqe kai; sunemivgh tai'ς ejkklhsiastikai'ς yhvfoiς ajrguvrion, Vita di Croiolano, 14, 3).
Quindi la corruzione (hJ dwrodokiva) toccando anche i tribunali e gli accampamenti (kai; dikastw'n qigou'sa kai; stratopevdwn), portò la città al potere imperiale, asservendo le armi al denaro ejxandrapodisamevnh ta; o{pla toi'ς crhvmasin.
Oggi abbiamo una “guerra tra Procure” (“la Repubblica”, 6 maggio 2021, pagina 8) e la menzogna che dilaga nelle televisioni fino a negare l’evidenza della realtà effettuale.
Ieri il TG 3, che pure è il meno inaffidabile, alle 19 ha fornito il numero dei contagi: 10585. Il giorno prima, 4 maggio, erano stati 9116.
Tuttavia ha aggiunto che la curva è in calo. Ho pensato che il tasso di positività fosse diminuito. Invece più tardi hanno detto che è passato
dal 2, 89% al 3, 2%. Un rialzo leggero per carità, ma comunque indicativo di una tendenza non buona. Questa menzogna, probabilmente imposta dall’alto, considera la salute e la vita umana meno importante degli affari e dei profitti monetari.
E’ uno spregio della salute.
E’ una smentita e un’abiura dell’articolo 32 della nostra Costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
Aggiungo che le cure gratuite agli indigenti sono molto meno accurate di quelle pagate dagli abbienti che possono pagarsele.
Expertus loquor: hoc et mihi contigit
Bologna 6 maggio 2021, ore 17, 20
giovanni ghiselli
p. s
anche io come Galli e altre Cassandre, spero di sbagliarmi. Tra un’ora vedremo
Il meccanismo del potere. Matteo Renzi anni fa fece fuori-politicamente- Enrico Letta. Prossimamente a chi toccherà?
Macbeth di Shakespeare inciampa nel meccanismo del potere che è una scala i cui gradini sono vite umane da calpestare:"That is a step/On which I must fall down, or else o'erleap / For in my way it lies-Lat base leg-lectus- " (I, 4), questo è un gradino sul quale devo cadere oppure scavalcarlo poiché si trova sulla mia strada. Il gradino è Malcolm, un figlio del re ucciso.
Poi (III, 4): ci sarà ancora sangue: blood will have blood, sangue vuole sangue.
Così pure le Erinni nell’Orestea di Eschilo.
Quindi: “I am in blood –stepped in, so far, that should I wade- latino vadum- no more,-returning were as tedious-L. taedium, taediosus. as go o’er” (Macbeth, III, 4) mi sono inoltrato nel sangue che se non passassi il guado il tornare indietro sarebbe tanto pericoloso quanto l’andare avanti.
Cfr. il tiranno che taglia le teste: Trasibulo di Mileto e Periandro di Corinto in Erodoto; i Tarquini in Tito Livio.
L’accostamento al latino vuole indicare che l’inglese è “lingua d’origine germanica profondamente latinizzata”[9]
Bologna 6 maggio 2021 0re 9, 2
giovanni ghiselli
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Le lingue maltrattate dalle caste. La confusione babelica.
Buona “L’amaca” di oggi, 5 giugno 2021.
Michele Serra scrive a pagina 26 di “la Repubblica” un pezzo azzeccato denunciando la mania del “managerese che è l’inglese aziendale” ed è “non meno grave, escludente, della spocchia che fu degli intellettuali (…) le caste si parlano tra loro, in circuito chiuso semza rispetto e senza amore per il popolo”.
Serra fa diversi esempi di managerese. Ne riporto solo uno siccome tale idioma mi ripugna. “Hearimg care”. La conclusione di questo pezzo breve ma pregevole è: “Il popolo non è bisognoso di Hearing Care, il popolo è sordo, porca di quella miseria! E se parlate inglese ci sente anche di meno”.
Chi mi legge può pensare e magari rinfacciarmi che anche io uso l’inglese.
E’ vero, però mi avvalgo di quello degli autori, ricco di parole fondate su radici latine e non privo di bellezza. Del resto traduco sempre quello che cito dagli autori greci, latini e inglesi. E se uso una delle poche parole tedesche che conosco, traduco pure questa. Quando scrivo e parlo non intendo escludere nessuno, anzi voglio includere tutti quanti sono interessati alle mie parole
Questo managerese è una schifezza, è un idioma brutto usato per diffondere confusione e deformità. Non si devono trattare così le lingue né le persone.
Per quanto riguarda l’altro idioma esclusivo, teso a escludere, quello della casta spocchiosa dei presunti intellettuali, Serra fa un altro esempio
Sentiamolo: “Un giorno Edoardo Sanguineti, recensendo uno spettacolo teatrale sull’Unità, scrisse che gli era sembrato “parabacofeniano”, intendendo dire: simile a Bachofen, importante antropologo svizzero”.
Su Sanguineti posso aggiungere un ricordo personale dello stesso tono.
Ero nel teatro greco di Siracusa dove veniva rappresentato l’Ippolito di Euripide tradotto da Edoardo Sanguineti. Ebbene la traduzione era incomprensibile per la stupidità spocchiosa o la non conoscenza della lingua di Euripide che fra i tre tragici è quello che tende al naturalismo, al parlato.
Il personaggio Euripide nelle Rane di Aristofane indica il pubblico e dice: lalei'n ejdivdaxa (954) ho loro insegnato a parlare.
Poi aggiunge: a pensare, vedere, capire, rivoltare, amare, escogitare, sospettare il male, considerare tutto (Rane, vv. 957-958).
Chi parla e scrive in maniera incomprensibile non vuole appunto dare questi insegnamenti che l’euripide di Aristofane rivendica.
Se capita che io scriva in maniera non del tutto chiara e perspicua, rimproveratemi, vi prego, o addirittura punitemi smettendo di leggermi .
Dopo quella traduzione sciagurata il pubblico del teatro greco di Siracusa giustamente protestava.
Ma a Sanguineti, diversamente da Euripide, quello raccontato da Aristofane e l’autore delle tragedie , del pubblico non importava niente.
A lui importava il posto sulla greppia ottenuto proprio scrivendo in una incomprensibile lingua franca, una pseudo lingua.
A me non è mai importato niente di lui, tranne quella sera in cui l’ho visto maltrattare la lingua greca, quella italiana e il pubblico, me compreso.
Bologna 5 maggio 2021ore 19, 14
giovanni ghiselli
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A Draghi e a tutti i capi, caporioni e capetti adulati dai servi: non cesarizzatevi
Gli immancabili servi ora tendono a incensare Mario Draghi.
Gli adulatori si trovano a tutti i livelli e tendono sempre a cesarizzare il superiore, sia esso il caporale, il capoufficio, il preside o il presidente
A quanti ricevono lusinghe e genuflessioni montandosene la testa ricordo che l’imperatore Marco Aurelio diceva a se stesso: bada di non cesarizzarti - { ora mh; ajpokaisarwqh'"- (VI, 30). Vivi semplicemente e piamente. proponiti di essere i[lew", benevolo.
Anche la Cleopatra di Shakespeare dice parole che smontano il potere: “ ‘Tis poltry to be Caesar;-not being Fortune, he’ s but Fortune’s knave,-a minister of her will”(Shakespeare, Antonio e Cleopatra, V, 2, 2-4), è una miseria essere Cesare; non essendo egli la Fortuna, è solo il servo della fortuna, un ministro del suo volere.
giovanni ghselli
Atti innaturali danno luogo a una vita innaturale
La vita innaturale cui siamo costretti dal virus è conseguenza del sistema innaturale che ha reso malati il cielo e la terra del pianeta.
Nel Macbeth di
Shakespeare un nobleman of
Scotland, Ross, fuori dal castello del delitto fa notare a un vecchio che
il cielo (the heavens), quasi sconvolto dal misfatto umano (as
troubled with man's act), minaccia la sua scena sanguinosa (threaten his
bloody stage), e il giorno è buio come la notte, mentre la luce della
vita dovrebbe baciarlo- “when living
light should kiss it”
L'old man risponde:" 'Tis unnatural, Even like the deed
that ' s done" (II, 4), è innaturale, come l'azione che è stata
perpetrata.
Da un anno e alcuni mesi noi abitanti sul globo terreste viviamo una vita innaturale. Il virus che ci minaccia da tanto tempo nasce dalle violenze che il capitalismo sfrenato, incontrollato e globalizzato ha inflitto alla natura.
Una volta tale sistema patogeno aveva un contrappeso nell’Unione Sovietica. Dopo il fallimento di quell’altro sistema, il capitalismo è dilagato in tutto il globo con il consumismo nauseante che sperpera i mezzi della sua stessa esistenza, con le disuguaglianze abnormi tra gli umani, ’gainst nature still, ancora contro natura, con l’ignoranza pianificata. Tutto questo ha colpito la salute degli abitanti del pianeta. Se non verrà corretto tale metodo, se non cambieremo questa via, l’ojdov" che porta ai burroni, una volta sconfitto questo virus, ne giungeranno altri.
giovanni ghiselli
La barbarie peggiore è l’indifferenza per la vita umana.
L’indifferenza per la vita umana si è vista ieri sera nella trasmissione televisiva Piazza pulita dove giornalisti e opinionisti commentavano l’assassinio del commissario Luigi Calabresi senza dire una parola sul presunto suicidio di Giuseppe Pinelli che per anni è stato collegato alla strage di piazza Fontana cui seguì immediatamente la caccia all’anarchico, e tre anni dopo l’uccisione del commissario.
Ho assistito a un’ indifferenza vergognosa e disumana per la vita umana, dato che anche Pinelli era un uomo, ed era un uomo umano.
Poi un’altra indifferenza: quella per la verità.
Ieri si è parlato a lungo di quei fatti e su Pinelli nemmeno una parola.
Il figlio di Calabresi, il noto giornalista Mario, è stato intervistato e mostrato con la presenza della madre vedova del commissario, mentre la vedova e i figli di Pinelli non sono nemmeno stati nominati. Di loro non si sa niente. Ma questo l’ho già scritto ieri con altre parole.
Ora aggiungo che un altro segno di barbarie e di noncuranza della vita umana è l’affermazione di Salvini che la difesa è sempre legittima. Io affermo, e me ne prendo la responsabilità, che sparare sulle spalle o sulla testa dei ladri mentre fuggono e sono già sulla strada non è legittima difesa: è un crimine che deve essere evitato: basta un minimo di senso umano e di considerazione della vita umana. La pena di morte per il furto è il dis-angelo, la cattiva novella dei peggiori regimi dittatoriali e di chi li sostiene o li invoca. Anzi, ogni pena di morte è una barbarie al pari dei sacrifici umani dedicati a idoli crudeli.
Chi propugna la pena di morte approva fascismi e nazismi.
Spero che Papa Bergoglio insorga contro questa forma di antiumanità. Intanto lo faccio io poiché me ne sono sentito in dovere. Io non conto nulla, se tuttavia queste parole avranno qualche peso sulle coscienze, lo dovrò ai miei non pochi lettori umani che ringrazio
Bolgna, 30 aprile 2021, ore 14, 56
giovanni ghiselli
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Primo maggio 2021. Ancora su Piazza pulita del 29 aprile.
Voglio che continui a girare in infamia tra i miei non pochi e non indifferenti lettori il mancato ricordo di Giuseppe Pinelli, del tutto ignorato, e l’oltraggioso ricordo di Pasolini.
Per chi non avesse letto i due post precedenti su questo argomento, Mieli ha ricordato che Pasolini diceva “io so ma non ho le prove”. Si tratta di un articolo de 14 novembre 1974 uscito sul “Corriere della sera” con il titolo “Che cos’è questo golpe?”
Ora si trova negli Scritti corsari con il titolo “Il romanzo delle stragi” (pp. 111-117)
Pasolini scrive: “Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l’aiuto della CIA (e in second’ordine dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista (a tamponare il 1968), e in seguito, sempre con l’aiuto e per ispirazione CIA, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del referendum (…)
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno gli indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero”.
Io, gianni ghiselli, sono solo uno studioso e il giorno in cui uscì questo articolo compivo trentanni, ma questa trama l’avevo intuita fin dal dicembre del 1969 quando cominciavo a insegnare.
A scuola dissi: “Valpreda è innocente”. Era presumibile e del tutto plausibile anche senza prove: poche ore dopo la strage di Milano, quindi ancora prima che fossero state svolte pur sommarie indagini in più direzioni questo ballerino mezzo fallito, anarchico e del tutto sprotetto fu sbattuto come il mostro in prima pagina di giornali e telegiornali con la complicità di Bruno Vespa tuttora protetto.
L’unica pista indicata fu quella anarchica,
Un tassista incoraggiato dal questore Guida, e prezzolato, accusò Pietro Valpreda e Pinelli precipitò dalla finestra della questura non si sa come. Certo è che perse la vita.
Valpreda fu messo subito in galera. La montatura era evidente anche a un ragazzo della mia età. Eppure la propaganda dei media contro il mostro era così battente che la mia voce venne accolta con ostilità da molti. Una delle mie zie si mise le mani tra i capelli per lo sdegno. Il preside minacciò di licenziarmi. Non poteva farlo ma ci provò. All’epoca un giovane appena laureato riceveva la nomina a tempo indeterminato dal provveditore. Comunque ai miei ragazzini io dovevo dirlo e pure ai colleghi.
Più avanti l’ innocenza di Valpreda venne ufficialmente riconosciuta e fu scarcerato. Pasolini invece fu massacrato meno di un anno dopo l’uscita di questo articolo.
Ne cito qualche altra frase: “Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969), e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974)”.
Ebbene, Paolo Mieli a Piazza pulita ha avuto la sfrontatezza di commentare le parole di Pasolini dicendo : “è troppo facile affermare questo, tanto poi pagano altri”. Formigli gli dava ragione.
Nessuno dei presenti è insorto.
Questo perché sapevano bene che se lo avessero fatto non li avrebbero più invitati in televisione, o magari temevano di fare la fine di Pasolini.
Ancora due parole di questo intellettuale e scrittore: “Il potere e il mondo che, pur non essendo del potere, tiene rapporti pratici col potere, ha escluso gli intellettuali liberi –proprio per il modo in cui è fatto-dalla possibilità di avere prove e indizi”.
Concludo citando qualche parola di Tacito sul rapporto dell’uomo operoso con il potere che vuole asservirlo.
Lo storiografo latino fa l’esempio del proprio suocero Agricola che non provocava la fama e il destino né con l'arroganza, né con una vuota ostentazione di indipendenza:"non contumacia neque inani iactatione libertatis, famam fatumque provocabat"(Agricola, 42). Dunque anche sotto i cattivi principi, l'obbedienza e la moderazione, "si industria ac vigor adsint" se ci sono l'energia e l'operosità, possono innalzarsi a quella lode che molti raggiunsero "ambitiosa morte" con una morte teatrale, spettacolare, senza giovare allo stato.
Tacito dubita se il favore o l'ostilità dei prìncipi dipenda dal fato, o se abbiano qualche peso le nostre decisioni e sia possibile percorrere un cammino intermedio, privo di servilismo e pericoli, tra una rovinosa opposizione e una degradante sottomissione :" an sit aliquid in nostris consiliis liceatque inter abruptam contumaciam et deforme obsequium pergere iter ambitione ac periculis vacuum " (Annales IV, 20).
Una via di mezzo insomma tra il ruere in servitium (Annales , I, 7) e la libido adsentandi (Historiae , I, 1) da una parte e dall’alra l'ambitiosa mors (Agricola , 42) la morte spettacolare degli oppositori estremi.
Comunque chi scrive storia deve scrivere sine ira et studio (Annales , I, 1), senza animosità e partigianeria, ovvero neque amore quisquam et sine odio dicendus est (Historiae , I, 1) ha il dovere di esprimersi su ciascuno senza amore né odio
Tacito con questa teoria giustifica se stesso che fece carriera sotto Vespasiano, Tito, e pure con il tanto esecrato Domiziano, come ci informa nel proemio delle Historiae (I, 1) :"Dignitatem nostram a Vespasiano inchoatam, a Tito auctam, a Domitiano longius provectam non abnuerim", non potrei negare che la mia carriera politica fu avviata da Vespasiano, accresciuta da Tito e portata ancora più avanti da Domiziano.
Neppure io posso negare di essere sceso a qualche compromesso sia pure assai raramente e di avere cercato qualche aiuto da parte di chi poteva darmelo. E devo dire che da alcune persone l’ho ricevuto del tutto gratis, senza che potessi dare nulla in cambio. Mi piacerebbe fare i loro nomi ma non credo che a questi miei benefattori farebbe piacere. Voglio comunque ringraziarli se mi leggono: quello che mi ha aiutato a entrare all’Università, sicuro che lo meritassi, quello che mi ha cooptato al festival della filosofia di Modena certo che sarei stato gradito al pubblico, l’ispettore che, chiamato da un preside idiota e da alcuni colleghi malevoli perché mi sanzionasse, li ha sbugiardati dichiarando che ero uno dei migliori insegnanti d’Italia, poi i tanti colleghi benevoli che da quando sono in pensione mi invitano a tenere conferenze nei loro licei e nelle associazioni culturali dandomi motivi concreti e precisi per studiare
Bologna primo maggio 2021, ore 19, 10.
giovanni ghiselli
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Mario Calabresi, Luigi Calabresi, Giuseppe Pinelli e altri a Piazza pulita.
Questa sera nella trasmissione televisiva Piazza pulita il giornalista Mario Calabresi ha ricordato commosso la sua infanzia con il padre, il commissario assassinato nel 1972.
Tutto il rispetto per il dolore del figlio che ha ricordato le probabili complicità e la diffusa omertà che ha protetto gli assassini.
Ma nel dicembre del 1969 ci fu un altro morto, molto probabilmente ammazzato anche lui, e c’è stata dell’altra omertà. Ebbene questo primo morto, Giuseppe Pinelli, che nella vicenda degli eventi è stato per anni collegato al secondo, il commissario Calabresi, non è stato nemmeno nominato dal giornalista figlio de commissario, né da Formigli, né da Paolo Mieli, né da Tomaso Montanari.
Di quest’ultimo mi dispiace dirlo perché lo stimo. Ma ora lo invitano spesso in televisione e si vede che ci ha preso gusto. Sa bene pure lui che non si può dire tutto se se vuole rimanere nel giro.
Ebbene il ferroviere Giuseppe Pinelli è il più degno di ricordo e la sua morte è la più merirevole di indagine anche perché fu una delle vittime usate, per lo meno convocandolo in questura, al fine gettare del fumo sui responsabili della strage di piazza Fontana.
Il questore Marcello Guida dirigeva le indagini indirizzate subito contro gli anarchici, i meno protetti. L’anarchico Pinelli ci rimise la vita, l’anarchico Pietro Valpreda venne condannato e finì in prigione finché fu riabilitato e scarcerato.
Questa sera nessuno ha avuto il coraggio di ricordare Pinelli. Lo faccio io e lo presento come una delle vittime, del tutto innocenti, della prima strage di Stato. Una cara persona.
Mieli ha ricordato che Pasolini diceva “io so ma non ho le prove”
E ha avuto la sfrontatezza di commentare queste parole: “è troppo facile affermare questo, tanto poi pagano altri”. Formigli gli dava ragione
Ricordo all’esimio storico e al celebre opinionista che Pasolini ha pagato con la vita il coraggio di accusare il potere.
Un coraggio che ora abbiamo davvero in pochi. We happy few.
Bologna 29 aprile 2021 ore 21, 52
giovanni ghiselli
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Diverse sono le violenze e varie.
Devono essere denunciate e condannate tutte.
La violenza sessuale è nefanda ma non è l’unica.
E’ giusto maledire questa ma ce ne sono diverse altre.
Vengono ricordate, esecrate e condannate molte tra quelle fisiche, sebbene non tutte. Dipende da chi le subisce.
Quando colpiscono i più poveri, umiliati e offesi rimangono impunite o quasi
Viceversa un Licio Gelli non è mai andato in galera.
Rimangono comunque completamente ignorati e impuniti, sebbene difesa della cultura, alle anime dele persone lasciate nella povertà mentale e spirituale. La violenza fisica è anche spirituale, beninteso, ma quella che non fa sanguinare il corpo viene sistematicamente ignorata.
Penso alle martellanti menzogne della pubblicità.
Una propaganda vergognosa che invita la gente povera al consumo di cose brutte, spesso inutili e pure dannose.
Don Lorenzo Milani ha scritto :"la pubblicità si chiama persuasione occulta quando convince i poveri che cose non necessarie sono necessarie"[10].
Faccio il solo esempio delle persone in sovrappeso invitate a mangiare merendine e altre schifezze del genere sature di conservanti. I bambini diventano obesi per essere stati letteralmente resi succubi di un nutrimento eccessivo e malsano raccomandato con violenza tanto subdola quanto insistente da chi ci lucra sopra e dai genitori sedotti pure loro dalla sirena pubblicitaria cui l’ignoranza non può opporre resistenza.
Lasciare il popolo nell’ignoranza è una violenza.
E’ la violenza più diffusa siccome quasi mai denunciata e proprio mai condannata.
Platone nel Gorgia denuncia come deleteria l'azione dei politici Ateniesi, Temistocle, Cimone, Pericle, i quali:" hanno rimpinzato i cittadini e riempito la città di porti, di arsenali, di mura, di contributi e di altre sciocchezze del genere senza preoccuparsi della temperanza e della giustizia" ( a[neu ga;r swfrosuvnh~ kai; dikaiosuvnh~, 519a).
La premessa è che la polis di cui si parla non è grande ma oijdei' kai; u{poulov~ ejstin (518e), è gonfia e ulcerosa nel suo interno.
Perché scrivo questo? Vorrei che il denaro ricevuto dall’Europa venisse impiegato, in massima o almeno in gran parte, per il recupero e il progresso della cultura, a partire da una scuola davvero buona, per il ristoro della salute fisica e mentale, per l’educazione delle donne e degli uomini a diventare veramente umani. Significa volersi bene e aiutarsi a vicenda. Vuole dire vivere, parlare e agire politicamente, cioè per il bene della comunità.
Altrimenti i nostri governanti meriteranno i biasimi rivolti da Socrate nel dialogo di Platone citato sopra a politici che non erano certo peggiori di quelli che hanno ridotto l’Italia in queste condizioni deplorevoli.
Bologna 28 aprile 2021 ore 16, 45
giovanni ghiselli
p. s.
scusatemi per il greco maltrattato dal computer. Se volete, vi mando il pdf
Il 25 aprile 2021 e le sue celebrazioni.
Degnamente il Papa e degnamente Draghi
Approvo Mario Draghi il quale, ricordando la caduta del nazifascismo, ha notato uno strappo nel cielo di carta del teatrino della celebrazione ed è rimasto sconcertato, come dice Pirandello a proposito dell’Oreste di Sofocle che se notasse quel buco diventerebbe Amleto[11].
Il presidente del consiglio dunque ha detto: “Non fummo tutti noi Italiani brava gente”. Chiarisco per chi non fosse informato o fosse stato disinformato.
La resistenza al fascismo fu messa in atto da pochi onesti coraggiosi quando Mussolini era in auge. Erano così pochi che bastava ammazzarli o metterli in prigione per continuare a spadroneggiare e a delinquere.
Gli altri tacevano o applaudivano.
Non bastò il turpe e vile assassinio di Matteotti a farlo cadere, né i genocidi ordinati e perpetrati in Libia e in Etiopia.
Se gli Italiani fossero stati brava gente avrebbero avuto compassione delle vittime e avrebbero cacciato quel buffone sanguinario.
La massa degli Italiani anzi acclamava entusiasta tali abomini.
L’opposizione crebbe quando Hitler e Mussolini persero la guerra ad opera pima dell’Unione Sovietica, ora esecrata dai più, poi degli Anglo-Americani. Certo i partigiani contribuirono a questa sconfitta anche con il tributo di tante giovani vite.
Ma sostenere che l’intera Italia insorse in tempo contro il fascismo e gli fece perdere la guerra è una menzogna. E questa menzogna è un oltraggio ai giovani e meno giovani partigiani morti, uccisi dai nazisti tedeschi e dai fascisti italiani che ora per giunta stanno rialzando la testa. Non solo: diverse parti dell’amministrazione e della scuola di questo nostro Stato sono rimaste sostanzialmente dirette in maniera fascista per diversi anni.
Molto bene dunque Mario Draghi che ha messo in luce una crepa nello slogan che leggo nella prima pagina del quotidiano “la Repubblica di oggi”: “25 aprile, il secondo Risorgimento”
Che questo secondo risorgimento non ci sia stato nella coscienza di troppi italiani si vede dai tanti morti lasciati annegare nel mare mentre impoloravano aiuto.
Ha fatto bene il Papa a gridare”Vergogna”! levando questa espressione di sdegno del tutto opportuno nel giorno della celebrazione di questo risorgimento immaginario.
Bologna 25 aprile 2021 ore 17, 47
giovanni ghiselli
Ancora sul 25 aprile. Bella ciao.
Quando canto Bella ciao, lo faccio ancora, o quando la sento cantare oramai da pochi, mi commuovo, mi vengono le lacrime agli occhi e non solo perché questo canto partigiano mi ricorda le speranze politiche e personali della mia gioventù.
Piango piuttosto perché è tornato l’invasore.
In questo ultimo anno è stato il virus e negli anni precedenti ce ne sono stati diversi altri non meno deleteri: l’ignoranza, l’indifferenza, la spietatezza dell’uomo per l’uomo. Ogni forma di gentilezza, di cortesia, ogni espressione di simpatia viene presa male: con diffidenza, con sospetto, con ostilità. Poi il nichilismo che ha annientato quelli che erano e sono valori: la cultura, l’impegno politico in favore della polis appunto, la sapienza (hJ sofiva, femminile, genera la vita) più alta e comprensiva del sapere tecnologico e tecnocratico (to; sofovn, neutro: ora si volge al bene oraal male come dice Sofocle). La sapienza vede l’insieme delle vicende umane e sente la simpatia, cioè la compassione. E aiuta chi ha bisogno.
Il sapere si ferma su un aspetto, spesso minimo e insignificante delle cose, e cerca il profitto o il potere del gregario.
Sicché l’invasore è di nuovo tra noi e dobbiamo cacciarlo un’altra volta
Un abbraccio ai miei lettori
gianni
Le due logiche.
Nella politica, nel parlamento, tra i partiti, si scontrano due logiche: quella della vita e quella dell’economia.
Tale conflitto non tiene conto che l’economia deve servire alla vita, non la vita all’economia
I fautori dell’economia ostile alla vita delle persone vecchie, stanche, deboli e fragili sanno bene che molte
di queste moriranno se verrà riaperto tutto prima del tempo.
Ma a loro andrebbe bene perché dopo tale ecatomnbe, chiamiamola così anche se non si tratta di cento, né di buoi, dopo questo nuovo olocausto insomma, lo Stato non dovrà più dare la pensione a tante persone inutili, improduttive.
Vero è che anche l’economia distrutta fa molte vittime.
La soluzione a parer mio è tenere chiuse e sospese le attività finché producono più contagio che profitti, togliere denaro con una patrimoniale a chi ne ha molto più del necessario, e compensare quanti subiscono danni dalla chiusura, perdite gravi e tali da mettere a repentaglio la loro sopravvivenza lavorativa e perfino la loro stessa vita.
Né le riaperture né le chiusure devono danneggiare la vita che deve venire prima di tutto.
La vita punisce chi la offende, mentre difende e premia chi la difende. L’ho sempre fatto e lo farò pur sapendo che “la tomba ai mortali di tutto è confine”[12] e spesso noi poveri mortali
tantum de funere pugnamus [13] lottiamo soltanto per la rovina. Che quando arriva travolge tutti. Dunque diamo spaccio allo scontro deleterio, mettiamolo via, e mettiamoci tutti dalla parte della vita.
Bologna 23 aprile 2021 ore 9, 41.
giovanni ghiselli
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Poco fa ho percorso la salita del botteghino-dal botteghino della valle di Zena alla cima in 13, 23 ( media di 16, 4). Ventiquattro ore ore dopo il vaccino. Altre droghe non le avevo prese. E' il mio tempo migliore di sempre su questo percorso a me congeniale: Ho tenuto il cerchio dentato grosso davanti e quasi sempre il penultimo dietro.
Siete sfidati tutti quanti mi leggete
è giannetto un ben gagliardo
pesarese mattador,
forte il braccio, fiero il guatdo,
della bici egli è il signor
Di formosa giovinetta.
follemente innamorò,
ma la bella ritrosetta
così a gianni decretò:
"i rivali in un sol giorno
devi tutti sbaragliar,
se tu vinci al tuo ritorno
il mio cor ti vo' donar"
"Sì" gli disse giannettino
e alla pugna mosse il pie'.
Cinque atleti vincitore
sulla strada egli stendé.
Bravo bravo il bel campione
ben gagliardo si mostrò
se alla giovane l'amore
in tal guisa egli provò
gianni il traviato sì, ma il meno di tutti.
Alcuni versi dell’Antigone di Sofocle da me tradotti e commentati
Sto rileggendo l’Antigone di Sofocle in greco per fare una bella lezione, l’ultima del corso sulla tragedia greca alla Primo Levi martedì prossimo.
Ne ricavo ancora altra educazione con tutto che ho tradotto e commentato questo dramma una trentina di anni fa.
I miei lettori sono più di un milione e centomila da oggi, e voglio renderli partecipi di alcuni versi che mi sono piaciuti molto rileggendoli, poi riferirò anche alcune parole del commento che vi apposi in quel tempo, notevole per uno studioso ancora relativamente giovane.
I versi fanno parte di una discussione tra Creonte, il re di Tebe che ha condannato a morte la nipote Antigone, e il figlio del re, il principe Emone che è fidanzato con la cugina, la ama e vorrebbe sposarla.
Sentiamone alcuni
Creonte dice al figlio
"Non c'è male più grande dell'anarchia./Essa manda in rovina le città: questa ribalta/le famiglie, questa nella battaglia spezza/ le schiere dell'esercito in fuga; invece le molte vite/di quelli che vincono, le salva la disciplina/.Così bisogna difendere l'ordine,/e in nessun modo lasciarsi superare da una donna./Infatti è meglio, se proprio bisogna, cadere per mano d'uomo/e non dovremmo mai lasciar dire che siamo inferiori alle donne ( vv. 672-680)
Creonte è un despota e uno stupido maschilista.
Segue un verso del corifeo che approva il tiranno, quindi
Emone risponde al padre senza mancargli di rispetto ma presentandogli le sue diverse ragioni e cercando di indurlo ad ascoltare:
:"Padre, gli dei negli uomini fanno nascere il senno,/
che di tutti i beni, quanti sono, è il supremo./
Io, che tu dici questo non rettamente,/non potrei né saprei dire:/ tuttavia potrebbe accadere anche a un altro di essere nel giusto./
Tu non sei per natura uomo da osservare tutto quanto/uno dice o fa o può criticare./Infatti il tuo sguardo è temibile per un uomo del popolo" (vv. 683-690) .-
(…)
“ A me invece è possibile udire coperto dalla tenebra queste parole,/come la città compiange questa ragazza,/ in quanto tra tutte le donne la più incolpevole/si consuma nel modo più infame in seguito alle opere più degne di gloria:/lei che non lasciò insepolto il proprio fratello/ caduto nelle stragi, né che dai cani crudivori/venisse annientato né da alcuno degli uccelli:/non è questa degna di ricevere onore aureo?/Tale tenebrosa voce viene avanti in silenzio./Non c'è nessun bene più prezioso/ per me, del tuo successo, padre./Quale ornamento infatti per i figli è più grande della bella gloria/di un padre fiorente, o quale per un padre da parte dei figli?/Dunque non portare in te stesso un solo modo di pensare,/cioé che è retto questo come lo dici tu, e nient'altro./
Chiunque infatti crede di essere lui solo a capire,/o ad avere la lingua che nessun altro ha, o la mente,/costui una volta scopeto si vede che è vuoto./Ma che un uomo, anche se è saggio, impari/
molto e non tenda troppo, non è vergognoso per niente./-
Tu vedi che nelle correnti gonfie ,/quanti tra gli alberi si piegano, salvano i rami, /mentre i renitenti sono annientati con le stesse radici" (vv. 692-714).-
Qui riporto solo il commento degli ultimi tre versi. A chi me lo chiederà manderò gratis la traduzione e il commento dell’intera tragedia.
Il paragone tratto dalla natura sembra esortare a seguirla come guida, secondo la regola che sarà stoica e verrà codificata in latino da Cicerone:"quam si sequemur ducem, numquam aberrabimus " (De Officiis I, 1OO).
Seneca la presenta con queste parole:"Sequitur ratio naturam. Quid est ergo ratio? Naturae imitatio. Quod est summum hominis bonum? Ex naturae voluntate se gerere ".( Epistole a Lucilio , 66), la ragione segue la natura. Che cosa è allora la ragione? Imitazione della natura. Qual è il sommo bene dell'uomo? Comportarsi secondo la volontà della natura.
E ancora: ducunt volentem fata, nolentem trahunt ( Ep. 107, 2)
I rami che si piegano alle correnti gonfie significano un abbandonarsi alla forza della vita, come consiglia il giudice istruttore Porfìrij a Raskolnikov:"non dovete cavillare troppo; abbandonatevi alla vita, senza ragionare; non preoccupatevi; vi porterà certamente sulla riva e vi rimetterà in piedi"[14].
Osservando l'acqua che scorre, i personaggi di Hesse traggono insegnamenti etici e psicologici o anche metafisici:"Ma più di quanto Vasuda potesse insegnargli, gl'insegnava il fiume. Prima di tutto apprese da lui ad ascoltare, a porger l'orecchio con animo tranquillo, con l'anima aperta, in attesa, senza passione, senza desiderio, senza giudicare, senza opinioni"[15].
In Klein e Wagner leggiamo:" L'universale torrente delle forme, quello che Dio aspirava insieme con l'altro, ovvero che Dio espirava, continuava a scaturire. Klein vedeva esseri che si opponevano alla corrente e tra paurose convulsioni si inalberavano procurandosi orrendi dolori: eroi, delinquenti, pazzi, pensatori, amanti, religiosi” [16].-
Dante fa del giunco che si piega alle onde sulla spiaggia del Purgatorio un simbolo dell'umiltà:"null'altra pianta che facesse fronda/o indurasse, vi puote aver vita,/però ch'a le percosse non seconda" (I, 103-105).
Mi hanno colpito questi versi e il commento che ne feci allora.
Oggi li posso riferire alla mia vita durante la quale ho sostenuto molte battaglie contro persone stupide, cattive e a me ostli, talora anche molto pericolose.
Però me la sono cavata anche bene perché non mi sono mai opposto alla corrente della vita.
Un caro saluto a tutti i miei allievi
Bologna 11 marzo 2021 ore 19, 6.
giovanni ghiselli
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Infamare tutti i maschi, senza criterio, è odiosa impudenza
Contro l’odiosa impudenza- ejcqra; ajnaiscuntiva- di moda che infama il genere maschile presentandolo indistintamente come una specie criminale di stupratori e assassini, affermo senza tema di ragionevole smentita che tanti uomini amano le donne e le rispettano.
Tacciano dunque gli scriteriati e le scriteriate e chiedano scusa agli uomini perbene. Quando sarà passata questa moda di odio i diffusori di infami calunnie negheranno sicuramente di averla seguita anche per un solo momento.
L’imbecille, il vigliacco che sbaglia non è nemmeno all’altezza del proprio errore. Io riconosco il mio: per amore delle donne quando ero meno vecchio di adesso non ho voluto abbastanza bene agli uomini.
Bologna 9 marzo 2021 ore 11, 53
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giovanni ghiselli
La giornata della donna 2021
Fare delle donne un fascio di persone tutte egualmente oppresse serve a nascondere la realtà delle enormi diseguaguaglianze economico sociali.
Non credo che Letizia Moratti, per fare un solo esempio, sia più oppressa, maltrattata e sfruttata dell’immigrato maschio che raccoglie pomodori a due euro all’ora. Né credo che l’immigrata la quale assiste impotente alla morte per freddo del figlio che ha tra le braccia, mentre certi politici italiani vogliono impedirne lo sbarco, si trovi nelle stesse condizioni di un’italiana abbiente.
E’ tempo di prendere posizione contro lo sfruttamento e l’alienazione dell’essere umano dalla propria umanità e dignità.
Certo, la violenza degli uomini criminali contro le donne è un abominio ed è giusto abominarla.
Ma è anche da abominare la povertà nella quale è caduta gran parte delle lavoratrici e dei lavoratori.
Oggi io festeggio la giornata dei poveri, uomini e donne.
Invece protesto contro l’handicap imposto nel durissimo agone giornaliero alla maggior parte delle bambine e dei bambini da quando nascono, in quanto i loro genitori non possono farli curare come vengono curati nel corpo e nella mente le bambine e i bambini nati nelle famiglie agiate.
Vorrei che un essere umano, maschio o femmina, quando viene al mondo, non fosse svantaggiato in partenza, non dalla povertà dei genitori.
Per porre fine a questa tremenda ingiustizia non si fanno celebrazioni.
Invece si continua a fare retorica strombazzata e tamburellata sulla parità di genere dicendo per giunta parole discordanti dai fatti, siccome succede non poche volte che quando una donna va a denunciare il comportamento violento di un delinquente, a costui viene lasciato il tempo di delinquere.
Per me oggi è la giornata degli umani poveri, disoccupati, malpagati, sfruttati e ignorati, donne e uomini: il meglio dell’umanità, come diceva don Lorenzo Milani, imitator Christi[17] anche lui, come Francesco.
La retorica odierna lascia il tempo che trova e io a mia volta la lascio ad altri
Bologna 8 marzo 2021, ore 17, 44
giovanni ghiselli.
Nota
[18][1] Cfr. la oJmoivwsiς qew' suggerita da Platone nel Teeteto (176b).
p. s.
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Il sapere non è sapienza[19].
Nell’inserto domenica di “Il sole 24 ore” di ieri, 7 marzo 2021, nella seconda pagina, vengono citate alcune affermazioni della ministra dell’Università Maria Cristina Messa.
L’articolo firmato da Nicoletta Polla Mattiot è intitolato “La ricetta anticrisi della ministra”.
La parola chiave tra quelle riferite è “conoscenza”. Vediamo cosa intende la titolare dell’Università: “Per me la conoscenza è il sale della vita e il faro del cammino. Il sale perché rende le esperienze “saporite” ovvero curiose, costruttive, consapevoli, uniche. Non solo alimenta la voglia di sapere. Ma ci spinge ad apprendere sempre di più, ad arrivare al livello massimo umanamente raggiungibile. Il faro perché dà luce anche nelle tempeste, nella notte, nei tempi più bui. Le scelte e le strategie trovano nella conoscenza una base fondamentale per il ragionamento logico e consapevole, che meglio individua metodi e criteri riproducibili, trasferibili su larga scala”.
Voglio commentare la parola conoscenza cercando di specificarne il significato. Intanto rispondere alla domanda che può venire subito in mente: conoscenza di che?
La conoscenza infatti è un fiume fomato da tanti affluenti: possiamo dare un nome ad alcuni di questi, non a tutti.
Per quanto mi riguarda, le mie conoscenze derivano da: le parole che ascoltate da bambino prima a casa poi a scuola mi hanno impressionato, i libri letti, imparati e mai dimenticati se hanno toccato sia la sfera mentale sia quella emotiva, le esperienze vissute, i viaggi, gli incontri significativi con le persone, sopra tutte le donne mersavigliosamente conosciute.
Una conoscenza insomma che non sia solo sapere ma anche sapienza: la sofiva che accresce la vita. Il sapere neutro –to; sofovn- dell’erudito annoia e intristisce chi lo possiede e chi lo ascolta. A me piace citare a memoria e i testi da quando mi accorsi che le parole belle degli auctores accrescono di fatto l’attenzione di chi le ascolta e quindi la capacità comunicativa, pesuasiva, educativa di chi le pronuncia. Insomma la sapienza deve essere certamente saporita, come dice la ministra, ma voglio aggiungere che deve sapere di vita, a partire dalla vita umana. Deve sapere di bellezza, di giustizia, amore. Non ho avuto alcun potere istituzionale nella vita ma la mia ajnqrwpivnh sofiva me ne ha conferito tanto nei rapporti umani.
Riferisco alcune altre parole della professoressa Messa perché riguardano il lavoro dell’insegnante, il suo e il mio.
“Studiare, sapere, conoscere per se stessi, per propria soddisfazione e realizzazione personale, è stimolante, ma poco utile. La trasmissione del sapere ad altri, giovani e meno giovani, non è mai un percorso rettilineo e univoco, avviene in più direzioni e forma una sorta di albero che ramifica e porta verso orizzonti imprevedibili. Il rapporto maestro-allievo arricchisce entrambi e il miglior maestro è quello che spera che l’allievo lo superi. Così evolve la conoscenza”.
Su questo sono completamente d’accordo. Dal 1969 a oggi non ho mai smesso di insegnare e in tutti questi anni ho imparato dai miei allievi: bambini, adolescenti, giovani, e adulti anche attempati, più di quanto io abbia insegnato a loro.
E’ arrivato il momento di qualche citazione di auctores-accrescitori che accresceranno appunto l’interesse per questo breve scritto e autorizzeranno, se ce ne fosse bisogno, il racconto delle mie esperienze di apprendimento-insegnamento.
Non dobbiamo dimenticare che insegnare e apprendere sono attività necessarie alla sopravvivenza delle specie, soprattutto la nostra, e sono interdipendenti: "homines, dum docent discunt "[20] mentre si insegna si impara. Dagli studenti ho imparato e imparerò sempre molto: "Quaeris quid doceam? etiam seni esse discendum"[21], vuoi sapere che cosa insegno? che anche un vecchio deve imparare.
Dobbiamo dirlo ai nostri studenti: “Si ripaga male un maestro, se si rimane sempre scolari”[22].
Tutti gli insegnanti, tutte le persone per bene, non dovrebbero mai smettere di imparare :"semper homo bonus tiro est ", l'uomo onesto fa tirocinio per tutta la vita, ha scritto Marziale[23]
Il maestro che ha canonizzato se stesso, ha firmato l’ atto della propria morte educativa.
Per noi insegnanti lo scopo deve essere l'educazione e il potenziamento mentale, etico ed estetico dei giovani.
Essi da parte loro “ci curano l’anima”[24].
Bologna 8 marzo 2021, ore 10, 57
giovanni ghiselli
Note
[25][1] To; sofo;n d j ouj sofiva" (Euripide, Baccanti , v. 395),
[26][2] Seneca, Epist., 7, 8.
[27][3] Seneca, Epist., 76, 3.
[28][4] F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Della virtù che dona, 3
[29][5] XII, 51, 2
[30][6] F. Dostoevskij, L’idiota, parte I, cap. 6
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che l’abbiamo già detto[31], ci curano l’anima
Invito tutti i miei amici, uditori e lettori a seguire il prossimo seminarrio che seguirà quello tenuto ieri nella stessa sede.
Metterò presto nel mio blog il testo della mia relazione, non meno bella di quella di ieri.
Potrete collegarvi come avete fatto ieri.
Saluti
Questo è l’invito che ho ricevuto e al quale ho risposto che interverrò.
giovanni ghiselli
Abbiamo il piacere di confermare il Tuo intervento come relatore al Seminario “Tempo e Bellezza - Tempo educato dai Tempi, Bellezza che forma il Tempo”, che si terrà online (via zoom) in data 27 marzo 2021, ore 11.00–12:30.
In allegato una prima bozza di locandina.
L’iniziativa del CLE Centrum Latinitatis Europae, di Diotima Society e di Valente Academy Center for International Studies si svolge nell’ambito del Ciclo di Conferenze 3H Homo, Humus, Humanitas
La questione di lana caprina ( the flat-footed question per chi vuole dirla in inglese)
Quando dissero ad Anassagora che i giudici lo avevano condannato, egli replicò : “Da tempo la natura ha condannato a morte i miei giudici e me stesso”[32]. Ricordo questo perché si seguita a perdere tempo, il breve tempo di una vita umana, sulla questione di lana caprina della didattica a distanza. E’ evidente che questa è assai meno efficace di quella in presenza ma ora è necessaria perché la condanna a morte che grava su tutti non venga eseguita prima del tempo, ante diem per chi ama il latino.
Senza contare che un ottimo insegnante a distanza è più efficace, educativamente, di un mediocre docente in presenza.
Mi sono adattato anche io, ipotecnologico al massimo, a praticare l’educazione on line perché penso che sia migliore di niente e molto migliore del contagio moltiplicato dalla didattica in presenza.
Quindi basta chiacchiere, cartelli ed esibizioni varie. Leggiamo, studiamo e impariamo. Quando le scuole potranno essere riaperte senza mettere a repentaglio la sopravvivenza fino all’ultimo dì concesso a noi poveri mortali, torneremo a educare e ad essere educati con grande gioia.
Saluti
giovanni ghiselli
Nota
[1] Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, II, 3.
La questione di lana caprina ( the flat-footed question per chi vuole dirla in inglese)
Quando dissero ad Anassagora che i giudici lo avevano condannato, egli replicò : “Da tempo la natura ha condannato a morte i miei giudici e me stesso”[33]. Ricordo questo perché si seguita a perdere tempo, il breve tempo di una vita umana, sulla questione di lana caprina della didattica a distanza. E’ evidente che questa è assai meno efficace di quella in presenza ma ora è necessaria perché la condanna a morte che grava su tutti non venga eseguita prima del tempo, ante diem per chi ama il latino.
Senza contare che un ottimo insegnante a distanza è più efficace, educativamente, di un mediocre docente in presenza.
Mi sono adattato anche io, ipotecnologico al massimo, a praticare l’educazione on line perché penso che sia migliore di niente e molto migliore del contagio moltiplicato dalla didattica in presenza.
Quindi basta chiacchiere, cartelli ed esibizioni varie. Leggiamo, studiamo e impariamo. Quando le scuole potranno essere riaperte senza mettere a repentaglio la sopravvivenza fino all’ultimo dì concesso a noi poveri mortali, torneremo a educare e ad essere educati con grande gioia.
Saluti
giovanni ghiselli
Nota
[1] Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, II, 3.
Il potere dovrebbe essere un “onorevole servizio” in favore del popolo.
Siamo nel tempo della post-politica. Non postmoderno che non significa nulla ma postpolitico.
Voglio dire che l’interesse per la polis, la comunità va sparendo.
Gli uomini politici dell’età precedente, tanto i liberali quanto i tiranni, cercavano di acquistare potere per realizzare i loro progetti, buoni o cattivi che fossero. Né Togliatti o Nenni, né De Gasperi, né Aldo Moro o Amintore Fanfani o Nilde Iotti o Tina Anselmi, o Rosy Bindi, ma nemmeno Mussolini, Hitler e Stalin si sono arricchiti mentre gestivano il potere.
Alcuni cretini ora mi daranno del nazista, altri idioti del democristiano, altri imbecilli ancora dello stalinista.
Al di là delle etichette che rifiuto, credo che gestire il potere debba essere un onorevole servizio dedicato al bene comune.
Dedizione al bene comune è il mio comunismo aristocratico. Ed è il cristianesimo che mi piace: quello evangelico
Una bella gestione che ora riconosco solo a papa Bergoglio.
Eppure ho sentito dei mascalzoni ipocriti sedicenti cristiani mormorare contro Papa Francesco etichettandolo come “Anticristo”.
A tal punto di stravolgimento della politica, della storia, della verità è arrivata la parte atomizzata, impolitica, cattiva del nostro popolo.
Baci
gianni
Draghi come Pericle? Sarebbe bello
Tucidide usa questa espressione per svelare il significato della democrazia ateniese negli anni di Pericle: " ejgivgnetov te lovgw/ me;n dhmokrativa, e[rgw/ de; uJpo; tou' prwvtou ajndro;" ajrchv" (II, 65, 9), era a parole una democrazia, ma di fatto il dominio del primo cittadino.
Può accadere che Draghi divenga in Italia per qualche tempo quello che Pericle fu ad Atene negli anni della sua strategia (dal 461 per una trentina di anni).
Pericle era chiaramente del tutto incorruttibile e teneva in pugno la massa lasciandola libera (" diafanw`" ajdwrovtato" katei'ce to; plh'qo" ejleuqevrw"", II, 65, 8).
Senza dimenticare che fece di Atene una polis assistenziale.
Se l’attuale presidente del consiglio adotterà tale strategia, senza però pomuovere alcuna guerra se non quella alle diseguaglianze inique , lo approverò.
giovanni ghiselli
Il Vicario ottimo.
Sono contento del coraggioso viaggio del Papa in Iraq.
Immagino che anatemizzerà i massacri perpetrati dai bombardamenti degli Occidentali contro la popolazione civile durante le guerre del Golfo. Prevedo che lo approveranno ipocritamente anche coloro che approvavano quei massacri di donne, uomini , bambine e bambini innocenti. Personalmente non posso dimenticare la complicità della canaglia che approvava quelle stragi. Voglio ricordare a quanti di voi mi leggono e ascoltano da poco che allora, fin dal primo momento, gridavo. “non uccidete!”
Mi sono spesso autorizzato con un un verso di Euripide: :"mhde; ktavnhte: tw'n teqnhkovtwn a{li" " (Ecuba, v. 278),
non ammazzate: ce ne sono stati abbastanza di morti.
Non sono cristiano, magari piuttosto cristesco
In ogni caso stimo, amo e ammiro Papa Francesco
Saluti
giovanni ghiselli
Il mito di Stato con la bellezza di Atene e dell’ Attica.
Edipo a Colono di Sofocle e Medea di Euripide. Per la conferenza on line di sabato 6 marzo ore 11.
Aggiunta a quanto ho già pubblicato
La bellezza della terra di Colono viene celebrata da suo figlio Sofocle nel primo Stasimo dell’Edipo a Colono
Sei giunto, straniero, a questa regione dai bei cavalli 668
alla migliore dimora della terra,
la splendida Colono
dove il melodioso usignolo
ripete il suo lamento assiduo
in fondo alle vallate verdi
tra l’edera colore del vino,
e il fogliame impenetrabile del dio
pieno di frutti, riparato dal sole
e dal vento di tutte
di tutte le tempeste, dove sempre il baccheggiante
Dioniso entra
accompagnando le dee nutrici. 680
Fiorisce alla rugiada celeste 681
Il fiore dai bei grappoli sempre giorno dopo giorno,
il narciso, antica ghirlanda
delle due grandi dee, e il
croco che brilla come oro; né si inaridiscono
le fonti insonni
del Cefiso dalle correnti
errabonde, ma sempre giorno dopo giorno
fanno procedere il fiume ricco di fecondità
con acque pure
sulla terra dall’ampio seno, né le danze corali
delle Muse lo disdegnano, né a sua volta
Afrodite dalle redini d’oro. 693
E vi è una pianta quale 694
non sento dire sia mai germogliata
nella terra d’Asia,
e neppure nella grande isola dorica
di Pelope, albero indomito che da sé ricresce,
terrore delle lance nemiche,
che in questa terra al massimo prospera.
Fronda d’olivo che riluce e nutre i nostri figli.
che nessun giovane né chi convive
con la vecchiaia distruggerà facendolo a pezzi con le mani:
poiché lo sorvegliano guardandolo sempre
l’occhio di Zeus custode
e Atena dall’occhio lucente. 705
E un’altra lode, la più forte 707
ho da dire per questa città mia madre,
dono di un grande dio,
vanto supremo del paese,
la bellezza dei cavalli, dei puledri, del mare.
O figlio di Crono, tu di fatto l’hai messa
In questa posizione gloriosa, Poseidone signore,
quando hai inventato per queste contrade per prime
il morso che dà la regola dei cavalli.
E la nave ben fornita di remi
Adatti alla mano
Corre sfiorando l’acqua
Seguendo il ritmo dei cento passi delle Nereidi 719
Euipide nel terzo stasimo della Medea (vv. 824-865) santifica la sua città.
Prima Strofe (vv. 824-832)
Gli Eretteidi dal tempo antico sono felici
e figli di dèi beati, nati da una terra
sacra e non devastata, nutriti
della più nobile sapienza, sempre muovendosi
con delicatezza attraverso un'aria splendidissima, dove dicono
che una volta le nove Muse, le pure Pieridi,
abbiano generato la bionda Armonia.
Prima antistrofe (vv. 833-845)
E raccontano che Cipride, attingendo
alle correnti del Cefiso dalle belle onde,
spiri sulla regione brezze moderate
di venti dal piacevole soffio: e che sempre cingendosi
le chiome di una profumata ghirlanda di fiori di rosa
mandi alla Sapienza come compagni gli Amori,
che collaborano a ogni forma di virtù.
Seconda Strofe (846-855)
Come dunque la città dei sacri
fiumi o la terra che aiuta gli amici
accoglierà te assassina dei figli,
te non pia, in mezzo agli altri?
Rifletti sul colpo dei figli,
rifletti su quale strage ti addossi.
No, per le ginocchia in ogni modo ti
preghiamo, assolutamente
non ammazzare i figli.
Seconda antistrofe (vv. 856-865)
Da dove prenderai l'ardire
+o dell’animo o per la mano+ e il cuore
attuando la terribile audacia
+a danno dei figli tuoi?+
Come gettando lo sguardo
sui figli, ti assumerai un destino
di strage senza piangere? Non potrai,
quando i bambini cadranno supplici,
bagnare la mano omicida
con animo fermo.
Bologna 4 marzo 2021 ore 11 e 6 minuti
giovanni ghiselli
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Si bene calculum ponas, ubique naufragium est
Scrive bene Michela Marzano a pagina 26 di “la Repubblica” di oggi 3 marzo 2021. Afferma che “forse è arrivato il momento di fare i conti con la realtà”. Mi vengono subito in mente queste parole del Satyricon: “si bene calculum ponas, ubique naufragium est " (115, 17), se fai bene i conti, il naufragio è dappertutto.
E’ inutile illudere e illudersi. Mi associo alla poposta della Marzano la quale scrive che “passare il tempo a criticare la Dad (…) non serve a nulla”.
La Dad certamente è un ripiego, ma siamo in guerra e non la stiamo vincendo. Allora invece di continuare a lamentarci della Dad dobbiamo “ripensarla, e strutturarla e renderla accessibile a tutti e a tutte distribuendo tablet, computer e chiavette”.
Qualche riga più sotto si legge: “Sono anch’io un’insegnante e sono la prima a non poterne più della Dad, a essere stremata, a ritrovarmi la sera con il mal di testa (…) Ma forse è arrivato il momento di fare i conti con la realtà e mettere in fila la lista delle priorità senza perdermi in chiacchiere inutili”. Ho copiato queste parole perché anche io, insegnante in pensione che da 10 anni tiene conferenze, ho detestato a lungo la Dad e ho cercato di non ricorrervi. Anche perché sono ipotecnologico al punto che non ho mai avuto un telefonino e non uso più nemmeno l’automobile.
Ma il 13 ottobre del 2020 iniziai un corso in presenza e avevo studenti adulti molto attenti, e tanto motivati da motivare me. Sicché decisi di ricorrere alla Dad. Non avevo il computer attrezzato e andavo e vado nella sede della Primo Levi mi lasciano usare uno del loro. Non sapevo e non so nemmeno avviare il programma ma lo hanno fatto e lo fanno tuttora, molto gentilmente, le segretarie. Ho deciso di procurarmi un computer adeguato a tenere conferenze anche da casa.
Non c’è altro da fare. Se vogliamo continuare a informare e formare parlando, dobbiamo diventare seguaci di Prometeo quale inventore delle tevcnai. Mettendo anche in conto però che esse sono un mezzo indispensabile, solo un mezzo e solo provvisoriamente speriamo, per il fine dell’educazione. Questa non avrà la qualità della paideia data e ricevuta in presenza ma è meglio di niente. E molto meglio delle chiacchiere.
Bologna 3 marzo 2021 ore 21, 52 giovanni ghiselli
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Molto bene invece Tomaso Montanai che ha denunciato, a proposito dei movimenti di Renzi, la privatizzazione della politica.
Significa la morte della politica che deve occuparsi della polis, del bene pubblico, non dell’interesse privato di questo o di quel politicante.
Xuna; d’ ejlpivzw levgein dice Eteocle disponendosi a difendere la povli" .
Concita De Gregorio e il razzismo
Ieri sera l’esimia giornalista De Gregorio ha ribadito il suo razzismo di fondo: un generale, che credo lei non conosca come non lo conosco io, deve essere criticato malevolmente a priori, solo perché è un generale. E’ lo stesso razzismo pregiudiziale secondo il quale le donne sono tutte vittime e gli uomini tutti prevaricatori.
Tali generalzzazioni, razziste ripeto, possono essere compatite in un bambino e in un adolescente che ha subito un’educazione non buona, ma andrebbero censurate se dette da un adulto o un’adulta che parla a milioni di spettatori. Lo faccio ora a modo mio con questa breve nota.
Il razzismo è pericoloso non solo quando parla male degli Ebrei o dei “negri”, ma lo è sempre in quanto non valuta le persone dalle loro capacità e dalla loro morale, ma dal genere o dalla divisa, con pregiudizi che non tengono conto della persona se è buona o cattiva.
Non ho mai amato particolarmente i generali ma mi guardo bene dal criticarne malevolmente uno che non conosco.
Dovrebbe astenersene ogni persona equilibrata
giovanni ghiselli
Epimeteo
Il pericolo del dominio funesto di Epimeteo, quello che non sa pensare in anticipo, prevedere e presoffrire niente. Si lamenta e querela a disastri già compiuti.
Mentre i contagi crescono ogni giorno e la lista dei caduti si allunga quotidianamente, i commercianti-tanto i kavphloi quanto gli e[mporoi- vogliono riaprire botteghe e centri commerciali; i ristoratori chiedono di poter rifocillare i bramosi di mangiare fuori casa; gli studenti desiderano tornare a scuola in liete brigate; i vacanzieri vogliono viaggiare tutti insieme per Pasqua e nelle altre feste comandate; quelli della movida pretendono di affollare le vie principali e lo fanno davvero mettendo a repentaglio tante vite umane.
Troppa gente turbata e incapace di pensare ha un atteggiamento epimeteico. Epimeteo è quello che pensa dopo e troppo tardi (ejpimhqevomai).
Pensano che alle riaperture conseguano guadagno, vantaggio, divertimento.
Nell’Elettra di Sofocle la Corifea dice che non c’è kevrdo~ a[meinon pronoiva~ oujde; nou` sofou` ( v. 1016), guadagno migliore che la previdenza e una mente saggia.
“Quando la stessa ragione, lungi da ogni pro-meteismo- sembra rassegnarsi al dominio di Epimeteo” (M. Cacciari, La mente inquieta. Saggio sull’umanesimo.p. 99)
Bologna 2 marzo 2021 ore 10, 40
giovanni ghiselli
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L’amore come procreazione nel bello. Il debutto nell’Ellade.
Subito dopo il 20 agosto tornai in Italia e ripresi a studiare dalla mattina alla sera i miei classici. In ottobre fui sistemato nel liceo Minghetti di Bologna dove il preside gentiluomo Piero Cazzani mi aiutò a imparare l’arte dell’educatore. Nei ritagli di tempo nei quali mi permettevo di non studiare, scampoli davvero esigui poiché volevo conquistare anche gli allievi di questo istituto, cercavo una donna dotata di mente, e siccome a un’azione sbagliata ne succede spesso un’altra errata dalla parte opposta, mi innamorai di una collega dall’aspetto poco attraente per i miei gusti.
Non potevo trasmetterle il desiderio che non sentivo. Su questo le donne non si sbagliano: del resto simulare il pathos erotico è quasi impossibile, del tutto impossibile per me. Un dialogo c’era tra noi, ma questo non toccava mai la sostanza dei problemi né arrivava al fondo degli argomenti, come succede quando si parlano due giovani in cerca di quell’amore che tra loro non c’è. Così in primavera smettemmo di frequentarci, e io nel dolore compresi che l’attrazione dei corpi non è meno importante di quella spirituale.
Nel Simposio di Platone Diotima, la "celebre professoressa dell'amore"[34] , insegna a Socrate che Amore è la tendenza a possedere il bene per sempre (206 a) e vuole la procreazione nel bello secondo l'anima e secondo il corpo:"tovko" ejn kalw'/ kai; kata; to; sw'ma kai; kata; th;n yuchvn" ( 206 b).
Per procreare ci vuole la bellezza che è Moira e Levatrice nella procreazione.
Nel luglio del 1977 andai per la prima volta in Grecia.
Ero con Fulvio, diventato il mio migliore amico, lo spirito dei viaggi che facevamo insieme. Era l’occhio della via. Ora ne sento la mancanza -poqevw ojfqalmo;n th`" oJdou`.
Quel debutto nell’Ellade invero non andò benissimo: a San Benedetto del Tronto caddi dalla bicicletta e mi ruppi una costola. Proseguìi fino a Termoli ma dovetti lasciare la bici e proseguire con mezzi pubblici.
Invalido com’ero, guardavo con invidia e ammirazione i balestrucci sfrecciare nel cielo
giovanni ghiselli
Nell’agosto del 1978 dopo l’esame di maturità partìì in bicicletta da solo diretto al porto di Ancona per imbarcarmi sul traghetto per Patrasso. Avevo un punto di riferimento in alcuni conoscenti di Bologna che campeggiavano nell’isola di Andros. Mi recai da loro che furono ospitali e gentili con me, però si comportavano come se fossero a Bologna: usavano nel parlare tutto il repertorio delle famiglie borghesi emiliane: gente civile, per carità, ma io ero andato in Grecia in bicicletta in cerca di altro: mito e poesia volevo trovare e la strada che mi avrebbe portato metodicamente all’arte e all’artistica donna che mi mancava. Volevo trovare quell’armonia che rimane nascosta alla maggior parte delle persone ma è molto più forte di quella visibile ai più
Il 9 agosto salii sull’imbarcazione che dal porto di Andros mi recava lontano da quei compagni di tenda con i quali avevo poco da dire: erano tutt’altre persone dai contubernali di Debrecen ricordati più volte. Ero felice di essere solo con la mia bicicletta, una Bianchi da corsa.
Osservavo il chiarore dei flutti spumeggianti e dei gorghi solcati dal veicolo marino. Biancheggiava la scia del traghetto come un sentiero in mezzo a una pianura erbosa fatta fluttuare dal vento sonoro.
Sbarcai a Tenos dove volevo prendere un altro battello per arrivare a Delo, l’isola sacra che diede i natali ai due occhi del cielo. Ma le corse di quel giorno erano già tutte finite: dovevo aspettare la mattina seguente. Cercai un ostello dove passare la notte, fissai un giaciglio, quindi mi chiesi come impiegare sensatamente e proficuamente il resto della giornata che non volevo sprecare, cioè passare senza attività valide a potenziare il corpo e la mente.
Potevo girare l’isola liberamente, ossia senza pensare con retrogusti poco gradevoli ai conoscenti di Bologna che mi aspettavano a ore, determinate da loro, per entrare in un enorme gommone motorizzato e andare stipati in cerca di baie deserte dove arrostire salsicce affumicando la santa luce del cielo.
Dopo due giorni passati così volevo ricaricarmi di energie vitali e morali. Sul mezzogiorno, lavati gli stracci sudati che poi distesi perché si asciugassero sopra lo zaino appoggiato sul materasso disteso nella terrazza del dormitorio, cominciai a pedalare seminudo nel sole mentre venivo accarezzato dall’aria pregna di aromi marini, vegetali e terrestri: respirandola lietamente a pieni polmoni, sentivo di partecipare a una festa della natura profumata, calda e luminosa come una bella ragazza piena di salute, di gioia, di vita. Le cime degli alberi, i musi degli animali, i visi umani apparivano sereni e luminosi, piene di promesse e speranze.
Con gli occhi stenebrati del tutto vedevo la luce vivace danzare tripudi sulla grande tavola liscia e violacea del mare, quindi balzare sui declivi dei monti dove la accompagnavano gli innumerevoli cori delle cicale pazze di sole, dove i penduli fichi stillavano gocce capaci di moltiplicare quel dono del cielo che assentiva alla vita.
Nell’aria celeste gli uccelli cantavano inni di gratitudine alla fonte della luce divina, l’occhio del giorno d’oro, l’immagine che porta la massima significazione di Dio alla nostra vista mentale. Con le narici aspiravo i profumi soavi della terra, odorosa tutta come un frutto maturo appena spiccato dal ramo. Mi domandavo come può non essere felice una creatura in un paradiso così ben fatto dall’artista divino.
Assaporavo gli umori distillati dai raggi del sole che ravvivano tutto, e gioivo osservando i colori accesi e accentuati dalla pienezza del suo splendore.
Il mondo era bello, variopinto, caldo luminoso e mi rendeva felice
Ogni tanto mi fermavo per cogliere un fico o un grappolo d’uva: dolce offerta, già maturata dal calore che favorisce la vita.
Mentre mangiavo questi doni dell’estate incoronata dai raggi del dio, pensavo ai regali ricevuti dalle meravigliose donne che avevo già conosciute. Li ho sempre considerati “borse di studio”, come le belle giornate. Ero sicuro che altri premi ci sarebbero stati dopo una vacanza tanto santa.
Ringraziavo la madre terra generosa e felice, poi riprendevo a pedalare su e giù per le strade dell’isola. Ascendere le impervie salite eliminando gli umori cattivi, acquistando la forma corporea più bella possibile e la mente serena quanto il cielo era una gioia: mi sembrava di salire per una scala i cui gradini portavano al dio sole; ed ero felice mentre mi lanciavo giù per le rapide discese rinfrescando il volto e il petto con i fiotti veloci dell’aria sulla pelle abbronzata sentendomi armonizzato con l’opera d’arte dove avevo la fortuna di essere vivo del tutto, lontano e diverso dagli sdilinquiti borghesi che arrostivano grassi cadaveri di animali nelle baie sassose ottenebrando la luce del sole o la cristallina purezza della notte lunare.
giovanni ghiselli
Odisseo-Ulisse è un personaggio variopinto, cioè rappresentato in maniera varia nei secoli.
Ingannevole è la sua riduzione a un solo individuo.
Questo post si trova nel mio blog intero e con le note
Si scrive tanto di Odisseo e l’ho fatto anche io: nel mio blog il pezzo Aspetti dell’uomo Ulisse ha avuto 32393 visite. Ebbene gli aspetti di quest’uomo sono tanti perché Odisseo-Ulisse ha caratteristice diverse nei diversi testi che parlano di lui
Già l’Odisseo dell’Iliade non è lo stesso uomo protagonista eponimo dell’Odissea.
Poi le differenze ovviammente si accentuano con il cambiare degli autori.
Pindaro nell’ Istmica IV denuncia l’oscurità del destino (v. 31), che fece cadere Aiace, puvrgo~[35] la torre, con gli artifici di chi valeva meno di lui, ma Omero gli ha reso onore tra gli uomini (all j { Omhrov~ toi tetivmaken di j ajnqrwvpwn (v. 37).
Nella Nemea VIII il poeta tebano ricorda il torto subito da Aiace a[glwsso~ (v. 24), privo di eloquenza: sicché l’invidia poté mordere il suo valore e prevalse l’odioso discorso ingannevole di Odisseo.
Tuttavia alla fine Aiace ebbe giustizia: “a’ generosi/giusta di glorie dispensiera è morte;/né senno astuto, né favor di regi/all’Itaco le spoglie ardue serbava,/ché alla poppa raminga le ritolse/l’onda incitata dagl’inferni Dei”[36]
L’Odisseo di Sofocle ha fasi alterne nell’Aiace , mentre è pessimo nel Filottete.
L’Odisseo di Euripide è un farabutto nell’Ecuba nelle Troiane e nell’Ifigenia in Aulide.
Nel dramma satiresco Ciclope, di Euripide, quando Odisseo entra in scena definendosi Itacese, signore dei Cefalleni, Sileno replica: “oi\d j a[ndra, krovtalon drimuv, Sisuvfou gevno~” (vv. 103-104), conosco quel tipo, un sonaglio petulante, razza di Sisifo[37].
Platone ricorda Odisseo nel mito di Er della Repubblica
L’anima di Odisseo, prese la sorte per ultimo e, guarito da ogni ambizione per il ricordo dei travagli precedenti, scelse la vita di un uomo privato e amante del quieto vivere ("bivon ajndro;" ijdiwvtou ajpravgmono"", Repubblica 620c).
La trovò messa da parte e negletta dagli altri, ma disse che l’avrebbe presa anche se avesse dovuto fare la scelta per primo.
L’Ulixes di Virgilio è un uomo saevus , un hortator scelerum odiatissimo dai Troiani.
Nelle Metamorfosi di Ovidio causò il suicidio di Aiace sottraendogli le armi di Achille
Allora invictum virum vicit dolor (XIII, 386)
Aiace quindi si uccise e dalla terra arrossata nacque un fiore vermiglio come da Giacinto.
Nelle Troiane di Seneca Ulisse viene apostrofato dalla vedova di Ettore con queste parolr:"O machinator fraudis et scelerum artifex,/virtute cuius bellicā nemo occĭdit,/dolis et astu maleficae mentis iacent/etiam Pelasgi, vatem et insontes deos praetendis? Hoc est pectoris facinus tui " (vv. 750-754) o tessitore di frodi e artefice di inganni, per il cui valore in battaglia nessuno è morto, mentre per i tuoi inganni e l'astuzia della mente malefica giacciono morti anche i Pelasgi, ora metti avanti l'indovino e gli dèi incolpevoli? Questo è un delitto dell'animo tuo.
L’Ulisse di Dante è inquietamente bramoso di conoscere come quello dell’Odissea.
Inquieto è anche l’Ulysses di Alfred Tennyson (1809-1892): non vuole rimanere come re neghittoso (an idle king) con un’antica consorte a pesare leggi ineguali a gente che ammucchia, che dome, che mangia, che non mi conosce. “I am a part of all that I have met” (v. 18), io sono una parte di tutto quello che ho incontrato.
Gozzano ne fa una caricatura parodiando Dante:
“Il re di Tempeste[38] era un tale/che diede col vivere scempio/un ben deplorevole esempio/d’infedeltà maritale,/che visse a bordo d’un yacht/toccando tra liete brigate/le spiagge più frequentate/dalle famose cocottes…/ Già vecchio, rivolte le vele/al tetto un giorno lasciato,/fu accolto e fu perdonato/dalla consorte fedele…/Poteva trascorrere i suoi/ultimi giorni sereni,/contento degli ultimi beni/come si vive tra noi…/Ma né dolcezza di figlio,/né lagrime, né la pietà/del padre, né il debito amore/per la sua dolce metà/gli spensero dentro l’ardore/della speranza chimerica/e volse coi tardi compagni/cercando fortuna in America…/Non si può vivere senza/danari, molti danari…/Considerate, miei cari/compagni, la vostra semenza!” (L’ipotesi, vv. 11-138).
l'Ulisse di Joyce, è un uomo che ha molto sofferto anche se di formato non eroico: dopo un lungo girovagare per Dublino torna a casa[39] dalla moglie, sebbene adultera, da quella Molly che E. Pound interpreta come "Gea Tellus, simbolo della Terra... il suolo dal quale l'intelletto tenta di saltare via, e nel quale ricade in saecula saeculorum".
Questa breve, sommaria rassegna mostra quanto sia ingannevole parlare di Ulisse come un personaggio unico e identificarlo con l’uomo che vuole andare su Marte. Che cosa ci andrebbe a fare? Non incontrerebbe creature viventi e parlanti da cui potere imparare e da poter raggirare
giovanni ghiselli
La cultura europea
La cultura europea, la mia, è basata sui Greci e su noi Italici che con il latino abbiamo tasmesso i maestri greci a tutta l’Europa. Io, di famiglia mista di marchigiani, toscani, romagnoli, mi sento fortissimamente italiano, completamente italiano. Credo che noi abbiamo talenti grandi e forti. Abbiamo governi mediocri, siccome chi ha talento lo manifesta creando e non andando al governo. Ma i governanti migliori hanno commissionato la bellezza agli artisti. Ora purtroppo è la volgarità del capitalisnmo e della pubblicità che prevale.
Tuttavia gli artisti, quorum ego, continuano, continuiamo a creare cultura e bellezza.
Mando baci pieni gratitudine a tutte le femmine umane (belline, beeline!) che mi hanno aiutato a diventare come sono. Anche alcuni maschi mi hanno aiutato a dirla tutta. Ma le femmine umane prevalgono.
Baci
gianni
La cultura europea, la mia, è basata sui Greci e su noi Italici che con il latino abbiamo tasmesso i maestri greci a tutta l’Europa. Io, di famiglia mista di marchigiani, toscani, romagnoli, mi sento fortissimamente italiano, veramente italiano. Credo che noi abbiamo talenti grandi e forti. Abbiamo governi mediocri, siccome chi ha talento lo manifesta creando e non andando al gorveno. Ma i governanti migliori hanno commissionato la bellezza agli artisti. Ora purtroppo è la volgarità del capitalisnmo e della pubblicità che prevale.
Ma gli artisti, quorum ego, continuano, continuiamo a creare cultura e bellezza.
Mando baci pieni gratitudine a tutte le femmine umane (belline!) che mi hanno aiutato a diventare come sono. Anche alcuni maschi mi hanno aiutato a diria tutta. Ma prevalgono le femmine umane.
Baci
gianni
Il potere della Fortuna sui giovani è aumentato rispetto all’analisi di Machiavelli.
Nella prima pagina del quotidiano “Il Sole 24 ORE” di oggi, 28 febbraio 2021, leggo questo titolo : “Scuola, solo il 12% di figli laureati se i genitori sono poco istruiti”.
In alcune tragedie di Euripide la fortuna non è costantemente maligna, bensì capricciosa e mutevole. Faccio un solo esempio: Ione che è stato sul punto di uccidere la madre, esclama:"O Fortuna che cambi mille volte le sorti dei mortali: li getti nella sventura, poi doni loro il successo"(Euripide, Ione, vv. 1512-1513)
Alla fortuna Machiavelli dovrà riconoscere potere su metà dell'agire umano: " Dico poter essere vero che la fortuna sia arbitra della metà delle azioni nostre, ma che ancora lei ne lasci governare l’altra metà, o presso, a noi. Et assomiglio quella a uno di questi fiumi rovinosi (…) dimostra la sua potenzia dove non è ordinata virtù a resisterle" (Il principe XXV).
Essa ha fornito ai grandi della storia dotati di virtù l'occasione per manifestarla:"Bisognava che Ciro trovassi e' Persi malcontenti dello imperio de' Medi, e li Medi molli et effemminati per la lunga pace. Non posseva Teseo dimonstrare la sua virtù, se non trovava li Ateniensi dispersi" ( Il principe VI).
“L’idea di libertà è la forma trascendentale del nostro agire, l’indimostrabile presupposto su cui esso si regge e assume senso e valore. Anche la virtus machiavellica si reggerà su questo fondamento teoretico, altrimenti si dovrebbe sostenere che la Fortuna soltanto tiene l’uomo “sotto el giogo suo” (Lettera al Soderini)”[40].
Del resto Cesare Borgia nel quale pure c'erano "tanta ferocia e tanta virtù" non poté reggere al rovescio, per cui, al momento della morte del padre Alessandro, era anche lui "malato a morte", sicché non riuscì a evitare la "mala elezione" del cardinale Giuliano della Rovere suo nemico il quale divenne "Iulio pontefice". "Errò adunque el duca in questa elezione, e fu cagione dell'ultima ruina sua" ( Il principe VII). La Fortuna lo aveva abbandonato.
Comunque non si deve “vivere da schiavo questa vicissitudo, né rimanere in preda alle tempeste della Fortuna, “invece stare desti, “mai partirsi dal Timone” (Alberti[41]), volgere la cura che ci assilla verso un’opera che sembri poter restare , è scelta che il Fato stesso assegna a ciascuno, cui nessuno può sottrarsi Questa libertà è l’altra faccia del Necessario. Nessuno nell’umanesimo riconosce più di Alberti e Machiavelli la potenza della Fortuna. Senza Fortuna propizia neppure l’impero romano si sarebbe costituito e avrebbe potuto così a lungo durare. Proprio quello Stato che si tempra nella più dura disciplina innalza meravigliosi templi alla Fortuna” [42].
Ora dal titolo citato in apertura si vede come sia stata ridotta la funzione di ascensore sociale della scuola, cioè la percentuale della virtù rispetto a quello della fortuna, ossia, detto con altre parole forse più chiare, le capacità del giovane contano sempre meno rispetto al potere della famiglia dove la fortuna lo balestra per nascita o adozione o cooptazione.
Questa semiparalisi va curata come altre malattie che stanno devastando la nostra nazione. “Qui habet aures audiendi audiat” [43]
giovanni ghiselli
. Note
[1] M. Cacciari, La mente inquieta Saggio sull’Umanesimo, p.51
[2] I libri della famiglia, in Opere volgari, a cura di C. Grayson, Bari 1960-73vol I, p.
[3] M. Cacciari, La mente inquieta Saggio sull’Umanesimo, p.59
[4] N. T. Marco, 4, 9
Il nomen omen di Elena e di Salvini
Non poche volte il nome è un presagio come avverte il latino nomen- omen.
A volte il nome si rivela appropriato alla persona nel corso della sua vita.
Il cognomen omen di Salvini che vuole salvare la libertà.
Nel secondo stasimo dell'Agamennone di Eschilo il coro presenta i diversi aspetti di Elena : " Chi mai diede un nome così del tutto vero alla sposa le cui nozze furono causa di guerra, donna oggetto di contesa poiché chiaramente distruggitrice di navi (eJlevna" ), di uomini (e[landro"), di città? (eJlevptoli")”?
Secondo la credenza del nomen-omen il tragediografo etimologizza in maniera fantasiosa il nome dell'adultera connettendone la prima parte con il radicale eJl- (cfr. l'aoristo ei|lon di aiJrevw, "tolgo di mezzo"). Nella seconda parte vengono ravvisate, non senza forzatura, le parole nau'~, ajnhvr e ptovli".
Quando giunse a Ilio, la splendidissima era come :"un pensiero di bonaccia senza vento, un tranquillo ornamento di ricchezza, un tenero dardo degli occhi, un fiore d'amore che morde l'animo; ma poi, mutata, compì l'amaro fine del matrimonio, funesta compagna e funesta amante, scagliatasi contro i Priamidi scortata da Zeus protettore degli ospiti, Erinni che reca pianto alle spose"(Agamennone, vv.739-749).
Ecuba nlle Troiane di Euripide dice a Menelao:” ti lodo se uccidi la tua sposa, Menelao. Ma evita di vederla che non ti prenda con il desiderio. Ella infatti possiede tanta seduzione che attira gli sguardi degli uomini, distrugge le città, brucia le case ("ejxairei' povlei",-pivmprhsin oi[kou"", vv. 891-892).
Euripide qui probabilmente ricorda " JElevnan ejpei; prepovntw" eJlevna", e{landro", eJlevptoli"", appropriatamente Elena poiché distrugge navi, uomini, città dell'Agamennone (vv. 689-691) di Eschilo.
Attualizziamo: appropriatamente Matteo ha il cognome Salvini perché vuole riaprire il prima possibile salvando la libertà degli italiani di contagiarsi quando e come vogliono. Onore al merito!
Bologna 27 febbraio 2021, ore 17, 58
giovanni ghiselli
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Appello contro la schiavitù indirizzato alla Sottosegretaria ai beni e alle attività culturali
Sono contrario alla schiavitù e per questo motivo mi stanno a cuore queste parole del Messeniaco di Alcidamante citate da Aristotele: “ ejleuvqevrou" ajfh`ke pavnta" qeov", oujdevna dou`lon hj fuvsi" pepoivhken” ( Retorica, I, 13, 1373b, 18) .
Sono scritte in polemica con l'Archidamo di Isocrate che può considerarsi lo "storico", per così dire, della mentalità schiavistica spartana.
Fino a oggi non avevo rivolto questo mio appello antischiavistico ad alcun politico per timore che non venisse capito, ma ora che Lucia Borgonzoni è Sottosegretaria ai beni e alle attività culturali, lo indirizzo a lei, certo che capirà tutto fino all’ultima sillaba senza ricevere alcuna spiegazione e si darà da fare, tanto come sottosegretaria quanto come consigliera comunale o ex consigliera comunale se si è dimessa da questa carica per dedicarsi solo all’altra.
Giovanni ghselli
Demagoghi antichi e di oggi
Tucidide definisce il demagogo Cleone “ il più violento dei cittadini (biaiovtato" tw'n politw'n, e quello più capace di persuadere (piqanwvtato") la massa” ( III, 36, 6). A Cleone durante la guerra del Peloponneso seguirono Iperbolo, poi Cleofonte che parlava una lingua franca, mescolata di parole tracie : Aristofane nota che sulle sue labbra dalla chiacchiera doppia orrendamente freme la rondinella tracia “ceivlesin ajmfilavloi" deino;n ejpibrevmetai- Qrhkiva celidwvn (le Rane, 680-681).
Violenta è la chiacchiera dei demagoghi di oggi che considerano irrispettosa e offensiva la chiusura in casa che salva le vite, mentre i contagi crescono di giorno in giorno. Le riaperture significherebbero un dilagare delle morti. Magari certuni pensano, pur senza dirlo, che la morte dei vecchi fruitori di pensioni sarà un bene per l’economia.
Quanto alla capacità di persuadere non credo che la maggioranza sia disposta a seguire chi vuole aprire la porta alla morte.
Bologna 26 febbraio 2021 ore 10, 50
giovanni ghiselli
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Barbara D’Urso e Nicola Zingaretti.
In un bell’articolo di Michele Serra (“la Repubblica” 25 febbraio 2021, pagina 26) leggo che Nicola Zingaretti ha scritto un tweet in favore di Barbara d’Urso
la quale avrebbe “portato la voce della politica vicino alle persone”.
L’articolo di Serra si chiude con queste parole intelligenti: “Anche Zingaretti è popolare, e lo è oggettivamente. Ha una caterva di voti. Potrebbe fare senza D’Urso, che con tutto il rispetto incarna il livello più basso non solo della comunicazione politica , ma della comunicazione tout court. Perché non lo fa? Perché ha perduto, come la sinistra quasi al completo, la coscienza dei propri mezzi. Altro che “puzza sotto il naso”. E’ complessi d’inferiorità in piena regola”.
Approvato Serra senza riserve, aggiungo qualche cosa di mio.
La D’Urso per me è inascoltabile: non parla politicamente né retoricamente. Nemmeno parla: chiacchiera rivolgendo lusinghe e ripetendo ovvietà.
Però la ascoltano in diversi perché non è inquietante.
Heidegger nella Introduzione alla metafisica commenta il primo stasimo dell’Antigone.
Ne traduco la prima strofe e la prima antistrofe: "Molte sono le cose inquietanti –polla; ta; deinav) e nessuna/è più inquietante dell'uomo-koujde;n ajnqrwvpou deinovteron pevlei)/ questo prodigio anche al di là del mare/canuto con l'austro tempestoso/procede (cwrei', v. 336), passando sotto/i flutti gonfi che si spalancano intorno, e tra le divinità,/la suprema, la Terra,/che non si consuma, che non si stanca, lui cerca di affaticare/quando vengono girati gli aratri, anno per anno/rivoltandola con la stirpe equina./ E la razza degli uccelli dalla mente/alata, circondando con maglie/di reti intrecciate/cattura, e le stirpi delle fiere selvatiche/e la progenie sprofondata nel mare,/l'uomo che sa pensare, e si impossessa/con i suoi mezzi della bestia/che dimora nei campi, che vaga sui monti, e il cavallo/dalla cervice crinita trascina sotto il giogo che cinge il collo/e il montano, infaticabile toro" (vv. 332-352).
Ebbene Heidegger traduce to; deinovn con das Unheimliche, l’ inquietante.
“:"Noi concepiamo l'in-quietante (das Un-heimliche ) come quello che estromette dalla "tranquillità", ovverosia dal nostro elemento, dall'abituale, dal familiare, dalla sicurezza inconcussa"[44].
Renata Colorni preferisce “perturbante”
“Con il titolo “Il perturbante” abbiamo reso in italiano un meraviglioso e importante scritto di Freud del 1919 intitolato “Das Unhheimliche”, parola tedesca formata da “un” cioè, non, che crea l’antitesi della parola “heimlich” , che a sua volta deriva da “Heim”, casa. “Heimat”, ricordiamolo, significa “Patria”. “Das Unheimliche” è perciò l’inquietante, l’insolito, se ammettiamo che il solito sia accogliente e confortante. E’ qualcosa di non familiare, inospitale, e dunque respingente. Suscita spavento proprio perché è la casa stessa a non accogliere” (“L’Espresso”, 17 gennaio 2021, pp. 73-74).
Concludo dicendo la mia.
La gente dall’identità gregaria, che non legge e non pensa, vuole essere rassicurata da quelli che sono reputati di successo e che manifestano lo stesso vuoto di cultura e di identità.
Ecco perché certe trasmissioni che versano il nulla nel niente vengono seguite da tanti.
E quasi tutti i politici che vogliono essere votati si adeguano ai versi di questo gregge immune soltanto dal dubbio, dal pensiero, dal buon gusto.
Zingaretti dovrebbe sapere che non tutti gli italiani sono tali. Forse nemmeno la maggioranza lo è.
Mi conforta e autorizza la mia buona speranza il fatto che il blog dove scrivo esercitando la funzione di kritikov" da 2947 giorni, ha ricevuto una media di 371 letture al giorno e ha superato un milione e 94500 visite.
Non sono dunque isolati quelli come me. Siamo piuttosto situati in segno di contraddizione in signum cui contradicetur, come Socrate, come Cristo[45] e non pochi altri.
Ut revelentur ex multis cordibus cogitationes.
giovanni ghiselli
Rendo onore ai due giovani, l’ambasciatore Luca e il carabiniere Vittorio, uccisi da efferati criminali dopo un percorso sulle strade della pietà- eujsebei`" ojdouv"-
Auspico che i compianti e le celebrazioni non si fermino alla retorica come avviene di solito, ma promuovano un’attività volta a farci perdonare dall’Africa, in modo che possiamo scontare almeno una parte dei peccati commessi da noi Europei sfruttando le risorse umane e materiali di questo continente.
Anche l’uccisione di questi due ragazzi dai bei volti, facce di persone buone, è una conseguenza del colonialismo che ha provocato massacri e ogni tipo di confusione per facilitare lo sfruttamento. Il loro sacrificio non deve rimanere vano.
giovanni ghiselli
Qual è l’odiosa sapienza del tempo del virus
Nell'Olimpica IX Pindaro scrive :"diffamare gli dei è odiosa sapienza ( tov ge loidorh'sai qeouv"-ejcqra; sofiva, vv. 37-38).
Proviamo ad attualizzare queste parole sante del vate tebano che Leopardi considera, a ragione, il più grande poeta lirico di ogni tempo.
Mettere l’economia al posto che spetta a Dio, chiunque egli sia, o agli Dèi nel caso che siano tanti, è odiosissima sapienza.
Il monoteismo dell’economia o il politeismo dell’economia del mercato, del denaro, del profitto, mettere questi dèi falsi e bugiardi in tabernacoli empi e postrarsi davanti a loro, come fanno diversi politici, è peggio che odiosa sapienza, è un oltraggio alla salute, alla vita, un attentato alla sopravvivenza di noi tutti.
Bologna 24 febbraio 2021, ore 10, 32.
giovanni ghiselli
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Approvo l’intervista rilasciata da Antonella Polimeni a una giornalista di “ Il sole 24 0RE”.
Leggo un articolo a pagina 8 di “Il sole 24 0RE” di oggi 21 febbraio 2021.
Contiene dichiarazioni didattiche di una donna intelligente: Antonella Polimeni che è la Magnifica Rettrice della Sapienza di Roma.
Parte con un ricordo della sua professoressa di italiano e latino al liceo classico Dante Alighieri di Roma. Una docente che accompagnava gli studenti “non solo alla maturità classica, ma a una crescita personale e a una formazione della coscienza critica”.
La Rettrice ha riconoscito quelli che sono i compiti e i pregi di un insegnante il quale deve essere prima di tutto un educatore.
La Polimeni ricorda poi un professore universitario che le ha insegnato “la capacità di comunicare con gli studenti, la capacità analitica, l’acquisizione non nozionistica non solo del sapere ma del saper fare e saper essere. Le competenze vanno poi composte con il saper comunicare, che ormai è diventato ineludibile, parte integrante del successo medico-paziente e non solo”.
Tutto questo mi è assolutamente congeniale.
E anche quanto viene dopo: “La Sapienza si colloca tra quelle università che hanno più lavorato sul diritto allo studio con la no tax area e continueremo a lavorarci perché l’università dovrebbe tornare a essere un “ascensore sociale”. Alcuni studi correlano lo stato socio economico della famiglia di provenienza con il job placement e in tempo di pandemia queste disuguaglianze sono state amplificate”.
In questo modo, commento io, si perpetuano le caste e anzi, la distanza tra loro si accentua. Dove ci sono le caste ovviamente non c’è uguaglianza e quando manca l’uguaglianza è in difetto non solo la democrazia ma anche la libertà. Me lo hanno fatto notare Tucidide e Leopardi.
Ancora la Magnifica: “E’ necessario aumentare la platea dei laureati, anche con un’offerta formativa che rispecchi i fabbisogni della società. La via è quella della ricerca trans-disciplinare con una sempre maggiore contaminazione tra i saperi. Non bisogna più ragionare per singole discipline, ma per una soluzione dei poblemi”.
Il mio metodo comparativo che partendo dalla letteratura greca segnala quanto le devono la letteratura, la filosofia e la storia dell’arte europea, insomma quanto i classici trattino i nostri problemi e ci aiutino a superarli quali problhvmata appunto, corrisponde a questa via da quando ho iniziato a insegnare latino e greco nel liceo. Mi dispiace non avere avuto Antonella Polimeni ragazza tra i miei alunni. Ma lei studiava a Roma, io insegnavo nel 75 a Imola e dal 76 a Bologna. I miei allievi di allora avevano all’incirca la sua età. Sarebbe stata un’alumna optima a quanto leggo.
Infine sottolineo un altro grande pregio di questa Magnifica Rettrice: il suo femminismo non ha niente di volgare né di razzistico: è l’antitesi di quello becero e cretino di quante e quanti reclamano il potere alle donne purchè siano tali biologicamente, senza specificare a quali di loro, ossia alla qualità necessarie alla gestione del potere. Intelligenza, capacità, cultura, sensibilità, generosità, lealtà non sono qualità di tutti gli uomini né di tutte le donne.
“Le donne che si sono realizzate e hanno raggiunto incarichi di vertici possono essere un modello, purché non scimmiottino la leadership maschile (…) Il mio motto sulla questione di genere è “pari opportunità per pari capacità”. Parole sante.
Ora per non essere solo agiografico del tutto aggiungo un paio di critiche a una giovane donna che come età poteva essere mia allieva: troppi termini inglesi usati e compresi non necessariamente da tutti. Alcuni li ho riferiti, altri li ho saltati siccome inseriti in parti dell’articolo meno interessanti per me.
Invece avrei usato qualche termine latino come contaminatio al posto di “contaminazione” che può far venire in mente il covid.
Magari aggiungendo un acceno alle commedie di Plauto e Terenzio. E pure qualche parola greca. Il latino e il greco stanno correndo il rischio di sparire dalla coscienza della classe colta. Mi piacerebbe che l’ex studentessa del classico si prendesse a cuore questo ostacolo (provblhma) alla sussistenza della paideia.
In conclusione il discorso di Antonella Polimeni mi ha confermato nei miei propositi e progetti educativi e ho voluto farlo conoscere ai miei lettori
giovanni ghiselli
Bologna 21 febbraio ore 18 e 31 minuti
giovanni ghiselli
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La tecnologia e la Necessità.
Qual è oggi la nostra prima necessità ? La salute.
La seconda è la scuola che diffonda cultura, educazione, non solo tecnicismi.
JAnavgkh, Necessità, nelle tragedie greche è la forza suprema; nella Repubblica di Platone il fuso di Ananche è l’asse dell’universo che si volge sulle ginocchia di questa dea (616d).
Sentiamo qualche testimonianza del potere della Necessità nelle tragedie
Prometeo stesso che ha trovato tutte le tevcnai riconosce che queste sono molto meno forti della necessità : “ tevcnh d j ajnavgkh" ajsqenestevra makrw'/ ” (Prometeo incatenato, v. 514):, la conoscenza pratica è molto più debole della necessità.
Cfr. a questo proposito Curzio Rufo: “Ceterum, efficacior omni arte, necessitas non usitata modo praesidia, sed quaedam etiam nova adnovit”( Historiae Alexandri Magni, IV, 3, 24), del resto la necessità più potente di ogni tecnica, suggerì loro non solo i soliti mezzi di difesa ma anche dei nuovi. Sono i Tirii che si difendono dall’assedio di Alessandro Magno nel 332 a. C.
Avanzando nella Sogdiana Alessandro si trovò in difficoltà per il freddo e incendiò un bosco: “efficacior in adversis necessitas quam ratio, frigoris remedium invenit” (8, 4, 11). Ancora la necessità che prevale sulla ratio (cfr. 7, 7, 10: necessitas ante rationem est).
Il potere supremo dell' jjjjAnavgkh viene apertamente affermato da Euripide nell'Alcesti. Nel terzo Stasimo della tragedia più antica ( è del 438) tra le diciassette a noi pervenute, il Coro eleva un inno alla Necessità vista come la divinità massima, quella che vincola e subordina tutti, compresi gli dèi:
"Io attraverso le muse/mi lanciai nelle altezze, e/ho toccato moltissimi ragionamenti (pleivstwn aJyavmeno" lovgwn),/ma non ho trovato niente più forte/della Necessità né alcun rimedio (krei'sson oujde;n jAnavgka"-hu|ron oujdev ti favrmakon)/nelle tavolette tracie che scrisse la voce di/Orfeo, né tra quanti farmaci/diede agli Asclepiadi Febo/dopo averli ricavati dalle erbe come antidoti/per i mortali afflitti dalle malattie"(vv. 962-972). Da questi versi si vede che la Necessità è più forte del lovgo" , della poesia, dell'arte medica.
E ancora: la Necessità non è meno forte di Zeus: “kai; ga;r Zeu;~ o{ti neuvsh/-su;n soi; tou'to teleuta'/” (Alcesti, 978-979), e infatti qualunque cosa Zeus approvi, con te (la Necessità) lo porta a compimento, le dice il coro dei vecchi di Fere.
In alcuni versi precedenti, nel terzo episodio, Eracle aveva affermato l’impotenza della tevcnh nei confronti della tuvch: “non è chiaro dove procederà il passo della sorte (to; th'" tuvch"), e non è insegnabile (ouj didaktovn) e non si lascia prendere dalla tecnica (oujd j aJlivsketai tevcnh/ )” ( Alcesti, vv. 785-786)
Nella Prefazione al romanzo Notre-Dame de Paris, Victor Hugo scrive: “ Alcuni anni or sono, visitando, o per meglio dire rovistando all’interno di Notre-Dame l’autore di questo libro trovò in un recesso oscuro di una delle torri, questa parola incisa a mano sul muro:
ANAGKH”
Ebbene, conclude la prefazione: “Proprio su quella parola si è fatto questo libro.
Marzo 1831”.
giovanni ghiselli
Caro direttore,
copio dal mio facebook un appello in difesa della scuola. Puoi pubblicarlo se vuoi o passarlo alla versione online che contiene un mio pezzo sull’esame di maturità scritto e pubblicato quando collaboravo con voi
saluti
giovanni ghiselli
Lancio un appello contro lo svuotamento delle medie superiori e per il rinascimento del Liceo Classico. Invito i miei lettori-estimatori a leggerlo e firmarlo.
Mi interessano anche le crtiche dei detrattori.
Togliere ogni difficoltà, quindi ogni valore all’esame di maturità, con l’abolizione oramai da due anni della prova scritta, con la raccomandazione per giunta di non bocciare praticamente nessuno, cosa che avviene di fatto da almeno dieci anni, equivale a declassare sempre più il liceo.
Da tempo la selezione è delegata ai test di ingresso all’Università, dove conta la preparazione privata, l’abbondanza di libri in famiglia e, quindi, il censo.
Faccio il laudator temporis acti me puero: io ero un alumnus optimus del liceo classico Mamiani di Pesaro, eppure affrontai trepido, come tutti gli studenti italiani, la maturità nell’estate del 1963. Dovemmo tradurre dal greco in italiano un brano di Polibio; dal latino in italiano uno di Quintiliano, e dall’italiano in latino un pezzo dello Zibaldone di Leopardi, se non ricordo male.
In quarta ginnasio nel 1958-59 eravamo 31; in terza liceo venti e di questi solo in dieci prendemmo la maturità. Tra i bocciati ci fuono anche figli di alcuni maggiorenti della città. Selezione eccessiva dirà qualcuno. Può essere..
Però in autunno potei entrare nell’Università e nella facoltà che preferivo e appena laureato ebbi l’incarico a tempo indeterminato.
La facilitazione estrema, questo alleggerimento che si avvicina allo svuotamento delle medie superiori, liceo classico compreso, danneggia i giovani della classe non abbiente, priva di mezzi materiali e culturali, di conoscenze quali raccomandazioni, e di conoscenza dei libri, dell’arte e della vita. Tale deminutio già prossima all’annichilimento annienta anche l’ascensore sociale.
giovanni ghiselli
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Commenti
, grazie. Condivido con piacere.
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- · 16 h
Conosco bene la situazione! Concordo con quanto sostieni!
Poi ci meravigliamo se molti giovani aspirano a diventare influencer!
Condivido!
Spiacenti, stiamo riscontrando problemi nel tentativo di riprodurre questo video.
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- · 16 h
Concordo, ma, purtroppo, non si tornerà indietro. La scuola pubblica, in tempi brevi, servirà a "formare" studenti , la cui prospettiva sarà quella di sopravvivere con lavori a tempo determinato o con sussidi statali, pur arrivando al diploma supe…
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- · 16 h
, bravissima.
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- · 16 h
Per lo meno denunciamo il misfatto. gianni
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- · 16 h
, non è un misfatto è il doppio vincolo che blocca la scuola, normativamente definito: tenere insieme le differenze e garantire a tutti l' apprendimento, non lasciare indietro nessuno e consentire ai migliori di arrivare ai livelli p…
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- · 15 h
fai benissimo a denunciare questa logica viscida del "todos caballeros". In 17 anni da commissaria spesso esterna alla Maturità (ops...all'Esame di Stato ....e se non si chiama più Maturità un motivo ci sarà!)mi sono resa conto io stess…
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- · 15 h
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Modificato
Hai ragione, oggi covid o non covid c'è un lassismo enorme che abbassa la qualità della preparazione degli alunni
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- · 15 h
Grazie. gianni Seidegna figliola di tua mamma la prima maestra della mia vita. Un abbraccio a te e uno celeste a lei! gianni
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- · 15 h
Hai denunciato una verità: l'abolizione della fatica danneggia le classi più deboli. È un'errata visione della crescita sociale che risale ad alcuni finti rivoluzionari del'68. Ricordo ancora il mio primo incarico in una scuola media a tempo pieno in c…
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- · 15 h
Anche io, pur da sessantottino. Gli imbecilli mi davano del fascista perché mi ero iscritto a lettere antiche. Spero di incontrati presto. un abbraccio gianni
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- · 15 h
Lo stesso discorso vale per le facoltà universitarie a numero chiuso in cui la selezione degli studenti avviene con il superamento di un test ( idiota) e non con gli esami universitari.
Ecco perché ci troviamo orde di medici stupidi e tronfi
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- · 15 h
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- · 15 h
Un appello condivisibilissimo se, però, la pressione e la spinta alla facilitazione ed alla semplificazione del percorso di studi (con la conseguente banalizzazione ed ‘elementarizzazione’dei contenuti-vedi gran parte dei libri di testo di nuova genera…
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Approvo pienamente quello che scrivi
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- · 15 h
Grazie Ilaria gianni
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E poi e l'hanno con Azzolina
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Approvo! Buona serata Gianni
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- · 15 h
Grazie Vincenzina! Buona sera anche a te! gianni
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Basta pensare solo a parole e sigle in uso attualmente nella scuola: pof ptof figure strumentali dad ...un delirio futuristico aziendalistico psichedelico psicotico
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- · 14 h
Spiacenti, stiamo riscontrando problemi nel tentativo di riprodurre questo video.
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- · 14 h
Condivido, prof
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- · 14 h
Grazie Manuela gianni
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- · 14 h
Io sono pronta a firmare. Buona serata.
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- · 14 h
Ciao Antonia grazie! Un abbraccio gianni
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- · 14 h
Pronta a sottoscrivere pienamente!
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- · 14 h
· Rita Fra
Abbiamo frequentato lo stesso liceo e con le medesime modalità. Ci ricordiamo tutti l'uno dell'altro,Gianni. Anche io mi sono poi laureata in lettere classiche, a Urbino.Rammento,per tutto il percorso di studentessa, il rigoroso ,serio,non di rado duro…
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- · 14 h
Grazie Rita. A presto, spero! gianni
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- · 14 h
La mia stessa maturità
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- · 13 h
Siamo i ragazzi del 68! gianni
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- · 12 h
Molto giusto e vero!
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- · 12 h
>Ciao grazie gianni
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- · 12 h
Sono pienamente d'accordo con te!Se mi consenti,la tua riflessione coincide appieno con quella gramsciana!
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- · 12 h
Grazie Sandra! A presto gianni
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- · 11 h
Verissimo
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- · 10 h
Ciao gianni
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- · 10 h
D'accordo con Gianni Ghiselli
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- · 3 h
Sottoscrivo col sangue parola per parola
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- · 3 h
Mi sono diplomata nel 1964 al liceo Mamiani di Roma. Concordo in pieno!
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- · 2 h
Noi dei Mamiani ! ciao gianni
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- · 40 m
Spiacenti, stiamo riscontrando problemi nel tentativo di riprodurre questo video.
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- · 23 m
Da troppi anni nei licei non si boccia più e l'esame di Stato , svuotato ormai di ogni contenuto, non è più vissuto come un incubo dai ragazzi. Ho paura che difficilmente si tornerà indietro, visto che la classe politica italiana è costituita da perso…
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Lancio un appello contro lo svuotamento delle medie superiori e per il rinascimento del Liceo Classico. Invito i miei lettori-estimatori a leggerlo e firmarlo.
Mi interessano anche le crtiche dei detrattori.
Togliere ogni difficoltà, quindi ogni valore all’esame di maturità, con l’abolizione oramai da due anni della prova scritta, con la raccomandazione per giunta di non bocciare praticamente nessuno, cosa che avviene di fatto da almeno dieci anni, equivale a declassare sempre più il liceo.
Da tempo la selezione è delegata ai test di ingresso all’Università, dove conta la preparazione privata, l’abbondanza di libri in famiglia e, quindi, il censo.
Faccio il laudator temporis acti me puero: io ero un alumnus optimus del liceo classico Mamiani di Pesaro, eppure affrontai trepido, come tutti gli studenti italiani, la maturità nell’estate del 1963. Dovemmo tradurre dal greco in italiano un brano di Polibio; dal latino in italiano uno di Quintiliano, e dall’italiano in latino un pezzo dello Zibaldone di Leopardi, se non ricordo male.
In quarta ginnasio nel 1958-59 eravamo 31; in terza liceo venti e di questi solo in dieci prendemmo la maturità. Tra i bocciati ci fuono anche figli di alcuni maggiorenti della città. Selezione eccessiva dirà qualcuno. Può essere..
Però in autunno potei entrare nell’Università e nella facoltà che preferivo e appena laureato ebbi l’incarico a tempo indeterminato.
La facilitazione estrema, questo alleggerimento che si avvicina allo svuotamento delle medie superiori, liceo classico compreso, danneggia i giovani della classe non abbiente, priva di mezzi materiali e culturali, di conoscenze quali raccomandazioni, e di conoscenza dei libri, dell’arte e della vita. Tale deminutio già prossima all’annichilimento annienta anche l’ascensore sociale.
giovanni ghiselli
Copio per tutti voi che mi leggete uno dei tanti commenti che mi sono arrivati su facebook . Un commento ottimo.
Riguarda il pezzo “L’istruzione tecnica non deve penalizzare il liceo classico” del 19 febbraio 2021.
Condivido dunque quanto ha scritto Bruna e vi aggiungo il mio commento
giovanni ghiselli
Gianni, purtroppo l'esito delle prossime riforme sarà questo. Il Liceo Classico è una scuola per spiriti liberi e in un mondo che tende all'omologazione non s'incastra bene. Lo smantelleranno un pezzo alla volta, ma presto o tardi ci adegueremo al resto del mondo, e gli studi classici diventeranno appannaggio di pochi eletti (e il criterio non è intellettuale, ma economico)
Il classico, la buona scuola, cara Bruna, sarà riservata a chi avrà la possibilità, il potere di pagarne le alte rette.
p. s oggi 20 febbraio 2021
Solo chi potrà pagare molto denaro per studiare sul serio i classici della letteratura, della storiografia, della filosofia, e i maestri delle arti, seguiterà a coltivare la parola e il pensiero, il buon gusto e la facoltà critica.
Gli altri adoreranno la pubblicità, i consumi volgari e i luoghi comuni, i dogmi antipolitici imposti dal tiranno di turno e dai suoi servi.
Saluti gianni.
L’istruzione tecnica non deve penalizzare il liceo classico
“Draghi punta sull’istruzione tecnica” (“la Repubblica, 19 febbraio 2021, pagina 4).
Non vorrei che questa mira di Draghi , se la notizia data da Ilaria Venturi è vera, avesse come bersaglio negativo il liceo classico che mi ha formato e dove ho formato i giovani di Imola e di Bologna tra il 1975 e il 2010.
Da allora ad oggi ho continuato a informare e formare giovani e adulti basando sempre la mia paideia sui classici. Pure una scuola tecnica non deve trascurare l’educazione umanistica cioè letteraria, storica, religiosa, estetica ed etica.
E’ un avvertimento dato già da Platone contro un’ educazione esclusivamente prometeica, di quel Prometeo di Eschilo che si vanta dicendo :"pa'sai tevcnai brotoi'sin ejk Promhqevw" Prometeo incatenato, v. 507), tutte le tecniche ai mortali derivano da Prometeo.
Molti di questi presunti benefìci tecnologici del resto vengono smontati non solo da Platone ma da diversi altri autori: Sofocle, Orazio, Ovidio, Ariosto, Mary Shelley, Leopardi, Svevo, per nominarne solo alcuni.
Intanto mi limito a riferire il filosofo ateniese
Platone nel dialogo Protagora racconta che Prometeo per rimediare agli errori commessi dal fratello Epimeteo rubò la sapienza tecnica di Efesto e di Atena con il fuoco "th;n e[ntecnon sofivan su;n puriv" (321d), poiché era impossibile che questa sapienza venisse acquisita o impiegata da qualcuno senza il fuoco.
Così Prometeo rubò la tecnica dell'uso del fuoco ("th;n te e[mpuron tevcnhn", 321e) e la donò alla stirpe umana. Da questa provennero agli uomini le risorse necessarie per vivere ("eujporiva me;n ajnqrwvpw/ tou' bivou givgnetai"). Quindi l'uomo credette negli dèi, innalzò loro altari e statue, articolò con tecnica voci e parole, e inventò abitazioni, vesti, calzature, coperte e gli alimenti dalla terra ("kai; oijkhvsei" kai; ejsqh'ta" kai; uJpodevsei" kai; strwmna;" kai; ta;" ejk gh'" trofa;" hu{reto", 322a). Eppure gli uomini continuavano fare del male poiché non possedevano ancora l'arte politica ("politikh;n ga;r tevcnhn ou[pw ei\con", 322b) senza la quale commettevano ingiustizie reciproche ("hjdivkoun ajllhvlou""), e non potevano coesistere né sussistere. Allora Zeus, temendo l'estinzione della nostra specie, manda Ermes dagli uomini a portare rispetto e giustizia ("J Ermh'n pevmpei a[gonta eij" ajnqrwvpou" aijdw' te kai; divkhn", 322c) dopo avergli ordinato di distribuirli a tutti poiché non esisterebbero città se pochi uomini fossero partecipi di rispetto e giustizia. Quindi impose per legge che quanti rifiutassero questi valori venissero eliminati"wJ" novson povlew"", (322d) come malattia della città.
Nel Menesseno Platone chiarisce che non solo la tecnica ma anche scienza separata dalla giustizia può essere un sapere, ma non è sapienza:"pa'sav te ejpisthvmh cwrizomevnh dikaiosuvnh" kai; th'" a[llh" ajreth'" panourgiva, ouj sofiva faivnetai" (247), tutta la scienza separata dalla giustizia e dalle altre virtù, si vede che è malizia, non sapienza.
Bologna 19 febbraio 2021 ore 18, 25 giovanni ghiselli
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Cutolo e i rei confessi dell’assassinio di Moro trattati in maniera diversa
Cutolo è morto dopo il “record di detenzione (oltre mezzo secolo di carcere , di fatto in isolamento da 1982) già allora fiaccato da una serie di patologie” (“la Repubblica” 18 febbraio 2021, pagina 25, Conchita Sannino), mentre i rei confessi dell’uccisione di Aldo Moro e degli uomini della sua scorta sono stati scarcerati presto e hanno avuto diverse volte la ribalta televisiva per raccontare la versione del crimine probabilmente concordata con chi li ha contraccambiati con grossi sconti di pena.
“anche di Denise parla Cutolo. La figlia del 41 bis”, ottenuta cioè con .
l’inseminazione artificiale. “In carcere a Parma si lamentava del fatto che, allo scoccare dei 12 anni, non avrebbe più potuto abbracciarla: solo vederla attraverso il vetro” (Paolo Berizzi, ibidem)
I rei confessi del delitto Moro e sua scorta hanno potuto addirittura
farsi perdonare pubblicamente da una figlia dello statista assassinato.
Per quale ragione?
Perché, appunto i brigatisti hanno fornito il racconto concordato coprendo di sicuro i mandanti e probabilmente altri sicari.
Bologna 18 febbraio 2021 ore 17, 12
giovanni ghiselli
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Interpretazioni diverse delle parole.
E’ tornata l’ambiguità del significato delle parole che toviamo in Sofocle e in Pirandello.
Nell’ Antigone, per la ragazza eponima del dramma novmos designa il contrario di ciò che Creonte, nelle circostanze in cui è posto, chiama anche lui novvvmos.
Per Antigone il termine significa "norma religiosa"; per Creonte, "editto promulgato dal capo dello Stato".
L’ impossibilità di intendersi viene teorizzata da Pirandello nei Sei personaggi: "Ma se è tutto qui il male! Nelle parole! (…) come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valore delle cose come sono andate dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com'egli l'ha dentro! Crediamo d'intenderci; non ci intendiamo mai!"[46].
Luogo simile si trova nell'ultimo romanzo dell'Agrigentino, Uno, nessuno e centomila [47]: "il guajo è che voi, caro, non saprete mai, né io vi potrò mai comunicare come si traduca in me quello che voi mi dite. Non avete parlato turco, no. Abbiamo usato, io e voi la stessa lingua, le stesse parole. Ma che colpa abbiamo, io e voi, se le parole, per sé, sono vuote? Vuote, caro mio. E voi le riempite del senso vostro, nel dirmele; e io nell'accoglierle, inevitabilmente, le riempio del senso mio. Abbiamo creduto d'intenderci; non ci siamo intesi affatto" (p. 39).
Ora i decreti di chiusura delle piste da sci vengono presentati da alcuni come un tentativo di tutelare la salute di tutti impedendo la diffusione del vurus, altri invece lo denunciano come una prepotenza iniqua che di fatto getta nella disperazione e affama tanti imprenditori.
Questa oJmwnumiva, (ambiguità lessicale, senso equivoco) fa risaltare le linee conflittuali.
giovanni ghiselli
Vittorio Sgarbi contro Roberto Speranza
Ieri sera ho visto Sgarbi in un programma televisivo dove faceva una scena da dramma satiresco o da ilarotragedia dove si trovano parodie comiche dei grandi miti tragici. Una pupazzata indegna di un bravo critico d’arte già attempato.
Costui dopo avere inarcato le sopracciglia come due corna, agitava le mani e non avea membro che tenesse fermo, come volesse colpire il nemico scagliando massi da catapulte possenti. Nello stesso tempo gridava beceramente insulti contro il mite ministro Speranza dandogli dell’ ignorante oltre che del comunista, un complimento questo che, però, secondo il farsesco arciegoista Sgarbi è un altro insulto.
Mi è venuto in mente il dramma satiresco Ciclope di Euripide dove Polifemo dice che sacrifica le greggi a se stesso kai; th`/ megivsth/ gastri; th`/de daimovnwn (v. 335), e a questa pancia, la più grande tra le dèe. Devono piangere i legislatori che con le leggi hanno complicato la vita umana: “oi} de; tou;~ novmou~- e[qento poikivllonte~ ajnqrwvpwn bivon” (v. 338-339).
I decreti attuali se complicano la nostra vita cercano anche di tutelarla.
Io affermo che una vita complicata è preferibile alla morte per virus.
Bologna 16 febbraio 2021 ore 10, 55 giovanni ghiselli
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Temevo che quella Erinni, o Arpia o Megera che fosse, avrebbe risposto a qualsiasi approccio mio digrignando quei denti feroci, denti di chi azzanna senza capire nulla, quindi mi avrebbe colpito "Ci sono donne e antidonne" pensai.
Le necessarie chiusure.
Si è già alzata una furiosa canèa contro le chiusure necessarie. Costoro vigliono invece le chiusure dei porti a chi sta morendo nel mare. I latrati rabbiosi sono dunque rivolti soprattutto contro il ministro Speranza che, basandosi su pareri di medici e scienziati, lascia chiuse le piste da sci e quanto altro favorisce il contagio, poi contro la ministra Lamorgese che non vuole lasciare i naufraghi in balia delle onde e del gelo, cioè della morte. I suoi critici hanno l’impudenza di accusare di questo la ministra samaritana.
Il virus sta facendo centinaia di vittime ogni giorno da diversi mesi. I contagi quotidiani non sono quasi mai inferiori a diecimila.
La pretesa della riapertura deve avere meno credito della volontà di sopravvivere che ci accomuna tutti, anzi ogni pretesa favorevole ai contagi deve avere meno forza del nulla.
L’Europa ci ha dato molto denaro e molto altro può essere raccolto con la tassa patrimoniale. Con questi fondi vanno aiutati quelli che non possono pagare l’affitto, il riscaldamento e addirittura hanno fame.
Esca dal governo chi non approva tale difesa della salute e della vita.
giovanni ghiselli
Chi sono gli eterni nemici della cultura
Dobbiamo rieducare gli eterni nemici della cultura già raffigurati nei centauri che violentano le donne nel frontone occidentale del Maestro di Olimpia, nei giganti delle metope del Partenone e del fregio dell’altare di Pergamo, poi, via via, identificabili nei portatori del Caos avido di confondere tutto.
Quelli che parlano maltrattando le lingue, pronunciando male le parole, ignorandone il significato vero, travisandole.
Quelli che simulano in continuazione. Quelli che ci tormentano con ogni genere di pubblicità, a tutte le ore, per spingerci a comprare quanto non ci serve, ad ascoltare quanto ci annoia, a sprecare il breve tempo della vita, perdendo quello prezioso che ci renderebbe migliori. Quelli che sottraggono a se stessi e agli altri la visione della natura e dell’umanità maneggiando senza tregua e chiamando a maneggiare la “scelerata e brutta invenzione”, l’ ”abominoso ordigno”[48] che è diventato il cellulare dopo che intere generazioni private di una scuola seria e di buoni libri hanno subito diverse lobotomie
giovanni ghiselli
Nota
[1] Paole usate da Ludovico Ariosto per esecrare le armi da fuoco (Orlando furioso, IX, 91, 1-4
Lettera a Mario Draghi e pure a Matteo Salvini
Per quanto riguarda il “realismo politico” rivendicato da tanti, io da un dirigente scolastico o della nazione mi sono sempre aspettato almeno un po’ di idealismo associato al necessario realismo. Decenni fa in alcuni potevo trovarlo ancora. Ora in pochissimi. Ma non dispero
Vedremo Mario Draghi. Per incoraggiarlo all’idealismo, ossia a ciò che non è immediatamente associato al kevrdo", cioè al lucro e al profitto, cito alcune parole dette da Diotima, la professoressa dell’amore nel Simposio, dialogo di Platone sull’amore. Dato che oggi è san Valentino, l’amore ci sta.
" oJ me;n peri; ta; toiau'ta sofo;" daimovnio" ajnhvr, oJ dev, a[llo ti sofo;" w[n, h] peri; tevcna" h] ceirourgiva" tinav", bavnauso"" (203a), chi è sapiente in tali rapporti[49] è un uomo demonico, quello invece che si intende di qualcos'altro, o di tecniche o di certi mestieri, è un facchino.
Nel Menesseno Platone chiarisce il disvalore non solo delle tevcnai ma anche della scienza separata dalla giustizia:"pa'sav te ejpisthvmh cwrizomevnh dikaiosuvnh" kai; th'" a[llh" ajreth'" panourgiva, ouj sofiva faivnetai" (247), tutta la scienza separata dalla giustizia e dalle altre virtù, si vede che è malizia, non sapienza.
Un grande divario dalla giustizia l’ho avvertito oggi in alcune parole dette da Matteo Salvini nella trasmissione domenicale della Nunziata quando ha manifestato la sua avversione alla tassa patrimoniale e la sua volontà di flat tax, la tassa piatta, uguale per tutti. Invero si tratta di stendere sul duro pavimento chi ha di meno e di favorire di grandi capitali.
Un lovgo" davvero a[diko"
“Perché non c’è nulla che sia ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali” Scuola di barbiana. Lettera a una professoressa (p. 55).
Io non possiedo capitali ma quello che ho mi avanza perché sono assai temperato e parco. Dunque sono disposto a dividere il poco che ho con chi ha meno di me.
Bologna 14 febbraio 2021, ore 16, 55.
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Lettera a Mario Draghi e pure a Matteo Salvini
Per quanto riguarda il “realismo politico” rivendicato da tanti, io da un dirigente scolastico o della nazione mi sono sempre aspettato almeno un po’ di idealismo associato al necessario realismo. Decenni fa in alcuni potevo trovarlo ancora. Ora in pochissimi. Ma non dispero
Vedremo Mario Draghi. Per incoraggiarlo all’idealismo, ossia a ciò che non è immediatamente associato al kevrdo", cioè al lucro e al profitto, cito alcune parole dette da Diotima, la professoressa dell’amore nel Simposio, dialogo di Platone sull’amore. Dato che oggi è san Valentino, l’amore ci sta.
" oJ me;n peri; ta; toiau'ta sofo;" daimovnio" ajnhvr, oJ dev, a[llo ti sofo;" w[n, h] peri; tevcna" h] ceirourgiva" tinav", bavnauso"" (203a), chi è sapiente in tali rapporti[50] è un uomo demonico, quello invece che si intende di qualcos'altro, o di tecniche o di certi mestieri, è un facchino.
Nel Menesseno Platone chiarisce il disvalore non solo delle tevcnai ma anche della scienza separata dalla giustizia:"pa'sav te ejpisthvmh cwrizomevnh dikaiosuvnh" kai; th'" a[llh" ajreth'" panourgiva, ouj sofiva faivnetai" (247), tutta la scienza separata dalla giustizia e dalle altre virtù, si vede che è malizia, non sapienza.
Un grande divario dalla giustizia l’ho avvertito oggi in alcune parole dette da Matteo Salvini nella trasmissione domenicale della Nunziata quando ha manifestato la sua avversione alla tassa patrimoniale e la sua volontà di flat tax, la tassa piatta, uguale per tutti. Invero si tratta di stendere sul duro pavimento chi ha di meno e di favorire di grandi capitali.
Un lovgo" davvero a[diko"
“Perché non c’è nulla che sia ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali” Scuola di barbiana. Lettera a una professoressa (p. 55).
Io non possiedo capitali ma quello che ho mi avanza perché sono assai temperato e parco. Dunque sono disposto a dividere il poco che ho con chi ha meno di me.
Bologna 14 febbraio 2021, ore 16, 55.
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Nota
1Quelli tra gli uomini e gli dèi.
Nota
1Quelli tra gli uomini e gli dèi.
La cultura contribuisce all’economia in maniera determinante
Ora che abbiamo un governo pragmatico con grande disponibilità di denaro dobbiamo guardarci da quello "sviluppo" quale "fatto pragmatico ed economico" senza "progresso" come "nozione ideale" di cui parla P. P. Pasolini negli Scritti corsari (p.220).
Un ingrassamento senza grandezza, anzi esposto alle peggiori malattie, denunciato già da Platone nel Gorgia dove Socrate mette in guardia i cittadini ateniesi nei confronti dei politici al potere, pure quelli dai grandi nomi molto elogiati come Temistocle, Cimone e Pericle, i quali “hanno gonfiato di marciume la città: infatti senza preoccuparsi della temperanza e della giustizia (a[neu ga;r swfrosuvnh" kai; dikaiosuvnh") l’ hanno riempita di porti, di arsenali, di mura, di contributi e di altre sciocchezze del genere (toiouvtwn fluariw'n ejmpeplhvkasi th;n povlin, 519a).
Torno a citare Pasolini: "L'interpretazione puramente pragmatica (senza Carità) delle azione umane deriva in conclusione da questa assenza di cultura: o perlomeno da questa cultura puramente formale e pratica"[51].
In conclusione: il pragmatismo, ora quello dei banchieri al governo, deve associarsi alla cultura. Del resto alcuni di loro hanno studiato nei licei classici e immagino che almeni i più accorti e meglio preparati sappiano che la cultura contribuisce all’economia in modo deteminante.
giovanni ghiselli
Il pragmatismo
Il pragmatismo spesso è inconciliabile con la carità, talora anche con la cultura. Eppure senza la prospettiva della carità e della cultura la vita dell’uomo è mutilata, è priva di felicità, addirittura di umanità.
Ogni altra scienza è dannosa a colui che non ha la scienza della bontà (…) Il profitto del nostro studio è esserne divenuto migliore e più saggio"[52].
" Sostengo che non vi è profonda felicità senza morale profonda"[53].
giovanni ghiselli
[54][1]Montaigne, Saggi , p. 185 e p. 199.
[55][2]R. Musil, L'uomo senza qualità , p. 846.
La dichiarazione di paura nei confronti della donna in tre autori
Eschilo, Verga e Shakespeare.
Clitennestra, la madre assassinata, aizza le Erinni sue vendicatrici contro il figlio matricida : "tu soffiandogli contro un fiato sanguinante, emaciandolo con l’alito, con il fuoco del ventre (nhduvo~ puriv), incalzalo, consumalo con un secondo inseguimento" (Eschilo, Eumenidi, vv.137-139).
Il fuoco del ventre rappresenta la paura del sesso della donna.
Vengono in mente le varie lupe, culminanti in quella di Verga:"Al villaggio la chiamavano la Lupa perché non era sazia giammai di nulla. Le donne si facevano la croce quando la vedevano passare, sola come una cagnaccia[56], con quell'andare randagio e sospettoso della lupa affamata; ella si spolpava i loro figliuoli e i loro mariti in un batter d'occhio, con le sue labbra rosse, e se li tirava dietro alla gonnella solamente a guardarli con quegli occhi da satanasso"(La Lupa ).
Nel Re Lear , the lunatic king protagonista eponimo della tragedia dice : “Guardate quella signora che sorride in modo affettato, la cui faccia fa presagire neve dove il corpo si biforca (whose face betwen her forks presages snow), che affètta virtù e scuote il capo a sentir nominare il piacere; la puzzola e il cavallo nutrito d'erba fresca non vanno alla lussuria con un appetito più sfrenato (with a more riotous appetite). Sotto la vita esse sono centauri (down from the waist they are centaurs), sebbene donne nella parte superiore (though women all above); solo fino alla cintola esse sono eredi degli dèi; sotto è tutta del demonio: lì c'è l'inferno, lì ci sono le tenebre, lì c'è la fossa solforosa che brucia (there is the sulphurous pit burning), che scotta, c'è il fetore, c'è la consunzione" ( IV, 6)
giovanni ghiselli
La lotta tra i generi
Una menzogna giornalistica e una tragedia di Eschilo
Questo post è presente nel blog con molte note esplicative
Leggo nella prima pagina del quotidiano “la Repubblica” di oggi 11 febbraio 2021.
“E’ tutta Italia, ormai, piena di compagni, mariti, ex che picchiano con ferocia, talvolta riescono anche a occidere e quindi affrontano la galera sicuri di avere fatto la cosa giusta.” La firma è di Brunella Giovara.
Queste parole non solo istigano all’odio delle femmine contro i masci ma sono false. L’Italia non è “piena” di uomini di ogni categoria, tranne i consanguinei, che maltrattano e addirittura uccidono le donne.
Per prima cosa quei maschi criminali che pure ci sono non costituiscono la maggioranza di noi italiani, poi quei delinquenti non sono uomini ma belve feroci e bisognerebbe insegnare alla femmine umane, fin da bambine, a evitarli fin dal primo cenno di violenza: deve bastare una parola irriguardosa per evitare tale canaglia.
Propongo che vengano messi al bando tali articoli diffamatori non solo degli uomini rispettosi delle donne, ma anche delle donne che vanno d’accordo con gli uomini.
Ci siamo scambiati aiuto, talora perfino gioia e dobbiamo subire tale denigrazione di tutta la specie umana?
Eschilo ha raccontato in termini meno irrealistici la collisione tra i sessi che c’è sempre stata. e sempre ci sarà, ma può e deve portare alla conciliazione per la sopravvivenza stessa della nostra specie. Ascrivo chi fomenta l’odio tra donne e uomini tra gli assassini della specie umana.
Leggiamo dunque alcuni versi della tragedia le Supplici
( jIketivde") di Eschilo.
Le Supplici sono le cinquanta figlie di Danao le quali, aujtogenei' fuxanoriva/ (v.8), per connaturata avversione all'uomo, fuggono accompagnate dal padre, volendo evitare le aborrite nozze con i cinquanta cugini figli di Egitto i quali le inseguono.
Le fanciulle, giunte ad Argo, invocano la protezione del re del luogo Pelasgo, siccome sono di origine argiva: discendono infatti da quella Iò, figlia del re di Argo Inaco, che era stata resa demente e trasfigurata in una mucca[57] assillata da un tafano in conseguenza dell'amore di Zeus e della gelosia di Era.
Una storia raccontata nel Prometeo incatenato.
Queste odiatrici delle nozze vedono nei cugini pretendenti uno sciame violento, pieno di maschi ( ajrsenoplhqh' d j-eJsmo;n uJbristhvn, vv. 30-31) lanciato al loro inseguimento.
Le cinquanta femmine costituiscono una folla impaurita, giunta ad Argo con rami avvolti in bende di lana[58] (ejriostevptoisi klavdoisin, v. 23).
Esse chiedono l'aiuto dell’ antenato, Epafo, il divino torello oltremarino (Supplici, vv.41-42) nato in Egitto dal tocco[59] di Zeus alla giovenca che si pasceva di fiori. Un semidio teriomorfo, identificabile, forse, con il dio-toro egiziano Api.
Il matrimonio per le Danaidi è sinonimo di orrori [60]: le fanciulle in preda al terrore assimilano la loro voce a quella di Procne, la sposa di Tereo (v. 61) trasformata in usignolo dopo che ebbe ucciso il figlio Iti per punire il marito il quale le aveva violentato la sorella Filomela. Tereo fu a sua volta mutato in upupa, e la cognata, così barbaramente stuprata, in rondine. Questo mito raccapricciante, raccontato o richiamato da diversi autori in varie altre versioni[61] è emblematico per significare l'orrore di un matrimonio andato a male.
Sono ricorrenti i paragoni con gli uccelli: nel primo episodio Danao, il padre delle ragazze, assimila i maschi inseguitori a falchi, "stirpi di nemici consanguinei e profanatori" (vv. 225), mentre le figlie fuggiasche sembrano colombe atterrite. Viene ripetuto il motivo dell'inimicizia mortale tra gli uomini e le donne che pure appartengono alla stessa specie.
Un odio empio, nota subito Eschilo:"come può restare puro l'uccello che divora un uccello fatto a pezzi ?" (o[rniqo" o[rni" pw`" a}n aJgneuvoi fagwvn; v. 226). Traduco “fatto a pezzi” siccome o[rniqo" è un gentivo partitivo in poliptoto.
Nel Prometeo Incatenato [62] l'aborrimento delle Danaidi per gli sposi è profetizzato da Prometeo che prevede alla loro antenata Iò, la ragazza-giovenca demente, l'assassinio di quarantanove dei mariti da parte di quarantanove sorelle e la lodevole eccezione di Ipermestra la quale risparmierà Linceo:"una delle fanciulle il desiderio sedurrà a non ammazzare lo sposo, e le si smusserà il proposito[63], tra i due mali preferirà avere fama di debole che di assassina"( vv. 865-868).
giovanni ghiselli
p.s
Riconosco l’indulgenza generosa della cronista che non ha menzionato i figli maschi i quali ammazzano la madre e il padre. Ma qui non c’entra il rapporto sessuale tra carnefice e vittime. Ecco perché
Ancora sulla disciplina: quella di Mario Draghi.
Il governo che si sta formando è proprio ibrido.
"Nella mitologia greca la figura ibrida è, in generale, un contrassegno di appartenenza a un mondo primitivo"[64].
Non credo che Mario Draghi sia dalla parte dei non abbienti, che sia un amico della classe che mi sta a cuore, ma riconosco che è una persona per lo meno rispettabile: mi sembra che incarni serietà e disciplina. Credo che terrà in pugno il gruppo incongruo dei suoi sostenitori e darà ordine al mucchio come Psiche nel romanzo di Apuleio. La prima prova impsta da Venere fu quella di mettere ordine in una confusa congerie di semi. Discerne seminum istorum passivam congeriem (Metamorfosi, VI, 10). Dovè dimostrare capacità di discernimento. Un mucchio caotico di semi significa confusione .
La bellissima fanciulla venne aiutata da una formicula ruricola (formichina campagnola) che ne chiamò altre.
Pure Draghi avrà i suoi aiutanti. Sono certo che non sceglierà nessuno dei fanfaroni che abbiamo visto salire cerretani alla ribalta negli ultimi tempi.
In ogni caso preferisco un probabile avversario politico latore di serietà e disciplina a uno che dice di essermi “compagno”, poi perde e fa perdere tempo con le ciance vane, inconcludenti di cui è vago (e di virtù nemico per dirla con Leopardi).
Sono in attesa di vedere in quale verso e direzione, insomma a favore di chi, il nuovo capo di governo vorrà impiegare le capacità che sicuramente non gli mancano.
Spero che mentre governa soprattutto in favore della classe abbiente che gli sta a cuore, cosa molto probabile, non pochi dei benefici da lui imbastiti ridondino in favore pure della classe dei lavoratori malpagati che stanno a cuore a me.
Bologna 11 febbraio 2021 ore 11, 54 giovanni ghiselli
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La disciplina
La disciplina quale madre di salvezza viene indicata al coro di fanciulle tebane da Eteocle :"peiqarciva ga;r ejsti th'" eujpraxiva"-mhvthr" ( Eschilo, Sette a Tebe , 225) la disciplina infatti è madre del successo.
Altrettanto dice Creonte nell’Antigone di Sofocle:
"Non c'è male più grande dell'anarchia./Essa manda in rovina le città, questa ribalta/le famiglie, questa nella battaglia spezza/ le schiere dell'esercito in fuga; invece le molte vite /di quelli che vincono, le salva la disciplina" tw`n ojrqoumevnwn- swv/zei ta; polla; swvmaq jhJ peiqarciva v. 672-675.-
La disciplina dura forma caratteri forti: il re spartano Archidamo nelle Storie di Tucidide sostiene gli uomini, i quali non sono poi tanto differenti tra loro, vengono distinti dalla severa disciplina che rende più forte chi è stato educato nelle massime difficoltà:"poluv te diafevrein ouj dei' nomivzein a[nqrwpon ajnqrwvpou, kravtiston de; ei'jnai oJvsti" ejn toi'" ajnagkaiotavtoi" paideuvetai"(I, 84, 4).
Concorda con questa affermazione del re spartano quanto scrive Nietzsche nell' Epistolario in data 14 aprile 1887:" Non c'è nulla infatti che irriti tanto le persone quanto il lasciare scorgere che noi seguiamo inesorabilmente una rigida disciplina di cui loro non si senton capaci"(p. 262). La disciplina che rafforza dunque è positiva; negativa è quella che uccide o paralizza.
L'idea che la disciplina salvi molte vite, soprattutto in guerra, si trova Tito Livio il quale la attribuisce, in ambito militare appunto, a Tito Manlio Torquato. Questo console durante la guerra contro i Latini (340-338 a. C.) condannò a morte il figlio che aveva osato combattere contro il suo ordine, di capo e di padre, dopo averlo accusato in questo modo:"tu, T. Manli, neque imperium consulare neque maiestatem patriam veritus, adversus edictum nostrum extra ordinem in hostem pugnasti, et,quantum in te fuit, disciplinam militarem, qua stetit ad hanc diem Romana res solvisti " (VIII, 7) tu, Tito Manlio, senza riguardo per il comando dei consoli e per l'autorità paterna, hai combattuto il nemico contro le nostre disposizioni, fuori dallo schieramento, e, per quanto è dipeso da te, hai dissolto la disciplina militare, sulla quale sino ad ora si è fondata la potenza romana.
Più avanti, durante la seconda guerra sannitica (326-304), il dittatore Lucio Papirio si trova a dover affrontare un fatto analogo: il maestro della cavalleria Fabio aveva attaccato e sconfitto i nemici contro un suo ordine, e, quando il caso fu portato a Roma, su richiesta del condannato appellatosi al popolo, disse: "polluta semel militari disciplina non miles centurionis, non centurio tribuni, non tribunus legati, non legatus consulis, non magister equitum dictatoris pareat imperio, nemo hominum, nemo deorum verecundiam habeat.."(VIII, 34), una volta corrotta la disciplina militare, il soldato non obbedirebbe all'autorità del centurione, il centurione a quella del tribuno, il tribuno al luogotenente, questo al console, il maestro di cavalleria agli ordini del dittatore, nessuno avrebbe più rispetto degli uomini, nessuno degli dei.
Questa volta tuttavia fu trovata una scappatoia: il popolo e i tribuni della plebe chiesero la grazia supplicando, e il dittatore la concesse senza perciò assolvere il reo:"Non noxae eximitur Q. Fabius, qui contra edictum imperatoris pugnavit, sed noxae damnatus donatur populo Romano, donatur tribuniciae potestati precarium non iustum auxilium ferenti " (VIII, 35), non è sottratto alla colpa Quinto Fabio, che ha combattuto contro l'ordine del comandante, ma condannato per la colpa, deve il perdono alle preghiere del popolo romano, deve il perdono alla potestà tribunizia che gli porta un aiuto di preghiere, non di diritti.
Sentiamo Tacito. Petilio Ceriale parlando nel 69 ai popoli della Gallia belgica e celtica pone la disciplina tra C’è la tesi politica e spirituale della dominazione romana.
Devono impedire l’avanzata di un nuovo Ariovisto.
I Romani ai Galli hanno imposto iure victoriae, per diritto di vittoria, solo ciò che è necessario a mantenere la pace. Nam neque quies gentium sine armis, neque arma sine stipendiis, neque stipendia sine tributis haberi queunt (Hist. IV, 74). Se arriveranno Britanni o Germani, i tributi aumenteranno.
Cacciati i Romani (quod di prohibeant) rimarrebbe solo una guerra universale. Octingentorum annorum fortuna disciplinaque compages haec coaluit: quae convelli sine exitio convellentium non potest”, questa mole si è consolidata con la fortuna e la disciplina di ottocento anni ed essa non può essere abbattuta senza rovina di chi la abbatte.
Abbiamo sbagliato nel 1968 a sottovalutare la disciplina nell’educazione scolastica, a pretendere addirittura che venisse abolita. Peggio ancora i movimenti fricchettoni del 1977.
Senza una dura disciplina si rimane dei chiacchieroni inconcludenti, dei buffoni, e si diventa perfino obesi.
giovanni ghiselli
L’ereditarietà della colpa. La donna e la terra
Eteocle nei Sette a Tebe non è personalmente colpevole ma deve pagare per :"la trasgressione antica/dalla rapida pena/che rimane fino alla terza generazione:/quando Laio faceva violenza/ad Apollo che diceva tre volte,/negli oracoli Pitici dell'ombelico/del mondo, di salvare la città/morendo senza prole;/ma quello vinto dalla sua dissennatezza/generò il destino per sé,/Edipo parricida,/quello che osò seminare/la sacra terra arata della madre, dal quale nacque/radice insanguinata,/e fu la pazzia a unire/gli sposi dementi"(vv.742-757).
Il Coro dell ’Antigone di Sofocle deplora la catastrofe della ragazza con queste parole: "Avanzando verso l'estremità dell'audacia,/hai urtato , contro l'eccelso trono della Giustizia,/creatura, con grave caduta,/ del resto sconti una colpa del padre" (vv. 853-856).
La donna e la terra. Una valutazione limitativa della donna
Confuto questa valutazione con degli argomenti e non dico come certune o certuni che i loro libri vanno buciati e gli autori impiccati in effigie o per lo meno censurati. Il maschilismo va combattuto conoscendone le radici anche culturali.
Una volta una cretina mi biasimò pubblicamente perché non avevo detto che non bisogna violentare le donne. Mi sembra una cosa così evidente in quuanto racconto che non ho bisogno di dirlo. E’ la premessa e la conclusione dei miei discorsi.
“La sacra terra arata della madre”, ossia in questo contesto il ventre di Giocasta, seminato dal marito Laio poi dal figlio Edipo è una metafora agricola piuttosto diffusa.
J. J. Bachofen, l'autore di Das Mutterrecht, vede nel diritto materno quello fisico, e nel paterno il metafisico, in quanto "la donna è la terra stessa. La donna è il principio materiale, l'uomo è il principio spirituale (...) Platone nel Menesseno (238a) dice-non è la terra a imitare la donna, ma la donna a imitare la terra-"(trad. it. ,antologica, Il potere femminile, pp.76-77).
Del resto non bisogna dimenticare che, se nel dialogo platonico citato dallo studioso svizzero, Platone precisamente scrive:"ouj ga;r gh' gunai'ka memivmhtai kuhvsei kai; gennhvsei ajlla; gunh; gh'n (non è la terra che ha imitato la donna nella gravidanza e nel parto, ma la donna la terra) ;; nel Menone il filosofo ateniese afferma che tutta la natura è imparentata con se stessa(th'" fuvsew" aJpavsh" suggenou'" ou[sh" , 81d,), e, dunque, anche l'uomo è stretto parente della grande madre.
Mircea Eliade nel suo Trattato di storia delle religioni scrive:"L'assimilazione fra donna e solco arato, atto generatore e lavoro agricolo, è intuizione arcaica e molto diffusa"(p. 265). A sostegno di questa affermazione cita diversi testi, tra i quali l'Edipo re ( "pw'" poq aiJ patrw'/aiv s j a[loke" fevrein, tavla", si'g j ejdunavqhsan ej" tosonde;", vv. 1211-1213, come mai i solchi paterni- ossia già seminati dal padre- poterono, infelice, sopportarti fino a tanto in silenzio?), e le Trachinie (vv.30 e sgg.) dove Deianira lamenta l'assenteismo coniugale di Eracle il quale, come eroe, è impegnatissimo, ma come marito si comporta alla pari di un colono che, avendo preso un campo lontano, va a vederlo solo quando semina e miete, ossia un paio di volte all'anno. Per quanto riguarda l'identificazione più precisa della donna con il solco, Eliade cita il Codice di Manu (IX,33) dove sta scritto:"La donna può essere considerata come un campo; il maschio come il seme", e un proverbio finlandese che fa:"Le ragazze hanno il campo nel loro corpo". A queste testimonianze possono essere aggiunte altre, antiche e moderne, per mostrare quanto tale idea sia davvero diffusa nella mente umana, soprattutto in quella maschile.
giovanni ghiselli
Maschilismo e femminismo.
Martedì prossimo, 16 febbraio, sarà la volta del vero o presunto antifemminismo degli autori greci.
Ieri ho iniziato il corso sulla tragedia. Ho parlato solo per un’ora e 35 minuti perdendone almeno 30 perché è saltato l’audio. Avviso i miei corsisti che la prossima volta, se vorranno restare, restituirò loro il tempo rubato dal difetto dell’apparecchio e dalla mia incapacità tecnologica. Ho provato a rimediare ma non avevo ricevuto istruzioni contro tale accidente.
Martedì dunque concluderò la parte introduttiva sul genere drammatico, quindi passerò a Eschilo.
Gli argomenti di un paio di lezioni saranno questi
Le Supplici di Eschilo e la guerra tra i sessi. Pelasgo è il monarca che lascia decidere al popolo di Argo. Attualizzazione del mito.
I Sette a Tebe. L’ereditarietà delle colpe e l’antifemminismo di Eteocle.
Il Titano protagonista del Prometeo incatenato è il presunto benefattore tecnologico che ha presofferto tutto.
Serse, il grande re dei Persiani è un despota.
Il codice tripartito delle Supplici e delle Eumenidi.
Eschilo tende al compromesso e alla conciliazione.
Il compromesso delle Eumenidi è in realtà una vittoria del patriarcato.
Eschilo personaggio delle Rane di Aristofane.
Non so se riuscirò ad arrivate al Prometeo incatenato in due ore e 25 minuti. Oltre non potrò rimanere perché mi dicono che alle 20, 30 suona un allarme.
Conclusa l’introduzione generale, presenterò dunque i Sette a Tebe con i temi della ereditarietà delle colpe e delll’antifemminismo di Eteocle il quale afferma “compito della donna è tacere e restare in casa”.
Vedremo altri testi contrari alla parità tra donne e uomini.
Questa sottovalutazione dell’uno o dell’altro genere è il razzismo più odioso ed è proclamato come naturale dai cretini maschilisti e dalle femministe cretine. Non tutte lo sono invero.
Le più stupide, assuefatte e asservite a questa moda razzista, ultimamente sbandierano come un trionfo del proprio sesso la prevalenza e la preponderanza delle donne nei posti di potere. Non tengono conto che tali luoghi sono spesso avvelenati da miasmi morali e occupati da persone poco buone, poco colte e talora pure triviali.
Molti e molte vi vengono cooptati da altri già insediati che vogliono estendere il loro potere attraverso i clienti cui hanno favorito l’accesso.
Certo non sono mancate e non mancano donne e uomini di valore nel parlamentto. Ma è di valore che si deve parlare ed è il valore che dobbiamo apprezzare, non il genere, non il colore della pelle o il luogo di nascita. Sono il cuore e il cervello a mostrare il valore, ossia la parola, la generosità, la capacità della persona, non, eufemisticamente parlando, gli organi sessuali femminili o maschili.
Una volta gli uomini più disgraziati rozzi e disgustosi si vantavano di frequentare i lupanari e le lupe ed esibivano come trofei tali sordide frequentazioni.
Dunque l’antifemminismo di autori che vanno da Esiodo a Cesare Pavese ci faranno discutere. Opporrò loro le antigoni e altre donne che per amore dell’umanità si sono opposte al potere cui avrebbero potuto partecipare.
Bologna 10 febbraio 2021 ore 18, 19 giovanni ghiselli
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Eschilo
Argomenti
Vita di Eschilo. I Sette a Tebe.
Ambientalismo e capitalismo
Una politica che voglia salvare l’ambiente non è compatibile con il capitalismo oligarchico che vuole incrementare sempre più il profitto di pochi, gli olígoi al potere appunto. Questo non possono dire i finti ambientalisti cui gli olígoi lanciano gli avanzi dei loro banchetti. Ma qualcuno deve scriverlo, e dirlo, se pure lo faranno parlare.
Intanto lo scrivo per quanti mi leggono. Non siamo pochi
Bologna 8 febbaio 2021, ore 22, 35 giovanni ghiselli
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L’ibrido che si sta assambrando intorno a Mario Draghi
Il corteo ibrido del mago Mario Draghi (cfr. Benozzo Gozzoli)
Gli esseri biologici iniziano con un’aggregazione casuale di parti
L’Odio prima disgrega lo sfero, poi il cosmo. L’amore ricostituisce il cosmo e lo Sfero
La circoncisione del cuore.
Secondo Freud, Mosè era un Egizio seguace della religione del dio sole introdotta dal faraone eretico Amenofi IV negli anni intorno al 1350 a. C.
“Vorrei adesso arrischiare una conclusione: se Mosè fu Egizio e se egli trasmise agli Ebrei la propria religione, questa fu la religione di Ekhanatòn, la religione di Atòn”[65].
Freud cerca di avallare questa tesi con vari indizi : entrambe le religioni “sono forme di rigido monoteismo”; inoltre “l’assenza nella religione ebraica di una dottrina concernente l’aldilà e la vita ultraterrena, che pure, sarebbe stata compatibile col più rigoroso monoteismo” corrisponde al rifiuto di tale presenza anche nella religione di Ekhnatòn che “aveva bisogno di combattere la religione popolare nella quale il dio dei morti Osiride aveva forse una parte maggiore di quella di ogni altro dio del mondo superiore”. Terzo indizio: Mosè introdusse presso gli Ebrei “la consuetudine della circoncisione”
Più avanti (Terzo saggio, p. 439) Freud ne dà un’interpretazione: “La circoncisione è il sostitutivo simbolico dell’evirazione, che un tempo il padre primigenio nella pienezza del suo potere assoluto aveva inflitto ai figli; chi accettava questo simbolo, mostrava con ciò di essere pronto a sottomettersi al volere del padre se questi gli imponeva il sacrificio più doloroso”.
Ebbene: “Erodoto, il “padre della storia”, ci informa che la consuetudine della circoncisione era da lungo tempo familiare in Egitto”.
Erodoto scrive: “ei[mata de; livnea forevousi aijei; neovpluta, ejpithdeuovnte" tou`to mavlista. Tav te aijdoi`a peritavmnontai” Storie, II, 37, 2), portano vesti di lino sempre lavate da poco, curando questo in massimo grado. Le parti sessuali le circoncidono.
Dunque Mosè “non era ebreo ma egizio, e allora la religione mosaica fu probabilmente una religione egizia”[66].
Paolo di Tarso cerca di spiritualizzare la pratica della circoncisione interioizzandola: “Non enim qui in manifesto Iudaeus est , neque quae in manifesto , in carne, est cicumcisio (oujde; hJ ejn tw`/ fanerw`/ ejn sarki; peritomhv), sed qui in abscondito Iudaeus est , et circumcisio cordis in spiritu, non littera (kai; peritomh; kardiva" ejn pneuvmati ouj gravmmati); cuius laus non ex hominibus, sed ex deo est” (Lettera ai Romani, 2, 28-29)
giovanni ghiselli
Secondo Freud Mosè era un Egiziano seguace della religione voluta da Amenofi IV a introdurre presso gli Ebrei il monoteismo “la consuetudine della circoncisione”[67][68]. Ebbene: “Erodoto, il “padre della storia”, ci informa che la consuetudine della circoncisione era da lungo tempo familiare in Egitto”.
Erodoto scrive: “ei[mata de; livnea forevousi aijei; neovpluta, ejpithdeuovnte" tou`to mavlista. Tav te aijdoi`a peritavmnontai” Storie, II, 37, 2), portano vesti di lino sempre lavate da poco, curando questo in massimo grado. Le parti sessuali le circoncidono.
Dunque Mosè “non era ebreo ma egizio, e allora la religione mosaica fu probabilmente una religione egizia”[69].
Brutalità delle orde e delle masse sottomesse ai tiranni.
Secondo Freud, nei tempi primordiali, dopo la fase dell’uccisione o l’espulsione dei fgli da parte del padre tiranno, un maschio robusto che era “signore e padrone di tutta l’orda” e “tutte le femmine erano di sua proprietà”, giunse il tempo della vendetta quando i figli espulsi tornarono e uccisero il padre padrone.
“Al parricidio seguirono le lotte per l’eredità paterna, poi “persuasisi dei pericoli e dell’infruttuosità di queste lotte” i fratelli addivennero “a una sorta di contratto sociale. Nacque così la prima forma di organizzazione sociale, con la rinuncia pulsionale, il riconoscimento di obbligazioni reciproche, la fondazione di determinate istituzioni dichiarate inviolabili (sacre), dunque gli inizi della morale e del diritto. Il singolo rinunciò all’ideale di acquisire per sé la posizione del padre, rinunciò al possesso della madre e delle sorelle. Di qui il tabù dell’incesto e l’imposizione dell’esogamia”.
Terzo saggio di L’uomo Mosè e la religione monoteistica[70].
Sono passati parecchi millenni da quel “contratto sociale” che pose un limite a tanta brutalità. Quando sarà tempo di proibire le brutalità ancora presenti: lo sfruttamento, il maltrattamento e la schiavizzazione dell’uomo da parte di altri uomini dimentichi dell’umanità, la loro e quella degli altri?
Sarebbe già tempo ma temo che se Draghi formerà un governo con politici che hanno gà dato prova di ferocia nei confronti dei diseredati, ultimi della terra dovremo aspettare un altro bel po’.
Nota
[1] In Freud, Opere, 1930-1938. Trad. it. Boringhieri, Torino, 1979, p. 403
E’ l’ultimo scritto di Freud, insieme con il Compendio di psicoanalisi del resto incompiuto. Uscirono entrambi nel 1938.
Bologna 7 febbraio 2021 ore 10, 25 giovanni ghiselli
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i fratelli addivennero
un contratto sociale impose la rinuncia pulsionale al possesso della
Nel terzo saggio di L’uomo Mosè e la religione monoteistica[71], Freud richiama alcune affermazioni di Totem e tabù (1912-1913): “La mia costruzione si fonda su un asserto di Charles Darwin e comprende una congiuntura di Atkinson[72]. Essa dice che in tempi primitivi l’uomo primigenio viveva in piccole orde (…) Il maschio robusto era signore e padrone di tutta l’orda, il suo potere, che esercitava con violenza, non aveva limiti. Tutte le femmine erano sua proprietà, sia le donne e le figlie della sua orda, sia forse quelle rapite ad altre orde. Il destino dei figli era crudele; quando essi suscitavano la gelosia del padre, venivano trucidati o evirati o espulsi”[73]. Gli espulsi formarono altre orde. I più piccoli restarono nella prima orda, protetti dalla madre prima, poi cercando di succedere al padre. Successivamente quelli scacciati unirono le loro forze “per sopraffare il padre e, secondo il costume di quei tempi, lo divorarono crudo”[74]. Al parricidio seguirono le lotte per l’eredità paterna, poi “persuasisi dei pericoli e dell’infruttuosità di queste lotte” i fratelli addivennero “a una sorta di contratto sociale. Nacque così la prima forma di organizzazione sociale, con la rinuncia pulsionale, il riconoscimento di obbligazioni reciproche, la fondazione di determinate istituzioni dichiarate inviolabili (sacre), dunque gli inizi della morale e del diritto. Il singolo rinunciò all’ideale di acquisire per sé la posizione del padre, rinunciò al possesso della madre e delle sorelle. Di qui il tabù dell’incesto e l’imposizione dell’esogamia”.
Sia benedetto il caldo che salva la vita ai poveri.
Sentite questo titolo: “Se fa tanto freddo è colpa del caldo” (Il venerdì di “la Repubblica”, 5 febbraio 2021, pagina 56)
Segue questa sintesi: “I venti che trattengono il gelo sul polo sono indeboliti da masse d’aria con temperature più alte a causa del riscaldamento globale: così arrivano nevicate mai viste prima sempre più a sud”
Segue l’articolo firmato da Alex Saragosa.
In questa maniera si toglie ogni possibilità di eccepire a chi avesse dei dubbi. Io non è ho: sono convinto che il caldo sia un bene e alle parole citate sopra rispondo con quanto segue.
Dare al caldo anche la colpa del freddo è come dire: “io non sono razzista: se odio in negri è colpa loro”.
Oppure: i razzisti sono gli ebrei che ordiscono trame genocide contro i gentili”.
Una volta un tale mi disse che gli ebrei sono in nemici del genere umano in quanto hanno povocato mille volte distruzioni peggiori di quelle di Sodoma e Gomorra.
Provai a replicare che non erano stati gli Ebrei ma Hitler a scatenare una guerra che ha causato milioni di morti in Europa e non solo”.
Risposta: “ infatti Hitler era ebreo”.
Ora è di moda colpevolizzare il caldo che invero favorisce la vita e ci darà un aiuto decisivo contro il virus, come fece l’estate scorsa.
Tuttavia è “d’obbligo” per i “benpensanti” dire male del caldo, origine di tutti i mali.
Ebbene, io invece lo benedico perché salva la vita mia e di tanti altri poveri come me, mentre con il freddo i disperati privi di riscaldamento muoiono. Io mi sono salvato quando ero bambino grazie alla carità delle anime buone a partire dalle donne di casa mia. Mi riscaldo tuttora grazie ai loro benefici. Che Dio le benedica.
Saluti
giannetto, il poverello assai freddoloso di Pesaro
Ancora Hegel e Aristofane che parla di fatti antichi e pure dei nostri
Hegel mette il Dioniso delle Rane tra i personaggi tratteggiati dalle commedie di Aristofane: “ Strepsiade, che vuole rivolgersi ai filosofi per sbarazzarsi dei debiti; Socrate che si offre come maestro di Strepsiade e di suo figlio; egualmente Bacco, che egli fa scendere nel mondo sotterraneo per ricondurre alla luce un vero tragico; e lo stesso dicasi di Cleone, delle donne, dei greci che vogliono trarre dal pozzo la dea della pace ecc. Il tono principale che risuona in queste manifestazioni è la fiducia che tutte queste figure hanno in se stesse, fiducia tanto più incrollabile quanto meno si mostrano capaci di eseguire ciò che intraprendono” (Hegel, Estetica, III, La poesia drammatica, trad it. Feltrinelli, 1963, p. 1618.)
In una commedia del genere ambientata nei giorni nostri metterei personaggi come Salvini, Renzi, la Boschi e altri di questo tipo.
giovanni ghiselli
L’Estetica di Hegel, la commedia di Aristofane e lo stato attuale delle cose.
Sentite quste paole di Hegel sulla commedia antica.
Sono riferibili non solo ad Aristofane che ridicolizza le aberrazioni della democrazia ateniese nelle Ecclesiazuse del 393,
ma pure a certi aspetti del nostro cretinismo parlamentare e mediatico con “le chiacchiere volubili, la litigiosità ecc., questa nuda contropartita di una vera realtà statale, religiosa, artistica”.
“Aristofane non si fa gioco di ciò che di veramente etico c'è nella vita del popolo ateniese, né dell'autentica filosofia, della vera fede religiosa, dell'arte genuina; ma quel che egli ci pone dinnanzi nella sua stoltezza che da se stessa si distrugge sono le aberrazioni della democrazia, da cui sono spariti l'antica fede e gli antichi costumi, è la sofisticheria, il tono lamentevole e pietoso della tragedia, le chiacchiere volubili, la litigiosità ecc., questa nuda contropartita di una vera realtà statale, religiosa, artistica"
( Estetica, III, La poesia drammatica, p.1593. trad it. Nicolao Merker e Nicola Vaccaro, Feltrinelli, 1963).
giovanni ghiselli
Il governo di Draghi e l’enigma più difficile da risolversi di quello della Sfinge.
Gli intrecci che confondono entità diverse e inconciliabili: l’enigma e la peste.
Sembra che Draghi sarà votato da una maggioranza parlamentare che comprende Renzi e Salvini, dunque sbilanciata verso destra.
LEU se ne è tirato giustamente fuori e sono più che mai contento di averlo votato.
Aristotele definisce la aijnivgmato" ijdeva scrivendo che il procedimento dell'enigma consiste nel "parlare di cose vere combinando fra loro adynata ", elementi impossibili (Poetica 1458a, 26), impossibili da conciliare.
L’enigma, più difficile da risolvere di quello della Sfinge di Edipo, dunque è questo : “Come potranno andare d’accordo Zingaretti, Salvini e Renzi? “ Impossibile secondo me è che tale alleanza tra partiti e persone incongrue possa funzionare.
Maurizio Bettini mette l’incesto e la peste nella categoria dell’enigma
: “L'incesto, naturalmente, verifica per l'appunto questo principio. Come si può essere contemporaneamente "padre" e "fratello" dei propri figli?"
Nell'Oedipus di Seneca troviamo questo intreccio e pure la peste dove si mescolano confondendosi entità diverse, e tali che dovrebbero rimanere divise:"Effetto della malattia è appunto quello di confondere, di identificare quello che altrimenti dovrebbe restare diviso. Non c'è più distinzione di età o di sesso: i giovani muoiono contemporaneamente ai vecchi, i figli contemporaneamente ai padri. Nella descrizione della peste, Seneca sembra dunque applicare lo stesso principio codificato altrove da Aristotele per l'enigma: sunavyai ajduvnata. Come l'incesto ovviamente, come l'arcobaleno" (M. Bettini, L'arcobaleno, l'incesto e l'enigma a proposito dell'Oedipus di Seneca, "Dioniso", 1983, p. 148).
giovanni ghiselli
(M. Bettini, L'arcobaleno, l'incesto e l'enigma a proposito dell'Oedipus di Seneca, "Dioniso", 1983, p. 145).
Uomini eteromossi e uomini auto-mobili
Impiego la parola auto-mobili nel significato vero di persone che si muovono con le proprie forze mettendo in moto il corpo invece delle macchine omicide.
Centauri e macchinisti vari dimentichi dell’uso delle gambe, talora addirittura storpi e mutilati mentalmente, mettono quitidianamente a repentaglio la vita di noi ciclisti e podisti che cerchiamo ogni giorno di connettere la nostra forza all’energia pulita e potente della natura.
giovanni ghiselli
Politici e attori da commedia o da tragedia.
Sono compatibili Zingaretti e Bersani con Salvini nello stesso governo? Difficilmente perché quelli del PD e di LEU sermocinantur, usano un tono colloquiale, da commedia, mentre il capo della Lega grande sonat impiega il suono forte e teso degli attori tragici
Traggo questa distinzione attualizzando alcune righe del corso sulla tragedia che inizierò martedì e che copio qui sotto.
Attori comici e attori tragici
Una testimonianza di Apuleio (Florida 18 “comoedus sermocinatur, tragoedus vociferatur”) differenzia in modo netto la recitazione degli attori comici da quella degli istrioni tragici: di tipo fortemente colloquiale l’una, assai sostenuta e incline alla declamazione l’altra.
Qualche cosa di analogo dice Ovidio a proposito dello stile tragico e di quello comico: “Grande sonant tragici: tragicos decet ira coturnos;/ usibus e mediis soccus habendus erit”[75], i tragici hanno un suono forte: l’ira si addice ai coturni tragici: la commedia va tratta dall’esperienza quotidiana.
Bologna 5 febbraio 2021 ore 17, 37.
giovanni ghiselli
Nota
[1] Remedia amoris, 375-376.
p. s.
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Tragedia, filosofia e storia. Aristotele, Tucidide e Kierkegaard
Aristotele sostiene che il pensiero (diavnoia) mette in grado di dire quanto è pertinente e appropriato al personaggio della tragedia (ta; ejnovnta kai; ta; aJrmovttonta , Poetica 1450b, 5).
Collego questa ffermazione al ta; devonta di Tucidide: " E quanto a ciò che ciascuno disse con un discorso (lovgw/), o in procinto di fare la guerra o mentre già c'era dentro, era difficile sia per me ricordare la precisione alla lettera delle parole dette che io stesso ascoltai, sia per quelli che me le riferivano da qualche altro luogo; ma come mi sembrava che ciascuno avrebbe potuto dire nella maniera più plausibile le parole dovute (ta; devonta) sulle circostanze via via presenti, attenendomi il più vicino possibile al senso generale delle parole veramente dette, così sono state riportate (I 22, 1)
Il discorso, continua Aristotele, entra nelle due categorie della politica e della retorica : infatti gli antichi rappresentavano personaggi che parlavano politicamente, i moderni invece retoricamente (Poetica, 1450b, 7-8).
Nel IV secolo con la sottomissione di Atene alla Macedonia è finito il tempo della democrazia.
I personaggi della tragedia greca che alla democrazia ateniese è sincronica parlano politicamente.
Per l'uomo greco che viveva nella povli" democratica la solitudine dell’impolitico è una condizione innaturale.
Leggiamo Kierkegaard :"benché si muovesse liberamente, l' individuo restava nell'ambito delle determinazioni sostanziali, nello Stato, nella famiglia, nel fato. Questa determinazione sostanziale è la vera e propria fatalità della tragedia greca, e la sua vera e propria caratteristica. La rovina dell'eroe non è perciò solo una conseguenza della sua azione, ma è anche un patire, mentre nella tragedia contemporanea la rovina dell’eroe non è propriamente patire, ma atto"[76].
Patimento sommo è la solitudine (cfr. il Filottete) che invece diventerà un bene in varie epoche successive.
“E’ autenticamente greco che Filottete lamenti che nessuno conosce il suo patire, è un bisogno pofondamente umano volere che altri le provino”[77].
Il patire è un subire il male piuttosto che farlo
La propria passività viene proclamata da Edipo ai vecchi di Colono:" ejpei; tav e[rga mou-peponqovt j i[sqi ejsti; ma'llon h] dedrakovta" (Edipo a Colono, vv. 266-267), poiché le mie azioni sono state subite piuttosto che fatte.
Lo stesso afferma "the lunatic King "[78] di Shakespeare:" I am a man/more sinned against than sinning" (King Lear, III, 2), sono uno contro cui si è peccato più di quanto io abbia peccato.
Allora l’eroe della tragedia, secondo Kierkegaard, come per Aristotele, non è del tutto colpevole. Ma l’attenuazione della colpa non riduce la pena: “La pena è più profonda poiché la colpa ha l’ambiguità estetica”[79].
giovanni ghiselli
Dal dentista: sofferenza e comprensione. La terapia del rovesciamento
Questo post si trova completo e con le note nel mio blog
Dopo il pomeriggio di ieri dal dentista con l’estrazione del dente del giudizio, ho aggiornato la seconda parte del nesso sofferenza-comprensione. Mentre venivo trapanato non lontano dal cervello dal bravissimo dottore e tenevo gli occhi chiusi ho compreso che dovevo rendere più chiaro ai miei acoltatori e lettori una sezione di questo percorso.
Mi sono messo nei panni di chi mi ascolta e mi legge : è la terapia risanatrice del rovesciamento
Per non limitarmi alla letteratura greca e ai suoi interpreti, presento autori successivi.
Sofferenza e soccorso dato agli infelici.
Nell'Eneide di Virgilio Didone incoraggia i Troiani giunti naufraghi sulle coste della Libia ricordando che anche lei è esperta di sventure le quali l'hanno resa non solo attenta e diffidente, ma pure compassionevole verso i disgraziati:"non ignara mali miseris succurrere disco "(I, 630), non ignara del male imparo a soccorrere gli sventurati. Tanta humanitas non verrà contraccambiata da Enea. Eppure questo è uno degli insegnamenti massimi dei nostri autori e dovrebbe esserlo nella scuola :"E infine, possiamo imparare la lezione fondamentale della vita, la compassione per le sofferenze di tutti gli umiliati, e la comprensione autentica"[80].
“Virgilio insiste, com’è ben noto, sull’umanità del personaggio, che, avendo sofferto, è particolarmente sensibile al dolore degli altri”[81].
La resistenza morale alla sofferenza
Friederich Schiller impiega la norma del tw'/ pavqei mavqo~ in molte delle sue tragedie, particolarmente nella Maria Stuarda (1802): “il personaggio della infelice regina cattolica sembra tra tutti il più adatto ad essere il fulcro d’una tragedia di ispirazione euripidea…secondo quelle leggi drammatiche già prospettate nel saggio Vom Erhabenen [82], 1793, per le quali “Se la prima legge dell’arte tragica è rappresentare la natura sofferente, la seconda legge è rappresentare la resistenza morale a quelle sofferenze”[83]. Maria muore non solo rassegnata ma felice del proprio matirio: “La prigione si apre,/e lieta la mia anima vola/verso l’eterna libertà (…) ora/ benefica e dolce mi si affianca/la morte come una severa amica (…) Sento/di nuovo sul mio capo la corona/e l’antica dignità rivive/nell’animo lavato dal dolore” (Maria Stuarda, V, 4).
Sofferenza e coscienza
F. Dostoevskij in Ricordi del sottosuolo (del 1864) scrive:" io sono convinto che l’uomo non rinuncerà mai alla vera, autentica sofferenza, e cioè alla distruzione e al caos. Giacché la sofferenza è la vera origine della coscienza (…) In realtà io continuo a pormi una domanda oziosa: che cos'è meglio, una felicità da quattro soldi o delle sublimi sofferenze? Dite su, che cos'è meglio?" (p. 234 e p. 320).
Sofferenza e felicità
Lo stariez Zossima nei Fratelli Karamazov dice le sue ultime volontà ad Alioscia: “ Avrai molto da fare. Ma non dubito di te, e perciò ti mando nel mondo. Cristo sarà sempre con te. ConservaLo nel tuo cuore, ed anche Lui ti conserverà. Conoscerai grandi sofferenze, e nel dolore troverai la felicità. Eccoti il mio testamento: nelle sofferenze cerca la felicità. E lavora, lavora senza tregua”[84].
Sofferenza e luce
H. Hesse, in Siddharta (p.135) esprime con altre parole l'antica legge eschilea del tw/' pavqei mavqo":"Profondamente sentì in cuore l'amore per il figlio fuggito, come una ferita, e sentì insieme che la ferita non gli era stata data per rovistarci dentro e dilaniarla, ma perché fiorisse in tanta luce".
L’utilità della sofferenza amorosa sul piano letterario
Su questo possiamo sentire Proust:" "Perché solo la felicità è salutare al corpo, ma è il dolore a sviluppare le energie dello spirito (…) Una donna di cui abbiamo bisogno, che ci fa soffrire, trae da noi serie di sentimenti ben più profondi, ben altrimenti vitali di quanto possa fare un uomo superiore che ci interessi. Resta da sapere, secondo il piano su cui viviamo, se davvero ci sembra che il tradimento col quale ci ha fatto soffrire una donna sia ben poca cosa in confronto delle verità che ci ha rivelate, verità che la donna, paga d'aver fatto soffrire, non avrebbe potuto comprendere (...) Facendomi perdere il mio tempo, facendomi soffrire, forse Albertine mi era stata più utile, anche sotto l'aspetto letterario, di un segretario che avesse messo in ordine le mie "scartoffie". Tuttavia, allorché un essere è così mal conformato (e può darsi che nella natura un tal essere sia proprio l'uomo) da non poter amare senza soffrire, e da aver bisogno di soffrire per imparare certe verità, la vita d'un tale essere finisce col riuscire ben spossante!"[85].
Sofferenza e scoperta di nuove forme
La sofferenza si confà alla chiarezza della visione e pure all'arte:"Spesso solo per mancanza d'ingegno creativo non ci spingiamo abbastanza oltre nella sofferenza. E la realtà più atroce suol dare, insieme con la sofferenza, la gioia d'una bella scoperta, perché non fa che dare una forma nuova e chiara a quello che andavamo rimuginando da un pezzo senza rendercene conto"[86].
Sofferenza e consapevolezza della vita
Wilde: “La sofferenza, per quanto ti possa apparire strano, è il nostro modo di esistere, poiché è l’unico modo a nostra disposizione per diventare consapevoli della vita; il ricordo di quanto abbiamo sofferto nel passato ci è necessario come la garanzia, la testimonianza della nostra identità”[87].
Una voce contraria: maggiore efficacia del piacere nel pomuovere il “conoscimento”.
D'Annunzio attribuisce al piacere maggiore efficacia pedagogica che al dolore :"Ella[88] ci persuade ogni giorno l'atto che è la genesi stessa di nostra specie[89]: lo sforzo di sorpassar sé medesimo, senza tregua; ella ci mostra la possibilità di un dolore trasmutato nella più efficace energia stimolatrice; ella c'insegna che il piacere è il più certo mezzo di conoscimento offertoci dalla Natura e che colui il quale molto ha sofferto è men sapiente di colui il quale molto ha gioito"[90].
Sofferenza e “giudizio”
Verga: “Hanno imparato presto perché hanno visti guai assai!-diceva padron jNtoni:-il giudizio viene colle disgrazie”[91].
Sofferenza e “belle sentenze”
Torniamo a C. Pavese:" la grande, la tremenda verità è questa: soffrire non serve a niente"[92].
“Soffrire non serve a niente (26 novembre ‘37).
Soffrire limita l’efficienza spirituale (17 giugno ‘ 38).
Soffrire è sempre colpa nostra (29 settembre ’38)
Soffrire è una debolezza (13 ottobre ’38)
Almeno un’obiezione c’è: se non avessi sofferto non avrei scritto queste belle sentenze”[93].
“Qualunque sofferenza che non sia anche conoscenza è inutile”[94].
I vizi dell’anima cauterizzati dalla sofferenza
Mi avvio alla conclusione con un un personaggio, Boppi, di un romanzo giovanile di H. Hesse:" mi capitò di diventare l’allievo meravigliato e riconoscente di un misero storpio. Se un giorno arriverò davvero a compiere il poema iniziato da gran tempo e a pubblicarlo, vi si troverà ben poco di buono che io non abbia imparato da Boppi. Incominciò per me un periodo buono e piacevole nel quale troverò da nutrirmi per tutta la vita. Mi fu concesso di vedere addentro una magnifica anima umana sulla quale malattia, solitudine, povertà e maltrattamenti erano passati soltanto come nuvole leggere e vaganti. Tutti i piccoli vizi coi quali ci amareggiamo e guastiamo la vita bella e breve, l’ira, l’impazienza, la menzogna, tutte queste odiose e luride piaghe che ci deformano erano state cauterizzate in quell’uomo da lunghi e profondi dolori. Non era un saggio, né un angelo, ma un uomo pieno di comprensione e di affetto che, a furia di tremende sofferenze e di gravi privazioni aveva imparato a sentirsi debole senza vergognarsi, e ad affidarsi nelle mani di Dio"[95].
Sofferenza e compassione: compatire nel senso di soffrire insieme
Sofferenza e giustizia
Concludo questo argomento citando Piero Boitani, professore di Letterature comparate nell’Università di Roma “La Sapienza”, e uomo umano: “La vita è fatta della nostra relazione con gli altri, non solo di contemplazione della natura o di noi stessi. Penso che per sopravvivere con gli altri sia necessario compatire: non soltanto nel senso di avere pietà nei loro confronti, di guardare alle loro e alle nostre sventure con umana pietas, ma di “soffrire con”, “com-patire”. Se soffriamo con gli altri, se prendiamo su di noi i loro dolori, riconosciamo l’essere umano che è in loro, e in noi, in maniera assai più profonda di quanto non ci consenta il semplice conoscere…Leggere la compassione nell’Elettra di Sofocle, ma poi cercarne le variazioni in Omero, in Proust, in Guerra e Pace. Temi e tradizioni. La letteratura è un albero gigantesco, ma le radici sono sempre le medesime, e la ri-scrittura è il principio che ne governa la crescita”[96].
E più avanti, specificamente sul tw/' pavqei maqo~: “La sofferenza, allora, è un prerequisito del riconoscimento. Se la Genesi ebraica postula che il prezzo del sapere sia la morte[97], i Greci sapevano perfettamente che la conoscenza si può acquisire soltanto attraverso il dolore. Era saggezza comune fin dai tempi di Omero ed Esiodo[98], ma è stato Eschilo, all’inizio della tragedia, ad esprimerla in maniera memorabile nell’Agamennone, quando il coro intona il famos “Inno a Zeus”[99]
Zeus, chiunque egli sia, se è questo il nome
Con cui gli è caro essere invocato,
così a lui mi rivolgo: nulla trovo cui compararlo,
pur tutto attentamente vagliando,
tranne Zeus, se veramente si deve gettar via
il vano peso dal proprio pensiero.
(….)
Ma chi a Zeus con gioia leva il grido epinicio
Coglierà pienamente la saggezza-
A Zeus che ha avviato i mortali
A essere saggi, che ha posto come valida legge
“saggezza attraverso la sofferenza”.
Invece del sonno (oppure: “anche nel sonno”) stilla davanti al cuore
un’angoscia memore di dolori:
anche a chi non vuole arriva saggezza.
Pathei mathos: questa è l’indicazione di Zeus per il phronein umano, la “prudenza” che è saggezza”[100].
Aggiungo i due versi dell’Agamennone opportunamente indicati da Boitani in nota: “Divka de; toi'~ me;n paqou'-sin maqei'n ejpirrevpei” (Agamennone, vv. 250-251), Giustizia fa pendere comprensione verso quelli che hanno sofferto.
Bologna 5 febbraio 2021 ore 10, 44. giovanni ghiselli
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Il rischio della dittatura tecnocratica priva di carità
Draghi non è un cretino e sa che se farà un governo di tecnici senza nessuno o con pochi eletti nel Parlamento, alcuni, come me, e forse più di alcuni, denuncerebbero un colpo di Stato. E tale di fatto sarebbe. Del resto cooptando uno o due ministri da un partito e un paio da un altro la somma finale potrebbe risultare non positiva per Mario Draghi. Io aspetto di vedere quello che succede ma voglio che i voti degli Italiani, quorum ego, seppure in ultimis e anche peggio, vengano rispettati.
Altrimenti la deriva sfocerà nella dittatura tecnocratica, Deus avertat omen!
giovanni ghiselli detto gianni o addirittura giannetto.
La prospettiva e la funzione dell’arte
L’arte più grande come quella dei tragici greci o quella del maestro di Olimpia ha la prospettiva di un popolo intero da educare.
Leopardi sottovaluta il genere drammatico seguito dalla cittadinanza ateniese, eppura, nonostante questa grave incomprensione, sa che la grande arte ha la prospettiva di rivolgersi a un popolo intero, di educarlo: “Gli antichi greci e anche romani avevano le loro gare pubbliche letterarie, ed Erodoto scrisse la sua storia per leggerla al popolo[101]. Questo era ben altro stimolo che quello di una piccola società tutta di persone coltissime e istruitissime dove l’effetto non può mai esser quello che fa il popolo, e per piacere ai critici si scrive: 1. con timore, cosa mortifera; 2. si cercano cose straordinarie, finezze, spirito, mille bagattelle. Il solo popolo ascoltatore può far nascere l’originalità la grandezza e la naturalezza della composizione”[102].
Una volta, molto temp fa, mi dispiaceva non essere scrittore “famoso”, invitato alle trasmissioni televisive, vincitore di premi letterari. Ora non cambierei la mia condizione con quella non dico di Carofiglio ma nemmeno con quella di Gadda o di Montale e Quasimodo.
Io scrivo per il popolo che mi legge e mi risponde. Il mio blog ha superato il milione e 86 mila lettori, 371 al giorno da 2926 giorni. Scrittori come Montale sono illeggibili per il popolo. Altri sarebbero pure leggibili ma vengono letti solo nel momento successivo alla pubblicità televisiva che li raccomanda. I miei scritti si raccomandano da soli con la loro forza che rafforza chi li legge.
Senza contare che il successo decretato dai media è “una vita mistificata dagli altri, che torna mistificata a te, e finisce col trasformarti veramente"[103].
Un caro saluto ai miei lettori
giovanni ghiselli
Note
[1] A Olimpia, appunto.
[2] Leopardi, Zibaldone, 145-146.
3] P. P. Pasolini, , dai “Dialoghi con Pasolini” su “Vie Nuove” (1960) in Pasolini saggi sulla politica e sulla società, p. 910.
Una attualizzazione: da Tucidide a Mario Draghi.
Poesia e Storia. Tucidide, Polibio, Machiavelli e ora Mario Draghi
Il mio corso sulla tragedia inizierà il 9 febbraio alle 18 e oggi comincio a rivedere il materiale raccolto per renderlo più interessante cercando di mettermi nei panni di chi mi segue, senza del resto toglierli agli ascoltatori, come invece noi uomini sensibili cerchiamo di fare con il consenso delle donne che corteggiamo.
Ricordate la differenza tra storia e tragedia secondo Polibio (II sec. a. C.) che ripete formule tucididee?
La storia deve insegnare-didavxai- e convincere-pei`sai- in vista dell’utile dia; th;n wjfevleian (Polibio, Storie, II, 56, 12), mentre la tragedia tende a impressionare-ejkplh`xai- e affascinare, sedurre- yucagwgh`sai- momentaneamente
Il modello di Polibio, Tucidide (V sec. a. C.) aveva bandito dalla sua storia il favoloso (to; muqw`de", I, 22, 4) al costo di farla apparire meno piacevole- ajterpevsteron fanei`tai, sacrificando i miti dilettevoli ai fatti utili (wjfevlima) come in seguito farà Machiavelli : “Ma, sendo l’intento mio scrivere cosa utile a chi la intenda, mi è parso più conveniente andare drieto alla verità effettuale della cosa, che alla immaginazione di essa" (Il principe, XV).
Ebbene, questo scartare i miti, le favole e le fantasie, per lasciarne il posto alla realtà dei fatti e all’utilità della loro conoscenza, mi ha fatto pensare all’avvento di Mario Draghi, se si realizzerà.
So che potrebbe rivelarsi un nemico di classe, della classe cui mi sento affratellato.
Ma in ogni caso lo rispetto perché presenta uno stile serio ed elevato.
Ed è un uomo molto capace nel suo campo.
Comunque in questa fase Draghi è necessario, e i miei autori, sia i poeti sia gli storiografi, mi hanno insegnato che bisogna manovrare la nave della vita reggendone il timone in modo che segua la rotta indicata dall’Ananche, la Necessità. Credo che in questo momento burrascoso la nave della vita politica necessiti di Maio Draghi quale kubernhvth" sofov", pilota accorto. Le metafore nautiche sono frequenti nella poesia antica.
Quando saremo fuori dalla tempesta, se Mario Draghi governerà da nemico della classe cui voglio appartenere, lo criticherò e confuterò con tutte le forze del mio lovgo", la parola dotata di pensiero allenato e potenziato da briciole di cultura.
Draghi ora mi piace anche quale antitesi dei chiacchieroni fasulli, petulanti, ignoranti che da diversi anni imperversano nel Parlamento e nei media dando esempi pessimi a quanti, sprovveduti e ingannati, li imitano. Una mimèsi rovinosa.
Bologna 4 febbraio 2021 ore 9, 40 giovanni ghiselli
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Le occasioni perdute.
La presenza del latino nell’inglese
Queste parole di Bruto nel Giulio Cesare di Shakespeare si confanno a molti dei nostri deputati e senatori a partire da Matteo Renzi dal referendum perduto del 2016 in poi.
“The enemy -lat. inimicus- increaseth every day;-we, at the height, are ready to decline,- lat. declino- il nemico cresce ogni giorno, noi al culmine, siamo pronti al declino. There is a tide in the affaire lat. ad e facio of men, c’è una marea nelle faccende degli uomini (qui tide del resto svolge pure la funzione di kairovς) which taken at the flood, leads on to fortune- lat. fortuna-, che presa nel flusso, conduce al successo, omĭtted -lat. omitto lascio perdere- all the voyage -lat. viaticum- of their life is bound in shallows and in miseries, tutto il viaggio della loro vita è arenato in secche e disgrazie -lat. miseriae-. (IV, 3, 214-220 ).
Bruto risponde a Cassio il quale vorrebbe procrastinare l’inizio della pugna.
giovanni ghiselli
p. s
Le lingue classiche hanno contribuito a formare gli idiomi dell’Europa di oggi. In Grecia il moderno demotico non sarebbe nato senza la continuità col greco colto antico e medievale.
Una lingua germanica come l’inglese è “profondamente latinizzata” (Tullio De Mauro, Storia linguistica sell’italia repubblicana dal 1946 ai nostri giorni, p. 39): un’alta percentuale del suo vocabolario è di stampo latino. In Italia il prevalere del fiorentino antico sugli altri dialetti è stato in gran parte determinato dalla sua prossimità al latino.
Mario Draghi.
Alla fine dell’agone perso da tutti i partiti Mario Draghi è stato convocato da Sergio Mattarella che gli chiederà di formare e guidare il nuovo governo. Congetturo che, se accetterà, l’economia, nel tempo della sua presidenza, diverrà preponderante.
Draghi non è uno stupido né un ignorante: sicuramente sa che senza la cultura si regredisce a uno stato animalesco e anche peggio. Dunque Draghi dovrà adoperarsi perché la scuola torni a funzionare come nel tempo del miracolo economico e pure meglio. Ha studiato in un liceo dei Gesuiti e questo depone in favore della sua preparazione di base.
Avrà notato che sono bastati pochi decenni di rilassamento della disciplina scolastica per danneggiare anche l’economia.
Dicono che è “un uomo pratico”. Va benissimo purché il pragmatismo non escluda la cultura, l’educazione e la carità.
Concludo questo breve auspicio citando alcune parole di Hermann Hesse che mi stanno molto a cuore e che i miei lettori di sempre hanno già letto.
Le copio con un piccolo ampliamento dalla mia metodologia per l’insegnamento del greco e del latino elaborata negli anni in cui insegnavo nella SSIS.
Non so se il liceo gesuitico frequentato da Draghi fosse un classico, ma la logica e la precisione delle sue parole me lo fanno pensare.
Rileggiamo dunque alcune parole del romanzo di Hesse Il giuoco delle perle di vetro (Das Glasperlenspiel, 1943, trad. it. di Ervino Pocar, Mondadori, Milano, 1955)
"Si sa o si intuisce che quando il pensiero non è puro e vigile, quando la venerazione dello spirito non è più valida, anche le navi e le automobili incominciano presto a non funzionare, anche il regolo calcolatore dell'ingegnere e la matematica delle banche e della borsa vacillano per mancanza di valore e di autorità, e si cade nel caos. Certo ci volle del tempo prima che si arrivasse a comprendere che anche il lato esteriore della civiltà, anche la tecnica, l’industria, il commercio e via dicendo hanno bisogno del comune fondamento di una morale e di un’onestà spirituali (…)
Erano tempi feroci e violenti, tempi caotici e babilonici nei quali popoli e partiti, vecchi e giovani[104], rossi e bianchi non s'intendevano più. Andò a finire che, dopo sufficienti salassi e un grande immiserimento, sempre più forte si fece sentire il desiderio di rinsavire, di ritrovare un linguaggio comune, un desiderio di ordine, di costumatezza, di misure valide, di un alfabeto e di un abbaco che non fossero dettati dagli interessi dei grandi, né venissero modificati a ogni piè sospinto. Sorse un bisogno immenso di verità e giustizia, di ragionevolezza, di superamento del caos. A quel vuoto sul finire di un’epoca violenta e tutta rivolta all’esteriorità, a quell’urgente e implorante desiderio di un nuovo inizio e di un nuovo ordine dobbiamo la nostra Castalia e la nostra esistenza"[105].
giovanni ghiselli
p.s
Per chi non lo sapesse, chiarisco che Kastaliva è il nome della fonte sacra che sgorga presso il santuario di Delfi in una gola delle rupi Fedriadi. Viene menzionata nella prima antistrofe del V stasimo dell’Antigone di Sofocle che traduco molto letteralmente
"E sulla rupe dalle due cime ti vide il vapore/sfavillante, dove le Ninfe Bacchidi/dell'antro Coricio vanno,/e la sorgente di Castalia./ E le alture coperte di edera dei/monti Nisei, e la verde/costa piena di grappoli manda te,/quando parole immortali/fanno evoè, a visitare/ le contrade tebane" (vv. 1126-1136).
Mi sono recato là, in bicicletta più volte, a pregare con gli amici Maddalena, Fulvio, Alessandro cui dedico questo appello al ripistino della cultura a partire dalla scuola.
Le caste
Renato Serra ha scritto con penna pietosa una difesa della sua collega Concita che aveva lanciato un lampo di nulla contro il nulla (a bolt of nothing , shot at nothing (cfr. Shakespeare, Cymbeline, IV, II, 300). L’articolo che si trova nel quotidiano “la Repubblica” di oggi, 2 febbraio 2021 a pagina 29, è intitolato “Zingaretti e i radical chic” ed è sintetizzato così: “La sinistra senza parole nuove”.
Serra critica il segretario del PD perché ha impiegato la iunctura non callida, l’abusato nesso “radical chic” che è “da molti anni largamente e impropriamente usato dalla destra”.
E’ vero che la De Gregorio quando scrive “ologramma , che sorride e svanisce” non ha nulla a che vedere con l’abusato radical chic.
Io obietto però che prima di trovare parole nuove, come voleva fare quel tale che cantava “Ciao ciao bambina”, dobbiamo assegnare a ciascun verbum o lovgo" il suo significato etimologico quello più antico e vero (e[tumo"). Allora al di là dei luoghi comuni di Concita che ultimamente chiacchiera troppo spesso di nulla, e oltre il “politicamente corretto”, fin troppo corretto di Renato Serra, credo che l’eleganza di una persona e la sua correttezza morale stiano nel prendere sempre le parti dei poveri, degli sfruttati degli emarginati dalle ingiustizie di questo sistema avverso all’uguaglianza, classista, esclusivista.
Un altro giornalista tempo fa tuonava contro la casta dei politici. Era di moda allora. La casta più esclusivista invero è quella dei giornalisti. Per tenersi i loro privilegi devono ripetere le formule funzionali alla sussistenza delle caste. Pensano non solo a se stessi ma pure ai loro discendenti. Costituiscono la voce del padrone che getta loro gli avanzi dei banchetti e talora li ammette perfino alla propria tavola. Certo, i gazzettieri non sono tutti uguali perché qualche differenza sussiste ancora tra i loro padroni.
Ma il sistema del potere e di chi lo serve è rimasto quello raccontato da Orwell in 1984: “a ruling grup is a ruling grup so long as it can nominate its successors”, una classe dirigente rimane tale finché può nominare i suoi successori (II 1). Provate a vedere i cognomi dei giornalisti più in vista: sono gli stessi già sentiti una e due generazione fa.
Aggiungo una seconda frase di Orwell nella stessa pagina di 1984: per quanto riguarda le masse: “They can be granted itellectual liberty, because they have no intellect”, è garantita loro libertà intellettuale perché non hanno intelletto. Per ottenere questo è stata rovinata la scuola.
Bologna 2 febbraio 2021, ore 19, 25 giovanni ghiselli
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Sentoiamolo
Lector intende: laetaberis.
Ci sono già i numeri per iniziare il corso sulla tragedia greca alla Primo Levi martedì 9 febbraio alle 18.
Inizierò con la presentazione del genere drammatico tragico.
Quindi passerò agli autori. Poi ai testi delle tragedie
Se qualcuno di voi iscritti vuole leggere il percorso pima, me lo faccia sapere per posta elettronica: glielo invierò. Nel parlare farò variazioni con possibili aggiunte, digressioni e tagli ma la base del discorso rimarrà lo scritto da me preparato. Del resto leggerò il meno possibile per non danneggiare la memoria mentre aiuto il ricordo.
Ringrazio quelli che sono tornati e quanti vengono per la prima volta.
Garantisco impegno nel lavoro e la sua buona qualità. Anzi ottima.
giovanni ghiselli g.ghiselli@tin.it
La polemica tra Concita e Nicola
A pagina 6 del quotidiano “la Repubblica” di oggi, 31 gennaio 2021, trovo un articolo fimato da Emanuele Lauria e intitolato “La polemica”. Questa si è svolta “Tra Zingaretti e De Gregorio- annuncia il titolo invero poco perspicuo-botta e risposta “idee elitarie”, “E’ giornalismo”.
Voglio, devo e posso prendere posizione.
Entriamo in medias res senza lungaggini per trarre luce dal fumo.
Cito il cronista: “Nicola Zingaretti ha scelto il mezzo più immediato, Facebook, per replicare al racconto di Concita De Gregorio, che su Repubblica lo ha descritto come un “ologramma , che sorride e svanisce”.
So bene di essere un pover’uomo, tuttavia “so leggere di greco e di latino-e scrivo e scrivo, e ho molte altre virtù”[106][1].
Ho passato buona parte della mia vita sui libri ma non capisco l’espressione “ologramma , che sorride e svanisce”. Ologramma è formato da o{lo" tutto, tutto intero e gravmma, “lettera” come segno di scrittura e come missiva. Dunque l’espressione pretenziosa è vuota di senso appropriato.
Socrate nel Fedone avverte Critone che parlare male è una stonatura e fa male all’anima[107][2]. Aggiungo che leggere espressioni incomprensibili ingenera fastidio.
Zingaretti ha risposto generosamente alla esimia giornalista, rispamiandole l’addebito del nulla linguistico.
Quando è passata a parole non prive di senso Concita non si è peritata di ricorrere all’insulto: “L’Italia ebbe Berlinguer, oggi ha Zingaretti. Sono i tempi-ha scritto De Gregorio- che fanno i leader”
Leggiamo la risposta di Zingaretti: “Ho letto su Repubblica una pagina di Concita De Gregorio, purtroppo ho visto solo l’eterno ritorno di una sinistra elitaria e radical chic che vuole sempre dare lezioni a tutti ma a noi ha lasciato macerie sulle quali stiamo ricostruendo”.
Concita non lascia macerie, queste no, perché di quanto scrive e dice, da un po’ di tempo, non rimane nulla.
Un tempo non era così. Allora mi piaceva. La invito a buttare via la penna del luogo comune tutt’altro che chic e a riprendere quella che usava una decina di anni fa.
giovanni ghiselli
Note
[1] G. Carducci Davanti San Guido, 35 e 25-26.
[2] euj ga;r i[sqi (…) a[riste Krivtwn, to; mh; kalw'" levgein ouj movnon eij" aujto; tou'to plhmmelev", ajlla; kai; kakovn ti ejmpoiei' tai'" yucai'"" (115 e), sappi bene (…) ottimo Critone che il non parlare bene non è solo una stonatura in sé, ma mette anche del male nelle anime.
A pagina 6 del quotidiano “la Repubblica” di oggi, 31 gennaio 2021, trovo un articolo fimato da Emanuele Lauria e intitolato “La polemica”. Questa si è svolta “Tra Zingaretti e De Gregorio- annuncia il titolo invero poco perspicuo-botta e risposta “idee elitarie”, “E’ giornalismo”.
Voglio, devo e posso prendere posizione.
Entriamo in medias res senza lungaggini per trarre luce dal fumo.
Cito il cronista: “Nicola Zingaretti ha scelto il mezzo più immediato, Facebook, per replicare al racconto di Concita De Gregorio, che su Repubblica lo ha descritto come un “ologramma , che sorride e svanisce”.
So bene di essere un pover’uomo, tuttavia “so leggere di greco e di latino-e scrivo e scrivo, e ho molte altre virtù”[108].
Ho passato buona parte della mia vita sui libri ma non capisco l’espressione “ologramma , che sorride e svanisce”. Ologramma è formato da o{lo" tutto, tutto intero e gravmma, “lettera” come segno di scrittura e come missiva. Dunque l’espressione pretenziosa è vuota di senso appropriato.
Socrate nel Fedone avverte che parlare male è una stonatura e fa male all’anima[109]. Aggiungo che leggere espressioni incomprensibili ingenera fastidio.
Zingaretti ha risposto generosamente alla esimia giornalista, rispamiandole l’addebito del nulla linguistico.
Quando è passata a parole non prive di senso Concita non si è peritata di ricorrere all’insulto: “L’Italia ebbe Berlinguer, oggi ha Zingaretti. Sono i tempi-ha scritto De Gregorio- che fanno i leader”
Leggiamo la risposta di Zingaretti: “Ho letto su Repubblica una pagina di Concita De Gregorio, purtroppo ho visto solo l’eterno ritorno di una sinistra elitaria e radical chic che vuole sempre dare lezioni a tutti ma a noi ha lasciato macerie sulle quali stiamo ricostruendo”. Concita non lascia macerie, queste no, perché di quanto scrive e dice, da un po’ di tempo, non rimane nulla.
Un tempo non era così. Allora mi piaceva. La invito a buttare via la penna del luogo comune tutt’altro che chic e a riprendere quella che usava una decina di anni fa.
giovanni ghiselli
I difensori dei poveri. Da Tiberio Gracco a Papa Francesco
Ho votato per Bersani e Speranza quali tribuni plebis, dhvmarcoi.
Bersani e Speranza sono tuttora i politici che preferisco.
Vorrei che le loro funzioni non fossero diverse da quelle dei tribuni plebis della res publica romana.
Erano magistratus sacrosanti quibus auxilii latio adversus consules esset (Livio, II, 33).
I tibuni avevano il potere dell’intercessio, il diritto di veto.
Ora questo andrebbe esercitato nei confronti dei perturbatori confusionari, dei voltagabbana, degli indagati che infettano il parlamento, quali veleni incarnati. Governare deve essere un onorevole servizio reso al popolo.
Essere tribuni della plebe non significa essere plebei d’animo: tutt’altro.
Tiberio Gracco era nipote di Scipione l’Africano, il padre di sua madre Cornelia, e aveva ereditato la forza d’animo del nonno. Un altro scipione plebeo d’animo, un suo cugino, organizzò la reazione con l’ assassinio di Tiberio 133 a. C..
Stare dalla parte dei poveri è il primo predicato della nobiltà e viceversa.
Chi ha firmato le leggi razziali, per esempio è tutt’altro che aristocratico, pur se di famiglia antica. Nemmeno chi ha abolito l’articolo 18 è nobile.
Il Tiberio Gracco di Plutarco denuncia nobilmente l’oppressione dei contadini italici
Quando parlava, Tiberio diceva che le bestie feroci hanno una tana, mentre chi combatte e muore per l’Italia ha solo l’aria e la luce: vanno errando senza casa (a[oikoi planw`ntai ) e senza fissa dimora con i figli e le mogli, mentre i capi mentono (yeuvdontai) dicendo che devono lottare contro i nemici per le tombe e gli altari.
Di fatto combattono e muoiono per difendere il lusso e la ricchezza altrui ujpe;r ajllotriva" trofh`" kai; plouvtou polemou`si kai; ajpoqnhh/skousi. Vengono chiamati padroni del mondo e non hanno nemmeno una zolla di terra kuvrioi th`" oijkoumevnh" ei\nai legovmenoi, mivan de; bw`lon ijdivan oujk e[conte" (Plutarco, Vita di Tiberio, 9, 6).
I territori conquistati venivano occupati dai ricchi e fatti lavorare dagli schiavi.
Questo martire era un vero signore.
Altrettanta signorilità d’animo ho visto in Friedrich Engels, un ricco che stava dalla parte dei poveri e li aiutava. Questo facevano anche Cristo e Ambrogio. Questo fa Papa Francesco
giovanni ghiselli
Che se l’antiveder qui non è vano
E fa saper (...)
che se l’antiveder qui non è vano
gittati saran fuor di lor vasello”
(Dante, Inferno, XXVIII, 76 e 78-79)
“Che se l’antiveder qui non è vano
gittati saran fuor di lor vasello”
(Dante, Inferno, XXVIII, 78-79)
La plebe romana del V secolo avanti Cristo e quella di certi parlamentari di oggi.
Alcune parole del Coriolano di Shakespeare (1607) alla plebe romana degli inizi del V secolo a. C. prefigurano e si confanno a quanto andrebbe detto a non pochi personaggi del nostro Parlamento di oggi
“ Who deserves greatness- deserves your hate, and your affections are- a sick man’a appetite who desires most that -which increase his evil (I, 1, 174-177) chi merita onore, ottiene il vostro odio, e le vostre passioni sono desideri di malato che vuole soprattutto ciò che gli fa male.
With every minute you do change a mind- ( Coriolano, I, 1,180), con ogni minuto che passa voi cambiate idea.
L’antivedere dei grandi scrittori non è mai vano: parlano sempre anche di noi.
Bologna 29 gennaio 2021 ore 9, 35
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Altro ricordo da conservare nella Memoria: i bombardamenti sui civili.
Nel giorno della Memoria ricordo e faccio ricordare che l’esimia onorevole Bonino la quale ora propone la “maggioranza Ursula” con cicchessia, anni fa approvava i bombardamenti sui civili: uomini, donne e bambini per la “buona” ragione che quelle bombe avrebbero liberato le donne dal velo. In un paese oltretutto, l’Irak, dove il velo non era obbligatorio.
Quei bombardamenti con il massacro di migliaia e migliaia di civili non l’ho mai dementicato e non ho potuto perdonare i politici che li hanno approvati. Soprattutto quelli che cercano di nascondere il loro opportunismo sotto una maschera di modernità laica, razionale, illuminata. La luce degli ordigni bellici è infernale
giovanni ghiselli
Un autore antico contro il razzismo
Sulle leggi contro natura e il razzismo ci sono arrivate alcune parole polemiche di Antifonte sofista
Schierato per il rifiuto di gran parte delle leggi scritte dagli uomini troviamo Antifonte sofista[110]:" e[sti de; pavntw" tw'nde e{neka touvtwn hJ skevyi", o{ti ta; polla; tw'n kata; novmon dikaivwn polemivw" th'/ fuvsei kei'tai" (Della verità , fr. B 44 D. K.), per queste ragioni soprattutto si svolge la nostra indagine: che la maggior parte di quanto è giusto secondo la legge si trova in contrasto con la natura.
Sono state emanate leggi per gli occhi, su ciò che devono vedere e non vedere, per le orecchie, su ciò che devono sentire e non sentire, e per la lingua, su quanto deve dire e non deve dire e così via. Fino alla mente su quello che deve desiderare e quello che no. Fatti di natura, continua Antifonte, sono il vivere e il morire, e il vivere per gli uomini deriva da ciò che è utile (kai; to; me;n zh'n aujtoi'" ejstin ajpo; tw'n xumferovntwn) la morte da ciò che è dannoso. Ebbene riguardo all'utile, le prescrizioni sottoposte alla legge sono ceppi per la natura (ta; me;n uJpo; tw'n novmwn keivmena desma; th'" fuvsewv" ejsti), mentre ciò che è prescritto dalla natura è libero (ta; d j uJpo; th'" fuvsew" ejleuvqera). E certamente quello che addolora non giova alla natura, secondo la retta ragione, più di quello che rallegra.
La legge istituita dunque non è giusta né utile quando non incrementa ma danneggia la vita. Questo sofista giunge a conclusioni opposte rispetto al personaggio Callicle del Gorgia platonico: Antifonte denuncia come innaturali le differenze che le leggi e le usanze stabiliscono tra gli uomini: "quelli che provengono da una casata non illustre non li rispettiamo né onoriamo. In questo ci comportiamo come barbari gli uni verso gli altri. Infatti per natura in tutto tutti siamo costituiti per essere uguali, barbari ed Elleni: tutti di fatto inspiriamo nell'aria attraverso la bocca e le narici e tutti mangiamo con le mani "[111].
[1] Vissuto ad Atene nella seconda metà del V secolo.
[2] Oxyrh. Pap. XI Fragmetum I
giovanni ghiselli
Va bene ricordare gli orrori perché non si ripetano. Ma non uno solo. Si farebbe maggiore onore anche agli Ebrei trucidati rammentando pure le centinaia e centinaia di massacri perpetrati dopo il 1945. Milioni di morti per bombe, fame, denutrizione freddo, mancanza di cure, condanne a morte, assassinii legali inflitti dai governi e dai tribunali. In tutto il pianeta.
Un ebreo giusto come Moni Ovadia ha già detto questo. Io lo ripeto da tanto tempo e lo farò ancora.
Sono certo che i morti di sterminio nei campi nazisti mi approvano quando dico e scrivo che bisognerebbe ricordare anche le vittime innocenti di altre religioni. I massacri del generale fellone Pinochet per esempio sono atti di pietas? Lasciare annegare i migranti lo è?
Ripetuto questo, oggi voglio aggiungere che il giorno della memoria dovrebbe ricordare anche le cose belle e buone della storia.
Utilizzando per ora soltanto quella degli ultimi 55 anni, io ricordo con gioia il costume della solidarietà tra gli umani che vigeva in Italia e in Europa tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta.
Allora aiutarsi tra noi giovani era di moda usando una parola brutta.
Ma quella moda era bella ed era sentita da molti. Allora l’egoismo, l’individualismo, l’impoliticità con la chiusura nel privato erano considerati costumi da persone ignoranti e cattive . Allora si poteva fare l’autostop per tornare a casa e arrivati era possibile offrire ospitalità a chi ne aveva bisogno, senza paura.
Questo aiuto reciproco della mia generazione in quegli anni, questa simpatia degli umani tra loro, favoriva l’amore, l’amicizia, la cultura e la felicità. Tale atmosfera morale ha spaventato il potere che ha ricominciato con le bombe, il razzismo, i campi di concentramento. Perché tutti tali orrori finiscano dunque, ricordiamoli tutti, non uno solo, e non dimentichiamo i pochi anni dell’età aurea passati da noi nati alla fine della guerra.
Ho il profilo che solitamente viene attribuito agli Ebrei e mi piace.
La mia migliore amica di questi ultimi quindici anni è Ebrea, eppure un mascalzone razzista mi diede dell’antisemita per avermi sentito dire quanto ora ho scritto. Quando si punta il dito su un solo popolo, fosse pure quello italiano, per condannarlo o compatirlo o celebrarlo, si fa del razzismo.
Noi tutti apparteniamo alla razza umana che è l’unica della specie umana.
Bologna 27 gennaio 2021. giovanni ghiselli
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spero che questo mio scritto venga approvato e condiviso da molti
L’umanesimo di Papa Francesco.
Sono più di settanta anni che ricordiamo i crimini nazisti e facciamo bene. Invece pecchiamo, almeno di omissione, tenendo nascosti i crimini nostri nei confronti degli Ultimi della terra, il meglio dell’umanità come li chiamava don Lorenzo Milani, un prete sublime un uomo umano.
Ora è Pontefice Jorge Bergoglio, un uomo umano che ci chiede di non ignorare né trascurare gli Ultimi. Papa Francesco ieri ha parlato di un nigeriano senza tetto morto di freddo a Roma.
Uno dei tanti lasciati morire abbandonati da tutti. La morte di ciascuno di loro, ha detto il vicario di Cristo, è come la morte di tutti noi di questa nostra società fondata sul profitto, sull’egoismo, sull’indifferenza, sull’gnoranza, sulla prepotenza nei confronti di chi non ha potere né denaro.
Mi sono dato allo studio dei Greci e dei Latini, gli ho dedicato il meglio delle mie forze mentali perché sentivo che questo impegno, dove ho umanamente impiegato le mie fatiche, chiarificava, verificava e potenziava le mie forze morali.
Potrei copiarvi qui sotto un centinaio di esempi, ma forse li avete già sentiti dire da me siccome costituiscono il mio rosario, e sicuramente i miei allievi li conoscono
Ne trascrivo solo alcuni per quanti ancora ne hanno bisogno. A dire il veo ne abbiamo bisogno tutti.
Esprimono quell’ amore per l’umanità, a partire dagli Ultimi, che già Omero insegnava a chi ascoltava i suoi canti accompagnati dalla “musica di Apollo che era architettura dorica in suoni, ma in suoni solo accennati, quali appartengono alla cetra”[112].
Sentiamo quello che dicono Nausicaa a Odisseo, poi di nuovo Eumeo a Odisseo.
La principessa dei Feaci, nel VI canto dell’Odissea (207-208), vuole aiutare Ulisse giunto naufrago nell’isola di Scheria e dice queste parole alle ancelle in fuga spaventate dall’aspetto del disgraziato malconcio : “ to;n nu`n crh; komevein: pro;~ ga;r Dio;~ eijsin a[pante~-xei`noiv te ptwcoiv te, dovsi~ d j ojlivgh te fivlh te”, questo è un misero naufrago e dobbiamo curarcene: da Zeus infatti vengono tutti gli stranieri e i poveri, e un dono pur piccolo è caro
Le stesse parole (Odissea, XIV, 57-59) dice Eumeo, il guardiano dei porci di Itaca, quando Ulisse gli si presenta travestito da mendicante, irriconoscibile, e il porcaio lo accoglie ospitalmente spiegandogli che non è suo costume maltrattare lo straniero (xei`non ajtimh`sai), nemmeno quando ne arriva uno kakivwn più malconcio di lui. Bisognerebbe che i classici venissero letti da tutti.
Non dissimile è la situazione di Edipo giunto a Colono cieco, vagabondo e per giunta malfamato. Teseo, il re di Atene, lo aiuta poiché, dice “so bene di essere uomo”(Edipo a Colono, v. 567).
Il sapere di essere uomo che cosa comporta?
Significa incontrare una creatura andata in rovina come è Edipo cieco, esule e mendico, provarne pietà, incoraggiarla ponendo domande, chiedendole di che cosa abbia bisogno: “kaiv s j oijktivsa"-qevlw jperevsqai[7], duvsmor j Oijdivpou, tivna-povlew" ejpevsth" prostroph;n ejmou' t j e[cwn,-aujtov" te chj sh; duvsmoro" parastavti"", (Edipo a Colono, vv. 556-559), e sentendo compassione, voglio domandarti, infelice Edipo, con quale preghiera per la città e per me ti sei fermato qui, tu e l’infelice che ti aiuta. Antigone naturalmente.
Quindi vuol dire ascoltare, mettersi nei panni del supplice e comprenderlo con simpatia, condividendo i suoi pavqh, poiché siamo tutti effimeri, sottoposti al dolore e destinati alla morte.
" Fammi sapere-continua Teseo- infatti dovresti raccontarmi misfatti atroci perché mi sottraessi; poiché so che anche io sono stato allevato da straniero, come te, e in terra straniera ho affrontato più di ogni altro uomo lotte rischiose per la mia vita, sicché non rifuggirei dal salvare nessuno straniero, come ora sei tu, in quanto so bene di essere uomo (e[xoid j ajnh;r w[n, v. 567) e so che del domani nessun attimo appartiene più a me che a te"(vv.560-568).
A queste parole si può accostare l’homo sum di Terenzio : "Homo sum: humani nil a me alienum puto"[8].
E anche le parole di Antigone a Creonte il quale ha decretato che deve rimanere insepolto Polinice in quanto oujcqrov" il nemico, che non può essergli caro (fivlo", Antigone, v. 522) Ebbene la ragazza che è nipote di Creonte come suo fratello Polinice, ribatte : " ou[toi sunevcqein ajlla; sumfilei'n e[fun", ( Sofocle, Antigone, v. 523), non sono cero nata per condividere l'odio, ma l'amore. Parole che le costeranno la vita ma le salvano l’identità di persona umana. Questo è l’umanesimo: amore per l’umanità.
giovanni ghiselli
Sintesi estrema del mio metodo. Continuino a collaborare con me quelli cui piace il mio modo di lavorare
La mia proposta è partire dai testi migliori. Prendere prima un autore, poi altri, poi magari un genere o un argomento. Per quanto riguarda l’autore di avvio, bisogna partire da una citazione particolarmente bella e significativa della sua opera, ovviamente nella lingua originaria, quindi chiarire Omero con Omero come suggerisce Aristarco di Samotracia, e in seguito Omero con gli autori successivi che lo hanno riutilizzato o criticato: da Mimnermo a Joyce.
E così via: l’Antigone di Sofocle va chiarita prima con tutte le altre tragedie di Sofocle, poi con l’Anonimo Sul sublime, con la Tebaide di Stazio, con l’Antigone di Alfieri e così via.
Spiegare Euripide con Euripide, poi con Aristofane, con Seneca, con Nietzsche. Quindi spiegare Seneca con Shakespeare e con Alfieri. Insomma consiglio un metodo comparativo.
Si deve chiarire l’autore anche facendo conoscere la storia attraverso gli storiografi Erodoto, Tucidide, Senofonte, Polibio e Plutarco et ceteri, ovviamente, non per mezzo dei manuali. Si devono presentare pure la filosofia e la storia dell’arte.
I presocratici, Platone e le filosofie ellenistiche. Si possono confrontare i grandi personaggi della storia, come Alessandro Magno, con gli eroi dei testi e del mito. Sarà bene fare conoscere interpretazioni diverse, anche contrastive. L’eroe macedone per esempio è ben visto da Plutarco e Arriano e maltrattato da Livio, Seneca e Lucano.
Per quanto riguarda le arti figurative, il frontone occidentale del tempio di Zeus a Olimpia fa vedere la lotta tra il caos e il cosmo, tra la barbarie e la civiltà come si può leggere in molti testi letterari (i persiani di Eschilo, o l’ Ifigenia in Aulide e in Tauride di Euripide, per esempio).
Tutto va presentato in modo problematico come fanno i tragici, soprattutto Eschilo e Euripide perfino con un matricidio, quello di Oreste
Per essere ascoltati o letti, dobbiamo fare in nodo che i gli uditori, o i lettori, sentano che questi autori parlano di tutti noi e che conoscerli significa acquisire parole e idee attraverso le quali viene estesa e potenziata la stessa vita. Leggere i classici significa conoscere se stesso, secondo la scritta delfica kata; to; Delfiko;n gravmma per vedere se per caso siamo bestie più intricate e più invase da brame di Tifone o se siamo esseri viventi (zw`/on) più miti e semplici, partecipi per natura di una sorte divina e priva di superbia fumosa (Fedro, 230a)
Insomma dobbiamo emanciparci dai luoghi comuni della volgarità diffusa dall’ignoranza per diventare ciascuno chi davvero è, l’uomo umano che è, se lo è, come suggerisce Pindaro (gevnoio oi|o~ ejssiv" Pitica II v. 72).
Ognuno dovrebbe assumere l’identità propria e mettendo via quella gregaria.
Bologna 23 gennaio 2021 ore 13, 45
giovanni ghiselli
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Gianni Ghiselli
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In breve…
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Ha lavorato presso Liceo Classico Marco Minghetti
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Ha frequentato Liceo Classico Pesaro Mamiani L. Classico
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Gianni Ghiselli
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Euripide 41
La potenza della Tuvch in Euripide. L’umanesimo di Euripide (Pohlenz)
Con Euripide si trasformano o tramontano gli dèi tradizionali, almeno quelli la parte delfico apollinea; al loro posto si alza nel cielo la Tuvch ambigua e cangiante: l'infausta tuvch è subentrata ai fausti dèi. Ecuba la considera una dei tiranni di un'umanità rimasta senza fedi né valori, una specie di creature materialiste, sanguinarie, idolatre:" oujk e[sti qnhtw'n o{sti" e[st' ejleu…
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Gianni Ghiselli
1 h ·
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Euripide 41
La potenza della Tuvch in Euripide. L’umanesimo di Euripide (Pohlenz)
Con Euripide si trasformano o tramontano gli dèi tradizionali, almeno quelli la parte delfico apollinea; al loro posto si alza nel cielo la Tuvch ambigua e cangiante: l'infausta tuvch è subentrata ai fausti dèi. Ecuba la considera una dei tiranni di un'umanità rimasta senza fedi né valori, una specie di creature materialiste, sanguinarie, idolatre:" oujk e[sti qnhtw'n o{sti" e[st' ejleu…
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Gianni Ghiselli
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Euripide 40
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Euripide è pro o contro Dioniso?
Poi: è’ razionalista o irrazionalista?
Due pareri autorevoli: Eric Dodds e Gilbert Murray…
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Gianni Ghiselli
16 h ·
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Debrecen estate 1979 sezione 79
La degradazione
Il 20 agosto ci portarono a Visegrád, sul gomito del Danubio, dove il 20 agosto di cinque anni prima avevo passato uno dei pomeriggi più intensi e belli della mia vita con Päivi e gli amici, ancora tutti presenti e vivi in quel tempo remoto. Allora avevo visto quel luogo come la pianura iperurania della verità scesa sulla terra dove le idèe erano entrate nelle cose. …
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Gianni Ghiselli
19 h ·
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Il “social” maestro di infelicità. Euripide 39
Questo post si trova nel blog completo di note.
“Dopo la morte della bimba di 10 anni in una sfida estrema. Il padre: “Voleva diventare una star social ma è caduta in una trappola” (“la Repubblica” 23 gennaio, 2021, p. 19)
La trappola talvolta mortale sta proprio nel voler diventare una star. La morte di quella povera bambina è da addebitare al sistema per cui diventi una stella o non sei nessuno.
Diventare star poi significa avere molta visibilità e molto denaro.
I Greci mi hanno educato in tutt’altro modo.
Socrate diceva che non si faceva dare soldi.
Nell’Apologia di Socrate, scritta da Platone, il maestro dell’autore confuta le dicerie infamanti sul poprio conto: kaˆ cr»mata pr£ttomai, oÙd� toàto ¢lhqšj., e non è vero nemmeno che io faccio del denaro (19, d-e).
Nei Memorabili di Senofonte, l’altro allievo di Socrate che nulla ha lasciato scritto, il maestro discute con Antifonte sofista che gli rinfaccia la povertà: “ kai; mh;n crhvmata ge ouj lambavnei", a} kai; ktwmevnou" eujfraivnei kai; kekthmevnou" ejleuqeriwvterovn te kai; h{dion poi`ei zh`n”, e tu non prendi denaro che porta gioia a chi lo acquista e fa vivere chi lo possiede in modo più libero e più piacevole.
Il sofista conclude dicendo a Socrate: novmize kakodaminiva" didavskalo" ei\nai, sappi che sei maestro di infelicità
Socrate gli risponde che i sofisti i quali vendono sapienza sono come le puttane che mercificano la bellezza: se uno vende per denaro la bellezza –povrnon aujto;n ajpokalou`sin- lo chiamano puttana, e lo stesso accade ai sofisti che vendono la sapienza th;n sofivan wJsauvtw" tou;" me;n argurivou tw`/ boulomevnw/ pwlou`nte" w{sper povrnou" (I, 6, 3-4).
mie”. Questa parte mi è stata ispirata da una discussione che ho avuto oggi sul dilemma: noi professori e studiosi dobbiamo fare conferenze solo se ci pagano? Uno di noi sosteneva che la nostra professionalità deve essere remunerata come altre specialistiche. Per giunta la nostra specializzazione, se coltivata per tutta la vita, è una delle più rare al mondo.
Questo è vero. Ma ho preso le distanze dal collega
La mia posizione che ho ripetuto oggi e ripeto anche ora perché mi sembra più elegante e più congeniale a me e a quello che insegno, la dissi per la prima volta anni fa a una collega che mi invitò a parlare di Medea in un liceo di Perugia. Eravamo da un altro collega nel liceo Properzio di Assisi.
“Quanto costi? Mi domandò. “Dipende”, risposi. “Se avete molti soldi costo molto, se pochi, poco, se non ne avete, verrò gratis e a spese mie
Ma torniamo al nostro Euripide
Nelle Fenicie troviamo un contrasto fra Eteocle che sostiene il proprio potere assoluto, e Giocasta che gli fa notare la presenza dell’uguaglianza nel cosmo.
Eteocle incentra tutto il suo elogio della tirannide sul "di più", Giocasta obietta:"tiv d j e[sti to; plevon; o[nom j e[cei monon:/ejpei; tav g j ajrkounq j iJkana; toi'" ge swvfrosin", vv. 553-554, che cosa è il più? ha soltanto un nome; poiché il necessario basta ai saggi. Le ricchezze non sono proprietà privata dei mortali, noi amministriamo quelle ricevute dagli dèi: quando vogliono, a turno, ce le portano via di nuovo.
Giocasta, anzi, propugna l'uguaglianza più in generale:"kei'no kavllion, tevknon,-ijsovthta tima'n" (Fenicie, vv. 535-536), quello è più bello, figlio, onorare l'uguaglianza; infatti essa è legge cosmica:"nukto;" t j ajfegge;" blevfaron hJlivou te fw'"-i[son badivzei to;n ejniauvson kuvklon" ( vv. 543-544), l'oscura palpebra della notte e la luce del sole percorrono uguale il ciclo annuo. Ora se il sole e la notte si assoggettano a queste misure , domanda la madre, tu non tollererai di avere una parte uguale del palazzo (su; d j oujk ajnevxh/ dwmavtwn e[cwn i[son, v. 547) e di attribuire l'altra a tuo fratello? E dov'è la giustizia? Perché tu la tirannide, un'ingiustizia fortunata (tiv th;n turannivd j, ajdikivan eujdaivmona, v. 549), la onori eccessivamente e pensi che sia un gran che?
Pensi che essere guardati sia segno di valore? E' cosa vuota (kenovn, v. 551) di fatto. O vuoi avere molte pene con molte cose nella casa?
Anche questo raccontavo ai miei allievi perché si immunizzassero, si vaccinassero dal virus della pubblicità
giovanni ghiselli
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Ce ne fossero di più di professori così,di quelli che davvero insegnano a vivere
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- · 14 h
con piacere.grazie
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Gianni Ghiselli
22 h ·
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Sintesi estrema del mio metodo. Continuino a collaborare con me quelli cui piace il mio modo di lavorare
La mia proposta è partire dai testi migliori. Prendere prima un autore, poi altri, poi magari un genere o un argomento. Per quanto riguarda l’autore di avvio, bisogna partire da una citazione particolarmente bella e significativa della sua opera, ovviamente nella lingua originaria, quindi chiarire Omero con Omero come suggerisce Aristarco di Samotracia, e in seguito Omero con gli autori successivi che lo hanno riutilizzato o criticato: da Mimnermo a Joyce.
E così via: l’Antigone di Sofocle va chiarita prima con tutte le altre tragedie di Sofocle, poi con l’Anonimo Sul sublime, con la Tebaide di Stazio, con l’Antigone di Alfieri e così via.
Spiegare Euripide con Euripide, poi con Aristofane, con Seneca, con Nietzsche. Quindi spiegare Seneca con Shakespeare e con Alfieri. Insomma consiglio un metodo comparativo.
Si deve chiarire l’autore anche facendo conoscere la storia attraverso gli storiografi Erodoto, Tucidide, Senofonte, Polibio e Plutarco et ceteri, ovviamente, non per mezzo dei manuali. Si devono presentare pure la filosofia e la storia dell’arte.
I presocratici, Platone e le filosofie ellenistiche. Si possono confrontare i grandi personaggi della storia, come Alessandro Magno, con gli eroi dei testi e del mito. Sarà bene fare conoscere interpretazioni diverse, anche contrastive. L’eroe macedone per esempio è ben visto da Plutarco e Arriano e maltrattato da Livio, Seneca e Lucano.
Per quanto riguarda le arti figurative, il frontone occidentale del tempio di Zeus a Olimpia fa vedere la lotta tra il caos e il cosmo, tra la barbarie e la civiltà come si può leggere in molti testi letterari (i persiani di Eschilo, o l’ Ifigenia in Aulide e in Tauride di Euripide, per esempio).
Tutto va presentato in modo problematico come fanno i tragici, soprattutto Eschilo e Euripide perfino con un matricidio, quello di Oreste
Per essere ascoltati o letti, dobbiamo fare in nodo che i gli uditori, o i lettori, sentano che questi autori parlano di tutti noi e che conoscerli significa acquisire parole e idee attraverso le quali viene estesa e potenziata la stessa vita. Leggere i classici significa conoscere se stesso, secondo la scritta delfica kata; to; Delfiko;n gravmma per vedere se per caso siamo bestie più intricate e più invase da brame di Tifone o se siamo esseri viventi (zw`/on) più miti e semplici, partecipi per natura di una sorte divina e priva di superbia fumosa (Fedro, 230a)
Insomma dobbiamo emanciparci dai luoghi comuni della volgarità diffusa dall’ignoranza per diventare ciascuno chi davvero è, l’uomo umano che è, se lo è, come suggerisce Pindaro (gevnoio oi|o~ ejssiv" Pitica II v. 72).
Ognuno dovrebbe assumere l’identità propria e mettendo via quella gregaria.
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Un metodo fecondo che ha già formato tanti allievi della Scuola di Specializzazione per l'insegnamento di Bologna..Io ne sono modesto testimone.
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Grazie roberto gianni
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A lei professore!
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Gianni Ghiselli
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Cari allievi e lettori,
Ringrazio quanti mi scrivono su facebook. Siete molto graditi. Devo rispondervi collettivamente perché il mio computer è vecchio e spesso si blocca. Me ne procurerò presto uno non peggiore come disse Archiloco a proposito dello scudo perduto.
A presto carissimi
Gianni
p.s…
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noi avevamo già iniziato una conversazione organica e impegnata, in cui mi avevi fornito anche un indirizzo mail per l'invio di allegati...che però non funzionava...e nella messaggeria fb non mi rispondi...che fare?
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- · 23 h
Gianni Ghiselli
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Euripide 38
Argomento
Il dionisiaco nel I Stasimo e nella Parodo delle Baccanti…
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Un applauso! Impareggiabile!
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Gianni Ghiselli
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Euripide 37
Argomenti
Il dionisiaco nelle Baccanti di Euripide.
Inserire i mostri della notte nel culto degli dei.
Nietzsche, poi Goethe e Thomas Mann…
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Mitico prof!
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Gianni Ghiselli
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Euripide 36
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Condanna della guerra nelle Troiane di Euripide che invece nell’Andromaca semina odio contro gli Spartani e nell’Ifigenia in Aulide fa proclamare dalla protagonista una sorta di guerra santa contro i barbari.
La cosiddetta (da Jaeger) “intonazione lirica della realtà” con gli esempi dell’Ippolito e dello Ione. …
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Immenso prof.! Ci ricordi anche la poesia di Brecht!
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Gianni Ghiselli
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Euripide 35
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Leggere Euripide è utile a quanti vogliono trattare cause giudiziarie. Il processo a Elena accusata da Ecuba nelle Troiane.
Euripide anticipa alcuni temi e aspetti della successiva letteratura ellenistica.…
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Gianni Ghiselli
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La bambina uccisa dalla “Blackout challenge” su “Tik Tok”.
Il cellulare portatore di tante morti questa volta ha ucciso una bambina di 10 anni.
Leggo sul quotidiano “la Repubblica” di oggi, a pagina 21: “Antonella ha partecipato al “Blackout challenge” su Tik Tok”, il social tra i più seguiti dagli adolescenti”.
Questi poveri bambini e ragazzi non difesi dalle letture di libri buoni né da esperienze salutari sono gli agnelli sacrificali della società dell’ignoranza e dei con…
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Ho avuto la fortuna di avere una nonna meravigliosa ( viveva con la mia famiglia) che raccontava a me e ai miei fratellini e sorelline delle favole meravigliose, e noi a dire sempre "e allora? Nonna continua" . Che magica infanzia. La fortuna di vivere…
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Euripide 34
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Afrodite.
I miti con lo Zeus donnaiolo vengono impiegati sofisticamente da alcuni autori per coonestare l’adulterio.…
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Senza mezzi termini e con quanta passione Saffo ci parla dell'amore !Margherita
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- Giovanni ghiselli
Gianni Ghiselli
http://giovannighiselli.blogspot.it/ - per favore non scrivetemi su messenger, ma a g.ghiselli@tin.it
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In breve…
Blogger presso http://giovannighiselli.blogspot.it/
Ha lavorato presso Liceo Classico Marco Minghetti
Ha lavorato presso Liceo Classico Luigi Galvani
Ha lavorato presso Università di Bologna
Ha studiato presso Università di Bologna
Ha frequentato Liceo Classico Pesaro Mamiani L. Classico
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Gianni Ghiselli
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Euripide 41
La potenza della Tuvch in Euripide. L’umanesimo di Euripide (Pohlenz)
Con Euripide si trasformano o tramontano gli dèi tradizionali, almeno quelli la parte delfico apollinea; al loro posto si alza nel cielo la Tuvch ambigua e cangiante: l'infausta tuvch è subentrata ai fausti dèi. Ecuba la considera una dei tiranni di un'umanità rimasta senza fedi né valori, una specie di creature materialiste, sanguinarie, idolatre:" oujk e[sti qnhtw'n o{sti" e[st' ejleu…
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Gianni Ghiselli
1 h ·
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Euripide 41
La potenza della Tuvch in Euripide. L’umanesimo di Euripide (Pohlenz)
Con Euripide si trasformano o tramontano gli dèi tradizionali, almeno quelli la parte delfico apollinea; al loro posto si alza nel cielo la Tuvch ambigua e cangiante: l'infausta tuvch è subentrata ai fausti dèi. Ecuba la considera una dei tiranni di un'umanità rimasta senza fedi né valori, una specie di creature materialiste, sanguinarie, idolatre:" oujk e[sti qnhtw'n o{sti" e[st' ejleu…
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Gianni Ghiselli
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Euripide 40
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Euripide è pro o contro Dioniso?
Poi: è’ razionalista o irrazionalista?
Due pareri autorevoli: Eric Dodds e Gilbert Murray…
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Gianni Ghiselli
16 h ·
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Debrecen estate 1979 sezione 79
La degradazione
Il 20 agosto ci portarono a Visegrád, sul gomito del Danubio, dove il 20 agosto di cinque anni prima avevo passato uno dei pomeriggi più intensi e belli della mia vita con Päivi e gli amici, ancora tutti presenti e vivi in quel tempo remoto. Allora avevo visto quel luogo come la pianura iperurania della verità scesa sulla terra dove le idèe erano entrate nelle cose. …
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Gianni Ghiselli
19 h ·
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Il “social” maestro di infelicità. Euripide 39
Questo post si trova nel blog completo di note.
“Dopo la morte della bimba di 10 anni in una sfida estrema. Il padre: “Voleva diventare una star social ma è caduta in una trappola” (“la Repubblica” 23 gennaio, 2021, p. 19)
La trappola talvolta mortale sta proprio nel voler diventare una star. La morte di quella povera bambina è da addebitare al sistema per cui diventi una stella o non sei nessuno.
Diventare star poi significa avere molta visibilità e molto denaro.
I Greci mi hanno educato in tutt’altro modo.
Socrate diceva che non si faceva dare soldi.
Nell’Apologia di Socrate, scritta da Platone, il maestro dell’autore confuta le dicerie infamanti sul poprio conto: kaˆ cr»mata pr£ttomai, oÙd� toàto ¢lhqšj., e non è vero nemmeno che io faccio del denaro (19, d-e).
Nei Memorabili di Senofonte, l’altro allievo di Socrate che nulla ha lasciato scritto, il maestro discute con Antifonte sofista che gli rinfaccia la povertà: “ kai; mh;n crhvmata ge ouj lambavnei", a} kai; ktwmevnou" eujfraivnei kai; kekthmevnou" ejleuqeriwvterovn te kai; h{dion poi`ei zh`n”, e tu non prendi denaro che porta gioia a chi lo acquista e fa vivere chi lo possiede in modo più libero e più piacevole.
Il sofista conclude dicendo a Socrate: novmize kakodaminiva" didavskalo" ei\nai, sappi che sei maestro di infelicità
Socrate gli risponde che i sofisti i quali vendono sapienza sono come le puttane che mercificano la bellezza: se uno vende per denaro la bellezza –povrnon aujto;n ajpokalou`sin- lo chiamano puttana, e lo stesso accade ai sofisti che vendono la sapienza th;n sofivan wJsauvtw" tou;" me;n argurivou tw`/ boulomevnw/ pwlou`nte" w{sper povrnou" (I, 6, 3-4).
mie”. Questa parte mi è stata ispirata da una discussione che ho avuto oggi sul dilemma: noi professori e studiosi dobbiamo fare conferenze solo se ci pagano? Uno di noi sosteneva che la nostra professionalità deve essere remunerata come altre specialistiche. Per giunta la nostra specializzazione, se coltivata per tutta la vita, è una delle più rare al mondo.
Questo è vero. Ma ho preso le distanze dal collega
La mia posizione che ho ripetuto oggi e ripeto anche ora perché mi sembra più elegante e più congeniale a me e a quello che insegno, la dissi per la prima volta anni fa a una collega che mi invitò a parlare di Medea in un liceo di Perugia. Eravamo da un altro collega nel liceo Properzio di Assisi.
“Quanto costi? Mi domandò. “Dipende”, risposi. “Se avete molti soldi costo molto, se pochi, poco, se non ne avete, verrò gratis e a spese mie
Ma torniamo al nostro Euripide
Nelle Fenicie troviamo un contrasto fra Eteocle che sostiene il proprio potere assoluto, e Giocasta che gli fa notare la presenza dell’uguaglianza nel cosmo.
Eteocle incentra tutto il suo elogio della tirannide sul "di più", Giocasta obietta:"tiv d j e[sti to; plevon; o[nom j e[cei monon:/ejpei; tav g j ajrkounq j iJkana; toi'" ge swvfrosin", vv. 553-554, che cosa è il più? ha soltanto un nome; poiché il necessario basta ai saggi. Le ricchezze non sono proprietà privata dei mortali, noi amministriamo quelle ricevute dagli dèi: quando vogliono, a turno, ce le portano via di nuovo.
Giocasta, anzi, propugna l'uguaglianza più in generale:"kei'no kavllion, tevknon,-ijsovthta tima'n" (Fenicie, vv. 535-536), quello è più bello, figlio, onorare l'uguaglianza; infatti essa è legge cosmica:"nukto;" t j ajfegge;" blevfaron hJlivou te fw'"-i[son badivzei to;n ejniauvson kuvklon" ( vv. 543-544), l'oscura palpebra della notte e la luce del sole percorrono uguale il ciclo annuo. Ora se il sole e la notte si assoggettano a queste misure , domanda la madre, tu non tollererai di avere una parte uguale del palazzo (su; d j oujk ajnevxh/ dwmavtwn e[cwn i[son, v. 547) e di attribuire l'altra a tuo fratello? E dov'è la giustizia? Perché tu la tirannide, un'ingiustizia fortunata (tiv th;n turannivd j, ajdikivan eujdaivmona, v. 549), la onori eccessivamente e pensi che sia un gran che?
Pensi che essere guardati sia segno di valore? E' cosa vuota (kenovn, v. 551) di fatto. O vuoi avere molte pene con molte cose nella casa?
Anche questo raccontavo ai miei allievi perché si immunizzassero, si vaccinassero dal virus della pubblicità
giovanni ghiselli
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Ce ne fossero di più di professori così,di quelli che davvero insegnano a vivere
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con piacere.grazie
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Gianni Ghiselli
22 h ·
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Sintesi estrema del mio metodo. Continuino a collaborare con me quelli cui piace il mio modo di lavorare
La mia proposta è partire dai testi migliori. Prendere prima un autore, poi altri, poi magari un genere o un argomento. Per quanto riguarda l’autore di avvio, bisogna partire da una citazione particolarmente bella e significativa della sua opera, ovviamente nella lingua originaria, quindi chiarire Omero con Omero come suggerisce Aristarco di Samotracia, e in seguito Omero con gli autori successivi che lo hanno riutilizzato o criticato: da Mimnermo a Joyce.
E così via: l’Antigone di Sofocle va chiarita prima con tutte le altre tragedie di Sofocle, poi con l’Anonimo Sul sublime, con la Tebaide di Stazio, con l’Antigone di Alfieri e così via.
Spiegare Euripide con Euripide, poi con Aristofane, con Seneca, con Nietzsche. Quindi spiegare Seneca con Shakespeare e con Alfieri. Insomma consiglio un metodo comparativo.
Si deve chiarire l’autore anche facendo conoscere la storia attraverso gli storiografi Erodoto, Tucidide, Senofonte, Polibio e Plutarco et ceteri, ovviamente, non per mezzo dei manuali. Si devono presentare pure la filosofia e la storia dell’arte.
I presocratici, Platone e le filosofie ellenistiche. Si possono confrontare i grandi personaggi della storia, come Alessandro Magno, con gli eroi dei testi e del mito. Sarà bene fare conoscere interpretazioni diverse, anche contrastive. L’eroe macedone per esempio è ben visto da Plutarco e Arriano e maltrattato da Livio, Seneca e Lucano.
Per quanto riguarda le arti figurative, il frontone occidentale del tempio di Zeus a Olimpia fa vedere la lotta tra il caos e il cosmo, tra la barbarie e la civiltà come si può leggere in molti testi letterari (i persiani di Eschilo, o l’ Ifigenia in Aulide e in Tauride di Euripide, per esempio).
Tutto va presentato in modo problematico come fanno i tragici, soprattutto Eschilo e Euripide perfino con un matricidio, quello di Oreste
Per essere ascoltati o letti, dobbiamo fare in nodo che i gli uditori, o i lettori, sentano che questi autori parlano di tutti noi e che conoscerli significa acquisire parole e idee attraverso le quali viene estesa e potenziata la stessa vita. Leggere i classici significa conoscere se stesso, secondo la scritta delfica kata; to; Delfiko;n gravmma per vedere se per caso siamo bestie più intricate e più invase da brame di Tifone o se siamo esseri viventi (zw`/on) più miti e semplici, partecipi per natura di una sorte divina e priva di superbia fumosa (Fedro, 230a)
Insomma dobbiamo emanciparci dai luoghi comuni della volgarità diffusa dall’ignoranza per diventare ciascuno chi davvero è, l’uomo umano che è, se lo è, come suggerisce Pindaro (gevnoio oi|o~ ejssiv" Pitica II v. 72).
Ognuno dovrebbe assumere l’identità propria e mettendo via quella gregaria.
Bologna 23 gennaio 2021 ore 13, 45
giovanni ghiselli
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Un metodo fecondo che ha già formato tanti allievi della Scuola di Specializzazione per l'insegnamento di Bologna..Io ne sono modesto testimone.
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Grazie roberto gianni
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A lei professore!
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Gianni Ghiselli
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Cari allievi e lettori,
Ringrazio quanti mi scrivono su facebook. Siete molto graditi. Devo rispondervi collettivamente perché il mio computer è vecchio e spesso si blocca. Me ne procurerò presto uno non peggiore come disse Archiloco a proposito dello scudo perduto.
A presto carissimi
Gianni
p.s…
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noi avevamo già iniziato una conversazione organica e impegnata, in cui mi avevi fornito anche un indirizzo mail per l'invio di allegati...che però non funzionava...e nella messaggeria fb non mi rispondi...che fare?
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Gianni Ghiselli
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Euripide 38
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Il dionisiaco nel I Stasimo e nella Parodo delle Baccanti…
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Un applauso! Impareggiabile!
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Gianni Ghiselli
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Euripide 37
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Il dionisiaco nelle Baccanti di Euripide.
Inserire i mostri della notte nel culto degli dei.
Nietzsche, poi Goethe e Thomas Mann…
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Mitico prof!
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Gianni Ghiselli
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Euripide 36
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Condanna della guerra nelle Troiane di Euripide che invece nell’Andromaca semina odio contro gli Spartani e nell’Ifigenia in Aulide fa proclamare dalla protagonista una sorta di guerra santa contro i barbari.
La cosiddetta (da Jaeger) “intonazione lirica della realtà” con gli esempi dell’Ippolito e dello Ione. …
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Immenso prof.! Ci ricordi anche la poesia di Brecht!
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Gianni Ghiselli
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Leggere Euripide è utile a quanti vogliono trattare cause giudiziarie. Il processo a Elena accusata da Ecuba nelle Troiane.
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Il cellulare portatore di tante morti questa volta ha ucciso una bambina di 10 anni.
Leggo sul quotidiano “la Repubblica” di oggi, a pagina 21: “Antonella ha partecipato al “Blackout challenge” su Tik Tok”, il social tra i più seguiti dagli adolescenti”.
Questi poveri bambini e ragazzi non difesi dalle letture di libri buoni né da esperienze salutari sono gli agnelli sacrificali della società dell’ignoranza e dei con…
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Ha lavorato presso Liceo Classico Luigi Galvani
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La potenza della Tuvch in Euripide. L’umanesimo di Euripide (Pohlenz)
Con Euripide si trasformano o tramontano gli dèi tradizionali, almeno quelli la parte delfico apollinea; al loro posto si alza nel cielo la Tuvch ambigua e cangiante: l'infausta tuvch è subentrata ai fausti dèi. Ecuba la considera una dei tiranni di un'umanità rimasta senza fedi né valori, una specie di creature materialiste, sanguinarie, idolatre:" oujk e[sti qnhtw'n o{sti" e[st' ejleu…
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La potenza della Tuvch in Euripide. L’umanesimo di Euripide (Pohlenz)
Con Euripide si trasformano o tramontano gli dèi tradizionali, almeno quelli la parte delfico apollinea; al loro posto si alza nel cielo la Tuvch ambigua e cangiante: l'infausta tuvch è subentrata ai fausti dèi. Ecuba la considera una dei tiranni di un'umanità rimasta senza fedi né valori, una specie di creature materialiste, sanguinarie, idolatre:" oujk e[sti qnhtw'n o{sti" e[st' ejleu…
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Euripide è pro o contro Dioniso?
Poi: è’ razionalista o irrazionalista?
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Il 20 agosto ci portarono a Visegrád, sul gomito del Danubio, dove il 20 agosto di cinque anni prima avevo passato uno dei pomeriggi più intensi e belli della mia vita con Päivi e gli amici, ancora tutti presenti e vivi in quel tempo remoto. Allora avevo visto quel luogo come la pianura iperurania della verità scesa sulla terra dove le idèe erano entrate nelle cose. …
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Il “social” maestro di infelicità. Euripide 39
Questo post si trova nel blog completo di note.
“Dopo la morte della bimba di 10 anni in una sfida estrema. Il padre: “Voleva diventare una star social ma è caduta in una trappola” (“la Repubblica” 23 gennaio, 2021, p. 19)
La trappola talvolta mortale sta proprio nel voler diventare una star. La morte di quella povera bambina è da addebitare al sistema per cui diventi una stella o non sei nessuno.
Diventare star poi significa avere molta visibilità e molto denaro.
I Greci mi hanno educato in tutt’altro modo.
Socrate diceva che non si faceva dare soldi.
Nell’Apologia di Socrate, scritta da Platone, il maestro dell’autore confuta le dicerie infamanti sul poprio conto: kaˆ cr»mata pr£ttomai, oÙd� toàto ¢lhqšj., e non è vero nemmeno che io faccio del denaro (19, d-e).
Nei Memorabili di Senofonte, l’altro allievo di Socrate che nulla ha lasciato scritto, il maestro discute con Antifonte sofista che gli rinfaccia la povertà: “ kai; mh;n crhvmata ge ouj lambavnei", a} kai; ktwmevnou" eujfraivnei kai; kekthmevnou" ejleuqeriwvterovn te kai; h{dion poi`ei zh`n”, e tu non prendi denaro che porta gioia a chi lo acquista e fa vivere chi lo possiede in modo più libero e più piacevole.
Il sofista conclude dicendo a Socrate: novmize kakodaminiva" didavskalo" ei\nai, sappi che sei maestro di infelicità
Socrate gli risponde che i sofisti i quali vendono sapienza sono come le puttane che mercificano la bellezza: se uno vende per denaro la bellezza –povrnon aujto;n ajpokalou`sin- lo chiamano puttana, e lo stesso accade ai sofisti che vendono la sapienza th;n sofivan wJsauvtw" tou;" me;n argurivou tw`/ boulomevnw/ pwlou`nte" w{sper povrnou" (I, 6, 3-4).
mie”. Questa parte mi è stata ispirata da una discussione che ho avuto oggi sul dilemma: noi professori e studiosi dobbiamo fare conferenze solo se ci pagano? Uno di noi sosteneva che la nostra professionalità deve essere remunerata come altre specialistiche. Per giunta la nostra specializzazione, se coltivata per tutta la vita, è una delle più rare al mondo.
Questo è vero. Ma ho preso le distanze dal collega
La mia posizione che ho ripetuto oggi e ripeto anche ora perché mi sembra più elegante e più congeniale a me e a quello che insegno, la dissi per la prima volta anni fa a una collega che mi invitò a parlare di Medea in un liceo di Perugia. Eravamo da un altro collega nel liceo Properzio di Assisi.
“Quanto costi? Mi domandò. “Dipende”, risposi. “Se avete molti soldi costo molto, se pochi, poco, se non ne avete, verrò gratis e a spese mie
Ma torniamo al nostro Euripide
Nelle Fenicie troviamo un contrasto fra Eteocle che sostiene il proprio potere assoluto, e Giocasta che gli fa notare la presenza dell’uguaglianza nel cosmo.
Eteocle incentra tutto il suo elogio della tirannide sul "di più", Giocasta obietta:"tiv d j e[sti to; plevon; o[nom j e[cei monon:/ejpei; tav g j ajrkounq j iJkana; toi'" ge swvfrosin", vv. 553-554, che cosa è il più? ha soltanto un nome; poiché il necessario basta ai saggi. Le ricchezze non sono proprietà privata dei mortali, noi amministriamo quelle ricevute dagli dèi: quando vogliono, a turno, ce le portano via di nuovo.
Giocasta, anzi, propugna l'uguaglianza più in generale:"kei'no kavllion, tevknon,-ijsovthta tima'n" (Fenicie, vv. 535-536), quello è più bello, figlio, onorare l'uguaglianza; infatti essa è legge cosmica:"nukto;" t j ajfegge;" blevfaron hJlivou te fw'"-i[son badivzei to;n ejniauvson kuvklon" ( vv. 543-544), l'oscura palpebra della notte e la luce del sole percorrono uguale il ciclo annuo. Ora se il sole e la notte si assoggettano a queste misure , domanda la madre, tu non tollererai di avere una parte uguale del palazzo (su; d j oujk ajnevxh/ dwmavtwn e[cwn i[son, v. 547) e di attribuire l'altra a tuo fratello? E dov'è la giustizia? Perché tu la tirannide, un'ingiustizia fortunata (tiv th;n turannivd j, ajdikivan eujdaivmona, v. 549), la onori eccessivamente e pensi che sia un gran che?
Pensi che essere guardati sia segno di valore? E' cosa vuota (kenovn, v. 551) di fatto. O vuoi avere molte pene con molte cose nella casa?
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Sintesi estrema del mio metodo. Continuino a collaborare con me quelli cui piace il mio modo di lavorare
La mia proposta è partire dai testi migliori. Prendere prima un autore, poi altri, poi magari un genere o un argomento. Per quanto riguarda l’autore di avvio, bisogna partire da una citazione particolarmente bella e significativa della sua opera, ovviamente nella lingua originaria, quindi chiarire Omero con Omero come suggerisce Aristarco di Samotracia, e in seguito Omero con gli autori successivi che lo hanno riutilizzato o criticato: da Mimnermo a Joyce.
E così via: l’Antigone di Sofocle va chiarita prima con tutte le altre tragedie di Sofocle, poi con l’Anonimo Sul sublime, con la Tebaide di Stazio, con l’Antigone di Alfieri e così via.
Spiegare Euripide con Euripide, poi con Aristofane, con Seneca, con Nietzsche. Quindi spiegare Seneca con Shakespeare e con Alfieri. Insomma consiglio un metodo comparativo.
Si deve chiarire l’autore anche facendo conoscere la storia attraverso gli storiografi Erodoto, Tucidide, Senofonte, Polibio e Plutarco et ceteri, ovviamente, non per mezzo dei manuali. Si devono presentare pure la filosofia e la storia dell’arte.
I presocratici, Platone e le filosofie ellenistiche. Si possono confrontare i grandi personaggi della storia, come Alessandro Magno, con gli eroi dei testi e del mito. Sarà bene fare conoscere interpretazioni diverse, anche contrastive. L’eroe macedone per esempio è ben visto da Plutarco e Arriano e maltrattato da Livio, Seneca e Lucano.
Per quanto riguarda le arti figurative, il frontone occidentale del tempio di Zeus a Olimpia fa vedere la lotta tra il caos e il cosmo, tra la barbarie e la civiltà come si può leggere in molti testi letterari (i persiani di Eschilo, o l’ Ifigenia in Aulide e in Tauride di Euripide, per esempio).
Tutto va presentato in modo problematico come fanno i tragici, soprattutto Eschilo e Euripide perfino con un matricidio, quello di Oreste
Per essere ascoltati o letti, dobbiamo fare in nodo che i gli uditori, o i lettori, sentano che questi autori parlano di tutti noi e che conoscerli significa acquisire parole e idee attraverso le quali viene estesa e potenziata la stessa vita. Leggere i classici significa conoscere se stesso, secondo la scritta delfica kata; to; Delfiko;n gravmma per vedere se per caso siamo bestie più intricate e più invase da brame di Tifone o se siamo esseri viventi (zw`/on) più miti e semplici, partecipi per natura di una sorte divina e priva di superbia fumosa (Fedro, 230a)
Insomma dobbiamo emanciparci dai luoghi comuni della volgarità diffusa dall’ignoranza per diventare ciascuno chi davvero è, l’uomo umano che è, se lo è, come suggerisce Pindaro (gevnoio oi|o~ ejssiv" Pitica II v. 72).
Ognuno dovrebbe assumere l’identità propria e mettendo via quella gregaria.
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Ringrazio quanti mi scrivono su facebook. Siete molto graditi. Devo rispondervi collettivamente perché il mio computer è vecchio e spesso si blocca. Me ne procurerò presto uno non peggiore come disse Archiloco a proposito dello scudo perduto.
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Il dionisiaco nel I Stasimo e nella Parodo delle Baccanti…
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Euripide 36
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Condanna della guerra nelle Troiane di Euripide che invece nell’Andromaca semina odio contro gli Spartani e nell’Ifigenia in Aulide fa proclamare dalla protagonista una sorta di guerra santa contro i barbari.
La cosiddetta (da Jaeger) “intonazione lirica della realtà” con gli esempi dell’Ippolito e dello Ione. …
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Immenso prof.! Ci ricordi anche la poesia di Brecht!
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Gianni Ghiselli
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Euripide 35
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Leggere Euripide è utile a quanti vogliono trattare cause giudiziarie. Il processo a Elena accusata da Ecuba nelle Troiane.
Euripide anticipa alcuni temi e aspetti della successiva letteratura ellenistica.…
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Gianni Ghiselli
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La bambina uccisa dalla “Blackout challenge” su “Tik Tok”.
Il cellulare portatore di tante morti questa volta ha ucciso una bambina di 10 anni.
Leggo sul quotidiano “la Repubblica” di oggi, a pagina 21: “Antonella ha partecipato al “Blackout challenge” su Tik Tok”, il social tra i più seguiti dagli adolescenti”.
Questi poveri bambini e ragazzi non difesi dalle letture di libri buoni né da esperienze salutari sono gli agnelli sacrificali della società dell’ignoranza e dei con…
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Ho avuto la fortuna di avere una nonna meravigliosa ( viveva con la mia famiglia) che raccontava a me e ai miei fratellini e sorelline delle favole meravigliose, e noi a dire sempre "e allora? Nonna continua" . Che magica infanzia. La fortuna di vivere…
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Gianni Ghiselli
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Euripide 34
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Afrodite.
I miti con lo Zeus donnaiolo vengono impiegati sofisticamente da alcuni autori per coonestare l’adulterio.…
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Senza mezzi termini e con quanta passione Saffo ci parla dell'amore !Margherita
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Un metodo fecondo che ha già formato tanti allievi della Scuola di Specializzazione per l'insegnamento di Bologna..Io ne sono modesto testimone.
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Grazie roberto gianni
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A lei professore!
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Il “social” maestro di infelicità. Euripide 39
Questo post si trova nel blog completo di note.
“Dopo la morte della bimba di 10 anni in una sfida estrema. Il padre: “Voleva diventare una star social ma è caduta in una trappola” (“la Repubblica” 23 gennaio, 2021, p. 19)
La trappola talvolta mortale sta proprio nel voler diventare una star. La morte di quella povera bambina è da addebitare al sistema per cui diventi una stella o non sei nessuno.
Diventare star poi significa avere molta visibilità e molto denaro.
I Greci mi hanno educato in tutt’altro modo.
Socrate diceva che non si faceva dare soldi.
Nell’Apologia di Socrate, scritta da Platone, il maestro dell’autore confuta le dicerie infamanti sul poprio conto: kaˆ cr»mata pr£ttomai, oÙd toàto ¢lhqšj., e non è vero nemmeno che io faccio del denaro (19, d-e).
Nei Memorabili di Senofonte, l’altro allievo di Socrate che nulla ha lasciato scritto, il maestro discute con Antifonte sofista che gli rinfaccia la povertà: “ kai; mh;n crhvmata ge ouj lambavnei", a} kai; ktwmevnou" eujfraivnei kai; kekthmevnou" ejleuqeriwvterovn te kai; h{dion poi`ei zh`n”, e tu non prendi denaro che porta gioia a chi lo acquista e fa vivere chi lo possiede in modo più libero e più piacevole.
Il sofista conclude dicendo a Socrate: novmize kakodaminiva" didavskalo" ei\nai, sappi che sei maestro di infelicità
Socrate gli risponde che i sofisti i quali vendono sapienza sono come le puttane che mercificano la bellezza: se uno vende per denaro la bellezza –povrnon aujto;n ajpokalou`sin- lo chiamano puttana, e lo stesso accade ai sofisti che vendono la sapienza th;n sofivan wJsauvtw" tou;" me;n argurivou tw`/ boulomevnw/ pwlou`nte" w{sper povrnou" (I, 6, 3-4).
mie”. Questa parte mi è stata ispirata da una discussione che ho avuto oggi sul dilemma: noi professori e studiosi dobbiamo fare conferenze solo se ci pagano? Uno di noi sosteneva che la nostra professionalità deve essere remunerata come altre specialistiche. Per giunta la nostra specializzazione, se coltivata per tutta la vita, è una delle più rare al mondo.
Questo è vero. Ma ho preso le distanze dal collega
La mia posizione che ho ripetuto oggi e ripeto anche ora perché mi sembra più elegante e più congeniale a me e a quello che insegno, la dissi per la prima volta anni fa a una collega che mi invitò a parlare di Medea in un liceo di Perugia. Eravamo da un altro collega nel liceo Properzio di Assisi.
“Quanto costi? Mi domandò. “Dipende”, risposi. “Se avete molti soldi costo molto, se pochi, poco, se non ne avete, verrò gratis e a spese mie
Ma torniamo al nostro Euripide
Nelle Fenicie troviamo un contrasto fra Eteocle che sostiene il proprio potere assoluto, e Giocasta che gli fa notare la presenza dell’uguaglianza nel cosmo.
Eteocle incentra tutto il suo elogio della tirannide sul "di più", Giocasta obietta:"tiv d j e[sti to; plevon; o[nom j e[cei monon:/ejpei; tav g j ajrkounq j iJkana; toi'" ge swvfrosin", vv. 553-554, che cosa è il più? ha soltanto un nome; poiché il necessario basta ai saggi. Le ricchezze non sono proprietà privata dei mortali, noi amministriamo quelle ricevute dagli dèi: quando vogliono, a turno, ce le portano via di nuovo.
Giocasta, anzi, propugna l'uguaglianza più in generale:"kei'no kavllion, tevknon,-ijsovthta tima'n" (Fenicie, vv. 535-536), quello è più bello, figlio, onorare l'uguaglianza; infatti essa è legge cosmica:"nukto;" t j ajfegge;" blevfaron hJlivou te fw'"-i[son badivzei to;n ejniauvson kuvklon" ( vv. 543-544), l'oscura palpebra della notte e la luce del sole percorrono uguale il ciclo annuo. Ora se il sole e la notte si assoggettano a queste misure[113], domanda la madre, tu non tollererai di avere una parte uguale del palazzo (su; d j oujk ajnevxh/ dwmavtwn e[cwn i[son, v. 547) e di attribuire l'altra a tuo fratello? E dov'è la giustizia? Perché tu la tirannide, un'ingiustizia fortunata (tiv th;n turannivd j, ajdikivan eujdaivmona, v. 549), la onori eccessivamente e pensi che sia un gran che?
Pensi che essere guardati sia segno di valore? E' cosa vuota (kenovn, v. 551) di fatto. O vuoi avere molte pene con molte cose nella casa?
Anche questo raccontavo ai miei allievi perché si immunizzassero, si vaccinassero dal virus della pubblicità
giovanni ghiselli
Sintesi estrema del mio metodo. Continuino a collaborare con me quelli cui piace il mio modo di lavorare
La mia proposta è partire dai testi migliori. Prendere prima un autore, poi altri, poi magari un genere o un argomento presente in diversi autori. Per quanto riguarda l’autore di avvio, bisogna partire da una citazione particolarmente bella e significativa della sua opera, ovviamente nella lingua originaria, quindi chiarire Omero con Omero come suggerisce Aristarco di Samotracia, e in seguito Omero con gli autori successivi che lo hanno riutilizzato o criticato: da Mimnermo a Joyce.
E così via: l’Antigone di Sofocle va chiarita prima con tutte le altre tragedie di Sofocle, poi con l’Anonimo Sul sublime, con la Tebaide di Stazio, con l’Antigone di Alfieri e così via.
Spiegare Euripide con Euripide, poi con Aristofane, con Seneca, con Nietzsche. Quindi spiegare Seneca con Shakespeare e con Alfieri. Insomma consiglio un metodo comparativo.
Si deve chiarire l’autore anche facendo conoscere la storia attraverso gli storiografi Erodoto, Tucidide, Senofonte, Polibio e Plutarco et ceteri, ovviamente, non per mezzo dei manuali. Si devono presentare pure la filosofia e la storia dell’arte.
I presocratici, Platone e le filosofie ellenistiche. Si possono confrontare i grandi personaggi della storia, come Alessandro Magno, con gli eroi dei testi e del mito. Sarà bene fare conoscere interpretazioni diverse, anche contrastive. L’eroe macedone per esempio è ben visto da Plutarco e Arriano e maltrattato da Livio, Seneca e Lucano.
Per quanto riguarda le arti figurative, il frontone occidentale del tempio di Zeus a Olimpia fa vedere la lotta tra il caos e il cosmo, tra la barbarie e la civiltà come si può leggere in molti testi letterari (i persiani di Eschilo, o l’ Ifigenia in Aulide e in Tauride di Euripide, per esempio).
Tutto va presentato in modo problematico come fanno i tragici, soprattutto Eschilo e Euripide perfino con un matricidio, quello di Oreste
Per essere ascoltati o letti, dobbiamo fare in nodo che i gli uditori, o i lettori, sentano che questi autori parlano di tutti noi e che conoscerli significa acquisire parole e idee attraverso le quali viene estesa e potenziata la stessa vita. Leggere i classici significa conoscere se stesso, secondo la scritta delfica kata; to; Delfiko;n gravmma per vedere se per caso siamo bestie più intricate e più invase da brame di Tifone o se siamo esseri viventi (zw`/on) più miti e semplici, partecipi per natura di una sorte divina e priva di superbia fumosa (Fedro, 230a)
Insomma dobbiamo emanciparci dai luoghi comuni della volgarità diffusa dall’ignoranza per diventare ciascuno chi davvero è, l’uomo umano che è, se lo è, come suggerisce Pindaro (gevnoio oi|o~ ejssiv" Pitica II v. 72).
Ognuno dovrebbe assumere l’identità propria e mettendo via quella gregaria.
Bologna 23 gennaio 2021 ore 13, 45
giovanni ghiselli
p. s
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Cari allievi e lettori,
Ringrazio quanti mi scrivono su facebook. Siete molto graditi. Devo rispondervi collettivamente perché il mio computer è vecchio e spesso si blocca. Me ne procurerò presto uno non peggiore come disse Archiloco a proposito dello scudo perduto.
A presto carissimi
Gianni
p.s
se volete una risposta individuale scrivetemi sulla posta elettronica g.ghiselli@tin.it
Euripide 38
Argomento
Il dionisiaco nel I Stasimo e nella Parodo delle Baccanti
Questo post si trova nel blog con le note
Le Baccanti hanno avuto interpretazioni contrastanti: secondo alcuni sono la palinodia dell'autore che torna alla religione dopo il razionalismo e la stanchezza postfilosofica; secondo altri costituiscono un' ulteriore condanna della religione.
La prima lettura è fondata in buona parte sui versi del Primo Stasimo (vv. 370-432). Sembra una scelta delle credenze popolari, contro il reo dolor che pensa, i sofismi e il pretenzioso sapere degli intellettuali.
Leggiamolo nella mia traduzione,
Coro
Str. a
Santità signora tra gli dèi
Santità che attraverso la terra
porti l’ala d’oro,
odi queste bestemmie di Penteo?
Odi l’empia
violenza a Bromio, il figlio 375
di Semele, il primo dio
tra i beati, durante le gioiose feste
dalle belle corone? Il quale ha queste prerogative,
di prendere parte alle danze del tiaso
e al suono del flauto scoppiare a ridere 380
e far cessare gli affanni,
quando lo splendente succo del grappolo
giunga nei banchetti degli dèi,
e nelle feste incoronate di edera
il cratere abbraccia gli uomini 385
con il sonno.
Ant. a Di bocche senza freno
di empia stoltezza
il termine è sventura;
mentre la vita
della tranquillità e il comprendere 390
rimangono al riparo dai flutti
e tengono unite le case: da lontano infatti i celesti,
pur abitando l’etere,
vedono comunque i fatti dei mortali.
Il sapere non è sapienza 395
e avere la pretesa di comprendere fatti non mortali.
Breve è la vita: per questo
uno che insegue grandi fantasie
non può conseguire quello che c’è. Questa 400
è l’attitudine secondo me di uomini
dissennati e sconsigliati.
Str. b Potessi io giungere a Cipro,
l’isola di Afrodite,
dove dimorano gli Amori
che affascinano gli animi ai mortali, 405
in particolare a Pafo che correnti
dalle cento bocche di un fiume barbaro
rendono fertile senza pioggia.
E dove c’è la Pieria
bellissima sede delle Muse, 410
sacra pendice dell’Olimpo,
là conducimi, Bromio, Bromio,
dio evio guida delle Baccanti.
Là ci sono le Grazie,
là il Desiderio, là è lecito
alle baccanti celebrare l’orgia. 415
Ant. b Il demone figlio di Zeus
gioisce delle feste,
e ama Irene che dona benessere,
dea nutrice di figli. 420
Uguale al ricco e a quello di rango inferiore
concede di avere la
gioia del vino che toglie gli affanni;
e porta odio a chi queste cose non stanno a cuore:
durante la luce e le amabili notti 425
passare una vita felice,
e saggia tenere la mente e l’anima lontane
dagli uomini straordinari;
ciò che la massa 430
più semplice crede e pratica,
questo io vorrei accettare.
E. R. Dodds assimila Dioniso alla Afrodite dell’Ippolito, presentata con i versi 447 ss.
Vediamone alcuni: “Si muove per l’etere ed è nel flutto marino Cipride, tutto nasce da lei: è lei che semina e dona l’amore, da cui tutti sulla terra siamo nati” (Ippolito, 447-450).
Traduco qui di seguito anche buona parte della Parodo delle Baccanti (vv. 64-167) dove si trovano diversi aspetti del dionisiaco
:"Dalla terra d'Asia,/lasciato il sacro Tmolo[114], imprendo alacremente/ per Bromio una fatica dolce e un travaglio che fa bene/ celebrando Bacco./ Chi è per strada, chi è per strada, chi?/Si ritiri nelle case, e ognuno / osservi un religioso silenzio:/io infatti celebrerò Dioniso/secondo il rito, sempre.//O beato chi con buona sorte/conoscendo i misteri degli dèi/santifica la vita/e si aggrega al tiaso[115] con l'anima,/baccheggiando nei monti/con sacre purificazioni,/e celebrando secondo il rito/le orge della grande madre Cibele/alto scuotendo il tirso[116],/e, incoronato di edera,/venera Dioniso.//Andate Baccanti, andate Baccanti,/per ricondurre Dioniso/il dio Bromio figlio di dio/dai monti Frigi/ alle contrade dell'Ellade dagli ampi/spazi, il Bromio;//che/ un giorno la madre/generò portandolo tra le puerperali/strette delle doglie del parto/mentre volava il tuono di Zeus/e il bambino veniva espulso dal ventre/ed ella lasciava la vita per il colpo del fulmine;/ma subito dopo lo accolse/nei talami puerperali Zeus Cronide/e celatolo nella coscia[117]/lo tiene stretto con fibbie d'oro/così da nasconderlo a Era.//E poi lo diede alla luce, quando le Moire/lo ebbero compiuto, il dio dalle corna di toro,/e lo incoronò con corone/di serpenti, donde le menadi/intrecciano ai ricci/la preda di caccia che nutre la fiera.//O Tebe nutrice di/Semele, incoronati di edera;/infiorati, infiorati di verdeggiante/smilace dalle belle bacche/e baccheggia con i rami/di quercia o di abete,/e adorna l'indumento delle/nebridi[118] screziate con ciocche di ricci/dal bianco pelo; e intorno ai tirsi violenti,/santifìcati: presto tutta la terra danzerà,/chiunque guidi i tiasi è Bromio./Verso ilmonte verso il monte, dove aspetta/la turba delle donne/allontanata da telai e pettini/in furore ad opera di Dioniso. (vv. 64-119)…Dolce nei monti, chi dai tiasi in corsa/cade per terra, indossando/il sacro indumento della nebride, cacciando/il sangue del capro ucciso, gioia di mangiare la carne cruda[119], spingendosi sui monti frigi, lidi, e/il capo è Dioniso,/ evoè.//Scorre latte sul suolo, scorre vino, scorre il nettare/delle api./Il baccante sollevando/la fiamma ardente/dal ramo di pino/come vapore di incenso di Siria/si precipita in corsa/con danze eccitando gli erranti/e con grida agitandoli,/e scagliando nell'aria la molle chioma./E insieme con i canti freme così:/"O andate Baccanti,/ andate Baccanti,/splendore del Tmolo aurifluente,/cantate Dioniso/al suono dei timpani[120] dal cupo fremito,/celebrando con grida di evoè il dio dell'evoè/tra grida e suoni frigi/quando il sacro flauto melodioso/freme sacri ludi, che si accordano/alle erranti al monte, al monte: felice/allora, come puledra con la madre/al pascolo muove il piede rapido, a balzi, la baccante. (vv. 120-167).
Ho tradotto quasi intera[121] la Parodo delle Baccanti per dare un'idea del dionisiaco, della rinuncia alla identità personale, dell'alternativa all'apollineo come principium individuationis e volontà di potenza, del tuffarsi nei flutti del misticismo ed entrare in comunione con la natura, imitando Dioniso.
giovanni ghiselli
La bambina uccisa dalla “Blackout challenge” su “Tik Tok”.
Il cellulare portatore di tante morti questa volta ha ucciso una bambina di 10 anni.
Leggo sul quotidiano “la Repubblica” di oggi, a pagina 21: “Antonella ha partecipato al “Blackout challenge” su Tik Tok”, il social tra i più seguiti dagli adolescenti”.
Questi poveri bambini e ragazzi non difesi dalle letture di libri buoni né da esperienze salutari sono gli agnelli sacrificali della società dell’ignoranza e dei consumi che l’ignoranza incentiva e ingrandisce in modo abnorme.
Sfida e oscuramento è già un annuncio di rischio e di morte. Detto in inglese perché le parole assumano un tono ieratico, come quelle della Sfinge di Tebe che lanciava l’indovinello, poi uccideva.
“Una sfida social pericolosa e della quale i genitori non erano a conoscenza”. Non c’è niente di più asolciale di questi presunti giochi che intrappolano l’attenzione dei bambini distogliendoli dal bello e dal buono della vita. I genitori non solo dovrebbero distogliere i figli da tali perversioni attraverso un’educazione sana, ma anche scendere in piazza per chiedere che tali trasmissioni vengano abolite. Da parte mia chiedo che venga cancellato ogni spettacolo osceno che favorisce l’ignoranza foriera di ogni male.
giovanni ghiselli
Parole vuote
La maggior parte dei nostri politici non sa parlare politicamente né retoricamente. Chiacchiera. Suoni senza significato. Sicché ascoltarli significa perdere tempo.
Meglio, molto megliom sarà rileggere Euripide, o Seneca, o Machiavelli, o Shakespeare, o Leopardi, o Thomas Mann.
giovanni ghiselli
La serietà e il carnevale sinistro delle vanità.
Sento dire da un caro amico, ex allievo mio, ora ottimo insegnante di greco e latino in un liceo di Bologna, che la maggior parte degli studenti è favorevole alla didattica a distanza. Eppure i media danno maggiore spazio alla minoranza che manifesta per tornare a scuola contenta di mttersi in mostra. Perché le televisioni indulgono a questi giovani se rappresentano molto meno della metà degli studenti?
Questo mi ricorda quanto avvenne nel ’68. Si creano le mode per incentivare il consumismo. Le riaperture delle scuole preludono ad altre.
La libertà giustamente invocata viene poi indirizzata e spinta sulla libertà di comprare. Se nessuno può chiuderci in casa, nessuno deve quindi dirci di non ubriacarci, drogarci, sprecare. Sprecare anche la vita. Non rinnego il ’68 bensì la degenerazione della libertà in licenza guidata dal potere forte del mercato. Ricordo che quando rifiutavo uno spinello, io che non ho mai fumato nemmeno una sigaretta di tabacco, dovevo poi giustificarmi dall’accusa di essere un mezzo fascista, contrario alla libertà.
Ora sostengo la chiusura ad maiora mala vitanda. Credo che la riapertura odierna delle scuole alzerà i contagi. Spero di sbagliarmi ma temo di no.
Sostengo dunque i giovani che sono contrari alle riaperture poiché dalla scuola hanno imparato il primo di tutti i valori: il rispetto della vita, la popria e quella degli altri, di tutti gli altri a partire dagli ultimi.
Questo mi ha insegnato il meglio del movimento del ’68, e mi hanno confermato i miei classici. Ora lo ribadisce Bergoglio ma i media, con un gioco di specchi, danno grande spazio agli adolescenti minoritari, imconsapevoli e funzionali agli interessi grossi, e nello stesso tempo, con la medesima logica, trascurano il Papa.
giovanni ghiselli
I ragazzi più giudiziosi sono contrari a riaprire le porte al virus.
Sulla cronaca di Bologna del quotidiano “la Repubblica” di oggi, 17 gennaio 2021, leggo questo titolo:
“Nasce lo “sciopero” contro il rientro”.
Riferisco le pime righe: “E ora spunta lo sciopero della presenza. Parte dal Galvani, aluni studenti non ci stanno a rientrare: “Io non mi sento tutelata, abito in provincia, devo prendere il treno o due autobus e se la situazione è come a settembre ho timore del sovraaffollamento, lunedì non andrò” spiega Dafne , 18 anni, studentessa del liceo di via Castiglione”.
Bavissima Dafne! La dea Salus ti protegga!
“Al Fermi è stato lanciato un messaggio : 1273 contro 255 favorevoli, non vogliono tornare a scuola” (pagina 23 firmato da Ilaria Venturi).
Bravi anche voi del Fermi! La dea della Salute vi benedica!
Questi ragazzi sono più maturi di quanti ripetono gli slogan favorevoli al rientro nelle classi.
Per molti adolescenti incontrarsi, manifestare per la didattica in presenza è un gioco, ma i giovani più giudiziosi e rispettosi della vita, la propria e quella degli altri, hanno capito dai fatti che la riapertura delle scuole significa spalancare le porte a questa peste che continua a produrre malattia e morte
Bologna 17 gennaio 2021 ore 19, 53
giovanni ghiselli
p. s
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Donne nelle guerre
Argomenti
Le Tebane di Stazio. Le Germane di Plutarco. La britannica Budicca in Cassio Dione. Le Germane di Tacito. Le Persiane di Nicolao di Damasco. Le Sabine di Ovidio.
Questo post si trova completo e con le note nel mio blog
Nella Tebaide di Stazio le madri dei guerrieri tebani invitano gli uomini a combattere: illas cogit amor, nec habent extrema pudorem (570), i momenti estremi non hanno ritegno. Le donne porgono le armi agli uomini e ne rinfocolano l’ira.
Tacito racconta che le donne dei Germani rimisero in sesto schiere di guerrieri già vacillanti e sul punto di cedere, non solo con l'insistenza delle preghiere ma anche con l'opposizione dei petti, e con il mostrare la schiavitù vicina :"memoriae proditur quasdam acies inclinatas iam et labantes a feminis restitutas constantia precum et obiectu pectorum et monstrata comminus captivitate" (Germania, 8).
In Plutarco le donne dei Germani compiono gesti estremi mentre assistono alla sconfitta dei loro uomini. Nella Vita di Mario l’autore racconta che nell’estate del 102 a. C. le donne dei Teutoni ad Aquae Sextiae (l’odierna Aix, a nord di Marsiglia) scesero in campo armate di spade e scuri e con grida terribili respinsero sia i loro uomini in fuga sia i Romani inseguitori. Mescolate ai combattenti strappavano le armi ai Romani, e, insensibili alle ferite, combattevano fino alla morte (19).
L’anno dopo (agosto 101 a. C.) le donne dei Cimbri sconfitti ai Campi Raudii (nel vercellese) ritte sopra i carri, vestite di nero, ammazzavano quelli che fuggivano, fossero essi i mariti, i fratelli o i padri. Strangolati con le loro mani i più teneri figlioletti, li gettavano sotto le ruote dei carri e gli zoccoli delle bestie, e infine si sgozzavano” (27).
Budicca era la regina degli Iceni, una popolazione della Britannia che, guidata da questa ribelle, nel 61 d. C. mise a sacco Londinium e Verulanium e uccise 80 mila persone tra Romani e alleati. Aveva un’intelligenza superiore a quella solita delle donne, racconta Cassio Dione: mei'zon h] kata; gunai'ka frovnhma e[cousa” (Cassio Dione Storia Romana, 62, 2, 2).
Anche l’aspetto non era usuale: era to; sw'ma megivsth, (62, 2, 3) grandissima di corpo, di aspetto terribile, di sguardo penetrante, e di voce aspra, aveva una chioma biondissima e foltissima che le scendeva fino alle natiche (mevcri tw'n gloutw'n, 62, 2, 4) e al collo portava una grossa collana d’oro. Si pensi all’ultima Elisabetta I cinematografica.
In questa occasione brandiva una lancia (tovte de; kai; lovgchn labou'sa) con la quale incuteva soggezione a tutti. Esortò i suoi Britanni sminuendo i Romani come effemminati e comandati da femmine: Messalina e Agrippina che dà ordini a Nerone il quale o[noma me;n ajndro;~ e[cei, e[rgw/ de; gunhv ejsti: shmei'on de;, a[/dei kai; kiqarivzei kai; kallwpivzetai (62, 6, 3), ha nome da uomo, ma di fatto è una donna: i segni sono il fatto che canta e suona la cetra e si imbelletta. Budicca invece regnava su uomini veri che non sanno coltivare la terra né produrre manufatti, ma conoscono l’arte della guerra e che considerano tutto bene comune, anche i bambini le donne le quali proprio per questo hanno lo stesso valore dei maschi: “ th;n aujth;n toi'~ a[rresin ajrethvn”[122].
Lo stesso dice tacito delle donne dei Germani
Germania 18
Tuttavia là i matrimoni sono una cosa molto seria, e non potresti approvare di più alcun aspetto dei loro costumi. Infatti quasi i soli tra i barbari si accontentano di una moglie a testa, eccetto pochissimi che, non per libidine ma per la nobiltà, sono richiesti con moltissime offerte matrimoniali. La dote non è la moglie che la porta al marito ma il marito alla moglie. Partecipano i genitori e i parenti e apprezzano i doni, doni non scelti per i capricci delle donne, né tali che con essi la nuova sposa si acconci, ma dei buoi e un cavallo imbrigliato e uno scudo con lancia e spada. In cambio di questi doni si prende la moglie, ed ella stessa a sua volta porta qualche arma all'uomo: questo reputano il legame più saldo, questi i riti segreti, questi gli dei coniugali.
Perché la donna non si consideri esente dai pensieri di valore e dalle vicende della guerra, è avvisata, dalla stessa cerimonia augurale del primo momento del matrimonio, che viene quale compagna di fatiche e di pericoli e che accetterà le medesime condizioni in pace e correrà i medesimi rischi in guerra: questo significano i buoi aggiogati, questo il cavallo bardato, questo le armi donate.
Così deve vivere, così morire; ella riceve una tradizione da trasmettere ai figli intatta e degna, che le nuore poi ricevano, e a loro volta consegnino alle nipoti.
Nel settimo capitolo Tacito racconta che lo stimolo particolare del coraggio è il fatto che non il caso o l'aggruppamento fortuito costituisce il drappello di cavalleria o la schiera a cuneo di fanti, ma la vicinanza delle famiglie e delle parentele ossia dei pegni affettivi: combattono in luoghi "unde feminarum ululatus audiri, unde vagitus infantium "(VII, 2), da dove sentono le grida delle donne, da dove il pianto dei bambini. Questi sono per ciascuno i testimoni più sacri, questi gli elogiatori cui tengono di più "ad matres, ad coniuges vulnera ferunt: nec illae numerare et exigere plagas pavent, cibosque et hortamina pugnantibus gestant ", alle madri, alle mogli portano le ferite, né quelle hanno paura nel contare ed esaminare i colpi, e portano ai combattenti cibo e incitamento.
Finalmente donne, madri e perfino mogli, che non infliggono ferite ma anzi le curano.
Nel capitolo successivo ( Germania VIII) Tacito racconta che alcune schiere già in ritirata e vacillanti furono rimesse in ordine dalle donne (a feminis restitutas) con l'insistenza delle preghiere e l'opposizione dei petti (constantia precum et obiectu pectorum ) e con lo spettro della schiavitù che, fatta vedere da vicino, temono con ansia molto maggiore per le loro donne. Anzi credono che nelle donne sia insito qualcosa di sacro e profetico (inesse quin etiam sanctum aliquid et providum putant ) e non ne disprezzano i consigli o trascurano i responsi.
Nel capitolo 20 della Germania Tacito scrive che i rapporti sessuali dei giovani non sono precoci: “sera iuvenum venus”, sicché la vitìilità non si indebolisce. “Nec virgines festinantur; eadem iuventam similis proceritas; pares validaeque miscentur, ac roboa parentum liberi referunt”, nemmeno alle ragazze si fa fretta; hanno il medesimo vigore giovanile, una statura similem si uniscono robuste come i maschi e i figli riportano il vigore dei genitori.
Donne in guerra con atteggiamenti diversi
Il motivo della sublata vestis , informa Mazzarino, è presente anche in Nicolao di Damasco[123], "storico dell'età di Augusto, secondo cui Ciro è figlio di un masnadiero mardo ed ha una fanciullezza da schiavo". I suoi racconti dipendono da Ctesia[124]
Ebbene nella saga popolare "affioravano le matriarcali convinzioni, fossili di preistoria, per cui la vittoria in battaglia era ricondotta a esplosioni di femminilità che un moderno chiamerebbe "freudiane" (…) Anche il motivo della sublata vestis delle donne persiane, le quali così impediscono ai loro uomini la fuga, è di spiriti antico-matriarcali (Kornemann R. E. Supplb. VI 567): questi potevano sopravvivere solo in una saga popolare; e viceversa si adatterebbero assai meno ad un ambiente aristocratico "[125].
Ovidio rappresenta le Sabine rapite che per mettere invece pace si interpongono tra i padri e i mariti in guerra tra loro, e tengono stretti al seno i bambini, pignora cara, cari pegni; quindi si misero in ginocchio; allora gli infanti tendevano verso i nonni le piccole braccia come se capissero, quasi sentirent (Fasti, III, 215-222).
I bambini al seno impiegati in guerra come pegni affettivi è dunque un altro tovpo" gestuale. In Ovidio prevale l'elemento antiquario, decorativo e patetico, in Tacito quello politico e polemico. Il motivo di fondo è comunque il nesso tra le donne e la vita, un vincolo che le guerre fatte dagli uomini tendono a sfilacciare.
giovanni ghiselli
I segni del destino. Il virus è un segno.
Stazio, l’apostolo Matteo, T. S. Eliot.
Il destino si rivela: fata patent homini (Stazio, Tebaide, VI, 935). Manda segni che gli uomini non capiscono perché non vi fanno attenzione e il messaggio va perduto
Sic omina casum- fecimus, et vires hausit Fortuna nocendi (936-937) così abbiamo fatto dei presagi il caso e la Fortuna ne ha tratto la forza di danneggiare.
" Generatio mala et adultera signum requirit, et signum non dabitur ei nisi signum Ionae prophetae " ( N. T. Matteo, 12, 39), la generazione malvagia e adultera reclama un segno, e non le sarà dato un segno se non quello di Giona profeta.
Così nel Gerontion di Eliot leggiamo:"Signs are taken for wonders. 'We would see a sign!'/The word within a word, unable to speak a word,/Swaddled with darkness. In the juvescence of the year/Came Christ the Tiger " (vv. 17-20), i segni sono presi per miracoli. 'Vogliamo vedere un segno!'/La parola dentro una parola, incapace di dire una parola,/fasciata di tenebre. Nella giovinezza dell'anno/ venne Cristo la tigre.
Ma gli uomini non lo riconobbero.
Perché ho notato questo? Perché il virus è un segno: è il correlativo patogeno dell’egoismo, dell’individualismo feroce in cui è caduta l’umanità: ci costringe a chiuderci in casa, a stare soli, ci impedisce del tutto quello cui eravamo già colpevolmete e infelicemente inclini. Non possiamo più parlare guardandoci in faccia, abbracciandoci, amandoci. Succedeva già da anni, Basta porre mente all’uso abnorme dei telefonini che dava ai più un piacere depravato. Ora siamo condannati e costretti tutti al “privato” estremo.
Bologna 15 gennaio 2021 ore 9 e 13 minuti. giovanni ghiselli
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Il ragazzo prodigio divenne tanto insano…
Stazio nei primi versi della Tebaide scrive che non risalirà a fatti più antichi di quelli di Edipo: non racconterà la fondazione di Tebe, città rea, da parte di Cadmo che cercava affannosamente la sorella Europa per ordine del padre loro: il fenicio Agenore. No: limes mihi carminis esto-Oedipodae confusa domus (I, 16-17). Il poema dunque si avvierà partendo dalla confusa casa di Edipo. Mantengo anche in italiano il termine “confusa” piuttosto che tradurre “sconvolta”. Ora che vedo quello che succede in Italia nelle scuole, nel lavoro e soprattutto nel parlamento, credo che la confusione sia la madre e la base i tutti i mali.
La confusa domus di Edipo dunque ha mescolato le generazioni attraverso l’incesto, ha rovesciato l’amore dei fratelli Eteocle e Polinice in odio, ha lasciato insepolto il morto Polinice e ha fatto seppellire viva Antigone per ordine di Creonte. Qui da noi vediamo i lavoratori confusi e mescolati con i mendicanti, i medici infettati dai pazienti, vuote le sale degli spettacoli costruite perché si riempissero, e così via.
La confusione ribalta molti significati e valori. Raramente in senso positivo: per esempio non è negativo in sé il fatto che i ragazzi vogliano tornare a scuola. Ma anche gli studenti fanno confusione: confondono con i tempi poiché una riapertura affrettata porterebbe a una nuova lunga clausura.
Io credo che dovremmo reagire e cercare di porre rimedio a tanta confusione attraverso una totale, generosa solidarietà che porti aiuto a chi ne ha bisogno. Anche attraverso una patrimoniale. Sarebbe morale e anche utile e non rivoluzionario ma conservativo: la rivoluzione arriverà e pure cruenta, se i poveri diverranno sempre più numerosi e sempre più poveri.
Concludo. Osservo con cupa meraviglia chi invece è tanto insano da accrescere il caos sperando che il torbidume creato dal rimestare l’informe feccia fangosa gli porti una pescata miracolosa di vantaggi. Colui perderà anche il poco che gli rimane.
Traggo la metafora dai Cavalieri di Aristofane che allude alle trame dei demagoghi
Il Coro dei cavalieri aggredisce Paflagone- Cleone: lo chiama borborotavraxi" (307) mescola fango che hai sconvolto la città e l’hai assordata con le tue grida
Il male è sempre la confusione.
Più avanti il Salsicciaio Agoracrito dice al demagogo Paflagone: ti comporti come i pescatori di anguille, i quali le acchiappano, solo se mettono sottosopra il fango: “kai; su; lambavnei", h]n th;n povlin taravtth/" (v. 867), anche tu arraffi, se scompigli la città.
Similmente nelle Anime morte di Gogol’ (1842) un farabutto suggerisce di confondere le idee per rendere impossibile il compito di fare giustizia: “Confondere, confondere: e nient’altro (…) introdurre nel caso nuovi elementi estranei, che coinvolgano altri, complicare e nient’altro. E che si raccapezzi pure il funzionario pietroburghese incaricato. Che si raccapezzi (…) Mi creda, appena la situazione diventa critica, la prima cosa è confondere. Si può confondere, aggrovigliare tutto così bene che nessuno ci capirà nulla” (p. 375).
Bologna 14 gennaio 2021 ore 19, 38 giovanni ghiselli
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[1] T. S. Eliot, Shakespeare e lo stoicismo di Seneca, in T. S. Eliot. Opere, p. 798.
[2] Shakespeare e lo stoicismo di Seneca, in T. S. Eliot, Opere, p. 799.
[3] "I am Antony yet ", Antonio e Cleopatra (del 1606-1607) , III, 13.
[4]Da La duchessa di Amalfi (del 1614) , di J. Webster (1580-1625).
[5]Shakespeare e lo stoicismo di Seneca, in T. S. Eliot Opere , p. 800..
[6] Stendhal, Il rosso e il nero (del 1830) in Stendhal Romanzi e racconti, vol. I, , trad. it. Sansoni, Firenze, 1956, p. 594
[7]Lo stile "drammatico" del filosofo Seneca , p. 13.
[8] Composto tra il 49 e il 52 : “Ille illius cultor est, hic illius: suus nemo est”, 2, 4, quello è dedito al culto di quello, questo di quello, nessuno appartiene a se stesso.
[9] Tullio De Mauro, Storia linguistica dell’Italia repubblicana dal 1946 ai nostri giorni, Laterza, 2014, p. 39
[10]Lettera a una professoressa , nota 56 di p. 69.
[11] Cfr. Il fu Mattia Pascal, XII, L’occhio e Papiano
[12] Da Ponte, La traviata, (III, 4)
[13] Cf. Lucano, Pharsalia, VI, 811.
[14] F. Dostoevskij, Delitto e castigo , p. 519.
[15] H. Hesse, Siddharta , p. 118.
[16] H. Hesse, Klein e Wagner , p. 162.
[19] To; sofo;n d j ouj sofiva" (Euripide, Baccanti , v. 395),
[20] Seneca, Epist., 7, 8.
[21] Seneca, Epist., 76, 3.
[22] F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Della virtù che dona, 3
[23] XII, 51, 2
[31] Cap. 7.
[34] R. Musil, L'uomo senza qualità, p. 86.
[35] Cfr. Odissea, XI, 556.
[36] Foscolo, Dei Sepolcri, vv. 221-225.
[37] Secondo una leggenda Anticlea, la madre di Odisseo, prima delle nozze con Laerte, avrebbe avuto una tresca con Sisifo, famoso per i suoi inganni, e da questa relazione sarebbe nato Odisseo
[38] E’ una citazione parodica di D’Annunzio : « Odimi » io gridai/sul clamor dei cari compagni/ « odimi, o Re di tempeste !” (Maia, IV)
[39] Cfr. il XVII episodio: “Itaca” la casa
[40] M. Cacciari, La mente inquieta Saggio sull’Umanesimo, p.51
[41] I libri della famiglia, in Opere volgari, a cura di C. Grayson, Bari 1960-73vol I, p.
[42] M. Cacciari, La mente inquieta Saggio sull’Umanesimo, p.59
[43] N. T. Marco, 4, 9
[44] Introduzione alla metafisica, trad. it. Mursia, milano, 1968 p. 157.
[45] Cfr. NT., Luca, 34-35
[46] Sei personaggi in cerca d'autore ( parte prima). Parla il personaggio del Padre. La commedia andò in scena la prima volta il 10 maggio 1921 al teatro Valle di Roma.
[47] Pubblicato a puntate sul settimanale "La fiera letteraria" nel 1926.
[48] Paole usate da Ludovico Ariosto per esecrare le armi da fuoco (Orlando furioso, IX, 91, 1-4
[49] Quelli tra gli uomini e gli dèi.
[50] Quelli tra gli uomini e gli dèi.
[51] P.P. Pasolini, Scritti corsari, p. 49.
[52]Montaigne, Saggi , p. 185 e p. 199.
[53]R. Musil, L'uomo senza qualità , p. 846.
[56] In I Malavoglia troviamo:"quella cagna della Vespa" (XV cap).
[57] Cfr. Io…iam satis obsita, iam bos (Eneide, VII; 789-790), Io già coperta di peli, già vacca.
[58] Questo è il segno dei supplici anche nell’incipit dell’Edipo re che inizia con queste parole del figlio di Laio: “ O figli, nuova stirpe dell'antico Cadmo/quali seggi mai sono questi dove state seduti/con i supplici rami incoronati?" (vv. 1-3).
[59] Cfr. ejfavptw, "metto la mano sopra".
[60] Cfr. la scheda Espressioni contrarie alle nozze successiva al v. 554 della Medea.
[61] Ne fa un lungo racconto in esametri Ovidio nelle Metamorfosi (VI, 426-674) cui allude Eliot per significare la decadenza del mito nella ricezione degli uomini moderni:"The change of Philomel, by the barbarous king/So rudely forced; yet there the nightingale/Filled all the desert with inviolable voice/And still she cried, and still the world pursues,/'Jug Jug' to dirty ears " (The Waste Land , vv. 99-103), la metamorfosi di Filomela, dal barbaro re così brutalmente forzata; eppure là l'usignolo riempiva tutto il deserto con voce inviolabile, e ancora ella piangeva e ancora il mondo continua 'Giag Giag' a orecchie sporche. Il canto della voce inviolabile di Filomela è degradato e dissacrato, poiché suona oramai solo naturalisticamente come un "giag giag" per le orecchie inquinate del mondo contemporaneo.
[62] Di data incerta. Non è sicura nemmeno la paternità eschilea, per la quale comunque io propendo.
[63] Diversamente da Medea!
[64]K. Kerényi, Miti e misteri , p. 45.
[65] S. Freud, L’uomo Mosè e la religione monoteistica, secondo saggio. In Opere , trad. it. Boringhieri, Torino, 1979, p. 353
[66] S. Freud, secondo saggio, p. 355.
[67] Terzo saggio di L’uomo Mosè e la religione monoteistica, p. 439
[68] (L’uomo Mosè e la religione monoteistica, Terzo saggio, p. 439) Freud ne dà un’interpretazione: “La circoncisione è il sostitutivo simbolico dell’evirazione, che un tempo il padre primigenio nella pienezza del suo potere assoluto aveva inflitto ai figli; chi accettava questo simbolo, mostrava con ciò di essere pronto a sottomettersi al volere del padre se questi gli imponeva il sacrificio più doloroso”.
[69] S. Freud, Op. cit., secondo saggio, p. 355.
[70] In Freud, Opere, 1930-1938. Trad. it. Boringhieri, Torino, 1979, p. 403
E’ l’ultimo scritto di Freud, insieme con il Compendio di psicoanalisi del resto incompiuto. Uscirono entrambi nel 1938. nota p. 26
[71] E’ l’ultimo scritto di Freud, insieme con il Compendio di psicoanalisi del resto incompiuto. Uscirono entrambi nel 1938. nota p. 26
[72] C. Darwin, The Descent of the Man (Londra 1871) vol. 2, pp. 362 sg.; J. J. Atkinson, Primal Law, nel volume a cura di A. Lang, “Social Origins” (Londra 1903) pp. 220 sg.
[73] S. Freud, L’uomo Mosè e la religione monoteistica, terzo saggio, in Freud Opere, 1930-1938, p. 403.
[74] S. Freud, Op. cit., p. 404.
[75] Remedia amoris, 375-376.
[76]S. Kierkegaard, Enten-Eller , Il riflesso del tragico antico nel tragico moderno, Tomo Secondo, p. 24.
[77] Op. cit sopra pp. 42-43)
[78] Il re matto (Re Lear, III, 7)
[79] S. Kierkegaard, Enten-Eller , Il riflesso del tragico antico nel tragico moderno, Tomo Secondo, p. 30.
[80] E. Morin, La testa ben fatta, p. 49.
[81] A. La Penna, Prima lezione di letteratura latina, p. 150.
[82] Sul sublime ndr.
[83] Schiller Tutto il teatro 3, Introduzione di Paolo Chiarini, p. 108.
[84] F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, p. 123.
[85]M. Proust, Il tempo ritrovato , pp 238, 239 e 242.
[86] M. Proust, Sodoma e Gomorra, p. 549.
[87] O. Wilde, De Profundis, in Oscar Wilde Opere, p. 653.
[88] La vita.
[89] " Se il chiavare non fosse la cosa più importante della vita, la Genesi non comincerebbe di lì" (C. Pavese, Il mestiere di vivere , 25 dicembre, 1937). Ndr.
[90] Il fuoco (del 1900) p. 95.
[91] G. Verga, I Malavoglia, p. 221.
[92] C. Pavese, Il mestiere di vivere, 25 novembre 1937.
[93] Il mestiere di vivere, 27 ottobre 1938.
[94] Il mestiere di vivere, 19 gennaio 1939.
[95]H. Hesse, Peter Camezind (del 1904), p. 117.
[96] P. Boitani, Prima lezione sulla letteratura, pp. X ss.
[97] Genesi 2. 17 riporta l’ordine di Dio ad Adamo: “ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché quando tu ne mangiassi, certamente moriresti”…Nella tradizione occidentale c’è anche un legame costante tra l’anagnorisis e la cecità (o la morte: Edipo e Lear) e tra l’anagnorisis e il ragionamento, di cui ho scritto Il genio di migliorare un’invenzione, cit.
[98] Per l’importanza del pathei mathos nella tragedia, si veda Kuhn Die wahre Tragödie, cit., pp. 254-255. I loci più importanti della tradizione soo Omero, Iliade, XVII, 32; Esiodo, Opere e giorni, 218; Erodoto, I, 207, 1; Sofocle, Edipo re, 402; Sofocle, Antigone, 1190; Platone, Simposio, 222b. Per un elenco generale e una discussione si veda H. Dorrie, Leid und Erfahrung, in “Abhandlunen der Akademie der Wissenschaft und der Literatur”, Mainz, 5, 1956.
[99] Eschilo, Agamennone, 160-180 (e si vedano anche i vv. 250-252). L’edizione usata è quella curata da V. Di Benedetto, Mondadori, Milano 1995. Si veda anche E. Severino, Il giogo. Alle origini della ragione: Eschilo, Adelphi, Milano, 1989.
[100] Piero Boitani, Prima lezione sulla letteratura, pp. 109-110.
[101] A Olimpia, appunto.
[102] Leopardi, Zibaldone, 145-146.
[103] P. P. Pasolini, , dai “Dialoghi con Pasolini” su “Vie Nuove” (1960) in Pasolini saggi sulla politica e sulla società, p. 910.
[104] Oggi aggiungerei “maschi e femmine” (ndr).
[105] H. Hesse, Il giuoco delle perle di vetro, p. 33 e p. 368.
[106][1] G. Carducci Davanti San Guido, 35 e 25-26.
[107][2] euj ga;r i[sqi (…) a[riste Krivtwn, to; mh; kalw'" levgein ouj movnon eij" aujto; tou'to plhmmelev", ajlla; kai; kakovn ti ejmpoiei' tai'" yucai'"" (115 e), sappi bene (…) ottimo Critone che il non parlare bene non è solo una stonatura in sé, ma mette anche del male nelle anime.
[108] G. Carducci Davanti San Guido, 35 e 25-26.
[109] euj ga;r i[sqi…a[riste Krivtwn, to; mh; kalw'" levgein ouj movnon eij" aujto; tou'to plhmmelev", ajlla; kai; kakovn ti ejmpoiei' tai'" yucai'"" (115 e), sappi bene…ottimo Critone che il non parlare bene non è solo una stonatura in sé, ma mette anche del male nelle anime.
[110] Vissuto ad Atene nella seconda metà del V secolo.
[111] Oxyrh. Pap. XI Fragmetum I
[112] Nietzsche, la nascita della tragedia, capitolo 2.
[113] Il consiglio di seguire la natura, in particolare osservando l'alternarsi del dì e della notte, per prendere decisioni equilibrate lo dà anche Seneca a Lucilio "cum rerum natura delibera: illa dicet tibi et diem fecisse et noctem" (Ep. 3, 6), prendi decisioni osservando la natura: quella ti dirà che ha fatto il giorno e la notte.
I mortali non possiedono le ricchezze come cose proprie, esse sono degli dèi e noi le amministriamo, continua Giocasta ( Fenicie, v. 555-556). Seneca echeggia questo topos in Ad Marciam de consolatione (del 37d.C.) :"mutua accepimus. Usus fructusque noster est" (10, 2), abbiamo ricevuto le cose in prestito. Nostro è l'usufrutto.
[114] Monte della Lidia da dove vengono le seguaci di Dioniso
[115] I tiasi erano gruppi di Menadi organizzate per il culto.
[116] I tirsi sono rami di pino appuntiti che congiungono violenza e santità: possono infliggere ferite e operare miracoli benefici.
[117] Il feto di Dioniso, dopo che la madre Semele morì fulminata dal fuoco folgorante di Zeus (v. 3), fu portato a maturazione dentro una coscia del Cronide.
[118] Sono pelli di cerbiatto di cui si coprivano le Menadi
[119] Le Menadi facevano a pezzi degli animali (sparagmov" , cfr. v. 735) e ne mangiavano la carne cruda (wjmofagiva). Un altro aspetto del loro invasamento era l' ojreibasiva, la corsa su per i monti. Negli affreschi di riti orgiastici e nella rappresentazione dettagliata dei turbamenti dell'anima femminile si potrebbe ravvisare il compiacimento che la decadenza mette nella descrizione dell'abnorme e del patologico.
[120] Tamburelli inventati dai Cureti per coprire con il loro strepito i vagiti di Zeus e salvarlo dalla voracità del padre Crono. Quindi tali strumenti vennero dati a Rea e ai Satiri.
[121] Tranne la seconda antistrofe (vv. 120-134) più erudita ed eziologica che poetica.
[122] Nota l’ allitterazione e la paronomasia o adnominatio.
[123] Nato a Damasco nel 64 a. C. compose, tra l'altro, una Storia universale in 144 libri di cui restano solo due epitomi e pochi estratti. Rimane qualche frammento di una Vita di Augusto.
[124] Nato a Cnido verso la metà del V secolo, visse alla corte di Artaserse II e scrisse Persikav, Vicende della Persia in 23 libri che partono dal re assiro Nino e arrivano al 398 a. C. Ne restano alcuni estratti conservati nella Biblioteca del patriarca bizantino Fozio (IX sec. d. C.). Ctesia scrisse pure un libro di notizie sull'India ( jIndikav).
[125] S. Mazzarino, Il pensiero storico classico, 1, p. 170 e n. 161 di p. 580.
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