Ieri sera ho visto Nomadland. E’ un film bello, recitato benissimo da un’ottima attrice protagonista, non bella ma tanto brava da diventarlo.
Mostra l'impossibilità di essere usuali, la insopportabilità di una vita normale da parte dell’inquieta protagonista. Un tema e un sentimento che non mi è estraneo. Un film da vedere dunque, ma non “politicamente troppo corretto” come ho trovato scritto in una recensione cretina.
Tutt’altro: fa vedere che la vita non solo inusuale ma anche vissuta nella povertà estrema, è una scelta di chi la fa, ed è un’opzione nobile e bella siccome è ricca di poesia, solidarietà, affettività.
A me la stravaganza piace e l’ho sempre preferita al “si dice, si pensa e si fa” dei cosiddetti normali, però la miseria non mi garba perché toglie libertà.
Il film invece suggerisce che vivere senza casa, senza riscaldamento, senza libri, senza alcuna possibilità di scelta è libertà. Invero è schiavitù e questa va denunciata, condannata, non mostrata come poetica e preferibile.
Capisco perché ha vinto il premio: insegna anche la sottomissione e l’ingiustizia. Non nego comunque che sia bello e da vedere.
Dico che non deve essere frainteso politicamente, come hanno fatto e suggerito diversi citici imbecilli o in mala fede.
Bologna 14 maggio 2021
giovanni ghiselli
p. s
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