Sapienza nelle mani parole di pietra.
Ut pictura poēsis (cfr. Orazio, Ars poetica, 361) – Ut pictura historia
Plutarco paragona la propria opera di biografo a quella dei pittori:
“Noi infatti non scriviamo storie, ma vite, né del resto nelle azioni più famose è sempre insita una manifestazione di virtù o di vizio, ma spesso un'azione breve e una parola e una battuta danno un'immagine del carattere più che battaglie con innumerevoli morti e schieramenti di eserciti enormi e assedi di città.
Come dunque i pittori - w{sper ou\n oiJ zw/gravfoi - colgono le somiglianze dal volto e dalle espressioni relative allo sguardo nelle quali si mostra il carattere, mentre delle parti restanti si prendono pochissima cura, così a noi si deve concedere di penetrare più nei segni dell'anima, e attraverso questi rappresentare la vita di ciascuno, lasciando ad altri le grandezze e le contese ( Introduzione alle Vite di Alessandro e Cesare, I. 2 - 3)
Anche le parole possono essere lapidarie
Lo stile lapidario è alieno dalle chiacchiere
Anassagora (499-428) secondo una tradizione reperibile ancora in Cicerone (Tusculanae disputationes , III, 14, 19) alla notizia della morte dell'unico figlio avrebbe detto nel suo stile lapidario:" sciebam me genuisse mortalem ", sapevo di averlo generato mortale.
Quando gli dissero che i giudici lo avevano condannato, fece questo commento: “Da tempo la natura ha condannato a morte i miei giudici e me stesso”[1].
La bellezza è molto spesso associata al tempo della prima gioventù.
I parti che pure producono vita possono sciuparla
Il parto può causare una perdita di bellezza: nell’Hercules Oetaeus pseudosenecano, Deianira, vedendo la fulgida bellezza della giovanissima Iole, lamenta l’oscurarsi della propria con queste parole: “Quidquid in nobis fuit olim petitum, cecidit et partu labat” (vv. 388-389), tutto quello che una volta in noi era desiderato, è caduto e con il parto vacilla.
Le matrone romane potevano arrivare a vergognarsi di avere partorito e allattato i figli poiché dopo non potevano più essere eccitanti con un bel seno. Lo ricavo da Properzio che esorta l'amante alla rixa amorosa nella luce:"necdum inclinatae prohibent te ludere mammae:/viderit haec, si quam iam peperisse pudet " (II, 15, 20-21), non ancora le mammelle cadenti ti impediscono tali giochi: badi a questo una se si vergogna di avere già partorito.
L’orrore della vecchiaia
Sofocle
Il Terzo stasimo dell’ Edipo a Colono (1211-1248 ) è il canto della sapienza silenica.
Una vita troppo lunga che supera il limite non è desiderabile. Il tempo della vecchiaia cancella ogni bene.
Sofocle nel suo ultimo dramma fa cantare al coro:"
“M¾ fànai tÕn ¤panta ni-
k´ lÒgon· tÕ d', ™peˆ fanÍ,
bÁnai ke‹qen Óqen per ¼-
kei, polÝ deÚteron, æj t£cista.
`Wj eât' ¨n tÕ nšon parÍ
koÚfaj ¢frosÚnaj fšron,
t…j pl£gcqh polÝ mÒcqoj œ-
xw; t…j oÙ kam£twn œni;
fÒnoi, st£seij, œrij, m£cai
kaˆ fqÒnoj· tÒ te kat£mempton ™pilšlogce
pÚmaton ¢kratj ¢prosÒmilon
gÁraj ¥filon, †na prÒpanta
kak¦ kakîn xunoike‹”.
Non essere nati supera/ tutte le condizioni, poi, una volta apparsi,/ tornare al più presto là/ donde si venne,/ è certo il secondo bene./ Poiché quando uno ha oltrepassato la gioventù/ che porta follie leggere, /quale travagliosa disfatta resta fuori?/ Quale degli affanni non c'è?/uccisioni, discordie, contesa, battaglie,/ e invidia; e sopraggiunge estrema/ la spregiata vecchiaia impotente,/ asociale, priva di amici /dove convivono tutti i mali dei mali"(vv.1224-1238).
Per quanto riguarda l’estremo male costituito dalla vecchiaia, Leopardi nel canto Il tramonto della luna (1836) scrive:
“D’intelletti immortali
Degno trovato, estremo
Di tutti i mali, ritrovar gli eterni
La vecchiezza, ove fosse
Incolume il desio, la speme estinta,
secche le fonti del piacer, le pene
maggiori sempre, e non più dato il bene” (vv. 44-50)
Viceversa: la bellezza della vecchiaia.
Creare bellezza nella vecchiaia
Nell'Eracle , Euripide attraverso "il cantuccio" del coro fa questa sua dichiarazione d'amore alla bellezza e alla poesia:"non cesserò mai di unire le Grazie alle Muse, dolcissimo connubio- ouj pauvsomai ta;" Cavrita"-tai'" Mouvsai" sugkatameignuv", hjdivstan suzugivan- . Che io non viva senza la Poesia ma sia sempre tra le corone- mh; zw/hn met j ajmousiva", aijei; d j ejn stefavnoisin ei[hn- . Ancora vecchio l'aedo fa risuonare la Memoria"(vv. 673-679).
Non solo la poesia ma anche la pittura e la scultura rendono eterna la bellezza umana.
Nel Museo Nazionale di Atene si trova lo Zeus dell’Artemision (460 a. C.) : in quella statua di bronzo di stile severo si vede e commuove l’idea del divino rappresentata non astrattamente ma attraverso la forma umana còlta nei suoi aspetti migliori: la forza consapevole, la nobile semplicità, la calma sicura dove si manifesta una bellezza serena che non appassisce con il volgere delle stagioni, anzi acquista nuovo vigore siccome incarna una potenza mentale sempre più cosciente di sé, un equilibrio sicuro, musicale delle parti del copo armonizzate con quelle dell’anima.
Come la letteratura (Eschilo e Pindaro) le arti figurative del tempo di poco successivo alle guerre persiane mostra il fiorire di grandi energie creative. La ricostruzione di Atene dopo il saccheggio persiano suscita e potenzia le doti degli artisti
Non solo in Atene.
Le figure dei frontone del maestro di Olimpia (460 a. C.) fanno pensare a quanto dice Socrate a Menone delle sculture di Dedalo: se non vengono legate fuggono e scappano via , se invece sono legate restano fisse (taàta, ™¦n mn m¾ dedemšna Ï, ¢podidr£skei kaˆ drapeteÚei, ™¦n d dedemšna, paramšnei Menone, 97d)
giovanni ghiselli Bologna 4 maggio 2021 ore 11, 3
p. s.
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