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Introduzione a Plutarco come antidoto contro la mediocrità e l'indifferenza dell'uomo moderno. L'informazione spesso deficitaria dei giornali. La cultura quale potenziamento della fuvsi"
Plutarco è noto soprattutto per le Vite parallele le quali "sono il monumento classicistico della storia classica"[1].
In questo scrittore , biografo, storiografo, moralista, rivivono i grandi temi e i valori etici, politici, religiosi dell'età non solo classica ma anche arcaica, particolarmente quel tema dell'eroismo, della grandezza umana, che abbiamo sempre cercato durante i percorso fatti insieme.
Plutarco viene trascurato dalla scuola del nostro tempo poiché le sue figure grandiose, nel bene e nel male, non sono di moda; il "genocidio culturale"[2] perpetrato dai mezzi di informazione ha annichilito prima di tutto la razza davvero umana delle persone intellettualmente e moralmente autonome, sostituendola con una massa di omuncoli privi di identità personale, eppure non sempre innocui.
Una genìa di cui già si lamentava Foscolo nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis deplorando:"i delitti di tanti uomiciattoli ch'io degnerei di nominare, se le loro scelleraggini mostrassero il vigore d'animo, non dirò di Silla e di Catilina, ma di quegli animosi masnadieri che affrontano il misfatto quantunque e' si vedano presso il patibolo-ma ladroncelli, tremanti, saccenti-più onesto insomma è tacerne"(4 dicembre).
L'homo consumens odierno non deve avere a cuore altro che lo spendere e lo sprecare. Questo tramonto dell'eroe, con il rimpianto di alcuni fortunati, o sfortunati, pochi[3] che sentono il bisogno di tale dimensione, almeno proba e onesta se non anche eroica, un declino dell’uomo parallelo al tramonto degli dèi lamentato già da Sofocle[4], non è un fatto recente, se consideriamo il bisogno di Plutarco, e il rimpianto dei suoi grandi personaggi, in autori che certamente sono noti agli studenti liceali, almeno a quelli di una volta: Vittorio Alfieri, ad esempio, il quale nell'autobiografia scrive:"Ma il libro dei libri per me, e che in quell' inverno mi fece veramente trascorrere dell'ore di rapimento e beate, fu Plutarco, le vite dei veri Grandi. Ed alcune di quelle, come Timoleone, Cesare, Bruto, Pelopida, Catone, ed altre, sino a quattro e cinque volte le rilessi con un tale trasporto di grida, di pianti, e di furori pur anche, che chi fosse stato a sentirmi nella camera vicina mi avrebbe certamente tenuto per impazzato. All'udire certi gran tratti di quei sommi uomini, spessissimo io balzava in piedi agitatissimo, e fuori di me, e lagrime di dolore e di rabbia mi scaturivano al vedermi nato in Piemonte e in tempi e governi ove niuna alta cosa non si poteva né fare né dire, ed inutilmente appena forse ella si poteva sentire e pensare"[5].
Insomma leggendo Plutarco troviamo, in età oramai non lontana dalla "tardo antica", quella grandiosità di sentimenti e concezioni che abbiamo amato in Omero, in Erodoto e nella tragedia. Il che non toglie, vedremo, quel senso della misura e quel rifiuto dell'eccesso che abbiamo pure individuato come valore fondamentale nello storiografo delle guerre persiane. Non per niente Plutarco fu sacerdote delfico.
Ma prima di esporre la vita e le opere che si trovano in tutti i manuali, e ciò nondimeno racconterò, più tardi però, e a modo mio, voglio riportare testimonianze davvero "autorevoli", non come quelle che ora vengono attribuite, a sproposito, ad alcuni scarabocchiatori dei giornali che sono, quando va bene, "la sfera dei secondi dell'orologio della storia", come dice bene Schopenhauer[6].
Non meno critico con i giornali e i giornalisti è Leopardi quando nell'ironica Palinodia Al Marchese Gino Capponi ammette di avere riconosciuto "la pubblica letizia, e le dolcezze/del destino mortal"(vv. 21-22) dacché "viva rifulse/agli occhi miei la giornaliera luce/delle gazzette"(vv. 18-20).
Addirittura sarcastico nei confronti dei giornali "autorevoli" è il Leopardi-Tristano delle Operette morali quando dice:"Credo ed abbraccio la profonda filosofia de' giornali, i quali uccidendo ogni altra letteratura e ogni altro studio, massimamente grave e spiacevole, sono maestri e luce dell'età presente"[7].
Messa in dubbio, attraverso un grande nome della letteratura ed uno della filosofia, l'autorevolezza che le "gazzette" e i gazzettieri effimeri si attribuiscono a vicenda, passiamo ad autori seri per autorizzare Plutarco, un'operazione forse non inutile poiché l'autore delle Vite parallele nella scuola non ha il posto che si merità siccome essa vuole ragazzi mediocri, apatici e servili. Cercherò di usare il biografo degli eroi, lo scrittore morale dei Moralia come antidoto a tali malattie dello spirito inoculate dai media.
Bologna 2 maggio 2021 ore 21,13.
giovanni ghiselli. Torno ora dal monte Donato scalato per via Siepelunga in 12 minuti e 40 secondi.
p. s.
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[1]S. Mazzarino, Il Pensiero Storico Classico , Laterza, Bari, 1974. p. 136 III vol.
[2]Denunciato da Pasolini negli Scritti corsari , Garzanti, Milano, 1975, pp. 285-286:" E' in corso nel nostro paese, come ho detto, una sostituzione di valori e di modelli, sulla quale hanno avuto grande peso i mezzi di comunicazione di massa e in primo luogo la televisione. Con questo non sostengo affatto che tali mezzi siano in sé negativi: sono anzi d'accordo che potrebbero costituire un grande strumento di progresso culturale; ma finora sono stati, così come li hanno usati, un mezzo di spaventoso regresso, di sviluppo appunto senza progresso, di genocidio culturale per due terzi almeno degli italiani".
[3]Echeggio, non per caso l'Enrico V di Shakespeare : il re prima della battaglia di Agincourt esorta se stesso e i suoi con un discorso che culmina con il noto e quasi paradossale makarismov": "We few, we happy few, we band of brothers "(IV, 3), noi pochi, noi fortunati pochi, noi schiera di fratelli.
[4]Cfr. Edipo re , v. 910:" e[rrei de; ta; qei'a".
[5]La vita di Vittorio Alfieri scritta da esso , Epoca terza, cap. VII.
[6]Parerga E Paralipomena , Tomo II, p. 593. Scopenhauer nel luogo citato aggiunge che "L'esagerazione in ogni caso è il tratto essenziale del giornalismo come dell'arte drammatica: bisogna, infatti, ricavare il più possibile da ogni avvenimento. Per queta ragione, tutti i giornalisti sono, dato il loro mestiere, degli allarmisti: è il loro modo di rendersi interessanti. Essi somigliano in ciò a dei botoli, che, appena sentono un rumore, si mettono ad abbaiare con impeto".
[7]Dialogo di Tristano e di un amico .
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