sabato 1 maggio 2021

Primo maggio 2021. Ancora su "Piazza pulita" del 29 aprile. Pinelli e Pasolini

Pietro Valpreda

Voglio che continui a girare in infamia tra i miei non pochi e non indifferenti lettori il mancato ricordo di Giuseppe Pinelli, del tutto ignorato, e l’oltraggioso ricordo di Pasolini.
Per chi non avesse letto i due post precedenti su questo argomento, Mieli ha ricordato che Pasolini diceva “io so ma non ho le prove”. Si tratta di un articolo del 14 novembre 1974 uscito sul “Corriere della sera” con il titolo “Che cos’è questo golpe?”

Ora si trova negli Scritti corsari con il titolo “Il romanzo delle stragi” (pp. 111-117)
Pasolini scrive: “Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l’aiuto della CIA (e in second’ordine dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista (a tamponare il 1968), e in seguito, sempre con l’aiuto e per ispirazione CIA, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del referendum (…)
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno gli indizi. Io so, perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero”.
 
Io, gianni ghiselli, sono solo uno studioso e il giorno in cui uscì questo articolo compivo trentanni, ma questa trama l’avevo intuita fin dal dicembre del 1969, quando cominciavo a insegnare.
A scuola dissi: “Valpreda è innocente”. Era presumibile e del tutto plausibile anche senza prove: poche ore dopo la strage di Milano, quindi ancora prima che fossero state svolte pur sommarie indagini in più direzioni, questo ballerino mezzo fallito, anarchico e del tutto sprotetto fu sbattuto come il mostro in prima pagina di giornali e telegiornali con la complicità di Bruno Vespa, tuttora protetto.

L’unica pista indicata fu quella anarchica.

Un tassista incoraggiato dal questore Guida, e prezzolato, accusò Pietro Valpreda  e Pinelli precipitò dalla finestra della questura non si sa come. Certo è che perse la vita.
Valpreda fu messo subito in galera. La montatura era evidente anche a un ragazzo della mia età. Eppure la propaganda dei media contro il mostro era così battente che la mia voce venne accolta con ostilità da molti. Una delle mie zie si mise le mani tra i capelli per lo sdegno. Il preside minacciò di licenziarmi. Non poteva farlo, ma ci provò. All’epoca un giovane appena laureato riceveva la nomina a tempo indeterminato dal provveditore. Comunque ai miei ragazzini io dovevo dirlo e pure ai colleghi.
Più avanti l’innocenza di Valpreda venne ufficialmente riconosciuta e fu scarcerato. Pasolini invece fu massacrato meno di un anno dopo l’uscita di questo articolo.
Ne cito qualche altra frase: “Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969), e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974)”.
 
Ebbene, Paolo Mieli a Piazza pulita  ha avuto la sfrontatezza di commentare le parole di Pasolini dicendo: “è troppo facile affermare questo, tanto poi pagano altri”. Formigli gli dava ragione.
Nessuno dei presenti è insorto.
Questo perché sapevano bene che se lo avessero fatto non li avrebbero più invitati in televisione, o magari temevano di fare la fine di Pasolini.
Ancora due parole di questo intellettuale e scrittore: “Il potere e il mondo che, pur non essendo del potere, tiene rapporti pratici col potere, ha escluso gli intellettuali liberi - proprio per il modo in cui è fatto - dalla possibilità di avere prove e indizi”.
 
Concludo citando qualche parola di Tacito sul rapporto dell’uomo operoso con il potere che vuole asservirlo.
Lo storiografo latino fa l’esempio del proprio suocero Agricola che non provocava la fama e il destino né con l'arroganza, né con una vuota ostentazione di indipendenza: "non contumacia neque inani iactatione libertatis, famam fatumque provocabat"(Agricola, 42). Dunque anche sotto i cattivi principi, l'obbedienza e la moderazione, "si industria ac vigor adsint" se ci sono l'energia e l'operosità, possono innalzarsi a quella lode che molti raggiunsero  "ambitiosa morte"  con una morte teatrale, spettacolare,  senza giovare allo stato.
Tacito  dubita se il favore o l'ostilità dei prìncipi dipenda dal fato, o se abbiano qualche peso le nostre decisioni e sia possibile percorrere un cammino intermedio, privo di servilismo e pericoli, tra una rovinosa opposizione e una degradante sottomissione :" an sit aliquid in nostris consiliis liceatque inter abruptam contumaciam et deforme obsequium pergere iter ambitione ac periculis vacuum " (Annales  IV, 20).
Una via di mezzo insomma tra il ruere in servitium  (Annales , I, 7) e la libido adsentandi  (Historiae , I, 1) da una parte e dall’alra l'ambitiosa mors  (Agricola , 42) la morte spettacolare degli oppositori estremi.
 Comunque chi scrive storia deve scrivere sine ira et studio  (Annales  , I, 1), senza animosità e partigianeria, ovvero neque amore quisquam et sine odio dicendus est (Historiae , I, 1)  ha il dovere di esprimersi su ciascuno senza amore né odio
Tacito con questa teoria giustifica se stesso che fece carriera sotto Vespasiano, Tito, e pure con il tanto esecrato Domiziano, come ci informa nel proemio delle Historiae (I, 1): "Dignitatem nostram a Vespasiano inchoatam, a Tito auctam, a Domitiano longius provectam non abnuerim", non potrei negare che la mia carriera politica fu avviata da Vespasiano, accresciuta da Tito e portata ancora più avanti da Domiziano.
 
Neppure io posso negare di essere sceso a qualche compromesso sia pure assai raramente e di avere cercato qualche aiuto da parte di chi poteva darmelo. E devo dire che da alcune persone l’ho ricevuto del tutto gratis, senza che potessi dare nulla in cambio. Mi piacerebbe fare i loro nomi ma non credo che a questi miei benefattori farebbe piacere. Voglio comunque ringraziarli se mi leggono: quello che mi ha aiutato a entrare all’Università, sicuro che lo meritassi, quello che mi ha cooptato al festival della filosofia di Modena certo che sarei stato gradito al pubblico, l’ispettore che, chiamato da un preside idiota e da alcuni colleghi malevoli perché mi sanzionasse, li ha sbugiardati dichiarando che ero uno dei migliori insegnanti d’Italia, poi i tanti colleghi benevoli che da quando sono in pensione mi invitano a tenere conferenze nei loro licei e nelle associazioni culturali dandomi motivi concreti e precisi per studiare.

Bologna primo maggio 2021, ore 19, 10.
giovanni ghiselli
 
p. s
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