Il pellegrinaggio alla croce del re immagine presa da lblog di Luca Rota
Dopo avere cenato e avere elogiato i cuochi epicurei, tornammo sulla riva del lago per andare a riflettere, parlare e pregare sulla croce del sire annegato il 13 giugno del 1886. Non sapevamo che il giorno e il mese di quella data sarebbero stati cruciali anche per il nostro destino. In quei giorni di quello stesso anno 1881, la nostra relazione già malandata avrebbe avuto la stoccata finale dal Biscaglino di passaggio a Riccione.
Ci incamminammo per una via sghemba che costeggia la riva orientale.
Avevamo stabilito di percorrere la strada della pietà fino al luogo della morte per acqua del nostro re pescatore.
Percorremmo circa un chilometro di strada asfaltata fin dove questa gira a sinistra, allontanandosi dalla sponda che noi invece volevamo seguire, attirati dai Mani del povero sire. Il pio cammino però era sbarrato da una rete metallica alta e sottile, non facile da scavalcare. Procedevamo lungo l’ostacolo cercandovi un buco che ci lasciasse passare di là. Finalmente lo trovammo. Avremmo fatto le medesime mosse quattro mesi più tardi sull’autostrada greca, come ho già raccontato. Le stesse cose ritornano.
Oltre la barriera forata trovammo un bosco fitto, segnato da un solo, esiguo sentiero. Gli alberi erano ancora spogli: la luna, passando tra le nuvole e i rami, faceva trapelare una luce incerta che chiazzava di bianco le foglie cadute là sotto, morte e marcite perché dalla putrefazione risorgesse la vita. Speravo in una resurrezione anche dei nostri affetti ma l’insieme era inquietante. Ifigenia aveva paura del buio e della completa solitudine di quel luogo sepolcrale. Sentivo tremarle la mano sinistra. Camminammo in silenzio per una decina di minuti mentre il sentiero non accennava a calare sul lago, anzi procedeva verso la Votivkapelle.
“Cappella perigliosa” disse la mia compagna come aprì bocca. Quindi aggiunse: “Torniamo indietro: qui potrebbero ammazzarci. I barbari trogloditi nascosti in queste caverne non aspettano altro”.
“Ma no - ribattei - chi vuoi che ci faccia del male? Siamo giovani, poveri e forti. Poi questo è un luogo deserto, a parte lo spirito sempre presente e vivo di Ludwig che ci protegge perché contraccambia il nostro amore”.
“Ora però torniamo indietro, ti prego! Torneremo domani mattina, con il sole”, insisté la ragazza impaurita.
“No: poco fa, cenando, abbiamo deciso che si doveva venire qui di notte, per smaltire il cibo e per espiare i nostri peccati. Dobbiamo arrivare da Ludwig, se no è tradimento. Se tu hai cambiato idea, torna indietro da sola”. La comes riprese a seguirmi tacendo. Dopo qualche altro minuto il sentierò cominciò a scendere, poi finalnente dal bosco del buio e della paura, sbucò sulla riva del lago dove dilagava biachissima la luce lunare dal cielo tornato tutto sereno. Giungemmo davanti alla croce, a pochi metri da lei. Brillava nel chiarore dell’aria e dell’acqua le cui increspature immillavano i sorrisi luminosi del firmamento.
L’apprensione sparì. “Affogare è una bella morte: non si resta sfigurati”, ricordai. Pregammo lo spirito inquieto del nostro amico martire. Un cigno venne vicino alla croce. La sua piccola testa, muovedosi adagio verso l’acqua sembrava onorare il genius loci e condividere le nostre preghiere.
Bologna 7 aprile 2021 ore 19, 24
giovanni ghiselli
p. s.
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