Nulla gli sfugge aggiunge servo II; Paflagone tiene una gamba a Pilo e una in assemblea. Con tale scoscio il prwktov" si trova ejn Cavosin (Caoni popolazione dell’Epiro) con il doppio senso derivato da cavskw, sono aperto, gli aperti, le mani tra gli Etoli, etimologizzato con aijtevw-chiedo- , i petulanti, la mente tra i Clopidi, abitanti di un villaggio del nord est dell’Attica, etimologizzato con klophv, furto, significa tra i ladri (79).
Droysen istituiva un’analogia fra Cleone e il “selvaggio Mario”, o peggio ancora il “sanguinario Robespierre”[1].
Eppure Droysen avvia una rivalutazione del demagogo ateniese tanto infamato da Tucidide e da Aristofane: “Si può dire quel che si vuole del carattere di Cleone, ma in ogni modo egli era l’anima del sistema democratico ateniese in quel periodo…Frattanto le eterie dovevano impegnarsi non poco nelle trattative allacciate con Sparta; un accenno contenuto nelle Vespe ci fa capire che in quei circoli si pensava seriamente già allora di limitare la democrazia…Cleone appariva il vero difensore contro tali intrighi; ecco perché il coro delle Vespe lo chiama subito in sua difesa, non appena crede di fiutare qualche congiura”[2].
Tucidide presenta il demagogo dicendo che era il più violento dei cittadini ("biaiovtato" tw'n politw'n", III, 36, 6) e quello più capace di persuadere ("piqanwvtato"") la massa.
Mitilene nel 327 si ribellò, la rivolta venne repressa e, dopo la resa, Cleone propose di uccidere tutti i Mitilenesi.
Gli Ateniesi in un primo momento lo approvarono. Poi Diodoto li persuase a punire solo i colpevoli: affermando che risparmiando i Mitilenesi non contrari ad Atene i sostenitori della città egemone sarebbero stati incoraggiati.
Similmente Kadár dopo la repressione sovietica della rivoluzione ungherese del 1956 disse: “chi non è contro di noi, è con noi”.
Il partito di Diodoto vinse:"ejkravthse de; hJ tou' Diodovtou" (III, 49, 1) e Mitilene scampò alla distruzione.
Un poco più di mille ("ojlivgw/ pleivou" cilivwn", III, 50, 1) ribelli furono comunque uccisi, le mura di Mitilene vennero abbattute, le navi portate via e il territorio dell'isola (tranne quello di Metimna) diviso in lotti per i cleruchi ateniesi.
Torniamo ai Cavalieri. I due servi non sanno come fare. Il servo II propone il suicidio bevendo sangue di toro ( ai\ma tauvreion piei'n, 83, come fece Temistocle (cfr. Plutarco, Vita, 31, 6 e Cicerone Brutus 43).
Il toro del resto è pure un animale collegato al culto dionisiaco
nelle Rane Aristofane renderà omaggio al collega già morto chiamandolo:"Cratino il divoratore del toro"(Taurofavgo" v. 357), per esaltare la sua vocazione dionisiaca con un epiteto che veniva attribuito allo stesso Dioniso.
Il toro è anche un animale da immolare nei grossi sacrifici: (cfr. Virgilio, Georgiche, II,146-147:"et maxima taurus/victima ).
Nell’ Edipo re il toro prefigura la fine del re di Tebe imbestiato:"Infatti va e viene sotto foresta/selvaggia e su per le grotte, proprio/il toro delle rupi/inutile con inutile piede bandito in solitudine/cercando di allontanare i vaticini/dell'ombelico della terra; ma questi sempre/vivi gli volano addosso (Edipo re, 477-482).
Qui nei Cavalieri il toro del sacrificio potrebbe essere Cleone-Paflagone.
Il servo I invece suggerisce un altro elemento del culto dionisiaco: il vino.
"Il sesso, l'alcool, il sangue. I tre momenti dionisiaci della vita umana: non si sfugge, o l'uno o l'altro"[3].
Il vino dice la caricatura di Demostene stimola l’inventiva e spinge all’azione.
Chiede al compare servo II un boccale di vino per annaffiare il cervello e dire qualcosa di intelligente to;n nou'n i{n j a[rdw kai; levgw ti dexiovn (96).
La caricatura di Nicia non sa cosa possa combinare l’altro con il vino dagli effetti equivoci.
Il portiere del castello di Macbeth , una specie di portiere dell'inferno come ipotizza di essere con ironia sofoclea[4], disquisisce, intorno agli effetti del bere sulla libidine: la provoca e la sprovoca; provoca il desiderio ma ne porta via l'esecuzione. " Therefore, much drink may be said to be an equivocator with lechery ", perciò bere molto si può denominare colui che rende equivoca la lascivia: la crea e la distrugge; la spinge innanzi e la tira indietro; la persuade e la scoraggia; "makes him stand to, and not stand to", la mette in piedi e non la tiene su, insomma la equivoca col sonno e dandole una smentita la pianta (II, 3).
Il servo II dunque va e torna con il vino dicendo che lo ha rubato senza essere visto: Paflagone dorme u{ptio" mequvwn, supino, ubriaco e russa (rjevgkei, 104), steso sulle pelli.
Poi due bevono alla salute del buon genio ajgaqou' daivmono" (106)
Il servo I manda il II a rubare anche gli oracoli di Paflagone
Nicia va e torna con il furto. Paflagone russava come prima e per giunta scorreggiava sicché non se ne è accorto.
L’oracolo contiene l’elenco dei demagoghi: dopo la morte di Pericle (429) prima uno stuppeiopwvlh" (129) un mercante di stoppa (Eucrate) governava la città, poi un probatopwvlh" (132), un mercante di pecore. E sono due mercanti fa Nicia. Poi il terzo, più schifoso del secondo, bdelurwvtero" (134), bursopwvlh" oJ Paflagwvn, a{rpax, un rapace che strilla kekravkth" con la voce del torrente Cicloboro (137)
La commedia i Cavalieri di Aristofane riduce Cleone a “una caricatura ripugnante”[5]
Cicerone nel Brutus scrive: “Cleonem etiam temporibus illis turbulentum illum quidem civem, sed tamen eloquentem constat fuisse” (28), si sa che in quei tempi visse anche Cleone, uomo politici certo sedizioso[6] ma eloquente.
Pesaro 2 agosto 2021 ore 11, 36
giovanni ghiselli
[1] J. G. Droysen (1808-1884), Aristofane (del 1835), (a cura di Giovanni Bonacina), p. 33. dell’Introduzione.
[2] Op. cit., p. 140.
[3] C. Pavese, Il mestiere di vivere, 2 luglio 1945.
[4] Egli esordisce dicendo: questo si chiama bussare per davvero! Se un uomo fosse portiere dell'inferno (if a man were porter of hell-gate) avrebbe l'abitudine antica di girare la chiave (II, 3). Non "possiamo fare a meno di sentire che nel far finta di essere il portiere dell'inferno egli è terribilmente vicino alla verità" (Bradley, op. cit., p. 424).
[5] Droysen, Arisofane, , p. 177.
[6] Nei Cavalieri (424 a. C) di Aristofane Cleone-Paflagone è chiamato “borborotavraxi” (v. 307), il mescola-fango; egli si comporta come i pescatori di anguille, i quali le acchiappano, solo se mettono sottosopra il fango,: “kai; su; lambavnei", h]n th;n povlin taravtth/" (v. 867), anche tu arraffi, se scompigli la città, gli fa il salsicciaio.
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