NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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lunedì 2 agosto 2021

Aristofane i Cavalieri . Prima parte.

 


 

I Cavalieri rappresentato alle Lenee del 424 è la prima commedia  della quale Aristofane fu anche regista.

In pecedenza lo era stato Callistrato per i Banchettanti del 427 per i Babilonesi del 426 e per gli Acarnesi del 425.

Questa commedia è una satira feroce nei confronti del demagogo Cleone che era il beniamino del popolo.

 

I Banchettanti probabilmente contenevano già un attacco a Cleone.

 

Nella parabasi delle Vespe, Il coro dice al pubblico che Aristofane  non ha reso mezzane le sue muse e non se l’è  presa con gente dappoco ma con i più potenti con impeto degno di Eracle che attaccò mostri immani (1030).

 L’autore si è messo subito a lottare proprio con quello dalle zanne aguzze (xusta;ς tw`  karcarovdonti, 1031). E’ Cleone che ha la voce di un torrente rovinoso e fetore di foca e coglioni immondi di Lamia[1] e culo di cammello (prwkto;n de; kamhvlou, 1035).

 

I Babilonesi affrontavano il tema scottante del rapporto tra Atene e le città alleate diventate suddite. Probabilmente Aristofane faceva qualche riferimento al brutale intervento di Cleone nell’assemblea dell’estate del 427  a proposito della ribellione di Mitilene. Propose un genocidio contro la città ribelle.

 Cleone dopo la rappresentazione intentò un processo contro Aristofane come sappiamo dagli Acarnesi rappresenti alle Lenee del 425 (vv. 377-382) “Cleone mi trascinò davanti al Consiglio e mi calunniava  (dievballe) e usava la lingua per dire menzogne contro di me (kai; yeudh' kateglwvttizev mou,  Acarnesi, 380) e urlava come il torrente Cicloboro, un diluvio. E oramai morivo sotto la melma dei suoi imbrogli. Ora che siamo alle Lenèe prosegue Diceopoli, Cleone non potrà calunniarmi dicendo che infamo la città davanti agli stranieri. Siamo solo noi: l’agone è quello lenaico e gli stranieri non ci sono. Io sono un mendìco ma parlerò della città e dirò cose terribili ma giuste  ejgw; de; levxw deina; mevn, divkaia dev (501). La figura di Diceopoli è autobiografica e dichiara guerra alla guerra.

 

Alle Lenèe del 424 Aristofane presentò i Cavalieri e ottenne il primo premio. Nell’estate del 425 c’era stato l’episodio di Sfacteria  con la cattura di 120 Spartiati.

 E’ questo l’antefatto dei Cavalieri scritti dunque tra fine agosto del 425  e inizi gennaio del 424.

Il coro è formato dai cavalieri ateniesi, ostili al regime ma fedeli alla madre polis,  e pronti a sacrificarsi per lei.

I personaggi sono Demo un vecchio che sembra rimbecillito e plagiato da  Paflagone ma poi si fa furbo , una specie di finto pazzo, personificazione del popolo di Atene. Sotto la maschera di Paflagone gli spettatori riconoscevano il demagogo Cleone.

Il nome si può etimologizzare con il verbo paflavzw (mi agito). Al v. 919 il salcicciaio dice di Paflagone ajnh;r paflavzei.

 

Nella Pace (del 421), Trigeo, il contadino bramoso di pace, dice al Coro  di contadini state attenti che Cleone  quel Cerbero là sotto paflavzwn kai;  kekragwv", agitandosi e urlando, come quando era qui, non ci sia d’impaccio a tirare fuori la dea, la Pace imprigionata da Polemo in un antro.

Cleone era morto nel 422, al pari dello spartano Brasida, l’altro pestello dell Grecia (Pace, v. 259-288)

 

 Paflagone è un bursopwvlh" un cuoiaio (buvrsa è pelle conciata, cuoio) che divora i beni comuni. Il suo nome rivela l’origine barbara e servile (oriundo dalla Paflagonia nel nord dell’Asia minore). Il servo ha acquistato grande potenza (come i liberti Calllisto Pallante e Narcisso dell’imperatore scimunito Claudio 41-54).

Gli altri due servi anonimi di Demo (I e II servo con le maschere che imitavano i volti degli strateghi  Demostene e Nicia) hanno saputo da un oracolo che come alleato contro Paflagone devono chiamare  Agoracrito, un salcicciaio ajllantopwvlhn-ajlla'"-anto" oJ salsiccia e sanguinaccio-, insigne per malvagità. I cavalieri saranno contro Paflagone. L’agone si svolge  tra questi due ignobili personaggi.

Agoracrito prevarrà poi farà bollire Demo ringiovanendolo senza farlo morire come  Medea quando mise a bollire Pelia.

 Cleone viene malamente esautorato. L’Argomento I finisce così: “To; de; dra'ma twn' a[gan kalw'" pepoihmevnwn”, il dramma è di quelli fatti molto bene.

Agoracrito ha il sopravvento perché è più canaglia dell’altro, come spesso accade nella politica.

 

Ma vediamo il testo

Sull’orchestra entrano i due servi del popolo che portano le maschere degli strateghi Demostene e Nicia.

 In fondo all’orchestra si vede la casa del popolo

Il primo servo identificabile con Demostene lamenta la sventura toccata a lui e al suo compagno di servitù (Nicia): il cattivo acquisto recente-to;n newvnhton kakovn (2) di un terzo servo, Paflagone il quale infligge continuamente botte agli altri due servitori- plhga;" ajei; prostrivbetai toi'" oijkevtai" (5).

Il servo II lo chiama il primo dei Paflagoni, il vero Paflagone e ne lamenta le calunnie.

I due si lamentano insieme dicendo mumu' 6 volte.

Poi cercano di concordare una reazione. Una prova dell’esistenza delle divinità è che “ io sono in odio agli dèi” (34) dice servo II.

Servo I descrive il padrone: Dh'mo" Puknivth", Popolo di Pnice (la sede dell’assemblea) duvskolon gerovntion, un vecchietto scontroso (42) ujpovkwfon un po’ sordo-kwfov", sordo. E’ un masticafave kuamotrwvx  (41, kuvamo" e trwvgw, rodo). Si accedeva ai pubblici uffici, una fonte di reddito per i più in questo Stato assistenziale, grazie a un sorteggio effettuato con le fave

 

Cfr. Il gerovntion dei Cavalieri 42 con Il Gerontion di Eliot (1920) Here I am,  an old man in a dry month,/ being read by a boy, waiting for rain” 1-2. Gerontion è stato at the hot gates, alle Termopili,  My house is a decayed house (7) e il padrone è the Jew, l’ebreo rannicchiato sul davanzale

E’ a dull head among windy spaces (16), una testa intronata fra spazi ventosi. Aspetta un segno. Nella giovinezza dell’anno venne Cristo la tigre nel maggio depravato per essere spartito, mangiato e bevuto.

 Ma oramai prevalgono personaggi equivoci come mr. Silvero, l’affarista omosessuale with caressing hands (25) e altri che origliano. Dopo tale conoscenza che cosa è il perdono? La storia è un labirinto con passaggi nascosti  e corridoi tortuosi. L’eroismo è figlio di vizi innaturali i delitti impongono le virtù.

 

E’ la confusione morale, estetica, quella dove sguazza Paflagone appunto e deruba il gerovntion  Demo. La tigre balza nell’anno nuovo e ci divora.

 

 The tiger springs in the new year. Us he devour 51.  

Il vecchio si è irrigidito in a rented house (54) in una casa d’affitto

Ha perso beauty in terror, terror in inquisition (60) e

I have lost my passion: why should I need to keep it

Since what is kept must be adultereted? (61-62)

Altri protract the profit, prolungano il profitto. Profittatori

Tenants of the house, padroni della casa

Thoughts of a dry brain in a dry month (79-80), pensieri di un arido cervello in un’arida stagione

Aridità, confusione, impotenza.

 

Dunque il padrone ejprivato dou'lon (44) ha comprato un nuovo schiavo bursodevyhn Paflagovna, il conciapelli Pafragone-buvrsa e devyw, stropiccio uno capacissimo di tutto- panourgovtaton- e calunniosissimo. Costui si è messo a carezzare e adulare il Popolo e gli ha fatto il dono del triobolo e[ce triwvbolon (51).

Cleone dopo Sfacteria nel 425 aveva alzato la paga degli Eliasti da due a tre oboli. Sicché nutre Demo  rubando i piatti preparati dai due colleghi.

Servo I (Demostene) dice che era stato lui  a preparare ma'zan lakwnikhvn (55) la focaccia laconica di Pilo ma Paflagone gliel’ha rubata e ha imbandito lui th;n uJp j ejmou' memagmevnhn (57) quella impastata da me (mavssw).

Il successo di Pilo era stato organizzato militarmente da Demostene ma Cleone aveva guidato  la spedizione e si era appropriato dei risultati catturando gli opliti spartani rifugiatisi nell’isola di Sfacteria di fronte a Pilo.

 

Gli Ateniesi sbarcarono con una decisa superiorità numerica (circa 1000 opliti e 1000 peltasti e arcieri, oltre alle ciurme); ma ciò che caratterizzò la battaglia fu che gli Ateniesi non impegnarono gli opliti, bensì i peltasti e arcieri, che dimostrarono per la prima volta - sia pure aiutati dalla superiorità numerica - la loro possibilitȧ di battere con tattica aggirante anche le migliori truppe pesanti, come le spartane. Infine gli opliti, presi alle spalle, ridotti a 292, dovettero arrendersi presso la vecchia fortezza dove s'erano asserragliati. Per quanto gli Ateniesi non sapessero sfruttare la vittoria, questi prigionieri furono un pegno prezioso per Atene.

 

Nell’Eracle di Euripide ( del 416)  Anfitrione fa l’elogio dell’armatura sagittaria to; pavnsofon eu{rhma, l’invenzione più ingegnosa. L’oplita ha solo la lancia, e, spezzata quella, è perduto. Lo è anche se i suoi compagni di schiera sono vili. L’arciere ha molte frecce e può colpire a distanza e respingere i nemici-ejka;" ajfestw;" polemivou" ajmuvnetai (198). La cosa più ingegnosa in battaglia sofo;n mavlista, è salvare la vita sw/vzein to; sw'ma facendo del male ai nemici drw'nta polemivou" kakw'" (202).

 

L’elogio degli armati alla leggera fa pensare all’impresa di Sfacteria

 Gli Ateniesi avevano occupato Pilo e gli Spartani avevano sbarcato 420 olpiti a Sfacteria nell’estate del 425 di fronte alla baia di Navarino. Il più valoroso tra gli Spartani era il trierarco Brasida (Tuc. IV, 11, 4) ma rimase ferito.

Cleone, incalzato da Nicia e dalla folla, promise di partire per Pilo portando con sé peltasti e arcieri. (peltasthv" è il fante armato con uno scudo leggero, pevlth-h"-hJ)

Gli Ateniesi ridevano per queste vanterie (IV, 28)

Cleone scelse come collega Demostene tra gli strateghi di Pilo. Lo cooptò perché aveva saputo che intendeva sbarcare nell’isola (IV, 29, 2). Gli era venuta nuova fiducia da un incendio dell’isola. Prima temeva che la boscosità e l’assenza di strade favorisse i pochi Spartani. Gli Ateniesi sbarcarono: erano 800 opliti. Poi si aggiunsero 800 arcieri e peltasti in numero non minore più i Messeni (32, 2). Occuparono le alture e mostrarono agli spartani questa massa di nemici yiloiv, nudi ossia armati alla leggera.

Questi traevano la loro forza dagli archi toxeuvmasi, dai giavellotti, ajkontivoi", dalle pietre livqoi" e dalle fionde sfendovnai" usati da lontano. Non si potevano nemmeno attaccare: potevano fuggire e attaccare chi si ritirava (32, 4). Gli opliti ateniesi fronteggiavano quelli spartani, mentre oiJ yiloiv stavano di fianco e dietro, e li saettavano.

 Se attaccati, scappavano e nella corsa erano avvantaggiati dall’essere leggeri. Gli Spartani si disorientarono (34). Cominciarono a fuggire e i fanti leggeri a inseguirli uccidendoli. Finché gli Spartani si ritirarono nel loro forte.

 Lo stratego dei Messeni chiese una parte degli arcieri e della fanteria leggera per aggirare gli Spartani. Avuti i soldati, li aggirò passando per dirupi. Gli Spartani si trovarono come alle Termopili[2] wj" mikro;n megavlw/ eijkavsai (Tc. IV, 36, 3), si parva licet componere magnis (Virgilio, Georgiche IV, 176) . Sicché cedettero.

 Demostene e Cleone volevano portarli vivi ad Atene. Gli Spartani gettarono gli scudi e agitarono in alto le mani- parei'san ta;" ajspivda" oiJ plei'stoi kai; ta;" cei'ra" ajnevseisan (aoristi di parivhmi e ajnaseivw IV, 38). Epitada il comandante spartano era morto. Gli era succeduto Stifone. Dei 420 opliti 292 di cui 120 spartiati furono fatti prigionieri. Gli altri erano morti. Erano passati 72 giorni dall’inizio.

Fu un fatto incredibile che gli Spartani si fossero arresi. I Messeni devastarono la Laconia. Gli iloti fuggivano e gli Spartani erano in grande difficoltà Tuc. IV, 41)

 

 

 

Paflagone, continua Servo I, rincitrullisce il vecchio, poi spaccia calunnie e poi noi prendiamo le frustate kav/ta mastigouvmeqa ( Cavalieri, 64)

 

Pesaro 2 agosto 2021 ore 10, 49

giovanni ghiselli

 



[1] Mostro che si ciba di carne umana.

[2] Cfr. Erodoto VII, 210-225

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