mercoledì 8 settembre 2021

Aristofane le Vespe 17 Il processo al cane che ha rubato il formaggio.

E’ iniziato l’idillio tra padre e figlio. Bdelicleone porta al vecchio l’urinale (ajmivς) come favrmakon straggourivaς, rimedio della stranguria (stravgx, goccia, ou\ron, urina). Stenosi delle vie urinarie. Poi gli offre il fuoco e un passato di lenticchie (fakh') da ingollare. Anche un gallo per svegliarlo nel caso che si addormentasse durante una causa. Il vecchio pretende anche una transenna senza la quale-a[neu drufavktou- 830 non si può fare un processo siccome è la prima tra le cose sacre. Sicché Filocleone corre a prenderla e il figlio commenta dicendo: wJ" deino;n hJ filocwriva (834), come è terribile l’amore per un luogo! Capisco bene: i luoghi dove siamo stati felici-come Debrecen per me- o infelici di una infelicità superata-Pesaro e Bologna- ci sono cari non meno delle persone amate che ci hanno contraccambiato. Il cane Labes (deformazione caricaturale di Laches, lo stratego sconfitto in Sicilia ) ha rubato una caciotta siciliana- trofalivda turou` Sikelikhvn- e l’ha divorata (838). Bdelicleone dunque decide che il padre dovrà giudicarlo. Il processo viene preparato con tanto di accusatore e con tutti i riti dovuti alla cerimonia che ha pure un aspetto religioso. Il figlio prega Apollo che tolga l’ortica- th;n ajkalhvfhn- all’ira del padre- ajpo; th`" orgh`" 884-885- e metta il miele al posto della mostarda. L’ojrghv nella tragedia caratterizza il tiranno. Anche il Coro prega Apollo. Ogni atto della vita aveva un aspetto religioso. Viene introdotto il cane accusato, Labes. Un altro cane lo accusa di avere divorato da solo la caciotta siciliana. Pena: klw/o;" suvkino", una catena di legno di fico. Entra il cane accusato e subito Filocleone gli trova un’aria da ladro. klevpton blevpei- 900. E crede di ingannami digrignando i denti. Il giudice dunque pregiudica con i suoi pregiudizi verso gli imputati. Il cane accusatore sembra essere lo stesso cane accusato che sostiene entrambe le parti. Spiega comunque l’accusa. Il cane accusato ha portato via in Sicilia un grosso formaggio, turo;n polu;n katasikevlize- e se ne è riempito con il favore delle tenebre –ejn tw`/ skovtw/- 910- 911. Durante le guerre i profittatori non mancano mai mentre i poveri diventano sempre più poveri. Lo stratego Lachete combattè nella prima spedizione in Sicilia (427-424)) fu processato per furto e assolto. Morì nel 418 a Mantinea. A lui è intitolato un dialogo giovanile di Platone sul concetto di coraggio. Filocleone dà ragione all’accusatore: lo schifoso –oJ bdeluro;"- accusato gli ha appena ruttato in faccia un orrendo fetore di cacio. L’accusa lamenta che non è rimasto neanche un pezzettino di quel formaggio. Neppure Filocleone ne ha fruito. Il figlio chede al padre di non emettere condanne pregiudiziali mh; prokatagivgnwsk’ (919) Labes-Laches il cane accusato è il furto in persona secondo il vecchio - klevpton to; crh`ma tajndrov" (932). Il gallo messo lì per tenere sveglio Filocleone sembra confermare. Il vecchio chiede il pitale e piscia (oujrei`) L’accusato non sa difendersi come Tucidide che quando venne accusato a un tratto rimase paralizzato nelle mascelle (ajpovplhkto" ejxaivfnh" ejgevneto ta;" gnavqou" (Vespe, v. 947). Lo storiografo venne esiliato nel 424 per la perdita di Anfipoli. Della grande guerra che narrò, lo storiografo fu non solo acuto osservatore e attento raccoglitore di documenti, ma anche protagonista, come stratego, nel 424 quando subì l'insuccesso di Anfipoli: non riuscì a impedirne la conquista da parte dello spartano Brasida. L'autore ci racconta ( La guerra del Peloponneso, V, 26) che in seguito alla strategia di Anfipoli gli toccarono venti anni di esilio i quali però non andarono perduti, anzi, simili a una "provvida sventura", gli procurarono una tranquillità utile al reperimento dei documenti funzionali alla composizione dell'opera. Tucidide afferma di essersi trovato da entrambe le parti, e non meno presso quella dei Peloponnesiaci a causa dell’esilio (par j ajmfotevroi~, kai; oujc h|sson toi'~ Peloponnhsivwn dia; th;n fughvn, V 26, 5) e di aver potuto conoscere i fatti kaq j hJsucivan, con tranquillità. E’ un caso di “provvida sventura”. giovanni ghiselli

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