NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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mercoledì 29 settembre 2021

Le Rane di Aristofane. XXXI parte. I due tragediografi si canzonano a vicenda

Anna, L'otre dei venti
http://www.memoriadise.it/lotredeiventi.htm
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Dioniso vuole che Euripide ammaini le vele prima che la boccetta scateni una tempesta (1220-1221), come i venti usciti dall’otre donato da Eolo a Ulisse nel X canto dell’Odissea. Le metafore nautiche sono frequenti nelle tragedie.

Ma Euripide conta che sarà la boccetta ad andare in frantumi.

Quindi recita un verso e mezzo dal prologo del Frisso I: Cadmo figlio di Agenore, lasciata un giorno la città di Sidone- Frisso è il ragazzo che arrivò nella Colchide sull’ariete dal vello d’oro.

 

Eschilo non cambia il suo ritornello: perse la boccetta (1226).

 

Dioniso allora consiglia a Euripide ajpoprivw th;n lhvkuqon 1227, compra la boccetta, in modo che non rompa più i prologhi.

 

Abbiamo visto l’invito a comprare rifiutato da Diceopoli negli Acarnesi (32-36); qui nell’oltretomba è Euripide che rifiuta tale richiesta - ouj dh`t j- 1230 no di certo. Andrebbe insegnato ai consumisti nostrani. Il mondo della polis e quello degli inferi presentano parecchie corrispondenze.

 

Quindi Euripide recita l’incipit della sua Ifigenia tra i Tauri “Pevloy oJ Tantavleioς ejς Pi'san molw;n qoai'sin i{ppoiς” (1-2) , Pelope figlio di Tantalo, giunto a Pisa su veloci cavalle ed Eschilo immancabile e implacabile fa: lhkuvqion ajpwvlesen (Rane 1233), perse la boccetta.

Pensate alla implacabilità pubblicitaria con la ripetizione ossessiva degli inviti a comprare

Dioniso ripete il consiglio di pagare- ajpovdo"- per la boccetta in qualunque modo. Costa solo un obolo ed è bellissima 1234.

 

Ancora la tecnica pubblicitaria e pure quella propagandistica.

Pensate all’insistenza sulla sottomissione delle donne in quanto genere. Serve a coprire la sottomissione di gran parte di un popolo intero di donne e uomini ridotti in povertà e quasi in una condizione da schiavi.

Non sono le donne, in quanto femmine invece che maschi, a essere sfruttate e maltrattate ma quasi sempre le donne povere e prive di potere come i tanti uomini che muoiono al lavoro.

 

Euripide insiste con il prologo del Meleagro e poi quello della Melanippe la saggia.

Meleagro fu fatto morire dalla madre Altea perché il figlio aveva ucciso i fratelli di lei.

La Melanippe sofè di Euripide viene ingravidata da Poseidone durante l’assenza di suo padre Eolo e partorisce due gemelli; per sfuggire all’ira di Eolo, la madre espone i gemelli nella stalla del padre, ma essi vengono recuperati dai bovari, che, trovando i bambini allattati da una mucca, decidono di raccoglierli e portarli dal padrone. Eolo, dopo un consulto con suo padre Elleno, decide di bruciare i ragazzi come τέρατα

offerti agli dei, affidando la preparazione del sacrificio alla stessa Melanippe. L’eroina cerca di distogliere il padre dal sacrificio, spiegando in una rhesis che non si tratta di alcun prodigio, ma alla fine è costretta ad ammettere la propria colpa suscitando la violenta reazione paterna. La situazione era risolta dall’intervento ex machina

di Ippo, la madre di Melanippe, che salvava i bambini e prediceva il loro futuro glorioso.

 

Eschilo ripete il suo ritornello; allora Dioniso insiste dicendo che le boccette spuntano sui prologhi di Euripide come gli orzaioli negli occhi (w[sper ta; su'k j ejpi; toi'sin ojfqalmoi'ς 1247).

Quindi dà il consiglio di attaccare i canti delle tragedie di Eschilo.

Euripide assicura che ne metterà in rilievo la qualità scadente e la monotonia (1249-1250)

Ma il Coro parteggia per Eschilo dicendo che ha composto i canti più numerosi e belli - plei`sta dh ;- kai; kavllista mevlh (1254-1255) tra quelli sentiti fino ad allora.

Euripide assicura che farà presto a smontare questa reputazione del rivale

Quindi presenta una parodia, che mette in ridicolo l’oscurità dello stile ampolloso di Eschilo, accozzando un centone incomprensibile di versi tratti da varie tragedie (1264-1272).

Dioniso vuole andare in bagno poiché con tutte queste pene - dice - tw; nefrw; boubwniw' (1280) sono gonfio nei reni.

Euripide continua a canzonare la lirica eschilea- le arie per la cetra dopo quelle per il flauto- inzeppandola con toflattovqrattoflattovqrat trallalallera, trallalallà. tra un verso e l’altro.

C’è la volontà di denunciare la monotonia ritmica di Eschilo e la mancanza di senso delle sue parole: ghirigori che non significano nulla e non sono nemmeno divertenti come i ghiribizzi nonsensical di Edward Lear. Perciò ve li risparmio.

Dioniso le chiama cantilene di chi attinge acqua dal pozzo iJmoniostrovfou mevlh (1297)

 

Eschilo risponde che non voleva cogliere i fiori dallo stesso prato di Frinico sacro alle Muse. (I poeti sono api, la loro opera miele)

Euripide invece, continua il rivale, raccatta da tutto: dalle puttanelle (ajpo; pornidivwn, 1301) dagli scòli di Melèto (l’accusatore di Socrate che fu anche poeta tragico), dalle melodie carie per flauti ajpo; qrhvnwn, dai canti funebri e da quelli conviviali (skolivwn ).

Poi chiede la lira per parodiare il rivale, ma subito dopo si corregge dicendo che per ridicolizzare Euripide non c’è bisogno della lira e chiede una che batta le nacchere da sola (pou' jstin hJ toi'" ojstravkoi" au{th krotou'sa ; (1305). Quindi Eschilo invita la Musa di Euripide ed entra una fanciulla nuda di cui Dioniso dice che non faceva la lesbica oujk ejlesbivazen, ou[ (1307), nel senso che si tratta di una puttanella eterosessuale.

Eschilo poi fa una parodia di canti di Euripide. Ne ridicolizza i vocalizzi con un dittongo ei ripetuto 6 volte eiJeieieiei - eiJlivssete daktuvloiς favlaggeς 1314 vovo vo vo volgete con le dita le trame al telaio. Segue un centone privo di senso.

Quindi apostrofa il rivale dicendo che compone i canti imitando le dodici posizioni di Cirene, una famosa cortigiana.

 

Nelle Tesmoforiazuse (del 410) il parente di Euripide quando vede comparire Agatone vestito da femmina dice: io non vedo nessun uomo, vedo solo Cirene (Kurhvnhn d’ oJrw', 98).

 

Segue la parodia di un canto “a solo ” una monodia. Euripide ne faceva uso molto più di Eschilo e Sofocle. Lo stile vuole essere solenne mentre la situazione è futile: una ragazza sogna orrori e si sveglia terrorizzata: allora si accorge che una vicina gli ha rubato un gallo - to;n ajlektruovna xunarpavsasa- e pure un gomitolo filato per venderlo al mercato. La ladra poi è volata via sull’agile vigore delle ali. Quindi la ragazza invoca truppe cretesi e Artemide ed Ecate con le cagne per una perquisizione (1331-1355).

Eschilo vuole significare che a questa ragazza povera tale preghiera non si addice.

 Euripide dunque non ha composto canti sulla grande battaglia epocale di Salamina, uno scontro di mondi e di culture diverse, ma piccoli fatti esposti con micrologica lagna.

Cfr. l’elogio della ramazza da parte di Ione nello Ione di Euripide :vv. 112 ss. “o splendido virgulto di alloro, mia ramazza con cui spazzo il suolo del dio”

 

Dioniso non ne può più e dice. “pauvsasqon h[dh tw`n mevlwn”- 1364, smettetela ora voi due con i canti.

 

Allora Eschilo dice che vuole portare Euripide alla bilancia ejpi; to;n staqmo;n ga;r aujto;n ajgagei'n bouvlomai (1365) per misurare to; bavroς tw'n rJhmavtwn il peso delle parole che valuterà quello dei due poeti.

Eschilo sa bene che le sue parole sono più pesanti.

 

Pesaro 29 settembre 2021 ore 11, 32 giovanni ghiselli

 

p. s.

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