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Eschilo dice al
rivale che pure se la storia di Fedra è vera, il poeta deve nascondere il male ajll jajpokruvptein crh; to;
ponhro;n to;n ge poihthvn 1053, non
metterlo in scena né insegnarlo.
Quando insegnavo alcuni colleghi mi criticavano per il
fatto che nei miei programmi mettevo autori come il mulierosus Ovidio e
l’osceno Petronio. Perfino certe parti di Tacito andavano tenute nascoste
secondo loro. Io non ho mai censurato i miei autori, nemmeno quando non
condividevo alcune delle loro affermazioni contrarie alla mia sensibilità, anzi
le presentavo di suscitare dubbi e discussioni.
Ai bambini insegna il maestro - didavskalo" - agli adulti i poeti - pohtai v-
(1055) continua Eschilo.
E noi dobbiamo dire cose assolutamente oneste (pavnu crhsta; levgein, 1056).
Si tratterebbe di una didattica mistificatoria: le
cose del tutto oneste non sono prevalenti nel mondo.
Euripide replica: e tu che vieni a parlarci con i
Licabetti e con le altezze del Parnaso , mentre bisognerebbe esprimersi da uomo
fravzein
ajnqrwpeivwς (1057)
non con parole pesanti come montagne!
Eschilo rispone con ira: “sciagurato! – kakovdaimon - concetti e pensieri grandi devono partorire parole
di uguale grandezza” 1059
E’ naturale che i semidei usino parole più grandi - toi`" rJhvmasi meivzosi crh`sqai
- 1060) e abbiano abiti più maestosi dei
nostri.
Io ho portato questo sulla scena, tu li guastavi-
dielumhvnw suv (1062)
Euripide domanda : tiv dravsa; -
facendo che cosa?
Eschilo: “Tu hai vestito di cenci (rJavkia) i re perché diventassero oggetto di compassione (ejleinoiv - 1063)”.
Euripide scrisse il Telefo con il re di Misia che si
traveste da mendicante.
Invero il travestimento cencioso si trova già in Omero
(Odissea IV, 244 ss.) dove Odisseo si trasforma in pezzente e si ferisce anche,
per introdursi a Troia, secondo il racconto fatto da Elena.
Vestirsi poveramente a parer mio è segno di buon gusto
e di nobiltà d’animo soprattutto da parte di chi potrebbe permettersi abiti
sfarzosi.
L'elogio della "magnifica negligenza" si
trova nel grande romanzo di Musil: "Una casta dominante rimane sempre un
poco barbarica (...) Erano invitati insieme in residenze campestri, e Ulrich
notò che vi si vedeva sovente mangiare la frutta con le mani, senza sbucciarla,
mentre nelle case dell'alta borghesia il cerimoniale con coltello e forchetta
era rigidamente osservato; la stessa osservazione si poteva fare a proposito
della conversazione che quasi soltanto nelle case borghesi era signorile e
distinta, mentre negli ambienti aristocratici prevalevano i discorsi
disinvolti, senza pretese, alla maniera dei cocchieri. Le dimore borghesi erano
più igieniche e razionali. Nei castelli patrizi d'inverno si gelava; le scale
logore e strette non erano una rarità, e accanto a sontuose sale di ricevimento
si trovavano camere da letto basse e ammuffite. Non esistevano montavivande né
bagni per la servitù. Ma, a guardar bene, c'era proprio in questo un senso più
eroico, il senso della tradizione e di una magnifica negligenza!" .
Euripide domanda quali danni abbia fatto lui con i
suoi drammi.
Eschilo risponde che ora i ricchi si coprono di
stracci e piangono miseria per non sottoporsi alle leitourgivai (servizi pubblici) in particolare l’onerosa trihrarciva, l’equipaggiamento di una nave da guerra.
Qui da noi succede il contrario: che il piccolo
borghese, per paura di essere considerato proletario, si indebita con il
proposito comprare qualche oggetto costoso o di permettersi una vacanza
superiore ai suoi mezzi, poi millanta proprietà che non possiede.
Conoscevo una di questa genia: quando le rammentai che
suo genero-un facchino notturno- era un proletario più meritevole di stima
rispetto a tanti borghesi anche facoltosi, si offese per la qualifica di proletario
data a un suo parente: quel giovane era nipote di un capomafia, e solo per
questo meritava rispetto.
Dioniso aggiunge che i facoltosi sfoggiano finta
povertà, poi mangiano pesci che sono cari e sotto i cenci hanno lana di
qualità.
Ribadisco che è signorile vivere come i poveri, o
quasi, quando si potrebbe spendere di più.
Altre accuse di Eschilo a Euripide: poi hai insegnato
la chiacchiera lalivan
e la ciarla stwmulivan (1069), cosa che ha vuotato le palestre e ha logorato
le chiappe (ta;ς puga;ς ejnevtriyen) di questi giovani ciarlatani- tw`n meirakivwn stwmullomevnwn- 1071 . Hai insegnato perfino l’insubordinazione ai
marinai. Quando ero vivo io si limitavano a chiedere la pagnotta ma'zan kalevsai e dire rJuppapai' (1073)
Nei Cavalieri il Coro dice: “nessuno dei nostri padri
contò i nemici e noi riteniamo che si debba combattere proi'ka (577) gratis”.
Vengono lodati anche i cavalli i quali addirittura
remavano gridando iJppapai' (602).
E invece di erba medica mangiavano i granchi h[sqion de; tou;ς pagouvrouς ajnti; poivaς mhdikh'ς (606)
Anche Dioniso nota l’indisciplina dei marinai che si
comportano in maniera oscena, rapinano la gente quando scendono dalla nave e
quando vi risalgono la fanno sbandare siccome scorreggiano e cacano gli uni sugli
altri e non remano più.
Platone nell'VIII libro della Repubblica biasima la
mancanza di serietà della democrazia, una costituzione che non si dà pensiero
delle abitudini morali di chi fa politica, ma onora chi dice di essere amico
del popolo.
E' una costituzione populista, anarchica e variopinta,
che distribuisce una certa uguaglianza nello stesso modo a uguali e disuguali (hJdei'a politeiva kai;
a[narco" kai; poikivlh, ijsovthtav tina oJmoivw~ i[soi~ te kai; ajnivsoi~
dianevmousa, 558c).
Bologna 26 settembre 2021 ore 10, 49
giovanni ghiselli
p. s.
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