domenica 12 settembre 2021

La storia di Päivi 24. La penultima lettera con tristi annunzi.

Il 18 settembre Päivi mi aveva spedito una nuova lettera, la penultima di tutta la storia, un’epistola che potei leggere soltanto quando fui tornato in Italia. 
Diceva con grande tristezza e una certa freddezza che presto si sarebbe fatta ricoverare per altre analisi nell’ospedale di Oulu, la cittadina prossima al circolo polare dove la giovane pregnante aveva la residenza anagrafica, l’assistenza medica e la famiglia. Nella casa dei genitori tuttavia non avrebbe potuto nemmeno posare i bagagli, perché loro non sapevano niente della sua situazione, e, quindi, si sarebbe appoggiata al sostegno dell’amico Jussi. Inoltre aveva scritto che si sentiva dicotomizzata in due persone: una cui erano capitati tutti gli eventi dell’estate passata, mentre l’altra li guardava da fuori, come un’estranea, “Io agisco e reagisco come due donne diverse. C’è qualche cosa di schizofrenico in me”. 
Aveva bisogno di aiuto, ma i medici non potevano darglielo; anzi da loro temeva domande moralistiche che l’avrebbero resa aggressiva. Eppure era con tali persone che doveva trattare. Io le mancavo e ancora mi amava, aggiungeva; però non chiedeva più la mia presenza. Anche se non lo diceva esplicitamente, aveva già deciso di eliminarmi dalla sua vita. 

C’è come una marea nelle vicende amorose. Flussi e riflussi con donne diverse. La marea della vita. Come un uccello le penne o un serpente la pelle, Päivi stava mutando la mente di amante benevola e fedele verso di me: un poco alla volta si pogliava dell’amore che le avevo ispirato a Debrecen con il soccorso di Eros fanciullo e di sua madre, Afrodite Urania o Celeste che dire si voglia. Non vidi questa lettera prima di essere tornato da Yväskylä a Pesaro, altrimenti forse non sarei partito. 
Ma si vede che dovevo rubare del tempo al destino oramai già scosceso del nostro amore mensile. Fu una trasferta funzionale ad accettare quel fato. Alle 14 del 20 settembre, dunque, salii sull’aereo. Mentre volavo, con l’aeroplano e con l’immaginazione, pensavo ancora che Päivi, figlio o non figlio, fosse la femmina umana ideale, perfetta per me, il simbolo che avrebbe completato lo spezzone di essere umano che ero io. In qualche modo comunque l’ha fatto. Se Päivi non c’è più, sopravvive l’ottima parte di me costruita con l’aiuto di lei. 
Con il senno di adesso capisco che è andato tutto nel modo migliore. La donna è come la vita, l'amore stesso è come la vita: va avanti finché funziona, poi finisce. 

 Pesaro 
12 settembre 2021 ore 21, 05 
giovanni ghiselli

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