PER VISUALIZZARE IL GRECO SCARICA IL FONT HELLENIKA QUI E GREEK QUI
Entrano Eschilo ed Euripide che si rivolge a Dioniso.
Dice di essere kreivttwn rispetto a Eschilo anche se colui si darà delle arie -
ajposemnunei'tai.
Chiama il rivale oratore che affastella
vanterie kompofakelorrhvmona
(kovmpoς, 839. favkeloς, fastello, rJhvmwn = rJhvtwr),
uno che ha la bocca senza freni, né controllo, priva di porte - ajquvrwton stovma - 838.
Sono caratteristiche del demagogo. Nell’
Oreste di Euripide parla un demagogo Argivo - non Argivo con la lingua
priva di porta ajqurovglwsso"
(v. 903) come abbiamo già ricordato.
Ora tale bocca sfrenata è tipica del
conduttore televisivo che nel porre la domanda deve dire a lungo la propria
opinione sull’argomento, poi lascia all’ospite poco tempo e poche parole di
risposta.
Mi sembra un segno di maleducazione e
volgarità.
Il contrario dello stile di Anna Karenina del conte Tolstoj: "Levin riconobbe le
maniere piacevoli della donna del gran mondo, sempre calma e naturale (…) Non
soltanto Anna parlava con naturalezza e intelligenza, ma con un'intelligenza
noncurante, senza attribuire alcun pregio ai propri pensieri e attribuendo
invece gran pregio ai pensieri dell'interlocutore".
Eschilo risponde chiamando Euripide
figlio della dea agreste, collezionatore di ciarle (stwmuliva) , ptwcopoiev 842 creatore di
pezzenti, cucitore di cenci -rjakiosurraptavdh - rJavkion cencio e surravptw cucio.
Nei precedenti Acarnesi, come abbiamo
già visto, Diceopoli si reca da Euripide
e lo prega:
“Ti supplico per le tue ginocchia,
Euripide, dammi qualche straccio dell'antica tragedia” dovς moi rJakiovn ti tou' palaiou'
dravmatoς (415)
Eschilo continua a infamare Euripide con
Dioniso dicendo che il rivale è un creatore di storpi cwlopoiovn ( Rane, 846).
Negli Acarnesi, Diceopoli dice a Euripide:
tu componi in aria: non senza ragione tu fai degli zoppi: oujk ejto;ς cwlou;ς poiei'ς (410)
Insomma Aristofane bersaglia Euripide in
più di una tragedia accusandolo ripetutamente di mettere in scena personaggi
dall’aspetto miserevole, una species inversa rispetto a quello dell’eroe.
Dioniso chiede un agnello nero da
sacrificare a[rna
mevlana (847), come si faceva per
propiziarsi gli spiriti dell’oltretomba, perché sta per scatenarsi una tempesta
tra i due tragediografi.
Poi Eschilo biasima il rivale che ha
introdotto canti cretesi ossia l’ uJpovrchma, ritenuto di origine cretese, un inno con
danze e pantomime in versi cretici ( lunga breve lunga).
Cfr. Joyce: “A perfect cretic! The
professor said. Long, short and long (In the heart of the hibernian metropolis)
Ulysses, p. 114. VII: Eolo, il giornale… he extended elocutionary arms from
frayed stained shirt - cuffs (professor MacHugh), tese le braccia elocutorie
fuori dai polsini macchiati e sfilacciati .
C’è
anche un riferimento con biasimo alle cretesi sporcaccione Fedra e sua
madre Pasife. Inoltre i Cretesi avevano fama di bugiardi.
Eschilo subito dopo rinfaccia a Euripide
di avere introdotto nella sua opera gavmou" ajnosivou" - 850 nozze empie.
Nella tragedia Eolo c’erano le nozze
incestuose di Canace con il fratello Macareo. Un dramma dove Nerone recitava
nel ruolo di Canace: una volta un soldato rispose - tivktei - partorisce, a uno che gli aveva domandato tiv poiei' oJ aujtokravtwr; cosa fa l’imperatore che stava interpretando la parte
di Canace la quale ebbe un figlio dal
fratello Macareo (Cassio Dione, Storia romana, 63, 10); Svetonio 21.
Dioniso li modera dicendo che non sta
bene che due poeti si insultino come fornaie loidorei'sqai w{sper ajrtopwvlidaς (858).
Con calma dunque confutatevi a vicenda:
“praovnwς e[legc j ejlevgcou dice a
Eschilo, confutalo e lasciati confutare.
Euripide
si dichiara pronto a mordere e farsi mordere per primo: e{toimovς eijm j e[gwge davknein
davknesqai provteroς (861)
Menziona il suo Telefo e altre tragedie.
Telefo, re di Misia, si era travestito
da mendicante per recarsi al campo dei Greci e farsi guarire da una ferita che
gli aveva inferto Achille. Era
necessaria la ruggine della lancia che lo aveva colpito.
Eschilo dice che non è un duello alla
pari poiché la sua poesia non è morta con lui, mentre quella di Euripide lo ha
seguito tra i
defunti hJ poivhsiς oujci; suntevqnhkev moi - touvtw/
de; suntevqnhken (868) ed essa potrà
parlare.
Il Coro invoca le Muse perché vengano a vedere
la tenzone delle due bocche abili a fornire parole (rJhvmata) e paraprivsmat j
ejpw'n e segature, raschiature di versi.
Ateneo scrive che Eschilo considerava le
sue tragedie fette del grande banchetto
omerico
Aijscuvlo" … o}" ta;" auJtou'
tragw/diva" temavch ei\nai e[legen tw'n
JOmhvrou megavlwn deivpnwn"
Dioniso
invita i due contendenti a pregare.
Eschilo invoca Demetra la nutrice del
suo spirito hJ
qrevyasa th;n ejmh;n frena (886). Chiede
di essere degno dei suoi misteri.
Eschilo era nato a Eleusi dove Demetra
aveva fondato i misteri.
Euripide invece invoca l’Etere suo
nutrimento aijjqh;r
ejmo;n bovskhma (poesia come aria fritta?) e mulinello di lingua glwvtthς strovfigx, 892) e l’intelligenza (xivnesi) e narici di fiuto sottile, ossia capaci di fiutare i
gusti del pubblico.
xuvnesiς è una parola chiave del linguaggio euripideo (893)
cfr. Oreste 396.
A Menelao che gli domanda: "tiv crh'ma pascei";
tiv" s j ajpovllusin novso";"
(v. 395) che cosa soffri? quale malattia ti distrugge? Oreste risponde: "hJ suvnesi", o{ti suvnoida
dein j eijrgasmevno"" (v. 396)
l'intelligenza, poiché sono consapevole di avere commesso cose terribili
Il Coro si aspetta di sentire da uno,
Euripide, qualche cosa di urbano ajstei'on ti
(902) e ben limato katerrinhmevnon (katarrinavw,
rJivnh è lima), mentre Eschilo sarà
tempestoso: disperderà al vento i molti rigiri dei versi, strappandoli con le parole dalle intere radici,
piombandoci sopra.
Il corifeo dirige l’agone che vuole sia
civilmente regolato
Chiede un eloquio urbano ma non banale,
non parole che potrebbe dire un altro uomo qualunque - oiJ j a]n allo" ei[poi (906).
Si ricorderà che Aristotele nella
Poetica suggerisce questa regola d’oro: "Levxew~ de; ajreth; safh' kai; mh; tapeinh;n ei\nai” (1458a, 18 ). Pregio del linguaggio è essere chiaro e non pedestre.
Il poeta può e deve variare rispetto
all’usuale.
Il linguaggio si scosta dall’ordinario
quando usa espressioni peregrine: “xeniko;n de; levgw glw'ttan kai; metafora;n kai; ejpevktasin
kai; pa'n to; para; to; kuvrion” (1458a,
22 ), con peregrino intendo la glossa, la metafora, allungamento e ogni forma
contraria all’usuale stabilito
Pesaro 22 settembre 2021, ore 11, 01
giovanni ghiselli
Statistiche del blog
Sempre1166819
Oggi88
Ieri257
Questo mese4369
Il mese scorso5437
Nessun commento:
Posta un commento