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Segue una gara di strilli a base di koax
tra Dioniso e le rane.
Il dio è sfinito dal lungo remeggio ma
assicura che continuerà a strillare per tutto il giorno.
Gridare da parte dei bambini e degli
adulti immaturi è una maniera per dare un segno di identità, non avendone altri
a disposizione se non la violenza che spesso segue all’urlo come il fulmine al
tuono.
Dioniso dice alle rane che le riporterà
la vittoria su di loro a forza di koax- u{mw` ejpikrathvsw tw`/ koavx - 267.
Pensate agli strilloni volgari di certe
ignobili trasmissioni televisive
Finalmente giungono a riva e Dioniso paga i due oboli
Arriva di corsa Xantia che ha visto skovto" kai; bovrboro" - 273, buio e fango.
Dioniso domanda a Xantia se ha visto i
parricidi e gli spergiuri di cui parlava Eracle.
Xantia li
ha visti, quindi domanda al padrone su; d j ou[; e tu
no?
Dioniso
dice di averli ancora davanti agli occhi kai; nuniv g j oJrw' (276) e indica il pubblico: come non li ho
visti?
Nello spettacolo comico il pubblico può
essere apostrofato in ogni momento.
Dioniso fa lo spaccone ma utilizza
Xantia come scudo: lo manda avanti se il pericolo è frontale, lo tiene dietro
se crede che incomba sulla schiena.
Insomma è un dio pauroso come l’aveva
già presentato Omero nel VI canto dell’Iliade dove leggiamo ( Diwvnuso" de;
fobhqeiv" , 135) che Dioniso è
spaventato: minacciato da Licurgo , si getta in mare dove Tetide lo accolse in
seno tutto tremante per le grida dell’uomo. Nelle Rane il dio, terrorizzato da
Empusa, fugge tra le braccia del suo sacerdote (v. 297). Più avanti Dioniso si
caca addosso dalla paura di Empusa (v. 479) e viene apostrofato dal servo
Xantia con:" oh tu, davvero il più
vigliacco degli dèi e degli uomini!"(v. 486).
Hegel mette il Bacco delle Rane tra i
personaggi “tratteggiati come stolti” delle commedie di Aristofane: “ Così per
Strepsiade, che vuole rivolgersi ai filosofi per sbarazzarsi dei debiti; così
per Socrate che si offre come maestro di Strepsiade e di suo figlio; egualmente
per Bacco, che egli fa scendere nel mondo sotterraneo per ricondurre alla luce
un vero tragico; e lo stesso dicasi di Cleone, delle donne, dei greci che
vogliono trarre dal pozzo la dea della pace ecc.” Sono personaggi risibili per
“la fiducia che tutte queste figure hanno in se stesse, fiducia tanto più
incrollabile quanto meno si mostrano capaci di eseguire ciò che intraprendono.
Gli stolti sono dei semplicioni (…) che non perdono mai questa sicurezza
ingenua della soggettività” .
Empusa e l’ibrido mostruoso
Il servo vede un mostro grande qhrivon mega che si trasforma. E’ deinovn
(289) ora bue, ora asino, ora donna bellissima che Dioniso vorrebbe montare, ma
è una cagna: è Empusa.
Demostene in Per la corona (130) dice
che era il soprannome delle prostitute dato alla madre di Eschine.
Era una specie di vampiro del seguito di
Ecate.
Il mostro ha una gamba di bronzo (skevloς calkou'n, 294) e l’altra di sterco bovino ( bolivtinon qa[teron, 294-295).
Cfr. il mito del Veglio di Creta nell’Inferno di Dante (XIV, 94-114) con il
destro piede di terra cotta (v.110), il sinistro di ferro eletto.
Cerchio VII violenti, terzo girone
bestemmiatori. Mito politico che significa la decadenza dell’umanità come in
Daniele II, 31-33 e
Ovidio rende fonicamente la mostruosità
dell’ibrido con il suo Minotauro: "semibovemque virum semivirumque bovem
" (Ars amatoria , II, 24). Vedi anche Metamorfosi I, 89-131.
Un frammento (7) del Poema fisico di Empedocle ricorda una condizione di caos
abissale dominata dall’astio: allora
vagavano teste senza collo (v. kovrsai ajnauvceneς, 1), nude braccia prive di spalle (gumnoi; dj ejplavzonto bracivoneς eu[nideς w[mwn, v. 2), e occhi indigenti delle fronti (o[mmata penhteuvonta metwvpwn v. 3), membra solitarie. e ibridi mostruosi: bougenh' ajndrovprwra... ajndrofuh'
bouvkrana , bovine razze dai volti umani,
umane stirpi dai crani bovini (vv.9 e 10).
Dioniso fugge verso il suo sacerdote
seduto al centro della prima fila: proteggimi, e dopo beviamo insieme (297).
Poi Empusa se ne va e Xantia, dopo lo
scampato pericolo, ripete la gaffe di un attore ( JHgevloco") che recitando l’Oreste di Euripide, e interpretando
il protagonista tornato in sé, disse ejk kumavtwn ga;r au\qiς au\ galh'n oJrw', invece di galhvn j (av),
scampato ai flutti vedo ancor “donnola” invece di “bonaccia” (v. 279
dell’Oreste). Empusa dunque non si vede più
se ne è andata (Rane (305).
Euripide viene preso di mira senza odio
tenebroso. La parodia ha senso ed efficacia solo se mette in caricatura un
grande. Per i mediocri ci sono vitupèri scurrili. Del resto che la ripresa
derisoria di un verso dopo anni funzioni, significa che l’autore parodiato è
molto popolare e conosciuto dal pubblico.
Più avanti Il coro suggerisce ai due
poeti Eschilo ed Euripide in contesa verbale tra loro di dire pure leptovn ti kai; sofovn (1108) qualche cosa di arguto e sapiente. Non devono
temere che ci sia ignoranza negli spettatori mh; tiς ajmaqiva prosh'/ toi'ς qewmevnoisin - 1109-1110 - mhde;n ojrrwdei`te wJς oujkeq j ou{tw e[cei, 1112 non abbiate timore poiché non è più così.
Ciascuno capisce le vostre parole belle (e{kastoς manqavnei ta; dexiav 1114). Dunque si può affrontare qualunque argomento qeatw'n g j ou[nec j o[ntwn
sofw'n (1118) siccome gli spettatori se
ne intendono. Il drammaurgo ateniese aveva la prospettiva di un pubblico
educato, addirittura colto.
Torniamo alla paura di Dioniso. Empusa
dunque se ne è andata dice Xantia - {Hempousa frouvdh, ma Dioniso ancora spaventato chiede per tre volte a
Xantia di giurare ( katovmoson- kau\qi"
katovmoson - o[moson) che Empusa non c’è più (Rane, 306).
Queste scene burlesche su Dioniso
testimoniano la decadenza del sentimento religioso secondo Nilsson, Religiosità
greca, 1946).
Per Lesky invece è un segno di
confidenza e di vicinanza con il dio
Pesaro 15 settembre 2021 ore 19, 33
giovanni ghiselli.
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