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Ar Xantia non vuole fare la parte dell’asino che porta i bagagli degli iniziati ai misteri, e prova a ribellarsi.
Dioniso insiste ma il servo gli propone
di prendere in affitto mivsqwsai 167 un morto perché faccia il facchino.
Pensate quante volte si caricano i morti
di pesi che i vivi non vogliono portare. Dopo che i colleghi di Aldo Moro ebbero lasciato che
venisse assassinato con la feroce motivazione addotta da Caifas perché morisse
Gesù (expedit ut unus moriatur homo), la
televisione disse che lo statista era malato di cancro. La famiglia smentì.
Bacco vede un morto portato da becchini
e gli chiede di portare i bagagli: quello vorrebbe due dracme, Dioniso gliene
promette una e mezzo (9 oboli: una dracma=6 oboli.) e lui: piuttosto torno in
vita (176).
Allude forse al fatto che, sapendoci
fare, in Atene si poteva guadagnare di più.
Il dio maledice il morto per
l’importanza che si dà: “wJ"
semno;" oJ katavrato"” (177).
Pensate alle lapidi dove si leggono
pomposi elogi del defunto.
Enrico Berlinguer signorilmente fece
scrivere sulla sua soltanto nome e cognome. Esempio da seguire. Il più tardi
possibile.
Sicché Xantia deve riprendere il
bagaglio.
Compare una barca con su Caronte
Dioniso dice cai'r j w\ Cavrwn 3 volte (v. 184).
Forse allude alla sordità di Caronte C’è
un rapporto fonico e pseudoetimologico tra i due termini contrastanti nel
significato. Può essere anche la parodia di una preghiera (cfr. Eschilo,
Eumenidi, 996-997- con caivrete ripetuto dalle Erinni diventate benevole)
Caronte non vuole prendere il servo, a
meno che abbia fatto la battaglia navale per le carni peri; tw'n krew'n, 191.
Le loro carni che hanno salvato, e quelle da
mangiare che potevano giungere in città dopo la vittoria: la battaglia delle
Arginuse (406) aveva liberato Atene dal blocco e dalla fame). C’è pure il
ricordo del proverbio oJ
lagw;" peri; tw`n krew`n trevcei, la
lepre corre per salvare le carni.
Xantia dice che non ha combattuto perché
era malato di occhi
E non correrai intorno al lago? ou[koun periqrevxei dh`ta th;
livmnhn kuklw/ ; 193, è la domanda
retorica di Caronte il quale poi gli dice che deve aspettarli alla pietra del
Risecchito dove c’è la fermata.
Forse un macabro segnale stradale dato da uno
scheletro come in un racconto o in un film dell’orrore.
Caronte dice a Dioniso (chiamandolo gavstrwn, pancione, 200) di sedersi al remo e lo fa remare
sodo proquvmwς (203).
Sentirà canti meravigliosi di rane-cigni
(batravcwn kuvknwn
qaumastav, 207). Parodia di ippocentauri e
altri animali fantastici presenti nei testi di Eschilo secondo il personaggio
Euripide che incontreremo più avanti in questa commedia.
Nella Pace di Aristofane c’è un
ipposcarabeo iJppokavnqaro" (181)
Il coro secondario delle rane comincia a
fare il suo verso brekekekevx
koa;x koavx (209- 210).
E’ un verso onomatopeico come il “breve
gre gre di ranelle” di La mia sera del Pascoli.
Le rane sidefiniscono palustri figliole
delle fonti - limnai`a
krhnw`n tevkna- 211.
Cfr. La pioggia nel pineto di D’Annunzio
Ascolta.
La figlia dell’aria
è
muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell’ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove! (88-94)
Le rane evocano la festa delle Antesterie i
n febbraio quando il popolo si recava al tempio di Dioniso ejn Livmnaisin nelle paludi e loro fanno echeggiare il proprio canto;
nel terzo giorno detto delle sante pentole si offrivano ai morti dei legumi
cotti. Allora la turba del popolo vagava in preda all’ebbrezza e veniva al santuario qualificato come mio
dalle rane - katj
ejmo;n tevmeno" - 219 anche perché
questo Dioniso è una caricatura del dio.
Pesaro 14 settembre 2021 ore 11, 01
giovanni ghiselli
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