Il volto di Päivi era inerte e inespressivo. Il destino segnato invece si appressava con tutti i tristi significati della fine.
I fiori ombrosi e ingobbiti mi facevano rimpiangere i papaveri ardenti e le spighe itifalliche del nostro paese assolato.
Anche i colori del cielo rischiarato da un sole sfuocato[1] erano smorti: piccole nuvole bianche, spinte da un vento gelido, passavano velocemente tra quella terra improduttiva, senza ricordi, e l’etere, pallido come le facce e le teste scolorite delle poche persone che giravano per le strade semi - deserte di quel luogo desolato.
La Finlandia delle donne più amate da me, non era la mia terra promessa.
Ovunque mancava il colore, mancava il calore, mancava la forza della vita. Insomma passai due giorni penosi e tre notti tristi.
Cominciavo a temere che l’amore con Päivi fosse una sorte di mésalliance, l’unione provvisoria e precaria tra due persone di stato, carattere e costumi disuguali, se non addirittura di specie diversa.
La creatura concepita in luglio, se fosse nata sarebbe potuta riuscire come certe figure mitologiche bimembri, quali erano, per esempio, gli acri centauri nati da una nube e da Issione. Ecco perché. Con il tempo ho imparato che la felicità difficilmente si sposa con il desiderio che l’aveva invocata.
Finalmente, il 23 pomeriggio, quando quel sole obnubilato, si stava già spengendo del tutto tra le foglie moribonde degli alberi, Päivi e io ci salutammo con un triste brindisi a base di birra. Poi lei partì, diretta a nord, ancora più a nord, con la bianca Volkswagen, e non l’ho vista mai più. Se non in fotografia dove anzi l’ho contemplata più volte, a lungo.
Rimasi un altro giorno a Yväskylä, poiché l’aereo prenotato per il ritorno partiva solo il 26 pomeriggio.
Pesaro 14 settembre 2021 ore 11, 34
giovanni ghiselli
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[1] Mi si perdoni la blasfemia la santa fiamma che nutre la vita, il primo fra tutti gli dèi, ma in Grecia e anche in Italia, il suo nume è del tutto diverso
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