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I due si
sottopongono alla prova delle botte: chi è divino non sentirà male e non
piangerà
Eaco promette che colpirà in
maniera giusta e imparziale: un colpo per ciascuno.
Entrambi fingono di non sentire le
botte.
Xantia dice di non essersi nemmeno
accorto che Eaco lo abbia battuto e Dioniso fa lo stesso.
Xantia al secondo colpo grida - ijattatai` - (648) ah, ah
Eaco gli chiede se abbia sentito
male e Xantia travestito da Eracle dice che ha pensato alle feste quinquennali
dell’eroe che si tenevano nel demo di Diomea.
Eaco dà del sant’uomo a Xantia - a[nqrwpo" iJerov" (651).
Lo canzona? Non lo so, ma quando lo
dicono a me, mi sento canzonato.
Dioniso urla ijou; iouv, un grido di dolore che spiega dicendo ijppeva" oJrw` 653 - vedo cavalieri.
Eaco gli domanda che cosa c’è da
piangere in questo ed Eracle risponde che sente odore di cipolla krommuvwn ojsfraivnomai (654) cibo dei soldati e in particolare dei Cavalieri in
guerra (cfr. Aristofane, Cavalieri, 600). Lecipolle dunque fanno piangere.
Del resto oujde;n moi mevlei, non mi importa dice Dioniso (655).
Xantia, ricevuto il suo colpo, dice
oi[moi 656 e attribuisce l’esclamazione di dolore a una spina
chiedendo di toglierla.
Quindi Eaco batte Dioniso che
invoca Apollo aggiungendo “che Delo e Pito reggi”.
Xantia nota che il rivale ha
sentito dolore ma Dioniso dice che ha citato Ipponatte poeta giambico autore di
coliambi, giambi zoppi detti anche scazonti(VI sec.). Rappresenta ambienti e
persone triviali. Sarebbe adatto a raffigurare certe congreghe di diavoli goffi
con bizzarre streghe dei tempi nostri.
Eaco allora colpisce la grossa
pancia di Dioniso che invoca Poseidone.
Xantia immediatamente fa: h[lghsevn ti" - 664 - c’è uno che ha male. Dioniso cerca di rimediare con
un’altra citazione dal perduto Laocoonte di Sofocle secondo gli scolii.
Eaco disorientato dice che non
riesce a capire chi di loro due sia un dio, quindi dovranno decidere Plutone e
Persèfone dato che sono dèi anche loro (670-671).
A Dioniso va bene, però aggiunge
che poteva pensarci prima di dare tante botte.
Questi due personaggi, il padrone
che è pure un dio e lo schiavo, possono rappresentare la falsità nei rapporti
umani che ha pervaso ogni strato della società. Mi vengono in mente conduttori
di programmi televisivi che cercano di compiacere il pubblico, gli ospiti e
darebbero ragione anche ai vespasiani se si presentassero nella trasmissione e
parlassero dicendo quello che “si deve” dire. Se uno prova a dire qualche cosa
che è esterna allo stereotipo viene minacciato di lapidazione da uno di quelli
chini sulla greppia. Magari l’affermazione stravagante è criticabile,
confutabile e biasimabile però alle sassate non si deve alludere nemmeno con un
gesto di minaccia ai cani.
Pesaro 19 settembre 2019 ore 20,
59
giovanni ghiselli
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