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Dioniso chiede a Eracle di insegnargli
la strada che fece quando andò a prendere Cerbero. Vuole sapere dove siano i
porti (livmenaς) le panetterie (ajrtopwvlia) i
bordelli pornei'a, le fermate, i crocicchi, le fontane (krhvnaς), le strade, le città e gli alloggi dove ci sono meno
cimici o{pou
kovrei" ojlivgostoi 114
C’è dunque specularità tra io mondo
terreno e quello infero.
La via più breve, dice Eracle è il
suicidio: corda e sgabello per impiccarti. Poi c’è to; kwvneion, la cicuta.
Dioniso: ma è gelata e intirizzisce gli
stinchi (Rane, 125-126)
Cfr. il Fedone 118 quello che aveva dato
il veleno a Socrate, risalendo con la mano dal piede al ventre, faceva vedere
come il vecchio maestro si raffreddava e irrigidiva: “ejpedeivknuto o{ti yuvcoitov te
kai; phvgnuto”.
Cfr. anche Enrico V (1599) con la morte di Falstaff raccontata
dall’ostessa: “So a’bade me lay more clothes on his feet-pouv", lat. pes-:
I put my hand into the bed and felt them, and they were as cold- lat. gelidus-
as any stone.greco stiva, pietruzza-; then I felt to his knees- lat. genu, us,
genua- and so upward, and upward, and all was as cold as any stone” (II, 3,
20-25)
Eracle: “allora vai al Ceramico dove c’è
una torre alta, ci sali sopra e ti butti giù” (kavtw)
Dioniso: “Ma così ci rimetto due
involtini di cervello” ejgkefavlou
qrivw duvo (134).
Quindi Eracle racconta il suo viaggio. Si arriva a un grande lago, poi si sale su una barchetta dove un gevrwn nauvthς, un vecchio barcaiolo, ti traghetterà per due oboli.
Cfr. la Morte a Venezia e il
ramo d’oro dell’Eneide.
“Perciò se tanto grande amore ha il tuo
animo, se tanto desiderio
di navigare due volte sui laghi
dell'odio, di vedere due volte il nero
Tartaro e ti piace dedicarti all’immane
fatica,
apprendi quello che bisogna compiere
prima. Sta nascosto in un albero ombroso
un ramo, d'oro sia nelle foglie sia nel
legno flessibile,
consacrato a Giunone infernale, tutto il
bosco lo
copre e le ombre lo chiudono nelle
oscure convalli.
Ma non è concesso di scendere nei
segreti della terra prima
che uno abbia staccato dall'albero il
virgulto dalle foglie d'oro;
questo la bella Proserpina stabilì che
le fosse portato come suo
dono; strappato il primo non manca un
altro
d'oro e il ramo ha fronde di uguale
metallo.
Perciò indaga a fondo con gli occhi e
ritualmente staccalo
con la mano dopo averlo trovato: infatti
da sé e senza sforzo ti seguirà
se il destino ti chiama; altrimenti con
nessuna forza
potrai vincere né staccarlo con il duro
ferro (Eneide VI, 133- 148.
Due oboli era il compenso medio degli
Ateniesi, quindi Eracle dice che l’uso degli oboli laggiù lo portò Teseo
v.(143)
Poi si passa tra i dannati: bovrboron, fango e merda to; skw'r .
Dentro ci sta chi offese l’ospite xevnon hjdivkhse, o chi ha inculato un ragazzo senza pagarlo h} pai'da kinw'n tajrguvrion
uJfeivleto - uJfairevw, sottraggo- chi ha picchiato la madre o il padre, chi ha
giurato falso ejpivorkon
o{rkon w[mosen - o[mnumi - (150) e il
drammaturgo che commette plagio da Morsimo, scadente poeta tragico già deriso
nei Cavalieri (401)
Nelle Supplici di Eschilo c’è il codice
tripartito del giusto comportamento.
Qui vediamo la fede nella democrazia, in Zeus,
e la volontà di osservare le regole
avite che prescrivevano di onorare e riverire
i numi, i genitori, e gli stranieri non ostili. Tali comandamenti
vengono ricordati dal coro delle Danaidi: gli ospiti, gli dèi, il padre e la
madre devono essere venerati o almeno rispettati: "infatti il
rispetto dei genitori (tokevwn sevba~) è
la terza tra le leggi scritte della
Giustizia venerandissima" (vv. 707-709).
Nelle Eumenidi, le Erinni che incalzano il matricida, lo
minacciano di trascinarlo tra i grandi peccatori: quanti si sono resi colpevoli verso un dio, o un ospite o
hanno mancato di rispetto ai genitori
(vv. 269-271).
Admeto nell’Alcesti di Euripide spiega
che ha tenuto nascosta la verità all'ospite perché non se ne andasse rifiutando
l'ospitalità:
"il mio tetto non sa
respingere né spregiare gli ospiti"
(566-567).
Nell’Eneide i peccatori sono nel Tartaro
Hic quibus invisi fratres, dum vita
manebat
pulsatusve parens, et fraus innexa
clienti
(cfr. il clientelismo istituzionale
nella XII tavole del 450 a. C.)
aut qui divitiis soli incubuere repertis
nec partem posuere suis (quae maxima
turba est)
Quique ob adulterium caesi-
Cfr. le leggi di Augusto contro
l’adulterio e in pro del matrimonio.
quique arma secuti
Impia nec veriti dominorum fallere
dextras
(cfr. l’obbedienza di Aristeo alla
madre-: haud mora, continuo matris praecepta facessit" (v. 548 ) e la disobbedienza di Orfeo a Plutone nella
Georgica IV: effusus labor atque immitis rupta tyranni-foedera, vv. 492- 493)
Inclusi poenam expectant (Eneide, VI,
608- 613)
Dioniso ci metterebbe anche chi ha
imparato la pirrica (danza in armi) di Cinesia
(156).
Torniamo al racconto di Eracle: poi
vengono gli iniziati oiJ
memuhmevnoi tra uno spirar di flauti aujlw'n pnohv (154) e una luce bellissima fw'ς kavlliston , come qui w[sper ejnqavde
.
Là vedrai tiasi beati di uomini e donne
e un gran battere di mani krovton ceirw'n poluvn (155).
Saranno loro a darti altre spiegazioni.
Eracle saluta Dioniso cai're poll j, w\delfev (164) ed esce di scena
Pesaro 13 settembre 2021 ore 17, 55
giovanni ghiselli
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