Già docente di latino e greco nei Licei Rambaldi di Imola, Minghetti e Galvani di Bologna, docente a contratto nelle università di Bologna, Bolzano-Bressanone e Urbino. Collaboratore di vari quotidiani tra cui "la Repubblica" e "il Fatto quotidiano", autore di traduzioni e commenti di classici (Edipo re, Antigone di Sofocle; Medea, Baccanti di Euripide; Omero, Storiografi greci, Satyricon) per diversi editori (Loffredo, Cappelli, Canova)
NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica
Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica
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venerdì 10 settembre 2021
Estratto della parte relativa a Prometeo della conferenza di domani.
Contro i professori, i politici e i conferenzieri che leggono ogni parola estraendole da fuori, non da dentro. Altresì contro il Viagra.
Prometeo II. La scrittura.
La scrittura viene denunciata come male da Platone nel mito di Qeuvq, una specie di Prometeo egiziano, cui il re di tutto quanto l’Egitto Qamou`" denuncia la negatività dell’invenzione dicendo: “ Questa infatti produrrà dimenticanza-lhvqhn- nelle anime di coloro che l'hanno imparata, per incuria della memoria- mnhvmh" ajmelestiva/-, poiché per fiducia nella scrittura, ricordano dall'esterno-e[xwqen-, da segni estranei, non dall'interno-e[ndoqen-, essi da se stessi: dunque non hai trovato un farmaco della memoria ma del ricordo"( ou[koun mnhvmh~, alla; uJpomnhvsew~, favrmakon hu|re~, Fedro, 275a).
Cfr. il viagra che non è il farmaco dell’amore ma del sesso svogliato
Quintiliano menziona questo passo : “invenio apud Platonem obstare memoriae usum litterarum, videlicet quoniam illa, quae scriptis reposuimus, velut custodire desinimus et ipsa securitate dimittimus” (Institutio oratoria, XI, 2, 9), leggo in Platone che ostacola la memoria l’uso dei caratteri scritti, evidentemente perché quello che abbiamo messo da parte negli scritti smettiamo di custodirlo, per così dire, e per questa stessa tranquillità lo lasciamo perdere.
Cesare raccontando dei Drùidi, i quali tra i Galli attendono al culto, mette in rilievo che essi sono tenuti in conto e onorati tanto che molti cercano di entrare nella loro scuola o ci vengono mandati dai genitori. La disciplina cui sono sottoposti per arrivare a quei privilegi però è durissima e impone un grande sviluppo della memoria attraverso il disuso della parola scritta: “Magnum ibi numerum versuum ediscere dicuntur” (De bello gallico, VI, 14), si dice che imparino a memoria un gran numero di versi. “Itaque annos nonnulli XX in disciplina permanent”, così alcuni rimangono a scuola per venti anni. “Neque fas esse existimant ea litteris mandare, cum in reliquis fere rebus, publicis privatisque rationibus, Graecis utantur litteris”, non considerano attività permessa affidare quelle dottrine sapienziali alla scrittura, mentre in quasi tutte le altre pratiche, quelle amministrative, conti pubblici e privati, fanno uso dell'alfabeto greco.
Quindi Cesare ne spiega le ragioni che sono più o meno quelle di Qamou`":"id mihi duabus de causis instituisse videatur, quod neque in vulgum disciplinam efferri velint, neque eos qui discunt, litteris confisos minus memoriae studere; quod fere plerisque accidit, ut praesidio litterarum diligentiam in perdiscendo ac memoriam remittant" (VI, 14), credo che abbiano disposto questo per due ragioni: non vogliono che la loro scienza venga divulgata né che i discepoli fidandosi della scrittura diano meno importanza alla memoria; poiché di solito ai più succede che con l'aiuto della scrittura abbandonano l'impegno di imparare a mente e perdono la memoria.
Pesaro 10 settembre 2021 ore 17, 07.
giovanni ghiselli
p.s.
l’insegnante quando fa lezione deve leggere il meno possibile. Può farlo con le parole che poi traduce.
Se cita un autore deve farlo a memoria. Sospetto è anche il politico che legge i discorsi forse e probabilmente non scritti da lui.
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