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Empusa è andata via ma lo spavento di
Dioniso non è passato del tutto.
Il dio dice di essere impallidito a
vederla (wjcrivasa
da wjcriavw, wjcrovς = pallido
giallastro).
Ma Xantia indica la veste e dice che per
la paura è arrossita (ujperepurrivasev
sou - ujperpurriavw 308) - Allude forse al
colore delle feci. In Ecclesiazuse 1061 purrovn indica il
colore delle feci. Il genitivo sou qui nelle Rane può essere
possessivo (la tua veste), non di causa
Si sente un soffiare di flauti (aujlw'n pnohv) e si vede un’aureola di fiaccole dav/dwn au[ra (314).
Parodo
(vv- 316-459)
Il Coro vero e proprio è formato dagli
iniziati ai misteri (oiJ
memuhmevnoi - da muevw, muvsthς è l’iniziato, muvw
invece significa chiudo gli occhi, muvwy miope con w[y viso e occhio,
come lat. vultus ); muvwy significa anche “tafano”.
I coreuti invocano Iacco, usando il nome
mistico di Dioniso un dio poluvtropoς dai molti
versi, versatile: dio della festa, del vino, ma anche dello sparagmov", la lacerazione, come nelle Baccanti di Euripide, e
pure dio della resurrezione, uno dei tanti fino a Cristo.
C’era un Dioniso tebano figlio di Semele
e di Zeus (quello di Euripide) e un altro Dioniso venerato dagli Ateniesi.
Un altro era
figlio di Zeus e di Core, e il canto Iacco dei misteri viene intonato a
questo dio, non a quello tebano ( cfr. Arriano, Anabasi di Alessandro 2, 16,
3).
Anche nell’Ade gli iniziati celebrano le
feste di Atene
Il
19 Boedromione (circa il 4 ottobre) dalla polis partiva la processione
con la statua di Iacco e le fiaccole. Percorreva la via sacra e giungeva a
Eleusi. Di notte c’era la veglia sacra, il 20 baldoria, il 21 si facevano i drwvmena rituali, le cerimonie (da dravw).
Dal 413 al 408 la processione fu sospesa
poiché Agide aveva occupato Decelea.
In questi anni era anche cessata
l’attività estrattiva del Laurio: tanto che nel 407 vennero fatte monete d’oro
ricavate dalla fusione della Nike dell’agorà, ma con un’aggiunta di rame
Nel 408 la processione fu ripresa per
iniziativa di Alcibiade tornato ad Atene. Nel 410 Cleofonte aveva ristabilito
la democrazia ad Atene dopo la parentesi oligarchica.
Il Coro invoca Bacco perché venga tra i
pii confratelli - oJsivouς ejς qiaswvtaς, 327- scuotendo intorno al capo la corona di mirto
carica di bacche e battendo a tempo con
il piede podiv lo sfrenato rito
gioioso.
Sembra la metafora di un rapporto
sessuale riuscito bene.
Cfr. questi due versi della Medea di Euripide
Medea
Che profezia ha dato dunque? Dillo, se è
lecito ascoltare.
Egeo
Che dell'otre io non sciolga il piede
sporgente to;n prouvconta povda (678-679) .
Questo piede è il sostituto simbolico del
membro maschile.
Xantia però sente solo un soffio che gli viene addosso con un soave
olezzo di carni porcine (coireivwn
krew'n, 337)
Dioniso gli fa: te ne starai calmo nel
caso che ti tocchi un po’ di salsiccia? (339 ti kai; cordh'" lavbh/" ;)
Lo schiavo nella commedia è quasi sempre
un materialone tellurico, mentre nelle tragedie, soprattutto in quelle di
Euripide troviamo anche schiavi buoni e generosi, addirittura idealisti.
Nell'Elena si trova l'espressione "per gli schiavi
nobili" ( gennaivoisi
douvloi~, v. 1641) che lascia un’eco in Terenzio: propterea quod servibas
liberaliter (Andria, v. 38), poiché facevi lo schiavo con animo libero.
Intanto il prato sfavilla di fiamme e govnu pavlletai gerovntwn (345), guizza il ginocchio del vecchi che si
scrollano di dosso gli acciacchi.
Cfr. le Baccanti di Euripide vv. 178-190
Cadmo
a Tiresia
O Carissimo, poiché ho inteso udendo la
tua voce 178
saggia da un uomo saggio, stando nella
reggia;
eccomi pronto con questo costume del
dio;
bisogna infatti che quello essendo
figlio della figlia mia
(Dioniso che si rivelò dio agli
uomini)
per quanto ci è possibile venga esaltato
come grande.
Dove bisogna danzare, dove posare il
piede,
e scuotere la testa canuta? Spiegalo tu
vecchio 185
a me vecchio, Tiresia: tu infatti sei
pratico.
Poiché non potrei stancarmi né di notte
né di giorno
di battere la terra con il tirso: ci
siamo dimenticati volentieri
di essere vecchi (ejpilelhvsmeq j hJdevwς-gevronteς o[nteς)
Tiresia. Tu dunque provi le stesse
sensazioni mie;
anche io infatti mi sento giovane e
metterò piede alle danze.
Viceversa: maledizioni della vecchiaia
Cfr. Acarnesi (vv.219- 220) dove il
corifeo di vecchi maratonomachi avviliti dice che il suo stinco è rigido sterro;n ajntiknhvmion e al vecchio arconte Lacratide si è appesantita la
gamba to; skevloς baruvnetai.
Nel secondo stasimo della nostra
tragedia, c’è un biasimo della
vecchiaia che grava sul capo dei
vecchi compagni d'armi di Anfitrione come
un carico più pesante delle rupi dell'Etna ("to; de; gh'ra"
a[cqo"-baruvteron Ai[tna" skopevlwn-ejpi; krati; kei'tai" ( Eracle, vv. 638-640).
La giovinezza invece è bellissima pure
nella povertà (v. 648).
Se gli dèi avessero intelligenza e
sapienza riguardo agli uomini donerebbero una doppia giovinezza - divdumon a]n h{ban e[feron- come segno evidente di virtù - fanero;n carakth'r j ajreta'" - a quanti la posseggono, e una volta morti, di
nuovo nella luce del sole, percorrerebbero una seconda corsa, mentre la gente
ignobile avrebbe una sola possibilità di vita ( Eracle, 661-669).
Nel Miles gloriosus di Plauto si trova un
locus similis : "itidem divos dispertisse vitam humanam aequom fuit: qui
lepide ingeniatus esset, vitam ei longiquam darent, qui inprobi essent et
scelesti, is adimerent animam cito" (vv. 730-732), parimenti (come le merci
hanno un prezzo diverso secondo la loro qualità) sarebbe stato giusto che gli
dèi distribuissero la vita umana: a colui che avesse un carattere amabile,
dovrebbero dare una vita lunga, a quelli che fossero cattivi e scellerati,
portargliela via presto.
Parla Palestrione, servo del miles.
Il terzo stasimo dell’ Edipo a Colono di
Sofocle annuncia la sapienza silenica e maledice la vecchiaia: "Non essere
nati (mh; fu'nai) supera/ tutte le condizioni, poi, una volta
apparsi,/ tornare al più presto là/ donde si venne,/ è certo il secondo bene./ Poiché quando uno
ha oltrepassato la gioventù/ che porta follie leggere (kouvfa" ajfrosuvna"
fevron), /quale travagliosa disfatta
resta fuori?/ Quale degli affanni non c'è?/Invidia, discordie, contesa
battaglie,/ e uccisioni; e sopraggiunge estrema/ l'esecrata vecchiaia impotente
(ajkrate;") ,/ asociale (ajprosovmilon),
priva di amici (a[filon) /dove convivono tutti i mali dei
mali"(vv.1224-1238).
Di questa maledizione della vecchiaia, possiamo trovare echi nella letteratura classica: un
frammento di Menandro dice: "o{n oiJ qeoi; filou'sin ajpoqnhvskei nevo"”, colui che gli dei amano, muore giovane".
Virgilio la chiama "tristisque
senectus "(Eneide , VI, 275)
mettendola in faucibus Orci (v.273), sulla bocca dell'Orco in compagnia di
pianti, rimorsi vendicatori, pallidi morbi, e
diverse altre presenze inamene.
Leopardi è un dichiarato nemico della vecchiaia:
in Le Ricordanze del 1829 scrive: "E
qual mortale ignaro/di sventura esser può, se a lui già scorsa/quella vaga
stagion, se il suo buon tempo,/se giovanezza, ahi giovanezza, è spenta?" (vv.132-135).
Quindi premette il verso di Menandro,
come epigrafe, ad Amore e morte del
1832.
In Il tramonto della luna , del 1836, il
poeta di Recanati poco prima di morire compone l'anatema definitivo
dell'"età provetta": "estremo/di tutti i mali, ritrovàr gli
eterni/la vecchiezza, ove fosse/incolume il desio, la speme estinta,/secche le
fonti del piacer , le pene/maggiori sempre, e non più dato il
bene"(vv.45-50).
Personalmente mi allineo con Solone
Se non altro cerco di "imparare
molte cose": ghravskw
d jaijei; polla; didaskovmeno" (fr. 28 Gentili-Prato). Quindi il legislatore ateniese
consiglia a Mimnermo di cambiare quel verso dove si augura la morte a
sessant’anni e di cantare così: “ojgdwkontaevth moi'ra kivcoi qanavtou” (fr. 26 Gentili-Prato), il destino di morte mi colga
ottantenne. Io andrei più in là: mi sembra appena l’età per cominciare a
pensare alla pensione.
Torniamo alla parabasi delle Rane: gli
iniziati affermano che i vecchi aiutati dalla festa sacra - ijera`" uJpo; timh`" - 349 - si scrollano di dosso le pene e i lunghi tempi
degli anni antichi. Il dio è pregato di procedere dando luce con la fiaccola e
di guidare sull’umido prato fiorito la gioventù che guida la danza (350-352)
Pesaro 16 settembre 2021 ore 10, 44
giovanni ghiselli
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