Agatone è il festeggiato del Simposio di Platone. Questo dialogo venne composto presumibilmente fra il 387 e il 377 a. C. ma è ambientato nel 416 in casa del poeta Agatone il giorno dopo che questo ha vinto il premio al miglior dramma con la sua prima tragedia rappresentata alle Lenee in febbraio - secondo Ateneo ( Deipnosofisti, 217A). In questo dialogo sull’amore Agatone dice che Eros è il più bello e nobile tra gli dèi. E' anche il più giovane: infatti fugge di corsa la vecchiaia. Egli genera concordia: e se ci fosse stato lui nei tempi primordiali non ci sarebbero state amputazioni né avvenuti incatenamenti:" ejktomai; oujde; desmoiv"(195c). Amore è delicato (aJpalov"), ma gli manca un poeta come Omero che rappresenti la sua delicatezza. Egli si insedia nelle anime delicate, mentre si allontana dai cuori duri. Inoltre è bello e cerca bellezza: infatti tra amore e bruttezza c'è una guerra continua. Passa la sua esistenza in mezzo ai fiori. La sua virtù sta nel fatto che il dio non fa e non riceve torti (ou[t j ajdikei' ou[t j ajdikei'tai). Oltre che di giustizia è dotato di somma temperanza (196c): infatti, essendo più forte di tutti gli altri piaceri e istinti, li domina.
Quanto a coraggio, neppure Ares resiste ad amore. Cfr. l’Inno a Venere di Lucrezio e Ovidio che negli Amores scrive: "Militat omnis amans, et habet sua castra Cupido;/Attice, crede mihi, militat omnis amans "(I, 9, 1-2), è un soldato ogni amante; anche Cupido ha il suo campo di guerra; Attico, credimi, ogni amante è un soldato. Inoltre amore rende poeta chi lo prova. Eros insegna tutte le arti. Ciò che questo dio non tocca rimane nella tenebra (skoteinov" 197a). Dall'amore della bellezza ha preso origine ogni cosa buona fra gli dèi e fra gli uomini. Egli ci vuota di ogni ostilità e ci riempie di ogni fratellanza e "prepara tali incontri tra noi per metterci insieme e diventa nostra guida nelle feste, nei cori, nei sacrifici" (197d), ispira mitezza, è timoniere, compagno e salvatore supremo nella fatica, nella paura, nel desiderio, nella parola (197e). E’ una riabilitazione rispetto alle tante calunnie dei detrattori di Eros.
Da qualche tempo Agatone mi ha abbandonato e se ne è andato, sicché manca alle persone di buon gusto, chiarisce Diobiso - poqeino;" toi`" sofoi`" (Vespe, 84)- Il tragediografo si era recato a Pella in Macedonia dove morirà verso il 401. Restano solo rimasugli, ciarle, canti di rondinelle (celidovnwn mousei'a) e lobhtai; tevcnhς (93) corruttori offensivi dell’arte (lwvbh, offesa, lwbavw). Manca un vero poeta che faccia suonare una parola nobile (rh'ma gennai'on, 97) continua a dire Dioniso. Seguono versi di Euripide parodiati, per esempio il v. 889 delle Baccanti daro;n crovnou povda (il lento piede del tempo, che gli dèi occultano abilmente); Dioniso cita Crovnou povda (di Tempo il piede v. 100). Poi c’è la citazione del verso 612 dell’Ippolito di Euripide quando il figlio di Teseo fa alla nutrice: “hJ glw`ss j ojmwvmoc j , hJ de frh;n ajnwvmoto" , la lingua ha giurato, la mente non lo ha fatto. Dioniso cambia in glw`ttan d j ejpiorkhsasan ijdiva/ th`" frenov" - (Rane 102), la lingua indipendente dalla mente non mantiene il giuramento. Eracle domanda a Dioniso: “se; de; tau`t j ajrevskei; (103), ma a te piace ’sta roba? Il dio risponde: “majlla; plei`n h] maivnomai” (103), anzi ne vado più che pazzo.
Per Eracle invece tali parole di Euripide sono ciance (kovbala), roba detestabile (104). Dioniso prende distanza dal pensiero di Eracle riguardo a Euripide dicendogli: “mh; to;n ejmo;n oi[kei nou`n: e[cei" ga;r oijkivan” (105), non abitare la mia mente: una casa infatti ce l’hai. Il figlio di Semele ha utilizzato il ricordo di un verso dell’Andromaca quando Ermione dice alla vedova di Ettore: oJ nou`" oJ so;" moi mh; xunoikoivh, guvnai (237) la mente tua non conviva con me donna Eracle insiste e seguita a dire che quei versi a lui sembrano roba assolutamente cattiva - pampovnhra - 106 E’ un preludio della polemica antieuripidea ampliata più avanti da Eschilo e, molto tempo dopo, a A. W Schlegel e da Nietzsche.
Ci torneremo La citazione di versi riconoscibili dal pubblico, pur così modificati testimonia la popolarità dei drammi di Euripide presso il pubblico.
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