martedì 20 aprile 2021

Debrecen 1980. Capitolo 5. La nostra ilarotragedia continua

Hugues Merle, The Neapolitan Girl
La nostra ilarotragedia continua


Puntavamo a scopi diversi con metodi diversi, per strade diverse.

Io ritenevo indispensabile sudare nelle cose con tutte le mie forze, farmi per lunghi periodi magro nelle fatiche, Ifigenia puntava sulla propria bellezza per attirare il prossimo di genere maschile e di tipo importante, famoso, potente. Sapevo bene che appena ne avesse potuto utilizzare uno, io sarei diventato inutile per lei, e da buttare via. Quindi mi guardavo attorno anche io. Dopo anni di decadenza morale questo tipo di relazione pare ovvio, ma allora, dopo avere goduto di rapporti amorosi e amichevoli del tutto gratuiti, il nostro frequentarci e usarci a vicenda mi sembrava una negotiatio piuttosto che una  amicitia.

Il sentimento che ci legava era ambiguo oltre che malato: conteneva, è vero, ancora un poco di attrazione e di affetto, ma non era privo di odio e in certi momenti perfino di repulsione. Ne conseguiva una generale ambivalenza: non c’era un sì che non fosse vicinissimo a un no.

Alla fine del corso, una sera provai una emozione vana per una studentessa napoletana che assomigliava alla supplente fanese giunta nella scuola a sostituire Ifigenia. La sera seguente invece sentii una fortissima spinta erotica per Ifigenia. Furono gli ultimi due giorni di questa Debrecen.

La penultima sera era quella dell’addio - búcsú est: Ifigenia era stanca, annoiata e noiosa più del solito e tornò in camera sua prima che la festa fosse finita. La accompagnai, poi tornai nel salone, il megaron dove negli anni felici avevo incontrato gli amori più belli, più grsatuiti e liberi della mia vita.

Volevo osservare la ragazza partenopea con  la quale del resto non avevo mai parlato, né avevo intenzione di prenderne l’iniziativa: volevo solo coltivare la più futile e vana delle emozioni.

Ifigenia l’aveva capito ed ebbe paura che fossi io a lasciarla prima di essere diventato merce scaduta. Fatto è che l’avevo lasciata sola e affranta nel letto della sua camera. Io ero rientrato nel megaron dove rimasi più di mezzora a guardare la bella che non mi sdegnava, anche se non era del tutto esplicita. Ero incerto se prendere l’iniziativa.

A un tratto però provai rimorso pensando che Ifigenia in quel luogo dipendeva completamente da me e che in quel momento doveva sentirsi davvero come un animale domestico abbandonato da un padrone crudele: perciò feci un sorriso di scusa e di addio alla giovane vagheggiata senza costrutto e tornai dalla mia compagna di viaggio

“Sei andato a coltivare la più vana delle emozioni” disse.

“In nessun caso ho intenzione di farti del male; anzi, se tu mi aiuterai come facevi una volta, non mancherò di contraccambiarti”.

 

Il giorno seguente in effetti Ifigenia mi aiutò e io la venerai  e adorai come fosse una dea.

 

Bologna 20 aprile 2021 ore 10, 51

giovanni ghiselli


p. s.

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