PER VISUALIZZARE IL GRECO SCARICA IL FONT HELLENIKA QUI E GREEK QUIPompeo Batoni, Cleopatra e Marco Antonio morente
La morte di Antonio. Amor fati
Plutarco prosegue riferendo le ultime parole di Antonio che dopo avere
bevuto (piwvn, Vita, 76, 7) esortò Cleopatra a salvarsi
se poteva esserci salvezza senza disonore (a]n h| mh; met j
aijscuvnh"). Poteva fidarsi solo di Proculeio fra gli amici di
Ottaviano
Nel dramma di Shakespeare non c’è la narrazione semplice – aJplh' dihvghsi"- ma il
racconto procede dia; mimhvsew", per imitazione che
l’autore fa dei personaggi che si scambiano battute ta;
ajmoibai'a .
Il dramma in effetti contiene più personaggi che
parlano: è, spiega Socrate, la specie di poesia e mitologia che toglie le
parole intercalate ai dal poeta ai discorsi diretti lasciando solo le alterne
battute (ta; ajmoibai'a) dei personaggi e dunque si esprime dia; mimhvsew~, per
imitazione (Platone, Repubblica, 394 b-c).
Se non appaiono i personaggi parlanti, abbiamo una narrazione semplice
senza mimesi (a[neu mimhvsew~ aJplh' dihvghsi~ ), che si trova
soprattutto nei ditirambi, specifica Platone attraverso Socrate, poi c’è la
forma mista che è l’epica.
Vediamo dunque le battute che Shakespeare attribuisce ai due amanti
Cleopatra vuule imprecare contro la falsa donna di casa, la
meretrice fortuna provocandola fino a farle spezzare la sua ruota
Antonio le suggerisce di ottenere da Cesare onore e salvezza
Ma Cleopatra risponde: “They do not go together” (IV, 15,
47): loro non vanno insieme
Antonio ribatte di non fidarsi di nessuno di quelli che stanno attorno a
Cesare tranne Proculeio.
Cleopatra risponde: “My resolution and my hands I’ll trust;-none about
Caesar (49-50) , mi fiderò della mia risoluzione e delle mie mani, di
nessuno intorno a Cesare.
Le ultime richieste di Antonio a Cleopatra: non
lamentarti e non addolorarti del miserevole cambiamento giunto alla fine della
vita, ma confort i tuoi pensieri nutrendoli con le precedenti
fortuna nelle quali ho passato la vita-in feeding them with those my former
fortunes –wherein I lived (53-54) the greatest prince o’
the world,-the noblest io che sono stato il più grande principe del
mondo, il più nobile, e ora muoio non bassamente-not
basely-, né mi tolgo con vigliaccheria l’elmo davanti a un
concittadino. Now my spirit is going-I can no more (58-59), ora
il mio spirito se ne va: non ce la faccio più.
Il darsi animo e l’arroccarsi nella propria individualità.
Si può attribuire anche ad Antonio quanto T. S. Eliot dice di Otello: "Quel
che Otello mi sembra faccia nel tenere questo discorso è darsi animo. Egli
tenta di sfuggire alla realtà, ha cessato di pensare a Dsdemona, e sta pensando
a se stesso. L'umiltà è, di tutte le virtù, la più difficile a conseguire:
nulla è più duro a morire del desiderio di pensar bene di se stessi. Otello
riesce a mutarsi in personaggio patetico, adottando un'attitudine estetica
piuttosto che morale, drammatizzandosi di contro all'ambiente. Egli seduce lo
spettatore, ma il motivo umano è primariamente sedurre se stesso" [1].
Otello vuole essere ricordato come uno che servì lo Stato, uno che amò
saviamente ma non troppo bene, uno non geloso ma divenuto dissennato per
istigazione, uno che come l'indiano ignorante buttò via la perla più preziosa
della tribù, uno che una volta ad Aleppo punì un cane circonciso il quale
batteva un veneziano e calunniava la repubblica. (V, 2, 337-355).
E’ il “darsi animo”, l'atteggiamento
che Eliot individua nello stoicismo romano, rappresentato da Seneca, in
Shakespeare e in Nietzsche:"Nietzsche è il più cospicuo esempio moderno
del darsi animo. L'attitudine stoica è il rovescio dell'umiltà cristiana"[2].
T. S. Eliot trova delle analogie tra i personaggi di Seneca e quelli di
Shakespeare precisamente in questo loro arroccarsi nella propria
individualità: "Nell'Inghilterra elisabettiana si hanno condizioni in
apparenza affatto diverse da quelle di Roma imperiale. Ma era un'epoca di
dissoluzione e di caos; e in tale epoca, qualsiasi attitudine emotiva che
sembri dare all'uomo alcunché di stabile, anche se è soltanto l'attitudine di "io
sono solo me stesso", è avidamente assunta. Ho appena bisogno di
segnalare...quanto prontamente, in un'epoca come l'elisabettiana, l'attitudine
senechiana dell'orgoglio, l'attitudine montaigniana dello scetticismo, e
l'attitudine machiavellica del cinismo giunsero a una specie di fusione
nell'individualismo elisabettiano. Questo individualismo, questo vizio
d'orgoglio, fu, necessariamente, sfruttato molto a causa delle sue possibilità
drammatiche...Antonio dice "Sono ancora Antonio [3]" e la Duchessa "Sono ancora
Duchessa di Amalfi "[4]; avrebbe sia l'uno che l'altro detto questo
se Medea non avesse detto Medea superest ?"[5].
Plutarco racconta senza farne un dialogo, con
semplice narrazione dunque, che Antonio chiese a Cleopatra mh;
qrhnei`n ejpi; tai`" ujstavtai" metabolai`" (77, 7) di non piangere
sugli ultimi cambiamenti, ma di considerarlo beato per le cose belle avute in
sorte (ajlla; makarivzein w|n e[tuce kalw`n): egli era stato il più
illustre degli uomini, aveva esercitato un potere grandissimo e ora
era vinto in modo non ignobile- kai;
nu`n oujk ajgennw`" krathqeiv"- da Romano a opera di un Romano.
Per conservare la propria dignità nella sconfitta bisogna comportarsi in
modo non ignobile: significa accettare la series causarum ,
cioè il destino.
Manifestare amor fati: “ il necessario non mi
ferisce; amor fati è la mia intima natura”[6] , das ist meine
innerste Natur.
Del resto ogni persona secondo Nietzsche coincide con il suo destino:
"Il fatalismo turco contiene l'errore fondamentale di contrapporre fra
loro l'uomo e il fato come due cose separate…In verità ogni uomo è egli stesso
una parte di fato… Tu stesso, povero uomo pauroso, sei la Moira incoercibile
che troneggia anche sugli dèi"[7].
Cfr. h\qo~ ajnqrwvpw/ daivmwn[8] di
Eraclito, il carattere è il destino dell’uomo.
Mentre Antonio muore, la Cleopatra di Shakespeare gli rivolge le ultime
parole d’amore: “nobilissimo tra gli uomini noblest of men, vuoi
dunque morire? Non ti curi di me? Dovrò restare in questo mondo ottuso che
nella tua assenza non è migliore di un porcile? (…) l’eccezionalità ora è
sparita e non rimane nulla di non ordinario sotto la visitante luna (IV, 15,
59- 68). Il non ordinario infastidisce le persone
ordinarie, suscita spesso il loo odio, mentre attira le persone
stra-ordinarie
Bologna 20 aprile 2021 ore 9 e 31
giovanni ghiselli
p. s.
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[1] T.
S. Eliot, Shakespeare e lo stoicismo di Seneca, in T. S. Eliot.
Opere, p. 798.
[2] Shakespeare
e lo stoicismo di Seneca, in T. S. Eliot, Opere, p. 799.
[3] "I
am Antony yet ", Antonio e Cleopatra (del
1606-1607) , III, 13.
[4]Da La
duchessa di Amalfi (del 1614) , di J. Webster (1580-1625).
[5]Shakespeare
e lo stoicismo di Seneca, in T. S. Eliot Opere , p. 800..
[6] F.
Nietzsche, Ecce homo, il caso Wagner, 4
[7]Nietzsche, Umano troppo umano , vol.
II, parte seconda, Il viandante e la sua ombra, 61...
[8] Fr. 91 Diano.
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