domenica 25 aprile 2021

Debrecen e Grecia 1980. Capitolo 11. Sparta e le sue donne

Sparta e le sue donne

 
Quindi attraversammo gran parte del Peloponneso montuoso
Nel tardo pomeriggio arrivammo a Sparta dove ci fermammo poco tempo perché in quella fossa tra i monti c’era di bello soltanto la fierezza e la disinvoltura delle ragazze che conservavano qualche aspetto delle loro antenate, le più libere tra le greche antiche: Plutarco racconta[1] che  il legislatore  spartano volle che le fanciulle rassodassero il loro corpo con corse, lotte, lancio del disco e del giavellotto.
Per eliminare poi in loro qualsiasi morbidezza e scontrosità femminile, le abituò a intervenire nude nelle processioni, a danzare e a cantare nelle feste sotto gli occhi dei giovani. Rappresentativa di tutte loro è Gorgò la moglie di Leonida. A una straniera che le aveva detto: solo voi donne spartane comandate sugli uomini, Gorgò rispose: “movnai ga;r tivktomen a[ndraς[2]”, infatti solo noi partoriamo degli uomini.
Quale figlia del re Cleomene, la troviamo nelle Storie di Erodoto dove, bambina di otto-nove anni, dissuase il padre dall’accettare denaro da Aristagora di Mileto il quale chiedeva aiuto militare contro i Persiani. Mentre il Milesio alzava l’offerta, fino a cinquanta talenti, Gorgo gridò: “Pavter, diafqerevei se oJ xei`noς , h]n mh; ajposta;ς i[h/ς» (V, 51, 2), padre, lo straniero ti corromperà, se non te ne allontani. Cleomene le diede retta.

Mi ha sempre attirato questo tipo di donna, dallo stile simile alle mie consanguinee e mi piaceva osservare nelle fanciulle di Sparta le vestigia antiche ma non potevo guardarle troppo a lungo se non volevo innescare una scenata con la smancerosa e permalosa che mi portavo dietro da giorni alternando qualche sporadica soddisfazione con il rimpianto e il desiderio della mia libertà e sovranità assoluta nella solitudine.
Avrei potuto corteggiare una di queste ragazze che tra gli Ateniesi avevano fama di essere dissolute: nell'Andromaca di Euripide, Peleo  critica tutte le spartane per  i loro costumi dicendo: neppure se lo volesse potrebbe restare onesta ("swvfrwn", v. 596) una delle ragazze di Sparta che insieme ai ragazzi, lasciando le case con le cosce nude ("gumnoi'si mhroi'"", v.598) e i pepli sciolti, hanno corse e palestre comuni, cose per me non sopportabili.
 
Nelle Leggi di Platone, l’Ateniese ricorda allo Spartano che l’ideale guerriero della sua città non si cura abbastanza di esercitare la capacità di resistenza al piacere, e aggiunge che non sarebbe difficile per chi volesse difendere le leggi di Atene criticare le norme spartane indicando la licenza delle loro donne: “deiknu;~ th;n tw`n gunaikw`n parj uJmi`n a[nesin “(637c).
 
Cercavo di interessare Ifigenia con questi ricordi di letture ma non riuscivo a interessarla. Spero di non avere annoiato anche voi che mi leggete. Credo di conoscere ormai gli interessi di chi legge e ascolta un a[topo", uno stravagante fuori luogo, fuori dai luoghi comuni quale sono io, e mi so mettere nei panni del mio pubblico scrivendo o parlando
 
 
Il Taigeto lo vedevamo dal basso e mi dispiaceva non essere andato lì in bicicletta per scalarlo poi scendere sul mare a Kalamata in beata solitudine e sola beatitudine. La comes non ebbe voglia di vedere nemmeno l’ Eurota  dove le ragazze spartane un tempo saltavano sane e snelle come puledre , scagliando verso il cielo le chiome odorose. Quindi giacevano sparse qua e là sull’argine erboso. Forse lo facevano ancora.
Vedemmo soltanto una via larga e desolata quando restava sguarnita del bell’ornamento delle fiere ragazze. Entrammo in un misero museo dove trovammo solo un oplita meschino.
Insomma a Sparta mancava la bellezza eterna creata dall’arte. La loro cultura aveva significato altro.
Plutarco racconta che gli Spartani imparavano l'alfabeto per la necessità di leggere e scrivere " hJ d' j a[llh pa`sa paideiva pro;ς to; a[rcesqai kalw`ς ejgivneto kai; karterei`n ponou`nta kai; nika`n macovmenon (Vita di Licurgo, 16), tutto il resto dell’educazione era indirizzata a obbedire disciplinatamente e a sopportare le fatiche e a vincere in battaglia.
La disciplina dura forma  caratteri forti: il re spartano Archidamo nelle Storie  di Tucidide sostiene  gli uomini, i quali non sono poi  tanto differenti tra loro, vengono distinti dalla severa disciplina che rende più forte chi è stato educato nelle massime difficoltà:"poluv te diafevrein ouj dei' nomivzein a[nqrwpon ajnqrwvpou, kravtiston de; ei\nai o{sti" ejn toi'" ajnagkaiotavtoi" paideuvetai"(I, 84, 4).
Con Ifigenia al fianco mi sentivo diminuito nelle mie capacità piuttosto che accresciuto. Era tempo di tornare indietro: ognuno a casa sua. Sarebbe giunta la liberazione.
 
Bologna 25 aprile ore 10, 18
giovanni ghiselli
 
Statistiche del blog
Sempre1119635
Oggi66
Ieri405
Questo mese10724
Il mese scorso13315
 
 


[1] Vita di Licurgo , 14.

[2] Plutarco, Vita di Licurgo, 14

Nessun commento:

Posta un commento

E’ più umano il cultus fino all'artificio o la naturalezza fino all’incuria?

Properzio, Virgilio, Orazio e la via di mezzo di Ovidio.     Il cultus, la cura della persona e dello stile è segno di contraddizi...