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domenica 4 aprile 2021

“I VOLTI DELLA GIUSTIZIA”. Quinta parte

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“I VOLTI DELLA GIUSTIZIA”. Quinta parte

 

Torno sul video e sull’audio Massimo Cacciari con l’Allegoria del Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti.

Siamo di fronte a questo grande simbolo di una civitas che ha costituito una convivenza di cittadini di cuori uniti dove il bene comune è nel cuore di ciascuno, riprende il filosofo amantissimo dell’arte.

 

Non metto le virgolette perché ricordo a memoria, e soprattutto bene quanto ha colpito la mia sfera emotiva, come mi succede quando leggo i libri buoni.

 

Ognuno vuole il bene dell’altro.

Il programma di questo ciclo, e in particolare di questa Allegoria è aristotelico.

 A me è venuta in mente anche l’elegia di Solone chiamata Eujnomiva come ho scritto nella parte introduttiva (blog del 31 marzo).

 

Vediamo dunque alcuni particolari illustrati magistralmente da Cacciari.

A sinistra cìè la Giustizia in trono e, ai lati, due immagini nelle quali la Giustizia si distingue anche aristotelicamente in due parti con due ruoli: una che punisce e premia e l’altra che distribuisce le funzioni.

 Cacciari ricorda il verbo greco nevmw dalla radice ricca (nem (e) - nom - nwm).

Significa “distribuisco” e “governo”, dunque distribuisco grazie al potere che ho conquistato. Novmo" dalla stessa radice è l’usanza, il costume e la legge. Giustizia deve distribuire equamente i beni della città che però prima va conquistata e nella conquista è inclusa la forza, la potenza, né si può escludere la violenza.

 Il nomoqevth" pone la legge, e la impone.

Nella legge c’è una dimensione che ricorda anche la violenza senza la quale non si può avere in mano la città. Cacciari fa notare che la radice di nevmw è molto diffusa: si trova anche nel tedesco nehmen che indica il prendere.

 Dai due angeli a lato partono due corde che vengono connesse dalla Concordia con una mano. Nell’altra mano ha una pialla. Significa che conconcordia uguaglia, crea ijsonomiva: la legge deve essere uguale.

 

Breve excursus sulla ijsonomiva

Se non c’è questa, vige la tirannide aborrita dagli Ateniesi che la attrinuivano invece ai Persiani, per esempio nella tagedia di Eschilo Pevrsai appunto (472 a, C.)

Nelle Storie di Erodoto del resto la teoria antitirannica è attribuita al nobile persiano Otane il quale, durante il dibattito costituzionale, contrappone alla monarchia il potere del popolo che prima di tutto ha il nome più bello: " ijsonomivhn", poi non fa nulla di quanto perpetra l'autocrate: infatti esercita a sorte le magistrature ed ha un potere soggetto a controllo:" uJpeuvqunon de; ajrch;n e[cei" (III, 80, 6). Erodoto attraverso Otane formula già la teoria, poi riproposta da Polibio, secondo la quale la monarchia degenera inevitabilmente in tirannide.

Tra i sette nobili Persiani, quando ebbero parlato anche Megabizo, che propugnava l'oligarchia, quindi Dario, il quale sosteneva la monarchia e l'inevitabilità della degenerazione sia della democrazia sia dell'aristocrazia (III, 82) verso le rispettive forme deteriori, prevalse quest'ultimo con l'argomento che a loro la libertà era venuta da un monarca.

Sentiamo anche Santo Mazzarino:"La nostra logica è rettilinea, astratta: quella dei Greci è sempre aperta al contrasto. Nell'Oresteia di Eschilo Divka Divkai (xymbaleî ) "Dika si scontrerà con Dika"[1]: ci possono essere due Dikai, due Giustizie nel caso dell'Oresteia , quella "matriarcale" di Clitennestra ( e delle Erinni, a cui il ghénos di Eschilo non può sacrificare) contro quella "patrilinea" di Oreste (e di Apollo, il dio degli Alcmeonidi legati al ghénos Eupatrida di Eschilo). Così in Erodoto: c'è la "tirannide" dei Greci nemica di Dike; ma c'è anche la "tirannide" di Deioce[2] per cui i Medi hanno kòsmos ed eunomìa , e la "tirannide" di Ciro, dalla quale i Persiani ricevono "libertà", eleutherìa "[3]. La soria non è fatta di sillogismi, non esclude contraddizioni né l’irrazionale

 

Torno a Cacciari

Aristotele condanna le differenze economico sociali troppo alte che rendono difficile reggere la città.

E’ la teoria della classe media cui ho accennato nella seconda parte di questo commento. Aggiungo che poco prima delle parole citate sopra contro la pleonexiva, Aristotele nella Politica afferma che la classe media - oJ mevso" - deve essere diaiththv", ossia fare da arbitra nei conflitti sociali tra poveri e ricchi, e quanto meglio è miscelata tanto più la costituzione è salda (1297a)

La pialla della Concordia dunque significa non solo ijsonomiva ma anche giusta distribuzione delle ricchezze. Quindi la Concordia comunica la corda al primo dei cittadini che sono così collegati da un cuore e da una corda. Sono distinti l’uno dall’altro, dotati di dignità ma nessuno emerge. Diversi tra loro, indizio di funzioni diverse, ma nulla di eclatante. Non si vedono differenze di classe. Cittadini concordi procedono verso l’immagine del Comune di Siena, il Vecchio. Ai piedi del vecchio sono raffigurati i gemelli e la lupa che ricordano l’origine romana di Siena e sulla loro destra rispetto a chi guarda dei prigionieri incatenati. Bisogna dunque essere concordi così per non finire colà, legati in catene. Chi è concorde prevale su chi è discorde.

 

Platone nella Politeia fa dipendere la discordia dall’ingiustizia la quale non è solo ignoranza e malvagità ma anche debolezza poiché genera odio e, appunto, discordia. Pure se si verifica in una persona sola, l’ingiustizia renderà l’ingiusto agitato e discorde con se stesso: “poihvsei stasiavzonta kai; oujc oJmonoou`nta aujto;n eJautw/` (352a)

 

Ai lati del vecchio, simbolo del comune di Siena, le virtù cardinali. Ma non basta. Come la mettiamo? (minuto 30, 27)

 

Bologna 4 aprile 2021, 12,02: è l’ora della bicicletta per meritarsi il pranzo. Io farò e farò e farò.

 

 



[1]Coefore 461: " [Arh" [Arei xumbalei', Divkai Divka/".

[2] Il quale ridusse a unità il popolo dei Medi e lo governò. (Erodoto, Storie, I, 101). Venne scelto come re dotato di potere assoluto poiché era stato capace di porre termine alle ruberie e ai disordini con i suoi giudizi (Erodoto, I, 96 ss.) (ndr)

[3]S. Mazzarino, Il pensiero storico classico , I, p. 175.

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