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“I VOLTI DELLA GIUSTIZIA”. Settima e ultima parte
La dimensione religiosa,
trascendente lo spazio del nomos e delle virtù cardinali sembra essere
necessaria e inevitabile all’uomo medievale.
Lo afferma con sicurezza anche l’Antigone
di Sofocle rifiutando il decreto del re di Tebe che vieta di dare sepoltura a
un morto.
Quando Creonte le domanda: "E
dunque osavi trasgredire queste leggi?" - ( kai; dh`t j
ejtovlma" touvsd j ujperbaivnein novmou" ; Antigone, 449)
Antigone risponde: "Sì, infatti
secondo me non è stato per niente Zeus il banditore di questo editto - (oJ
khruvxa" tavde) /né
Giustizia - Divkh) che convive con gli dei di sotterra/determinò tali leggi tra gli uomini - toiouvsd j ejn
ajnqrwvpoisin w{risen novmou" - ,/né pensavo che i tuoi bandi avessero tanta/forza che
tu, essendo mortale, potessi oltrepassare/i diritti degli dei, non scritti e
non vacillanti (vv. 450 - 455).
Per Antigone le leggi cui si deve
obbedienza sono quelle di provenienza divina.
Lo stesso pensa il coro dell'Edipo
re che nella prima strofe del secondo Stasimo, "punto nodale della
tragedia"[1], canta:"Oh, mi accompagni sempre la
sorte di portare/ la sacra purezza delle parole/e delle opere tutte, davanti
alle quali sono stabilite leggi/sublimi, procreate/attraverso l'aria celeste di
cui Olimpo è padre da solo né le /generava natura mortale di uomini/né mai
dimenticanza/potrà addormentarle:/grande c'è un dio in loro e non invecchia"
(vv. 863 - 872).
"Da questi versi risuona chiaro
ad ognuno l'addolorato avvertimento del poeta: "la religione è in
pericolo", la religione che per lui coincide con le leggi non scritte,
eterne e divine che rappresentano il fondamento morale della vita sociale. Con
tutta la forza della sua convinzione egli scende in campo per essa nel luogo
sacro, per umiliare con la rappresentazione della storia sacra la superbia
dell'intelletto, per fugare il dubbio e per sostenere la fede vacillante"[2].
Ma torniamo a Cacciari. Il buon
governo garantisce securitas: ciascuno svolge la sua funzione. Ci sono commerci
e traffici tra città e campagna che non rimangono separate: c’è un muro ma è
aperto, la gente va e viene.
Nella civitas di Ambrogio Lorenzetti
tutto è sicuro: fuori e dentro le mura. E’ sicuro perché c’è una giustizia
punitiva: la securitas vola con una forca in mano
Nel cielo si trovano giustizia
divina e virtù teologali
Si combinano dialetticamente le cose
celesti e quelle terrestri?
Nell’affresco che mostra gli effetti
del Buon Governo il trascendente manca
In questa parte è realizzata la
misura e la temperanza aristotelica
Tutto danza. Al centro della vita cittadina
ci sono donne che danzano e fanno pensare a certi beati di Dante, alle carole
del Paradiso.
Non può esserci una legge che non
guarda Giustizia: la legge deve giustificarsi e nel pieno della civiltà
medievale questa giustificazione sembra potersi ottenere soltanto laddove lo
spazio terreno guarda oltre sé, guarda a un paradiso superiore, a una dimensione
teologica.
E’ il problema di Dante.
Nel Monarchia tutto è conquistabile in terra per
philosophica documenta, nella Commedia è così solo fino a
un certo punto: arriva il momento dal quale Virgilio non basta più.
Occorrono altre guide: i philosophica
documenta non bastano.
Cacciari poi parla della figura
centrale della composizione, un’immagine che lo ha sempre affascinato. Infatti
ne è riprodotta un’immagine alla fine del suo La mente inquieta Saggio
sull’Umanesimo.
La Pace emerge con evidente
eccezionalità, dalla posa al vestito, appare distinta e separata dal ritmo che
collega le altre. Questa Pace può essere il riflesso del cielo teologico in
terra. Il messaggio è: bada comune di Siena, bada civitas. E’ una Pace molto
diversa dalla securitas dell’affresco degli effetti del Buon Governo. La pace è
davvero sicura soltanto se la giustizia terrena guarda a quella divina: è
la pax profunda dei medievali.
E’ la pace che Edipo raggiunge
nell’ultima tragedia di Sofocle: a Colono.
Cacciari commenta questa Pax a parte
di Ambrogio Lorenzetti con queste parole nel suo La mente inquieta
Saggio sull’Umanesimo (tavola 16): “bellissima inventiva”, dirà san
Bernardino predicando cento anni dopo nel Campo, in cui si esalta la pace come
la condizione per rendere forte e ricca la città. Ciò che si ‘finge’ di non
cogliere è che la Pace qui siede a parte, la sua voce è un a solo.
Ella siede come in un luogo soltanto suo all’interno dello spazio comune. Tutto
vi tende, ma nulla davvero la raggiunge e la tocca. Simbolo ante
litteram dell’aporia intrinseca all’idea umanistica di Pace”.
Il video si conclude con Elisabetta
Pozzi che legge espressivamente questi versi del Paradiso di
Dante: canto XVIII - 52 - 78; 91 - 99; 106 - 108; canto - XIX 1 - 18; 22 - 63. Siamo
nel sesto cielo, quello di Giove.
Le anime dei seguaci della Giustizia
si dispongono formando le lettere dell’alfabeto raffigurando queste parole
DILIGITE IUSTITIAM (…) QUI IUDICATIS TERRAM (XVIII - 91 - 93).
Fine
Brevissima appendice arbitrariamente
aggiunta
La giustizia terrena troppe volte ha
contraddetto quella divina secondo Dante. In terra gli stessi pontefici hanno
sviato gli uomini dando “malo essemplo”. Pessimo esempio ha dato il Papa
Giovanni XXII che scriveva scomuniche poi le cancellava per denaro.
Dante chiude il canto XVIII
del Paradiso con questi versi sarcastici idirizzati a siffatto
“Vicario”
“Ben puoi tu dire: I’ ho fermo il
disiro
sì a colui che volle essere solo
e che per salti fu tratto al martiro
ch’io non conosco il pescator né
Polo”
L’immagine di Giovanni Battista,
patrono di Firenze, era impressa nel fiorino. Il denaro è il grande corruttore
degli uomini. Esso contamina la giustizia terrena e offende quella divina
Dante biasima Firenze, tra l'altro,
poiché "produce e spande il maladetto fiore/ch'a disviate le pecore e li
agni,/però che fatto ha lupo del pastore"[3]. Si tratta ovviamente del fiorino.
Shakespeare nel Timone
d'Atene (IV, 3) chiama l'oro "comune bagascia del genere
umano"; l'universale mezzana che "profuma e imbalsama come un dì di
Aprile quello che un ospedale di ulcerosi respingerebbe con nausea".
Marx nei Manoscritti economico - filosofici
del 1844 , commenta il drammaturgo inglese dicendo che nel denaro
rileva:"la divinità visibile, la trasformazione di tutte le
caratteristiche umane e naturali nel loro contrario, la confusione universale e
l'universale rovesciamento delle cose" (p.154).
Bologna 5 aprile ore 16, 28
Giovanni ghiselli
[1] W. Nestle, Storia della religiosità
greca , p. 218.
[2] Nestle, op. cit., p. 219.
[3]Paradiso , IX, 130 - 132.
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