NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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venerdì 30 aprile 2021

La presenza degli autori classici nelle tragedie di Shakespeare. XXXI. La morte di Cleopatra. Un poco di metodologia storiografica

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Siamo arrivati alla morte di Cleopatra. Partiamo da Shakespeare. La regina si rammarica del fatto che Iras sia morta pima di lei. Teme di apparire vile a riccioluto Antonio ( the curled Antony, v., 2, 300):  quando Iras lo avrà raggiunto, lui domanderà di Cleopatra e darà a lei quel bacio che era pronto per l’amante arrivata in cielo. Ma la regina si è fatta precedere dalla parrucchiera ed è in ritardo.  Quindi invita l’aspide a venire da lei e se lo applica al petto. Gli chiede: “with thy sharp teeth this knot intrinsicate - of life at once untie” (303-304) con i tuoi denti aguzzi sciogli in un colpo solo questo intricato nodo della vita.

 

La funzione di sciogliere gli intrighi rivelando le verità nascoste viene attribuita da Cordelia, la figlia buona di Re Lear, al tempo:" Time shall unfold what plaited cunning hides", il tempo spiegherà ciò che l' attorcigliata astuzia nasconde (I, 1).

 Il tempo ha la funzione benefica di salvare l’umanità quando questa giunge sull’orlo del baratro

Ancora nel Re Lear il duca di Albania aspetta una salvezza dal tempo auspicandone la fretta: “Se il cielo non manda subito i suoi spiriti a frenare queste colpe orrende, sarà per forza necessario che l’umanità vada a caccia di se stessa, come i mostri del mare like monsters of the deep (IV, 2).

Il serpente è arrivato nel momento opportuno per  salvare la dignità di Cleopatra.

La regina gli fa fretta: “poor venenous fool, be angry and dispatch”, (304-305), povero sciocco velenoso, irritati e fai presto. Se l’aspide potesse parlare, Cleopatra lo udirebbe chiamare the great Cesare- ass unpolicied (306-307) un asino grossolano.

Quindi la battuta già citata sul serpente assimilato a un bambino che succhia fino a fare addormentare la nutrice.

Infine la regina prende un altro aspide e se lo applica al braccio. Inizia la frase: “what should I stay (311)  perché dovrei restare… ma non la finisce perché muore

La  completa  Carmiana: “in this vile world?” In questo mondo spregevole?

Quindi l’amica la saluta e ne fa l’elgio funebre con queste parole: “now boast thee, death, in thy possession lies - a lass unparalle’ d” (514-515), ora vantati morte, in tuo potese giace una ragazza senza pari.

Plutarco racconta che l’aspide fu portato con i fichi nascosto sotto le foglie secondo l’ordine di Cleopatra che non voleva vederlo, ma tolti i fichi lo vide e disse “eri qui dunque” (86, 3). E denudato il braccio lo offrì al morso. Altri dicono che il serpente era custodito in un orcio e che Cleopatra lo provocò e lo irritò con un fuso d’oro finché questo saltò fuori e le morse il braccio. Ma nessuno conosce la verità- to; d’ ajlhqe;" oujdei;" oi\den (86, 4)

C’è una terza versione secondo la quale Cleiopatra teneva del veleno in uno spillone cavo nascosto tra i capelli.

Come si vede Plutarco non usa il dialogo e non sceglie fra tre versioni della morte di Cleopatra. Questo di riferire tutte le fonti disponibili, pure quelle poco verosimili è un metodo seguito anche da altri storiografi.

Ne faccio quattro esempi.

A proposito della diceria secondo la quale le ragazze indigene con penne di uccello spalmate di pece traevano pagliuzze d’oro da un lago situato in un’isola posta davanti alla costa africana Erodoto scrive : “tau'ta  eij mh; e[sti ajlhqevw~ oujk oi\da, ta; de; levgetai gravfw” (I, 195, 2), queste cose non so se sono vere, ma quello che si dice lo scrivo.

E per quanto  riguarda un’intesa tra i Persiani e gli Argivi: “ejgw; de; ojfeivlw levgein tav legovmena, peivqesqaiv ge me;n ouj pantavpasin ojfeivlw” (VII, 152, 3), io sono tenuto a dire le parole dette, a credere a tutte invece non sono tenuto.

  

In modo simile  Curzio Rufo: “Equidem plura transcribo quam credo: nam nec adfirmare sustineo, de quibus dubito, nec subducere, quae accepi” (9, 1, 34), per conto mio riporto più notizie di quelle cui presto fede: infatti non me la sento di confermare notizie delle quali non sono sicuro, né di sottrarre quelle che ho ricevuto.

Quindi, a proposito  del cadavere di Alessandro che giaceva nel sarcofago da sei giorni, trascurato, e, nonostante il caldo estivo, il corpo non era degenerato, Curzio scrive: “Traditum magis quam creditum refero (10, 10, 12).

 

Arriano a proposito della morte di Alessandro Magno riporta una notizia alla quale non crede, della quale anzi afferma che dovrebbero vergognarsi quanti l’hanno scritta.

Si racconta dunque che il condottiero macedone,  sentendosi morire, voleva gettarsi nell’Eufrate per sparire accreditando la fama di una sua assunzione in cielo in quanto nato da un dio. Glielo impedì Rossane ed egli le disse che lo privava della gloria di essere nato dio. Ebbene lo storiografo di Nicomedia precisa che ha riportato queste notizie wJ" mh; ajgnoei'n dovxaimi perché non sembri che io le ignori, più che per il fatto che esse sembrino pista; ej" ajfhvghsin, (7, 27, 3) credibili a raccontarle.

 

Concludo citando Tacito

Ut conquirere fabulosa et fictis oblectare legentium animos procul

gravitate coepti operis crediderim, ita vulgatis traditisque

demere fidem non ausim. die, quo Bedriaci certabatur, avem

invisitata specie apud Regium Lepidum celebri luco conse-

disse incolae memorant, nec deinde coetu hominum aut cir-

cumvolitantium alitum territam pulsamve, donec Otho se ipse

interficeret; tum ablatam ex oculis: et tempora reputantibus

initium finemque miraculi cum Othonis exitu competisse. (Historiae, II, 50)

Come reputerei lontano dalla serietà dell’opera iniziata  andare in cerca di miti e dilettare le anime dei lettori con delle invenzioni, così non oserei togliere credito a tradizioni diffuse. Nel giorno in cui si combatteva a Bedriaco, gli abitanti ricordano che un uccello di aspetto mai visto si posò in un frequentato bosco sacro presso Reggio Emilia, e che non venne spaventato né scacciato di lì dalla grande quantità delle persone né degli uccelli che svolazzavano intorno, finché Otone non si fu ucciso; allora scomparve alla vista; e per chi tiene conto dei tempi, il principio e la fine del prodigio coincide con la fine di Otone.

Sono fatti dell’aprile del ’69.

 

Bologna 30 aprile 2021 ore 20

giovanni ghiselli

 

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