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Siamo arrivati alla morte di Cleopatra.
Partiamo da Shakespeare. La
regina si rammarica del fatto che Iras sia morta pima di lei. Teme di apparire
vile a riccioluto Antonio ( the curled Antony, v., 2,
300): quando Iras lo avrà raggiunto, lui domanderà di Cleopatra e
darà a lei quel bacio che era pronto per l’amante arrivata in cielo. Ma la
regina si è fatta precedere dalla parrucchiera ed è in
ritardo. Quindi invita l’aspide a venire da lei e se lo applica al
petto. Gli chiede: “with thy sharp teeth this knot intrinsicate - of life at
once untie” (303-304) con i tuoi denti aguzzi sciogli in un colpo solo
questo intricato nodo della vita.
La funzione di sciogliere gli intrighi
rivelando le verità nascoste viene attribuita da Cordelia, la figlia buona
di Re Lear, al tempo:" Time shall unfold what
plaited cunning hides", il tempo spiegherà ciò che l' attorcigliata
astuzia nasconde (I, 1).
Il tempo ha la funzione benefica di
salvare l’umanità quando questa giunge sull’orlo del baratro
Ancora nel Re Lear il
duca di Albania aspetta una salvezza dal tempo auspicandone la fretta: “Se il
cielo non manda subito i suoi spiriti a frenare queste colpe orrende, sarà per
forza necessario che l’umanità vada a caccia di se stessa, come i mostri del
mare like monsters of the deep (IV, 2).
Il serpente è arrivato nel momento opportuno per salvare la
dignità di Cleopatra.
La regina gli fa fretta: “poor venenous fool, be angry and dispatch”,
(304-305), povero sciocco velenoso, irritati e fai presto. Se l’aspide potesse
parlare, Cleopatra lo udirebbe chiamare the great Cesare- ass
unpolicied (306-307) un asino grossolano.
Quindi la battuta già citata sul serpente assimilato a un bambino che
succhia fino a fare addormentare la nutrice.
Infine la regina prende un altro aspide e se lo applica al braccio. Inizia
la frase: “what should I stay (311) perché dovrei
restare… ma non la finisce perché muore
La completa Carmiana: “in this vile world?” In
questo mondo spregevole?
Quindi l’amica la saluta e ne fa l’elgio funebre con queste parole: “now
boast thee, death, in thy possession lies - a lass unparalle’ d” (514-515),
ora vantati morte, in tuo potese giace una ragazza senza pari.
Plutarco racconta che l’aspide fu portato con
i fichi nascosto sotto le foglie secondo l’ordine di Cleopatra che non voleva
vederlo, ma tolti i fichi lo vide e disse “eri qui dunque” (86, 3). E denudato
il braccio lo offrì al morso. Altri dicono che il serpente era custodito in un
orcio e che Cleopatra lo provocò e lo irritò con un fuso d’oro finché questo
saltò fuori e le morse il braccio. Ma nessuno conosce la verità- to;
d’ ajlhqe;" oujdei;" oi\den (86, 4)
C’è una terza versione secondo la quale Cleiopatra teneva del veleno in uno
spillone cavo nascosto tra i capelli.
Come si vede Plutarco non usa il dialogo e non sceglie fra tre versioni
della morte di Cleopatra. Questo di riferire tutte le fonti disponibili, pure
quelle poco verosimili è un metodo seguito anche da altri storiografi.
Ne faccio quattro esempi.
A proposito della diceria secondo la quale le ragazze indigene con penne di
uccello spalmate di pece traevano pagliuzze d’oro da un lago situato in
un’isola posta davanti alla costa africana Erodoto scrive : “tau'ta eij
mh; e[sti ajlhqevw~ oujk oi\da, ta; de; levgetai gravfw” (I, 195, 2), queste
cose non so se sono vere, ma quello che si dice lo scrivo.
E per quanto riguarda un’intesa tra i Persiani e gli Argivi: “ejgw;
de; ojfeivlw levgein tav legovmena, peivqesqaiv ge me;n ouj pantavpasin
ojfeivlw” (VII, 152, 3), io sono tenuto a dire le parole dette, a credere a tutte
invece non sono tenuto.
In modo simile Curzio
Rufo: “Equidem plura transcribo quam credo: nam nec adfirmare
sustineo, de quibus dubito, nec subducere, quae accepi” (9, 1, 34), per
conto mio riporto più notizie di quelle cui presto fede: infatti non me la
sento di confermare notizie delle quali non sono sicuro, né di sottrarre quelle
che ho ricevuto.
Quindi, a proposito del
cadavere di Alessandro che giaceva nel sarcofago da sei giorni, trascurato, e,
nonostante il caldo estivo, il corpo non era degenerato, Curzio scrive: “Traditum
magis quam creditum refero” (10, 10, 12).
Arriano a proposito della morte di
Alessandro Magno riporta una notizia alla quale non crede, della quale anzi
afferma che dovrebbero vergognarsi quanti l’hanno scritta.
Si racconta dunque che il condottiero macedone, sentendosi
morire, voleva gettarsi nell’Eufrate per sparire accreditando la fama di una
sua assunzione in cielo in quanto nato da un dio. Glielo impedì Rossane ed egli
le disse che lo privava della gloria di essere nato dio. Ebbene lo storiografo
di Nicomedia precisa che ha riportato queste notizie wJ"
mh; ajgnoei'n dovxaimi perché non sembri che io le ignori, più che per il fatto che esse
sembrino pista; ej" ajfhvghsin, (7, 27, 3) credibili a
raccontarle.
Concludo citando Tacito
Ut conquirere fabulosa et fictis oblectare legentium animos procul
gravitate coepti operis crediderim, ita vulgatis traditisque
demere fidem non ausim. die, quo Bedriaci certabatur, avem
invisitata specie apud Regium Lepidum celebri luco conse-
disse incolae memorant, nec deinde coetu hominum aut cir-
cumvolitantium alitum territam pulsamve, donec Otho se ipse
interficeret; tum ablatam ex oculis: et tempora reputantibus
initium finemque miraculi cum Othonis exitu competisse. (Historiae, II,
50)
Come reputerei lontano dalla serietà dell’opera iniziata andare
in cerca di miti e dilettare le anime dei lettori con delle invenzioni, così
non oserei togliere credito a tradizioni diffuse. Nel giorno in cui si
combatteva a Bedriaco, gli abitanti ricordano che un uccello di aspetto mai
visto si posò in un frequentato bosco sacro presso Reggio Emilia, e che non
venne spaventato né scacciato di lì dalla grande quantità delle persone né
degli uccelli che svolazzavano intorno, finché Otone non si fu ucciso; allora
scomparve alla vista; e per chi tiene conto dei tempi, il principio e la fine
del prodigio coincide con la fine di Otone.
Sono fatti dell’aprile del ’69.
Bologna 30 aprile 2021 ore 20
giovanni ghiselli
p. s
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