NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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venerdì 2 aprile 2021

“I VOLTI DELLA GIUSTIZIA”. Seconda parte

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“I VOLTI DELLA GIUSTIZIA”. Seconda parte

 

Cacciari si trova a parlare, senza leggere una sola parola, nel Palazzo Pubblico di Siena accanto all’affresco di Ambrogio Lorenzetti l’Allegoria del Buon Governo(1338 - 1339). Lo definisce “il luogo più simbolico d’Europa” almeno per quanto riguarda al tema che sta per trattare.

 

Le leggi dunque devono essere considerate giuste e obbedite dai cittadini se la città vuole durare. Vanno orientate a un fine, quindi è necessario che abbiano un verso, una direzione e un senso. Un fine e un senso che sia giusto, o almeno sembri conforme a Giustizia.

Ma Giustizia che cosa significa? E’ necessario che ci sia un’idea comune di giustizia e un rex che sia rectus e la faccia rispettare, altrimenti la città non si regge, non sta in piedi.

Il legislatore, il nomoqevth" che pone e impone le leggi ha in mente uno scopo che venga riconosciuto e accettato dalla maggioranza o, anche meglio, da tutti.

 

Si ricordi che Solone[1] nell’anno 594 fu nominato arconte (a[rcwn) con l'incarico di pacificatore e legislatore “diallakthv" kai; nomoqevth"” (Plutarco, Vita di Solone, 14). I possidenti lo accettarono in quanto benestante, i poveri, siccome era un galantuomo: doveva fare da paciere tra nobili e popolo.

All’inizio del VI secolo, la popolazione dell’Attica, scrive Plutarco era divisa in tre partiti a seconda della varietà del territorio: quelli dei monti erano fautori della democrazia, quelli della pianura, più ricchi, dell'oligarchia, quelli della costa sostenevano una forma mista di governo, di centro potremmo dire con termine moderno. I disordini erano fomentati dalle sperequazioni enormi e dall'indebitamento dei poveri che diventavano perfino schiavi dei ricchi, dopo avere contratto debiti con garanzia sulla propria persona (Vita di Solone , 13). Le stesse cose ritornano dico con parole di Musil.

 

Il nomoteta dunque deve giustificare se stesso e le sue leggi: la sua rifoma della Politeia deve essere o apparire necessaria in un momento di crisi, di carenza dell'equilibrio politico.

 

La giustizia non può limitarsi ad essere ornamentale: deve essere essenziale “formale ad esto beato esse” della buona costituzione e del buon governo

Uno degli uffici della giustizia può essere, il riconoscimento e la codificazione degli usi e dei costumi del paese.

La legge è giusta e pratica quando non vìola l’ethos di un popolo cioè i suoi mores.

 

Le leggi che contraddicono i mores rimangono spesso lettera morta. Del resto non sempre e non tutti i costumi pur prevalenti sono riconosciuti come buoni da ogni parte della società. Capita che i mores dei più non piacciano al potere.

 Si può pensare alle leggi di Augusto contro il celibato e l’adulterio che erano già molto diffusi e non vennero coartati dalla lex Papia Poppaea ( del 9 d. C. ) che, tra l'altro, concedeva agevolazioni fiscali e legali a chi avesse almeno tre figli (ius trium liberorum ). Tacito ci fa sapere che Augusto già piuttosto vecchio (senior) l'aveva ratificata dopo le leggi Giulie[2] incitandis caelibum poenis et augendo aerario (Annales , III, 25).

Il commento è questo “Corruptissima re publica plurimae leges" (Annales, III, 27), quanto più è corrotto uno Stato, tanto più numerose sono le leggi.

 

Nella Germania Tacito aveva notato: "paucissima in tam numerosa gente adulteria ", quindi aggiuto: "nemo enim illic vitia ridet, nec corrumpere et corrumpi saeculum vocatur " (Tacito, Germania, 19), e aveva concluso polemicamente il capitolo: "plusque ibi boni mores valent quam alibi bonae leges ".

 

Diversi costumi di fatto sono parte delle mode. Queste vengono spesso lanciate da personaggi famosi e seguiti da tanta gente comune. Sicché non hanno un fondamento stabile. A Roma succedeva che cambiando un imperatore poteva cambiare una moda: dal lusso di Nerone all’avarizia di Vespasiano, dalle splendidissime famiglie senatorie a una borghesia “pecuniosa ma parca”[3].

 

Un altro fondamento della legge giusta, una base meno inaffidabile del costume, può essere la sua costruzione in termini perfettamente razionali continua Cacciari. Potrebbe essere la Costituzione della città ideale. Una legge insomma che non si affidi troppo al coacervo di costumi, abitudini e mode varie.

Quindi siamo giunti a un dilemma, a un bivio.

La legge deve corrispondere all’ethos di una città e di un periodo, oppure a un ordine del tutto razionale?

Questa seconda ipotesi dunque attribuisce il fondamento stabile delle leggi al fatto che queste siano scritte il meglio possibile, quindi siano comprensibili, coerenti e razionali .

 

A questo punto è rientrata nel video e nell’audio l’attrice Elisabetta Pozzi che ha letto alcune righe della Politeia di Platone

L’ingiustizia provoca confusione e discordia in casi estremi la stavsi", che l’aveva già detto Tucidide (III, 82, 4), e lo ripeterà Sallustio (Bellum Catilinae, 52, 11), ribalta tutti i valori, fino al significato delle parole, mentre la giustizia è madre della concordia (oJmovnoia).

La giustizia consiste nel fatto che ognuno eserciti il suo proprio mestiere e non si impicci di molte faccende “ to; ta; auJtou` pravttein kai; mh; polupragmonei`n dikaiosuvnh ejstiv (Platone, Politeiva, 433) . Ognuno nella polis deve impegnarsi nell’attività consona alla sua natura. Occuparsi di tutto, compreso perciò quanto non è congeniale a ciascuno, genera confusione e rovina.

 

Dopo questo secondo intermezzo riprende Cacciari

Perché la legge sia giusta dunque deve avere come fine la concordia dei cittadini che devono muoversi uno corde, legati da un cuore e da una chorda (cordhv) quale strumento musicale che suoni sinfonicamente: all’unisono.

La legge è giusta quando induce i cittadini alla benevolenza reciproca, quando ognuno opera bene per sé sapendo che in tale maniera fa del bene anche agli altri ed esclude la pleonexiva, il volere di più per sé.

 A questo punto Cacciari cita anche Aristotele quando nella Politica scrive: “aiJ ga;r pleonexivai tw`n plousivwn ajpolluvasi ma`llon th;n politevan ma`llon h] aij tou` dhvmou” (1297a) l’avidità dei ricchi rovina la costituzione più di quella dei poveri.

Il contesto contiene una teoria della classe media che si trova già nelle Supplici e nell’Oreste di Euripide

 

Bologna 2 aprile 2021, ore 19, 21

giovanni ghiselli



[1] Di cui ho citato l’elegia detta del Buon Governo (fr. 3 D) nel blog del 31 marzo intitolato “Alcune considerazioni sulla Giustizia di Esiodo, Solone, Eschilo e Platone” - ,

[2] De maritandis ordinibus e De adulteriis coërcendis del 18 a. C.

[3] Su questo argomento è interessante la riflessione di Santo Mazzarino "L'idea tacitiana del "ciclo" economico dal 30 a. C. al 68 d. C. è, in fondo, un nuovo dono del pensiero filosofico alla storiografia antica: all'"anaciclosi" polibiana, che si applica alle forme costituzionali, si aggiunge così un similare concetto di orbis , applicato all'economia. Questo concetto del luxus senatorio stroncato (...)dall'avvento, nel 69 d. C. , di una borghesia "pecuniosa" ma parca, basterebbe a fornire taluni elementi essenziali per una storia sociale del periodo dal 69 d. C. - l'anno di Galba, Otone, Vitellio - fino a tutta l'età flavia: del periodo, insomma, che Tacito aveva trattato nelle Historiae " ( Il Pensiero Storico Classico , II, 2, p. 82).

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