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Antonio, acciecato dall’insuccesso, si degrada ulteriormente
Dopo avere
rivendicato la propria identità, come fanno quanti temono di averla perduta,
Antonio ordina di frustare Tireo, l’ambasciatore che gli ha riferito la
volontà di Ottaviano
“Moon and stars!
Whip him (III, 13,
96), luna e stelle, frustatelo!
Se sia lecito violare un ambasciatore discutono il
podestà e il conte Attilio durante un banchetto nel palazzotto di don Rodrigo.
Il podestà sostiene: “il messaggiero è di sua natura inviolabile, per diitto
delle genti, jure gentium”. Quindi fa l’esempio dei fetiales “che
gli antichi romani mandavano a intimar le sfide agli altri popoli” e non
vennero mai bastonati”.
Ma “lo spensierato d’Attilio” ribatte che “un messo il
quale ardisce di porre in mano a un cavaliere una sfida, senza avergliene
chiesta licenza, è un temerario , violabile, violabilissimo, bastonabile,
bastonabilissimo” (I promessi sposi, capitolo V). Urlavano entrambi
e nom mancavano altre “voci discordi che cercavano a vicenda di soverchiarsi.
Come succede in molte trasmissioni televisive.
Nel dramma di Shakespeare in effetti Tireo era entrato in scena subito dopo
essere stato annunciato da un messo, e Cleopatra aveva detto: “What, no more
ceremony? (III, 13, 22), e che, senza cerimonie?
Antonio dunque ribadisce che l’importuno deve essere frustato fino a farlo piangere. Lo sconfitto è irritato anche per la confidenza che Tireo si è preso con Cleopatra e l’impertinenza che ha avuto nel proporre un baciamano alla regina (Antonio e Cleopatra, III, 13, 81 - 82).
Plutarco racconta che Ottaviano mandò insieme con gli ambasciatori anche Quvrson uno dei suoi liberti, un uomo intelligente capace di parlare in modo
persuasivo come si può fare con una donna altera e straordinariamente superba
per la sua bellezza (73, 2)
Tyrso, siccome si intratteneva con la regina più a
lungo degli altri e riceveva particolari onori kai;
timwvmeno" diaferovntw", procurò dei sospetti
ad Antonio ujpovnoian tw`/ jAntwnivw/ parevsce (73, 3) che lo fece prendere e frustare (ejmastivgwsen). Quindi lo rimandò Cesare scrivendogli che il liberto lo aveva irritato
con la sua insolenza mentre egli era già facilmente irritabile per i guai - eujparovxunton
ujpo; kakw`n o[nta (4).
L’insuccesso oscura tutta la vita di Antonio.
Torniamo a Shakespeare che ordina ai servi di portare via Tireo, e di
riportarlo dopo le frustate - “being
- L. fore ; Gk. fuvein - whipp’d Cf. L. vibrare - - bring
him again”
Dopo che i servi furono di scena usciti con Tireo,
Antonio fa una scenata a Cleopatra degradandosi ancora.
Le dice: “you were half blasted ere I knew you”
(III, 13, 105), eri gà mezzo appassita prima che ti conoscessi. Io dunque ho lasciato
il mio guanciale intatto a Roma –Have I my pillow left unpress’d in Rome –
e rinunciato ad avere una discendenza legittima - by a gem - L. gemma - of women - da una gemma tra le donne per essere
ingannato da una che presta attenzione ai servi?
E continua: “sei sempre stata incostante, ma quando ci
incalliamo nel nostro vizio , oh miseria - the gods seel - L. cilium, eye - lid - our eyes - gli
dei ci acciecano. L’acciecamento mentale è l’ a[th dei Greci, quell’offuscamento della ragione che impedisce di vedere gli
errori che commettiamo in tempo per evitarli .
Dopo averci acciecati gli dèi ci fanno adorare i
nostri errori - make us - adore our errors - e ridono mentre noi
avanziamo pomposamente verso il nostro rovinoso caos - laugh at while we
strut –to our confusion (III, 13, 113 - 115).
Breve excursus sull’ a[th
Nell'Iliade c'è un discorso esortativo del maestro all'alunno con
l'impiego del paradigma: si tratta di Fenice che nel IX canto prega Achille di
accettare i doni di Agamennone,
di domare il cuore magnanimo (v. 496) e smettere l'ira (v. 517), facendogli
l'esempio (negativo) di Meleagro, il quale, irato
contro la madre Altea che l'aveva maledetto, non voleva difendere gli Etoli,
che pure lo supplicavano offrendogli dei doni, dai Cureti i quali assalivano
Calidone.
Il giovane ostinato intervenne solo quando i nemici arrivarono a scuotere
il talamo (v. 588) dove egli giaceva con la sposa, la bella Cleopatra; allora
ella lo pregò ed egli intervenne in battaglia salvando gli Etoli che però non
gli diedero più i doni preziosi e belli (vv. 598 - 599).
Anche qui dunque c'è l'uso del paradigma. "In nessun altro luogo
dell'Iliade Omero è, in così alto grado come qui, maestro e guida della
tragedia, come lo chiama Platone[1] ( ...)
Dall'esempio di Meleagro si stacca l'idea religiosa dell'Ate, che è di tanto
peso per il poeta dell'Iliade quale ci sta dinanzi compiuta. Sullo
sfondo dell'allegoria, moralmente commovente, delle litài ,
delle preghiere, e della pervicacia del cuore umano, quest'idea brilla come un
lampo minaccioso da cupe nubi"[2].
Le Preghiere ("Litaiv", Iliade ,
IX, 502) racconta Fenice, sono figlie di Zeus, zoppe, rugose e losche d'occhi; seguono
Ate che è gagliarda, veloce e percorre la terra danneggiando gli uomini; esse
pongono riparo se vengono richieste; ma se uno le rifiuta, le Litài
chiedono a Zeus che l'Ate lo insegua ed egli paghi il fio. Ate insomma è una
smisurata forza irrazionale contro la quale spesso la volontà e l'educazione
umana sono impotenti.
Un vero e
proprio trofeo di Ate ( "[ Ata" tropai'on",
Eschilo, I sette a Tebe , v. 956) si trova sulle porte di Tebe
sulle quali urtavano i fratelli figli di Edipo ammazzandosi a vicenda, poi,
impadronitosi dei due, il demone cessò ("duoi'n
krathvsa" e[lhxe daivmwn", v. 960).
Quindi Antonio aggiunge un’ulteiore volgarità : “ I found you as a
morse cold upon /dead Caesar’s trencher” , vi ho trovata come un boccone
freddo sul tagliere di Cesare morto, nay, you were a fragment of Cneius
Pompey’ s, anzi eravate un avanzo di Pompeo. Senza contare le lussurie
inaudite, ossia non registrate dalla famavolgare.
In conclusione: “though you can guess what temperance should be, - you
knew not what it is” (116 - 122), sebbene tu possa supporre che cosa sia la
temperanza, non sai che cosa davvero è.
Bologna 14 aprile 2021 ore 11, 31
giovanni ghiselli
p. s.
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[1]Platone Repubblica
595c: " e[oike me;n ga;r tw'n kalw'n aJpavntwn touvtwn tw'n
tragikw'n prw'to" didavskalov" te kai; hJgemw;n genevsqai", sembra infatti essere il
primo maestro e la guida di tutti questi bravi poeti tragici.
[2]Jaeger, Paideia
1, pp. 70 - 71.
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