martedì 20 aprile 2021

La presenza degli autori classici nelle tragedie di Shakespeare. XXX. Smontature del potere. Un segreto del Palazzo

Octavianus Augustus
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Il pianto di Ottaviano misto di ipocrisia e di paura della propria morte

 

Shakespeare

Alla fine del IV atto Cleopatra definisce se stessa niente altro che una donna dominata dalle stesse povere passioni di una ragazza che munge il latte e compie le più umili mansioni as the maid that milks and does the meanest chares (Antonio e Cleopatra, IV 72 - 73). Queste parole rientrano in un topos molto diffuso nelle tragedie in genere e particolarmente in quelle di Shakespeare

 

Nel Riccardo II (1595) si legge che la Morte tiene la corte nella corona cava (within the hollow crown) che cinge le tempie mortali di un re e là siede beffarda schernendo il suo stato con un ghigno alla sua pompa and grinning at his pomp.

La regalità viene smontata anche in The tempest, quanto il nostromo (boatswain) dice che le onde che ruggiscono e sballottano la nave senza curarsi del re di Napoli: “what cares these roarers for the name of King?”,

Poi il nostromo intima al re Alonso e al gentiluomo Gonzalo: “To cabin: silence trouble - lat. turba - us not!” (I, 1)

 Do un altro esempio tratto da Euripide

Nelle Troiane, Ecuba constata che il polu;~ o[gko~, il grande vanto degli antenati era oujdevn, niente, era un gonfiore che si è dissolto.

“O grande vanto umiliato

Degli avi, come davvero eri un nulla!” (vv. 108 - 109)

 

All’inizio del V atto entra nel campo di Cesare Dercetas, una guardia del corpo di Antonio con la spada del suo capo e la notizia della morte di lui: “Antony is dead” (V, 1, 12)

Nella Vita di Antonio Plutarco ci fa conoscere altri particolari: Derceteo prese la spada di Antonio, la nascose, e, andato di corsa da Cesare, per pimo annunziò la morte di Antonio kai; to; xivfo" e[deixen hj/magmevnon (78, 2). A proposito di ut pictura poesis, il sangue aggiunge colore alla scena.

Segue un altro topos presente nelle tragedie che Shakespeare trae da Plutarco: il compianto del nemico morto e il suo elogio funebre da parte del vincitore che comunque lo ha fatto morire.

Il biografo scrive che Ottaviano si ritirò in un angolo della tenda e pianse l’uomo che era stato suo parente, collega nel governo e compagno di molte battaglie e imprese (78, 2 - 3).

 Si ricorderà che Antonio dopo la sconfitta aveva chiesto a Ottaviano soltanto di vivere come privato cittadino - ijdiwvth" (Vita72, 2) in Atene, se non poteva rimanere in Egitto.

Cesare non accolse questa richiesta, mentre a Cleopatra rispose che non avrebbe mancato di ottenere niente di quanto era ragionevole chiedere se avesse ucciso o scacciato Antonio (Vita, 73, 1).

 

Del resto anche dopo questo pianto da coccodrillo, Ottaviano lesse agli amici le lettere scambiate con Antonio per mostrare come lui stesso scrivesse parole ragionevoli e giuste, mentre Antonio era sempre fortikov", volgare e uhperhvfano" tracotante (78, 3 - 4).

 

Nella tragedia di Shakespeare l’encomio di Ottaviano, la laudatio funebris del nemico vinto è più sonora: “The breaking of so great a thing should make –a greater crack (V, 1, 14 - 15), l’infrangersi di un uomo tanto grande avrebbe dovuto produrre un più grande fratuono; la morte di Antonio non è un solo destino; nel suo nome era racchiusa la metà del mondo.

A questo punto anche il Dercetas di Shakespeare mostra la spada dicendo che l’ha tratta dalla ferita e aggiunge: behold it stain’d - with his most noble blood” (25 - 26), guardate, è macchiata del suo noblissimo sangue.

Ma siamo già dentro il collegio degli ipocriti che fingono di essere tristi.

La guardia del corpo ha aspettato di capire che aria tirava.

Ottaviano tira fuori di nuovo le lacrime, questa volta in pubblico: “it is tidings - to wash the eyes of kings (V, 1, 27 - 28) si tratta di notizie tali da bagnare gli occhi dei re. Seguono parole di Agrippa e Mecenate: il primo nota che i pregi di Antonio prevalevano sui difetti, il secondo che le sue colpe e le sue glorie si bilanciavano.

Infine l’erede di Cesare ripete l’ arcanum imperii, il segreto del potere gà rivelato da Tacito: “we cold not stall together - in the whole world (V, 1, 39 - 40) non potevamo fermarci insieme nell’intero mondo.

Ossia il potere non è condivisibile pacificamente.

Un segreto del Palazzo, (arcana domus) è rivelato da Tacito all'inizio degli Annales, quando Tiberio sta succedendo ad Augusto (14 d. C.) :"eam condicionem esse imperandi ut non aliter ratio constet quam si uni reddatur " (I, 6), questa è la condizione dell'impero che i conti tornano bene se si rendono a uno solo.

Ottaviano chiede il permesso di piangere ancora, addirittura ad Antonio - chiamandolo fratello mio –my brother, compagno nell’impero my mate in empire - , amico e commilitone sul fronte di guerra - friend and companion in front of war - braccio del mio stesso corpo - the arm of mine own body e cuore in cui il mio alimentava i suoi pensieri.

Sono state le nostre stelle irreconciliabili a dividere così la nostra uguaglianza(V, 1, 42 - 46).

 

Da una parte c’è l’ipocrisia e la retorica delle celebrazioni volute dal potere ma non manca la paura che prende ciascuno di noi quando vediamo che una vita simile e quasi parallela alla nostra finisce, tanto che si tratti di un amico quanto di un nemico. Il sopravvissuto viene preso dal terrore della propria morte.

 

Bologna 20 aprile 2021 ore 19, 34

giovanni ghiselli

 

p. s.

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