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Antonio fuorviato e sconfitto diventa misantropo come Timone di Atene
Avere un metodo significa percorrere la propria strada - ojdov". Metodicamente appunto
Dopo la battaglia di Azio irrimediabilmente perduta, Antonio, dentro il palazzo di Cleopatra, dice ai suoi: hark! The land bids me tread no more upon it; /it is ashamed to bear me. Friends, come hither:/ I am so lated - alllied L. lassus (for *lad-tus) - in the world that I/have lost my way. I have a ship/laden with gold, take that, divide it; fly/and make your pace with Caesar (III, 11, 1-6), ascoltate! La terra mi ordina di non calpestarla più a lungo; essa ha vergogna di portarmi. Amici venite qua: sono rimasto così in ritardo nel mondo che ho perso la mia strada. Ho un vascello carico d’oro, prendetelo e dividetelo; fuggite e fate la pace con Cesare.
Rimanere in ritardo rispetto ai giri del mondo e del cielo significa la discrepanza della persona rispetto alla natura: è questo che povoca il cozzo della tragedia.
Nella Fedra di Seneca la nutrice rinfaccia a Ippolito di essere uno truculentus et silvester (v. 462), truce e selvatico, in quanto passa una gioventù senza Venere, una dea che colma i vuoti della razza umana. Se la escludi, il mondo rimane senza vita: “Excedat agedum rebus humanis Venus/ quae supplet ac restituit exhaustum genus:/ orbis iacebit squalido turpis situ, /vacuum sine ullis piscibus stabit mare/alesque caelo derit et silvis fera/solis et aer pervius ventis erit (v. 469-473), poni che Venere si allontani dalle faccende umane, lei che cmpleta e restaura la stirpe consunta: il mondo giacerà schifoso in un ripugnante squallore, il mare rimarrà senza il guizzare dei pesci, mancherà l’uccello al cielo e la fiera ai boschi, l’aria sarebbe percorsa soltanto dai vènti.
La conclusione è: “ Proinde vitae sequere naturam ducem:/urbem frequenta , civium coetus cole” (v. 481-482), allora segui la guida della natura, frequenta la città, coltiva le riunioni dei cittadini.
Ippolito si è sviato dalla natura attraverso un eccesso: quello di rifiutare il modo delle donne, delle feste, della gioia; Antonio attraverso la strada opposta.
Il figlio di Teseo è arrivato alla misoginia come si vede con chiarezza nell’Ippolito di Euripide; Antonio ha trascurato il suo ruolo politico e militare per affogare nei banchetti e nella lussuria. Entrambi devono pagare il conto del loro fuorviarsi.
Passiamo ora a Plutarco il quale racconta che Antonio abusò di una grande sollitudine (Vita di Antonio, 69, 1). Quindi cadde in un eccesso opposto al precedente: lasciata la città e i passatempi con gli amici - th;n povlin ejklipw;n kai; ta;" meta; tw`n fivlwn diatribav" (69, 6), si ritirò in una abitazione sul mare e là fuggiva il consorzio umano. Era diventato dunque un misantropo, tanto che diceva di volere imitare Timone, in quanto come lui era stato trattato con ingratitudine dagli amici - uJpo; tw`n fivlwn ajcaristhqeiv" (69, 7) e per questo diffidava tutti gli uomini e li aveva in odio.
Plutarco racconta che Tivmwn oJ misavnqrwpo~ imbattutosi un giorno in Acibiade che tornava dall’assemblea popolare soddisfatto per un successo, non lo scansò come era solito fare con gli altri, ma anzi gli andò incontro, gli strinse la destra e gli disse: “fai bene ragazzo a crescere in potenza: mevga ga;r au[xei kako;n a{pasi touvtoi~, così accresci di molto il male a tutti questi (Vita di Alcibiade , 16).
Shakespeare ha scritto un dramma su Timone d'Atene (1607).
Il protagonista diventato misantropo per l’ingratitudine umana dice: All’s obliquy;-there is nothing level in our cursed - natures - but direct villainy. Therefore be abhorred - all feasts, societies, and throngs of men - His semblable latino similis - yea himself, Timon disdains - latino dedignari - Destruction fang-,allied to latin pangere - mankind. IV, 3, 18-24), tutto è storto, non cè niente di dritto nelle nostre nature maledette, ma è la malvagità che va dritta. Perciò siano aborrite tutte le feste, le compagnie, e le folle di uomini. Timone disprezza il suo simile, anzi se stesso, che la distruzione azzanni l’umanità.
Quale corruttore principale viene indicato l’oro, giallo, prezioso, scintillante, agli occhi dei più. Invero un po’ di quella roba ribalta tutto: “ will make black white, foul fair, wrong right- latino rectus-, base noble, old young, coward valiant (Timone di Atene IV, 3, 29-30), farà diventare nero il bianco, brutto il bello, ingiusto il giusto, vile il nobile, vecchio il giovane, vile il prode. E viceversa.
E ancora: This yellow slave - will knit and break religions - questo schiavo giallo unirà e spezzerà religioni, bless the accursed, benedirà I maledetti, make the hoar leprosy adored, farà adorare la lebbra canuta, place thieves, darà posti ai ladri and give them title, knee and approbation with senators on the bench, darà loro titoli nobiliari e li metterà nei banchi del senato riveriti e applauditi.
That makes the wappened widow wed again/ she, whom the spital house and ulcerous sores/ would cast the gorge at, this embalms and spices/to the april day again. Come, damned earth, /thou common whore of mankind, that putt odds/among the rot of nations, I will make thee/do thy right nature” , questa roba fa risposare la vedova stantia, una da far vomitare un ospedale di ulcerosi doloranti, ma questa cosa la aromatizza e imbalsama fino a riportarla all’aprile. Vieni fuori, terra dannata, tu comune bagascia del genere umano che semini discordia tra la marmaglia delle nazioni, ti farò agire secondo la tua vera natura (Timone di Atene, IV, 3, 35-45).
K. Marx, commenta Shakespeare scrivendo che nel denaro il grande drammaturgo inglese rileva: "la divinità visibile, la trasformazione di tutte le caratteristiche umane e naturali nel loro contrario, la confusione universale e l'universale rovesciamento delle cose"[1].
Timone d’Atene dunque si presenta ad Alcibiade dicendogli: “I am Misanthropos, and hate mankind” (II, 3, 53), io sono misantropo e odio l’umanità.
Bologna, 12 aprile 2021 ore 11, 50
giovanni ghiselli
p. s.
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