giovedì 1 aprile 2021

“I VOLTI DELLA GIUSTIZIA”. Prima parte

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“I VOLTI DELLA GIUSTIZIA”. Prima parte

 

Riferisco con un poco di commento la relazione di Massimo Cacciari 

I link per vederla e sentirla sono questi

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Garantisco che merita di essere seguita con la massima attenzione.

 

Metto in comune con i miei lettori le parti che mi sono rimaste in mente.

Ho imparato molto da uno studioso serio, un educatore culturale, etico, estetico e politico. Una rarità oggi in Italia

Il video si apre con Elisabetta Pozzi, un’ottima attrice, che ho sentito più di una volta recitare le tragedie greche.

Ha letto parole di Aulo Gellio ( II sec. d. C.) e di Crisippo.

Preciso il luogo delle citazioni, le riferisco in lingua, poi le traduco per chi ne avesse bisogno.

 L’autore delle Noctes Atticae cita Crisippo (II sec. a. C.) che nel libro Peri; pronoiva", Sulla provvidenzaassocia il male al bene come sua controparte che lo identifica. Nella stessa maniera le offese subite dalla giustizia le conferiscono significati: “quo enim pacto iustitiae sensus esse posset nisi essent iniuriae? (VII, 1, 2 - 4).

Così la continenza riceve significazione dall’intemperanza e via dicendo. Gellio procede citando un passo del Fedone dove Socrate dice che piacere e dolore pur essendo due sono attaccati a un solo capo - ejk mia`" korufh`" hJmmevnw - (60b). Il duale sottolinea l’associazione dei due.

Ancora più calzante è forse l’esempio che traggo da un altro dialogo platonico: nel Sofista, lo straniero di Elea chiede a Teeteto di non credere che sia diventato quasi un parricida (241d) se dovrà sostenere, contro il padre Parmenide, che ciò che non è, in un certo senso, è esso pure, e ciò che è, a sua volta in un certo senso non è.

Il senso è che il genere dell’essere si specifica con il genere del non essere.

L’attrice poi ha letto un’altra citazione che Gellio ha tratto da Crisippo traducendola:

 

Chrysippus in librorum, qui inscribuntur Peri; kalou` kai; hJdonh`" primo, os et oculos Iustitiae vultumque eius severis atque venerandis ver -

borum coloribus depinxit. Facit quippe imaginem Iustitiae

fierique solitam esse dicit a pictoribus rhetoribusque anti -

quioribus ad hunc ferme modum: “forma atque filo virginali,

aspectu vehementi et formidabili, luminibus oculorum acri -

bus, neque humilis neque atrocis sed reverendae cuiusdam

tristitiae dignitate

 

Crisippo nel primo dei libri intitolati Sul bello e il piacere, ha raffigurato la bocca, gli occhi e il viso della Giustizia con austeri e solenni colori di parole. Egli dal momento che presenta l’immagine della Giustizia dice pure che da pittori e retori antichi viene di solito rappresentata press’a poco in questo modo: di forma bella e di figura verginale, di sguardo severo che incute paura, con occhi dalla luce penetrante, con la dignità che deriva da una certa severità veneranda, né insignificante né spietata.

 

Ex imaginis autem istius significatione

intellegi voluit iudicem, qui Iustitiae antistes est, oportere

esse gravem, sanctum, severum, incorruptum, inadulabilem

contraque improbos nocentesque inmisericordem atque in -

exorabilem erectumque et arduum ac potentem, vi et maie -

state aequitatis veritatisque terrificum, da quanto significa questa immagine egli ha voluto fare capire che il giudice, il quale è sacerdote della Giustizia, deve essere austero, santo, severo, incorrotto, non adulabile, non compassionevole, e inesorabile, diritto, erto e potente contro farabutti e delinquenti, terribile per la forza e la sovranità della giustizia e della verità.

 

Segue la citazione del greco di Crisippo 

Verba ipsa Chrysippi de Iustitia scripta haec sunt: Parqšnoj d enai lšgetai kat¦ sÚmbolon toà ¢di£fqoroj enai kaˆ mhdamîj ™ndidÒnai to‹j kakoÚrgoij mhd pros…esqai m»te toÝj ™pieike‹j lÒgouj m»te para…thsin kaˆ dšhsin m»te kolake…an m»te ¥llo mhdn tîn toioÚtwn· oŒj ¢koloÚqwj kaˆ skuqrwp¾ gr£fetai kaˆ sunesthkÕj œcousa tÕ prÒswpon kaˆ œntonon kaˆ dedorkÕj blšpousaéste to‹j mn ¢d…koij fÒbon ™mpoie‹nto‹j d dika…oij q£rsojto‹j mn prosfiloàj Ôntoj toà toioÚtou prosèpouto‹j d ˜tšroij pros£ntouj (XIV, 4, 1 - 4)

Taduco in italiano il greco di Crisippo che trovo più sintetico ed efficace del latino di Gellio: si dice che è vergine come simbolo dell’essere incorrotta, e del non piegarsi in nessun modo ai malfattori e non ammettere né discorsi speciosi né richieste e istanze di favori, né adulazioni né altro del genere; in conseguenza di ciò viene raffigurata severa e con il volto cupo e teso e che guarda fissando acutamente in modo da incutere paura agli ingiusti, infondere coraggio ai giusti, dal momento che a questi il volto è benigno, a quegli altri ostile.

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